Cass. civ. Sez. V, Sent., 05-05-2011, n. 9871 Imposta reddito persone giuridiche, Società Sanzioni fiscali Imposta locale sui redditi – ILOR

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il 29.1.2001 venivano notificati alla sig.ra F.P., quale coobbligata solidale con la società FAMCUCINE DESIGN srl ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, comma 6, due avvisi di mora relativi alle sanzioni pecuniarie irrogate alla suddetta società in conseguenza del mancato pagamento di IRPEG e ILOR per l’anno di imposta 1991 e del mancato versamento di ritenute alla fonte per l’anno di imposta 1991.

La sig.ra F. impugnava i suddetti avvisi di mora davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Arezzo, eccependo che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, era stato abrogato dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 16, e che la disposizione dal medesimo dettata non era applicabile nemmeno alle fattispecie anteriori alla sua abrogazione, per il principio del favor rei.

La Commissione Tributaria Provinciale di Arezzo accoglieva il ricorso e tale pronuncia veniva confermata in grado di appello dalla Commissione Tributaria Regionale di Firenze, che affermava che la responsabilità solidale dell’amministratore di una società per il pagamento delle sanzioni fiscali a questa irrogate, prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, non poteva trovare applicazione, dopo l’abrogazione del suddetto D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, per il principio del favor rei.

L’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale sulla scorta di un unico motivo, così rubricato:

Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, comma 6; del D.Lgs. n. 471 del 1997, artt. 11 e 13, art. 16, comma 1, lett. c) e art. 17; del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3, 5 e 25; in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

L" intimata si è costituita nel giudizio di cassazione depositando controricorso.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 17.2.011 in cui il PG ha concluso come in epigrafe.
Motivi della decisione

Con l’unico mezzo di impugnazione la difesa erariale assume che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe errato nell’affermare che, per fatti anteriori all’abrogazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, l’amministratore di una società non risponderebbe, quale coobbligato solidale con la slessa società, delle sanzioni conseguenti alle violazioni tributarie della società; ciò perchè nella stessa data 1.4.98 sono contestualmente entrati in vigore sia il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 16, che ha abrogato l’art. 98, D.P.R. n. 602 del 1973, sia l’art. 11, D.Lgs. n. 472 del 1997, che ha previsto la responsabilità principale dell’amministratore di una società per le violazioni tributare che abbiano inciso sulla determinazione o il pagamento del tributo da parte della società (assegnando a quest’ultima una responsabilità solidale per l’adempimento dell’obbligazione del proprio amministratore).

Pertanto, secondo la ricorrente, la responsabilità personale dell’amministratore per violazioni tributare che abbiano inciso sulla determinazione o il pagamento del tributo da parte della società non sarebbe venuta meno nella successione nel tempo della disciplina recata dai D.Lgs. n. 471 del 1997, e D.Lgs. n. 472 del 1997 alla disciplina recata dal D.P.R. n. 602 del 1973.

La controricorrente svolge le tre seguenti eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso:

1) inammissibilità per tardività, in quanto il termine lungo scadeva il 2.12.06 e il ricorso è stato notificato il 7.12.06;

2) inammissibilità per mancata formulazione del quesito di diritto ex art. 366 c.p.c.;

3) inammissibilità per mancata indicazione delle affermazioni in diritto contrastanti con le disposizioni asseritamente violate.

Le suddette eccezioni preliminari vanno tutte disattese.

Quanto all’eccezione sub 1), si osserva che dal timbro a data apposto dall’UNEP sulla nota di liquidazione delle spese di notifica – da giudicarsi idoneo, in difetto di contestazioni, a fornire la prova della data della consegna del ricorso agli Ufficiali Giudiziari (vedi Cass. SSUU 14294/2007: "Ove non venga esibita la ricevuta di cui al D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 129, art. 109, la prova della tempestiva consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto da notificare può essere ricavata dal timbro apposto su tale atto recante il numero cronologico e la data; solo in caso di contestazione della conformità al vero di quanto da esso indirettamente risulta, l’interessato dovrà farsi carico di esibire idonea certificazione dell’ufficiale giudiziario, la quale, essendo diretta a provare l’ammissibilità del ricorso, potrà essere esibita secondo le previsioni dell’art. 372 c.p.c."; conformi le sentenze nn. 7470 e 2203 del 2008 ) – si può rilevare che il ricorso è stato consegnato agli ufficiali giudiziari il 30.11.06 e, pertanto, prima della data di scadenza del termine lungo, correttamente indicata dalla controricorrente nel 2.12.06. Il ricorso è quindi tempestivo, ai sensi dell’art. 149 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, quale risultante dall’intervento della sentenza 477/2002 della Corte Costituzionale.

Quanto all’eccezione sub 2), la stessa va disattesa perchè la sentenza impugnata è stata depositata il 17.10.05, mentre l’art. 366 bis c.p.c., si applica solo ai procedimenti aventi ad oggetto l’impugnazione di sentenze depositate in epoca compresa tra la data (2.3.06) di entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, (che ha introdotto nel codice di rito l’art. 366 bis c.p.c.) e quella (4.7.09) di decorrenza dell’efficacia della L. n. 69 del 2009, art. 47, lett. D, (che ha abrogato il suddetto articolo 366 bis c.p.c.).

Quanto all’eccezione sub 3), pur essa va disattesa, perchè nel ricorso sono puntualmente richiamate le affermazioni in diritto della sentenza impugnata che, secondo la ricorrente, contrastano con le disposizioni di cui si deduce la violazione; vedi pag. 4, 18 rigo ("le statuizioni della C.T.P. e della C.T.R. relative all’inapplicabilità delle sanzioni previste dall’art. 98, comma 6, del DPR sono pertanto erronee") e pag. 5, 7 e 8 rigo ("Non può dirsi, come hanno fatto i giudici tributavi nella vicenda de qua che la precedente norma non sia più applicabile").

Nel merito, il ricorso è fondato.

Il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, recitava, nel suo comma 6: "Al pagamento delle soprattasse o delle pene pecuniarie sono obbligati, in solido con il soggetto passivo o con il soggetto inadempiente, coloro che ne hanno la rappresentanza".

In data 1.4.98 sono contemporaneamente entrati in vigore il D.Lgs. n. 471 del 1997, il cui art. 16 ha abrogato il citato art. 98, D.P.R. n. 602 del 1973, e il D.Lgs. n. 472 del 1997, il cui art. 11 (come modificato dal D.Lgs. n. 203 del 1998, art. 2) recita: "Nei casi in cui una violazione che abbia inciso sulla determinazione o sul pagamento del tributo è commessa dal dipendente o dal rappresentante legale o negoziale di una persona fisica nell’adempimento del suo ufficio o del suo mandato ovvero da dipendente o dal rappresentante o dall’amministratore, anche di fatto, di società, associazione od ente, con o senza personalità giuridica, nell’esercizio delle sue funzioni o incombenze, la persona fisica, la società, l’associazione o l’ente nell’interesse dei quali ha agito l’autore della violazione sono obbligati solidalmente al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata, salvo il diritto di regresso secondo le disposizioni vigenti".

Il regime sanzionatorio prevista per l’amministratore di una società (e, in generale, per chi abbia la rappresentanza di altri soggetti) per le violazioni finanziarie concernenti il rapporto tributario della società (e. in generale, del rappresentato) ha dunque visto la successione nel tempo della disciplina dettata dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11, alla disciplina dettata dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98.

Tale successione di discipline sanzionatone non ha però, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, eliminato la responsabilità dell’amministratore di una società (e, in generale, di chi abbia la rappresentanza di altri soggetti) per le violazioni finanziarie concernenti il rapporto tributario della società (e, in generale, del rappresentato).

Al riguardo, questa Corte ha già chiarito, con la sentenza n. 5714 del 2007, che con le disposizioni introdotte dal D.Lgs. n. 472 del 1997, il legislatore, innovando profondamente la precedente disciplina, ha adottato, per la individuazione del soggetto che deve rispondere delle sanzioni amministrative tributarie, il principio (conforme a quello che, per l’art. 27 Cost., comma 1, regola la responsabilità penale e che impronta, ex L. 24 novembre 1981, n. 698, la responsabilità per le sanzioni amministrative non tributarie) c.d. di personalizzazione della sanzione, ovverosia il principio del riferimento della sanzione alla persona fisica che ha commesso od ha concorso a commettere la violazione sanzionata.

In forza del sistema introdotto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, infatti, poichè per l’art. 2, comma 2, "la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione", "coloro che … hanno la rappresentanza" di un soggetto passivo d’imposta ovvero di un "inadempiente" all’obbligo tributario sono divenuti direttamente responsabili delle sanzioni connesse alle violazioni delle norme (formali e sostanziali) tributarie ad opera e/o nell’interesse della parte rappresentata (legalmente ovvero negozialmente) e/o amministrata; mentre tale parte (soggetto passivo dell’imposta), per il medesimo D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11, comma 1, è obbligata "ai pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata" ma con "diritto di regresso" verso l’autore e responsabile della violazione sanzionata.

La delineata trasformazione evidenzia di per sè la ratio che ha consigliato l’espressa abrogazione – ad opera del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 16, comma 1, lett. c), – del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98: siffatta abrogazione, infatti, non discende da una volontà legislativa di escludere la detta solidarietà, ma unicamente dalla opportunità di eliminare una norma non più rispondente alla diversa soggettività (persona fisica e non più persona giuridica od ente) della responsabilità per sanzioni tributaria prevista dal nuovo sistema sanzionatorio.

L’esposta ragione trova diretta conferma nel D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 27, il quale, in via generale, aggiorna alle nuove regole – specificamente per le "violazioni riferite a società, associazioni od enti" – le precedenti disponendo che "le violazioni riferite dalle disposizioni vigenti a Società, associazioni od enti si intendono riferite alle persone fisiche che ne sono autrici, se commesse dopo l’entrata in vigore del presente decreto": da tale norma discende, per logico converso, che "le violazioni riferite dalle disposizioni vigenti a società, associazioni od enti" ma commesse (come nel caso) prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 472 del 1997 continuano ad essere riferite alla "società", alle "associazioni" o agli "enti", con permanenza della responsabilità solidale della persona fisica prevista in precedenza.

Dalla delineata situazione emerge l’evidente inapplicabilità alla fattispecie del principio del favor rei, atteso che l’abrogazione dell’ari 98 non ha avuto nessun effetto sulla norma "incriminatrice":

diversamente opinando si dovrebbe giungere alla inaccettabile (per illogicità) conseguenza secondo cui per effetto dell’entrata in vigore del detto principio di personalizzazione della sanzione tributaria nessuno dovrebbe rispondere di tutte le sanzioni commesse in precedenza da persone giuridiche e/o da enti perchè la responsabilità delle persone fisiche non era prevista all’epoca di commissione della sanzione stessa e perchè la responsabilità della persona giuridica e/o dell’ente all’epoca prevista dovrebbe ritenersi venuta meno perchè non più prevista.

I principi fin qui delineati – enunciati, come già precisato, nella sentenza n. 5714 del 2007 – sono stati confermati da questa Corte con le sentenze nn. 1932, 3036 e 22464 del 2008, l’ultima delle quali ha pure precisato cha la responsabilità solidale dell’amministratore di una società di capitali per il pagamento delle sanzioni a questa irrogate, prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98, comma 6, opera solo per le sanzioni (quali quelle dalla cui contestazione sorge il presente procedimento) previste dal Titolo terzo dallo stesso D.P.R. n. 602 del 1973, per le violazioni in materia di riscossione delle imposte e non anche per le sanzioni previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, per le violazioni in materia di accertamento delle imposte; i suddetti principi sono poi stati ulteriormente ribaditi dalle recenti sentenze 11183/2010 e 1391/2011 e ai medesimi il Collegio intende dare continuità.

Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata va cassata; la causa non richiede ulteriori accertamenti di fatto e, pertanto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, deve essere decisa nel merito da questa Corte con il rigetto del ricorso proposto dalla contribuente contro gli avvisi di mora.

Le spese si compensano per i gradi di merito e vanno a carico della controricorrente per il giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso presentato dalla contribuente in primo grado.

Condanna la parte intimata a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 800 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Compensa le spese dei gradi di merito.

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