Cass. civ. Sez. V, Sent., 05-05-2011, n. 9856 Rimborso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Dolomiti s.p.a. propone ricorso per cassazione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso proponendo altresì ricorso incidentale al quale la società resiste a sua volta con controricorso) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione del silenzio rifiuto su istanze di rimborso – ex art. 13, parte B, lett. c) della Direttiva 77/388/CEE-dell’Iva non detratta assolta sugli acquisti effettuati nel periodo 1996/1999 e relativi all’attività esente esercitata nello stesso periodo, la C.T.R. Lazio riformava la sentenza di primo grado (che aveva accolto il ricorso introduttivo), rilevando che la società difettava dei requisiti soggettivi previsti dalla normativa comunitaria per il riconoscimento del diritto alla estensione della esenzione e che, in ogni caso, detta società era decaduta dalla proposizione della domanda di rimborso.

2. Deve innanzitutto disporsi la riunione dei due ricorsi siccome proposti avverso la medesima sentenza.

Col primo motivo del ricorso principale, deducendo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, la ricorrente rileva che la C.T.R. aveva accolto il motivo di appello fondato sulla eccezione del difetto delle condizioni soggettive previste dall’art. 13 della 6^ direttiva nonostante la suddetta questione fosse stata proposta per la prima volta in appello.

La censura è infondata.

In proposito giova innanzitutto evidenziare che il D.Lgs. citato, art. 57, vieta la proposizione per la prima volta in appello delle eccezioni in senso proprio (tali dovendosi qualificare quelle con le quali si fa valere un fatto diverso e nuovo rispetto a quello dedotto in giudizio dalla controparte) non le mere difese, volte a contestare l’esistenza dei fatti posti a fondamento della domanda avversaria o la fondatezza giuridica di tale domanda.

Tanto premesso, è sufficiente osservare che, spettando al contribuente provare il fatto costitutivo del diritto all’esenzione, quindi anche il relativo presupposto soggettivo, il mero rilievo della mancanza (di prova della sussistenza) del presupposto soggettivo del diritto fatto valere non è configurarle quale eccezione in senso proprio, come tale non proponibile per la prima volta in appello.

Col secondo motivo del ricorso principale, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della sesta direttiva del Consiglio CEE del 15 maggio 1977 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, la ricorrente si duole che i giudici d’appello abbiano escluso l’estensione della esenzione dall’Iva per non essere la contribuente "organismo di diritto pubblico" e non aver dato prova di operare in condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i suddetti organismi, senza considerare: che al successivo punto 2 a) del medesimo art. 13 si prevede che gli Stati membri possono subordinare ad una o più condizioni la concessione ad enti diversi da quelli di diritto pubblico di ciascuna delle esenzioni previste; che il legislatore italiano al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, punto 19, ha disposto l’esenzione dall’Iva per le prestazioni di ricovero e cura rese, tra l’altro, da enti ospedalieri o da cliniche e case di cura convenzionate; infine che non è mai stato contestato che la contribuente fosse un ente convenzionato.

La censura è infondata, posto che, come correttamente affermato nella sentenza impugnata, la norma esonerativa invocata è inapplicabile nella specie, sia pure per ragioni giuridiche diverse da quelle esposte nella sentenza impugnata, la quale andrà pertanto confermata in quanto conforme a diritto, integrando ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., nei termini di cui in prosieguo, la relativa motivazione.

Invero, l’art. 13 parte B della citata direttiva Cee prevede che "…. gli Stati membri esonerano alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sottoelencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

… c) le forniture di beni destinati esclusivamente ad un’attività esentata a norma del presente articolo o a norma dell’art. 28, paragrafo 3, lett. b), ove questi beni non abbiano formato oggetto di un diritto a deduzione …" e l’espressione "forniture di beni destinarti esclusivamente ad un’attività esentata", contrariamente a quanto ritenuto dalla contribuente, non va intesa come riferita agli acquisti di beni da destinare ad attività esenti, bensì alla successiva cessione dei beni medesimi, come emerge più chiaramente da una lettura complessiva della norma in esame valutata nel suo contesto.

Tale interpretazione risulta peraltro recentemente e autorevolmente affermata dalle SSUU di questa Corte, le quali (con sentenza n. 27207 del 2009, seguita da altre successive conformi) hanno affermato che "l’esenzione prevista dall’art. 13, parte B), lett. c), della 6^ direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, secondo l’interpretazione fornitane dalla Corte di Giustizia CE con ordinanza del 6 luglio 2006, in cause C-18/05 e C-155/05, si applica esclusivamente alla rivendita di beni acquistati per l’esercizio di un’attività esente, ove gli stessi non abbiano formato oggetto di un diritto a detrazione, e non giustifica pertanto il rimborso dell’imposta versata per l’acquisto di beni o servizi destinati in modo esclusivo all’esercizio di un’attività esentata, ancorchè esclusi dal diritto a detrazione, non essendo il diritto al rimborso desumibile neppure dalla sentenza 25 giugno 1997, in causa C-45/95, con cui la Corte si è limitata ad accertare l’inadempimento della Repubblica Italiana agli obblighi derivanti dalla medesima disposizione, senza avallare un’interpretazione diversa da quella successivamente fornita con la predetta ordinanza".

La ritenuta infondatezza del motivo che precede comporta l’assorbimento del terzo motivo del ricorso principale, col quale si censura l’ulteriore ratio decidendi posta a fondamento della sentenza impugnata (relativa alla decadenza dalla proposizione della istanza di rimborso) nonchè del ricorso incidentale, in quanto espressamente proposto come condizionato.

Per tutto quanto sopra esposto, i primi due motivi del ricorso principale devono essere rigettati, restando assorbiti il terzo motivo del ricorso principale nonchè il ricorso incidentale.

Attese le alterne vicende della controversia nel merito, che testimoniano della complessità della problematica ermeneutica, risolta dalle Sezioni Unite di questa Corte solo in epoca successiva alla proposizione del ricorso, si dispone la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.

Riunisce i ricorsi. Rigetta i primi due motivi del ricorso principale, assorbito il terzo e l’incidentale. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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