Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 17-01-2011) 07-03-2011, n. 8904 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del 14 febbraio 2005 con cui il Tribunale di Cassino aveva condannato D.R.A. alla pena di un anno e sei mesi di reclusione ed Euro 4.000 di multa in ordine al reato di cui all’art. 81 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, per avere detenuto, a fine di spaccio, quantitativi di diverse tipologie di stupefacenti (gr. 21,06 di hashish; gr. 92 di marijuana; gr. 1,374 di anfetamine).

Il difensore dell’imputato ha presentato ricorso per Cassazione e ha dedotto, con il primo motivo, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 178 c.p.p., assumendo che sarebbe stata omessa la notifica al D.R. della data di udienza davanti alla Corte d’appello.

Con un secondo articolato motivo il ricorrente ha dedotto il vizio di motivazione sotto diversi profili.

Innanzitutto ha rilevato che i giudici di secondo grado hanno ritenuto, erroneamente, che la tesi difensiva dell’uso personale della droga rinvenuta nella disponibilità dell’imputato non risultava corroborata da una certificazione attuale di tossicodipendenza, omettendo di valutare una serie di documenti prodotti dalla difesa – allegati all’atto di impugnazione – da cui emergeva lo stato di tossicodipendenza dell’imputato all’epoca dei fatti (comunicazioni del 19.12.2003 del direttore e dell’ufficio sanitario della Casa circondariale di Cassino; certificato di tossicodipendenza della AUSL di Frosinone dell’11.5.2005).

Inoltre, i giudici di merito non avrebbero tenuto conto della quantità di sostanza stupefacente e del luogo in cui è stata rinvenuta a seguito della perquisizione eseguita.

Ancora, la Corte d’appello avrebbe omesso di prendere in considerazione la doglianza sollevata nell’atto di impugnazione con cui si denunciava l’errato aumento per la continuazione, avendo il primo giudice disposto un doppio aumento di pena per la detenzione di sostanza stupefacente di tipo hashish e marijuana, sebbene si trattasse di sostanze rientranti nella medesima tabella e nel medesimo gruppo omogeneo di tabelle, con la conseguenza che si sarebbe dovuto riconoscere l’unicità della fattispecie criminosa.

Infine, l’avere escluso lo stato di tossicodipendenza avrebbe viziato l’iter argomentativo della sentenza, portando i giudici a negare il giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulle contestate aggravanti.

MOTIVI DELLA DECISIONE Il primo è inammissibile perchè non indica le ragioni di fatto e di diritto della dedotta nullità.

Il secondo motivo è infondato con riferimento alla parte in cui censura la sentenza per avere ritenuto la responsabilità dell’imputato.

Innanzitutto, deve rilevarsi che nella motivazione lo stato di tossicodipendenza non appare circostanza determinante per riconoscere la responsabilità dell’imputato, che viene affermata soprattutto in base ad altre prove, tra cui, in particolare, l’agenda sequestrata in cui sono riportati i nomi degli acquirenti, elemento che la sentenza valorizza a conferma delle deposizioni rese dagli operanti sull’attività di "spaccio" dell’imputato.

Di conseguenza la questione relativa al quantitativo e al luogo in cui la droga è stata rinvenuta diviene irrilevante dinanzi alle prove dell’attività di spaccio svolta dall’imputato.

E’ invece fondata la questione relativa al calcolo della continuazione. Nella prima sentenza il giudice ha operato un doppio aumento a titolo di continuazione per il quantitativo di hashish (2 mesi di reclusione ed Euro 400,00 di multa) e di marijuana (4 mesi di reclusione ed Euro 600,00 di multa), determinando la pena complessiva in un anno e sei mesi di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa.

La Corte d’appello, nonostante l’imputato avesse dedotto uno specifico motivo sul punto, chiedendo il contenimento della pena proprio in rapporto al calcolo della continuazione, ha confermato le statuizioni della sentenza del Tribunale, senza tenere conto che a seguito della soppressione della distinzione tabellare tra "droghe leggere" e "droghe pesanti", operata dalla L. n. 49 del 2006, la detenzione contestuale di sostanze stupefacenti di natura e tipo diversi integra un unico reato e non più una pluralità di reati in continuazione tra loro (Sez. 4, 17 luglio 2009, n. 42485, Manganello;

Sez. 6, 21 aprile 2008, n. 34789, Castioni; Sez. 4, 9 luglio 2008, n. 37993, Isoni).

Nella specie la nuova normativa risulta entrata in vigore tra la pronuncia della sentenza di primo grado e la decisione della Corte d’appello, sicchè trattandosi di una disciplina che, almeno per quanto riguarda il complessivo trattamento sanzionatorio del reato continuato in relazione alla detenzione di diverse tipologie di stupefacenti, è più favorevole rispetto alla precedente, il giudice di appello avrebbe dovuto applicarla ai sensi dell’art. 2 c.p..

Pertanto, con esclusivo riferimento alla determinazione della pena a titolo di aumento la sentenza deve essere annullata; tuttavia, l’annullamento può essere disposto senza rinvio ai sensi dell’art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l), potendo in questa sede procedersi alla rideterminazione della pena, disponendo l’eliminazione dell’aumento dei sei mesi di reclusione ed Euro 1.000,00 per la ritenuta continuazione riferita alla detenzione dell’hashish e della marijuana.

Infine, è infondato il motivo con cui il ricorrente lamenta che il mancato riconoscimento del suo stato di tossicodipendente avrebbe impedito il giudizio di prevalenza delle concesse attenuanti generiche sulle aggravanti contestate. La sentenza ha motivatamente escluso lo stato di tossicodipendenza, rilevando l’inidoneità della documentazione prodotta al riguardo; in ogni caso, è del tutto indimostrato e indimostrabile che l’eventuale riconoscimento dello stato di tossicodipendenza avrebbe determinato un diverso giudizio di comparazione tra circostanze.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta continuazione ed elimina la relativa pena di mesi sei di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa.

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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