Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-01-2011) 07-03-2011, n. 8857 Ebbrezza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di F. A. avverso la sentenza emessa in data 25.1.2010 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Tribunale di Salerno, in composizione monocratica, con la quale veniva applicata su accordo delle parti al F. la pena di giorni 8 di arresto ed Euro 120,00 di ammenda, con sostituzione della pena detentiva in Euro 2.000,00 di ammenda, per il reato di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186, comma 2 (tasso alcolemico di g/l 1,38 e 1,61) commesso il (OMISSIS)).

Deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 135 c.p.p. in relazione al combinato disposto dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186, comma 2 e della L. n. 689 del 1981, art. 53, in quanto la pena detentiva di 8 giorni di arresto era stata convertita in Euro 2.000,00 di ammenda e cioè in ragione di Euro 250 al giorno, secondo la modifica apportata all’art. 135 c.p. dalla L. n. 94 del 2009, art. 3, che, essendo successiva alla data di commissione del reato, non poteva trovare applicazione stante il divieto dell’art. 2 c.p., comma 3, attesa la natura sostanziale della disposizione di cui all’art. 135 c.p.. Il ricorso è infondato.

Invero, all’epoca del commesso reato ((OMISSIS)) era vigente la novella apportata dalla L. n. 134 del 2003, art. 4 (alla quale è poi seguita quella di cui alla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 3, comma 62 che ha modificato direttamente l’art. 135 c.p.) alla L. n. 689 del 1981, art. 53 che aveva stabilito non solo l’importo di 38 Euro giornalieri di cui all’art. 135 c.p., nella formulazione all’epoca vigente, quale minimo invalicabile, ma anche un massimo, pari a dieci volte il predetto importo previsto dall’art. 135 c.p. (cioè, 380 Euro), sia pur in rapporto alle condizioni economiche dell’imputato.

Ne consegue che, essendo stata concordata tra le parti e recepita dal Giudice, la sostituzione della pena detentiva con Euro 2.000,00 di ammenda, pari a 250,00 Euro giornalieri (e quindi in misura comunque inferiore al massimo sopra indicato) e dovendosi ritenere che le parti – nella formulazione dell’accordo- abbiano tenuto conto delle condizioni economiche dell’imputato, non può ritenersi violato il principio di cui all’art. 2 c.p., comma 4.

Infatti, le parti hanno convenuto la pena in maniera corretta e non illegale e in tema di patteggiamento, tutte le statuizioni non illegittime, concordate dalle parti e recepite in sentenza, in quanto manifestazione di un generale potere dispositivo che la legge riconosce alle parti e che il giudice ratifica, non possono essere dalle stesse parti rimesse in discussione con il ricorso per cassazione.

Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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