Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-12-2010) 07-03-2011, n. 8891 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

O.A.J., indagata per i delitti di associazione a delinquere e spaccio di sostanze stupefacenti, veniva astretta in carcere a seguito di provvedimento di custodia cautelare per il periodo complessivo di giorni 12.

Successivamente, il Tribunale del Riesame di Roma annullava la misura coercitiva ritenendo l’insussistenza di sufficienti indizi di colpevolezza. Quindi, l’imputata veniva assolta con formula piena dai reati a lei ascritti con sentenza del GUP del Tribunale di Roma in data 26-10-2006, divenuta definitiva in data 8-4-2007. La O. proponeva istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta chiedendo che le venisse riconosciuta l’indennità nella misura di giustizia.

2. La Corte di Appello di Roma liquidava la somma di Euro 2.040. 3. L’istante avanzava ricorso per Cassazione.

Rilevava che il Giudice di merito non aveva fornito alcun criterio valutativo effettivamente correlato con la specifica situazione familiare e personale di essa ricorrente ed i pregiudizi subiti in conseguenza dell’ingiusta detenzione, ma si era limitato a riconoscere quanto dovuto in base ad un computo aritmetico, tra l’altro errato. In particolare, la Corte di Appello aveva ridotto di 1/3 le somme dovute in base al calcolo aritmetico rilevando che la richiedente non era persona incensurata avendo già subito una condanna ad anni tre mesi sei giorni venti di reclusione con sentenza della Corte di Appello di Roma in data 16-7-2003, per detenzione di cocaina. Inoltre, la Corte di merito non aveva tenuto conto appunto delle sofferenze sopportate da lei e dalla figlia di anni (OMISSIS) a seguito della vicenda giudiziaria. Aggiungeva che erroneamente la Corte di Appello non aveva statuito in ordine alla regolamentazione delle spese processuali tra la richiedente e il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

4. Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione instava per l’accoglimento del ricorso limitatamente alla regolamentazione delle spese processuali tra le parti del procedimento, con reiezione delle ulteriori doglianze.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze si costituiva presentando memoria difensiva.

5. Il ricorso va accolto per quanto di ragione perchè fondato.

Si osserva, secondo quanto statuito in sede di giurisprudenza in specie di legittimità, che la liquidazione dell’indennizzo per la riparazione per l’ingiusta detenzione è svincolato da rigidi parametri aritmetici, e si deve basare su una valutazione equitativa che tenga complessivamente conto non solo della durata della custodia cautelare subita ma anche e non marginalmente delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà.

In altre parole , il parametro matematico (costituito dal rapporto tra il tetto massimo dell’indennizzo di cui all’art. 315 c.p.p., comma 2 e il termine massimo della custodia cautelare di cui all’art. 303 c.p.p., comma 4 espresso in giorni, moltiplicato per il periodo anch’esso espresso in giorni di ingiusta restrizione sofferta) si pone come criterio di riferimento per modulare concretamente l’indennizzo in relazione alle specifiche conseguenze personali e familiari sopportate dall’interessato. Nel caso di specie, il Giudice della riparazione ha tenuto conto di un indice aritmetico, in verità, errato, pari ad Euro 253,83 (invece di Euro 235,82) e poi ha proceduto ad una riduzione del "quantum" determinato, sulla base di una motivazione generica facente riferimento alla personalità dell’istante. Altresì, il Collegio non ha approfondito quanto dedotto dalla O. circa il pregiudizio denunciato di carattere personale e familiare quantificandone eventualmente il relativo indennizzo in via equitativa.

Per contro, infondata si palesa l’ulteriore doglianza concernente la mancata condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al rimborso delle spese di giudizio sostenute dalla ricorrente in primo grado. Difatti, il menzionato Ministero non risulta essersi costituito nel procedimento di primo grado. Sul punto, questa Corte di legittimità ha ripetutamente affermato che, in mancanza di opposizione del detto Dicastero alla domanda di riparazione, non risulta legittima la condanna alle spese dello stesso, trattandosi nel caso di procedimento a contraddittorio necessario (in riferimento alla chiamata in giudizio del Ministero) ma non a contenzioso necessario, in quanto l’Amministrazione intimata può non costituirsi ovvero costituirsi aderendo alla richiesta o rimettersi al giudice.

6. Si osserva, d’altro canto, che sono infondate le deduzioni svolte dal Ministero dell’Economia e delle Finanze intese a conseguire la declaratoria di inammissibilità del ricorso ovvero il rigetto di tutti i motivi. In particolare, si palesa infondata la censura concernente la mancanza della procura speciale in favore del difensore per la proposizione del presente ricorso, il che non risulta dalla documentazione in atti, mentre la procura rilasciata dall’istante per il procedimento di primo grado si estendeva chiaramente anche a questo giudizio di legittimità. 7. Pertanto, l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio alla Corte di Appello competente, che si uniformerà al principio di diritto ed allo schema motivazionale enunciato.

L’infondatezza dei rilievi svolti dal Ministero costituito giustifica la compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.

La Corte di Cassazione Sezione Quarta Penale annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla misura dell’indennizzo, con rinvio alla Corte di Appello di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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