Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-01-2011) 07-03-2011, n. 8860 Riabilitazione e cura Stupefacenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di P.M. avverso la sentenza emessa in data 8.2.2010 dal Tribunale di Napoli in composizione monocratica che condannava P.M., con circostanze attenuanti generiche, alla pena di Euro 1.200 di ammenda, con i benefici della sospensione condizionale e non menzione, avendolo riconosciuto colpevole del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 60 e 68 perchè, nella qualità di direttore della farmacia (OMISSIS), non ottemperava alle norme sulla tenuta del registro di entrata e di uscita delle sostanza e preparazioni stupefacenti e psicotrope, di cui alle prime quattro tabelle della citata normativa, in quanto deteneva all’interno dei locali della detta farmacia sostanze stupefacenti e non più commerciabili individuate nel verbale di constatazione, affidamento, giacenza e movimentazione n. 142 del 7.11.2006 effettuato dalla ASL di Napoli (OMISSIS) – distretto 47 – Servizio farmaceutico – non più riportate in registro (acc. il (OMISSIS)). Deduce la "nullità sopravvenuta" della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. a), perchè il fatto non più previsto dalla legge come reato, rappresentando che con l’introduzione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 68, comma 1 bis per effetto della L. 15 marzo 2010, n. 38, art. 10, lett. r), tutta la normativa concernente i registri di carico e scarico di cui al comma 1 sarebbe stata depenalizzata.

In secondo luogo, rappresenta la violazione di legge in ordine al preteso obbligo di denunziare all’ASL la presenza di confezioni di sostanze stupefacenti scadute e da distruggere (appartenenti alla precedente gestione), rinvenuti dall’imputato, come da sue dichiarazioni spontanee, in un armadietto chiuso recante la dicitura "stupefacenti scaduti e non vendibili", assumendo che detto obbligo non è rinvenibile in alcuna norma della disciplina sulla detenzione e vendita degli stupefacenti da parte delle farmacie.
Motivi della decisione

Il ricorso è destituito di fondamento.

La richiamata L. 15 marzo 2010, n. 38 ("Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore") ha lasciato inalterata, all’art. 10, comma 1, la natura di illecito penale delle condotte afferenti alla "tenuta dei registri di entrata e di uscita, di carico e scarico e di lavorazione, nonchè all’obbligo di trasmissione dei dati e di denunzia di cui agli artt. da 60 a 67", punibili con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda. Ha tuttavia modificato (con l’art. 10, comma 1, lett. r) il D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 68, introducendo il comma 1- bis, a termini del quale, "qualora le irregolarità riscontrate siano relative a violazioni della normativa regolamentare sulla tenuta dei registri di cui al comma 1, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 500 a Euro 1.500".

Il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 60 (per quel che nella specie interessa) indica una serie di condotte e di adempimenti quanto alla tenuta del registro speciale ivi indicato; prescrive, tra l’altro, che esso è tenuto "senza alcuna lacuna, abrasione o aggiunta, in ordine cronologico, secondo una progressione numerica unica per ogni sostanza o medicinale", tenendo "in evidenza il movimento di entrata e di uscita delle stesse sostanze o medicinali. Tale registro è numerato e firmato in ogni pagina dal responsabile dell’azienda unità sanitaria locale o da un suo delegato che riporta nella prima pagina gli estremi della autorizzazione ministeriale e dichiara nell’ultima il numero delle pagine di cui il registro è costituito".

Il quarto comma di tale norma è stato modificato dall’art. 10, comma 1, lett. n), della suindicata novella legislativa, prescrivendosi che "i registri di cui ai commi 1 e 3 sono conformi ai modelli predisposti dal Ministero della salute e possono essere composti da un numero di pagine adeguato alla quantità di stupefacenti normalmente detenuti e movimentati".

In tale generale contesto prescrittivo, richiamando il comma 1-bis solo le "violazioni della normativa regolamentare", la previsione appare riferita solo alle modalità che regolamentano, appunto, la tenuta dei registri, ossia all’obbligo di tenere gli stessi secondo le prescrizioni formali suindicate, ora anche conformemente a quanto indicato dai predisposti modelli ministeriali. Esulano da tale previsione le altre condotte indicate dal precitato art. 60, tra cui l’iscrizione di ogni acquisto o cessione di sostanze e medicinali di cui alle tabelle previste dall’art. 14, l’obbligo per i responsabili delle farmacie aperte al pubblico e delle farmacie ospedaliere di riportare sul registro il movimento dei medicinali di cui alla tabella 2, Sezioni A, B e C; così come è da ritenere che esuli da tale previsione normativa anche l’ipotesi della tenuta di un registro che non dia affatto contezza della sua originaria genuinità, assicurata dalla previa vidimazione da parte del responsabile dell’azienda unità sanitaria locale (tanto non darebbe affatto contezza della effettiva tenuta di un registro che, nel prescritto ordine cronologico e secondo una progressione numerica unica, contenga la reale e genuina espressione degli annotandi acquisti e cessioni, potendo lo stesso essere di volta in volta sostituito e falsamente rappresentare la relativa situazione, nel suo insorgere e nel suo evolversi).

Nella specie, non si contesta all’imputato la inosservanza di quelle modalità di tenuta del registro, ma gli si addebita di non aver riportato nel registro medesimo alcune confezioni di "sostanze stupefacenti scadute e non più commerciabili", rivenute in sede ispettiva nella farmacia da lui gestita, secondo quanto accertato e riferito dalla teste M., "presidente della commissione A.S.L. che aveva effettuato l’ispezione": in particolare, da questa era emerso che "alcune scatole di sostanze stupefacenti scadute, ma presenti in farmacia, non erano riportate sul registro" e che "non era stato possibile verificare se tali sostanze fossero regolarmente entrate in farmacia, atteso che il carico delle confezioni di sostanze stupefacenti viene registrato in maniera cumulativa senza indicare gli estremi della singola confezione". Escluso, quindi, che possa ritenersi depenalizzato l’illecito contestato, quanto al secondo profilo di censura, la sentenza impugnata da atto che "L’imputato, durante il suo interrogatorio, ha giustificato la discrasia rilevata in sede di ispezione chiarendo di essere subentrato, nel maggio 2006, al padre nella gestione della farmacia e di avere trascritto -al momento della sua immissione nella gestione- i farmaci oggetto dell’imputazione così come riportati nel registro tenuto dal padre. In particolare, precisava che i farmaci trovati durante l’ispezione erano stati scaricati precedentemente dal padre dal suo libro dopo aver comunicato alla A.S.L che erano scaduti.

L’imputato mostrava una fotocopia asseritamente estratta dal libro degli stupefacenti tenuto dal padre, in cui accanto ad alcuni farmaci vi è l’annotazione scaduto e la modifica della "giacenza". Ma su tale punto la sentenza impugnata ha reso puntuale e logica motivazione, richiamando la deposizione della predetta teste M., la quale aveva chiarito che "anche in caso di cambio di gestione gli stupefacenti presenti fisicamente nella farmacia devono essere riportati sul registro di entrata e di uscita – strumento tecnico necessario a monitorare la movimentazione delle sostanze stupefacenti – e che le confezioni devono essere scaricate solo in caso di vendita, di restituzione al fornitore o di prelievo da parte della A.S.L. che effettua in tal caso un verbale per avviare a distruzione la sostanza". E ciò s’appalesa in linea con la necessità della tenuta strettamente formale dei registri in questione (cfr. Sez. 6, n. 6066 del 17.1.2008, Rv. 238737).

Posto, per vero, che quello di cui all’art. 60 è un "registro di entrata e uscita", nel quale deve essere annotato "ogni acquisto o cessione" delle sostanze e medicinali in questione, il fatto che il medicinale sia "scaduto" indica solo una qualità dello stesso, non certo la sua "uscita" o la "cessione" (che esimono da ogni ulteriore annotazione in termini di attuale "carico"), eventi, questi, che si realizzano solo quando il soggetto non ne abbia più la detenzione. E il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 23, comma 3 recava la prescrizione che "le sostanze deteriorate non utilizzabili farmacologicamente devono essere distrutte, osservando le modalità di cui all’art. 25", il quale, a sua volta, richiamava un decreto del Ministro della sanità che "si avvale di idonee strutture pubbliche locali, ove esistenti, o nazionali": distruzione che, ovviamente, non poteva avvenire da parte dei soggetti a tanto legittimati, non resi edotti delle circostanze che alla distruzione medesima dovevano condurre (l’art. 25-bis, comma 2, come introdotto anch’esso dalla L. n. 38 del 2010, art. 10, comma 1, lett. b, prescrive ora specifiche modalità per la distruzione delle sostanze e composizioni in oggetto in possesso delle farmacie, da effettuarsi dall’azienda sanitaria locale o da un’azienda autorizzata allo smaltimento dei rifiuti sanitari).

Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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