T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, Sent., 02-03-2011, n. 226 Radiocomunicazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso si espone:

– che la ricorrente, società operante nel settore delle telecomunicazioni, ha installato e gestisce, ai sensi dell’ad. 4, L. 249/97, una rete nazionale di telecomunicazione per l’espletamento del servizio pubblico radiomobile di telefonia cellulare;

– che, ai sensi dell’ad. 231 del codice postale ( DPR 29.03.1973, n. 156), gli impianti di telecomunicazione sono opere di pubblica utilità ed O. deve progettare, realizzare ed implementare la propria rete radiomobile – comunicando al Ministero competente i piani esecutivi degli impianti necessari- per garantire la progressiva copertura del territorio nazionale con il proprio segnale radiotelefonico ed assicurare il mantenimento degli standards qualitativi del servizio;

– che ai sensi dell’art. 1, L. 146/90, la telefonia mobile cellulare è servizio pubblico ed essenziale, di cui la legge vieta tassativamente l’interruzione;

– che, in data 20.10.2001, in esecuzione degli impegni assunti, presentava domanda di autorizzazione edilizia per la realizzazione di una stazione radiobase da posizionarsi sull’immobile catastalmente distinto al Fg. 13, Part. 12, in strada Bussoleta;

– che, in data 22.01.2002, verificata la conformità del progetto alla vigente disciplina urbanistico edilizia, l’A.C. rilasciava il titolo edilizio richiesto; – che ai sensi dell’art. 48, L.R. 44/2000, spetta ora ai Comuni rilasciare autorizzazione d’esercizio di cui agli artt. 1 e 2, L.R. 6/89; la relativa domanda è stata presentata in data 7.03.2002, allegando tutta la documentazione richiesta dalla disciplina speciale statale e regionale;

– che, in data 3.05.2002, acquisiti il parere favorevole del Capo Settore Ambiente nonché i pareri igienicosanitari dell’ARPA il Dirigente rilasciava anche la prescritta autorizzazione d’esercizio;

– che, tuttavia, del tutto inopinatamente, in calce alla stessa venivano inserite le seguenti, illegittime condizioni:

* "il periodo di validità del presente autorizzazione è subordinato al mantenimento dei parametri riportati nei pareri A.R.P.A. elencati in premessa e dalle norme legislative in materia";

* "prima dell’attivazione dovrà essere presentata la seguente documentazione: a) diagrammi angolari di irradiazione;

b) misurazione, effettuata da Enti e/o professionisti abilitati, degli attuali valori di fondo dei campi elettromagnetici, presenti in prossimità di fabbricati esistenti nel raggio di 300 mt. dall’impianto";

c) dichiarazione attestante la disponibilità alla condivisione della struttura portante con altri gestori";

* "venga comunicata preventivamente la data di effettiva attivazione dell’impianto";,

* "entro tre mesi dall’attivazione dovranno essere trasmessi all’Amministrazione Comunale i risultati di una misurazione di cui al presente punto 4/b, effettuata con gli impianti in funzione";

* "venga applicata sulla struttura, in modo ben visibile, una targa informativa riportante almeno dati e recapito del gestore, le caratteristiche dell’impianto ed estremi autorizzativi";

* "all’approvazione di uno specifico Piano Comunale di Localizzazione degli impianti di teleradiocomunicazioni, in caso di incompatibilità, lo stesso dovrà essere rilocalizzato entro il termine massimo di un anno";

– che le clausole relative ad ipotesi di decadenza e/o comunque limitative dell’efficacia dell’autorizzazione e/o del diritto di mantenere installato ed in servizio l’impianto di telecomunicazione sono inesistenti e/o nulle e/o inopponibili e si hanno per non apposte: ciò non solo perché l’ordinamento non le prevede, ma anche perché in netto contrasto con i principi generali dello stesso e la disciplina speciale (statale e regionale) della materia regola integralmente la fattispecie;

– che, anche le altre illegittime condizioni apposte dall’A.C. violano palesemente il principio di legalità e tipicità dell’azione amministrativa e devono parimenti ritenersi non apposte e/o comunque inefficaci;

– che il presente ricorso viene pertanto interposto, nei limiti suindicati, per mera cautela, dovendosi la domanda ritenere accolta senza condizioni.

Si muovono le seguenti censure:

1) violazione del principio di legalità e tempus regit actum. eccesso di potere per travisamento dei presupposti e sviamento. violazione della circolare regionale n. 3885 del 7.03.2001 e del d.p.g.r. n. 1/r del 14.04.2000. violazione dell’art. 4, l. 10/77. violazione dei principi generali in materia di revoca dei provvedimenti amministrativi. violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 9 e 16, l. quadro, 3 e 4, 2° comma, d.l. 381/98.

2) violazione del principio di tipicità e legalità degli atti amministrativi. eccesso di potere per travisamento dei presupposti e sviamento. violazione del principio della domanda. violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 7 e 8, l. 241/90, 97 cost. e 99 c.p.c. violazione circ. reg. 3885 del 7.03.2001, d.p.g.r. n. 1/r del 14.04.2000.

3) violazione del principio di legalità. violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 5 e 6 d.p.g.r. 1/r del 14.04.2000, 9 e 16, l. 36/2001, 3 e 4, 2° co., e 5, d.l. 381/98. eccesso di potere per illogicità e contradditorieta’.

4) violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 8, comma 1, lett. c), e comma 6, l. 36/2001. violazione e falsa applicazione del d.p.g.r. 14.04.2000, n. 1/r e degli artt. 1, 2 e 3, l.r. 6/89. violazione dell’art. 1, l. 241/90. violazione dell’art. 6, d.p.r. 12.04.96.

5) violazione degli artt. 1, l. 249/97, 14, l. 36/2001, 5, d.p.g.r. 1/r del 14.04.2000, e dell’allegato b) al d.l. 381/98.

Il Comune di Alba non si è costituito in giudizio ed alla pubblica udienza del 23 febbraio 2011 la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, è stata impugnata in parte qua, l’autorizzazione rilasciata in data 03.05.2002, limitatamente alla parte in cui prevede che:

* "il periodo di validità della presente autorizzazione è subordinato al mantenimento dei parametri riportati nei pareri A.R.P.A. elencati in premessa e dalle norme legislative in materia";

* "prima dell’attivazione dovrà essere presentata la seguente documentazione:

a) diagrammi angolari di irradiazione;

b) misurazione, effettuata da Enti e/o professionisti abilitati, degli attuali valori di fondo dei campi elettromagnetici, presenti in prossimità di fabbricati esistenti nel raggio di 300 mt. dall’impianto";

c) dichiarazione attestante la disponibilità alla condivisione della struttura portante con altri gestori";

* "venga comunicata preventivamente la data di effettiva attivazione dell’impianto;

* entro tre mesi dall’attivazione dovranno essere trasmessi all’Amministrazione Comunale i risultati di una misurazione di cui al presente punto 4/b, effettuata con gli impianti in funzione;

* "venga applicata sulla struttura, in modo ben visibile, una targa informativa riportante almeno dati e recapito del gestore, le caratteristiche dell’impianto ed estremi autorizzativi;

* "all’approvazione di uno specifico Piano Comunale di Localizzazione degli impianti di tele radiocomunicazioni, in caso di incompatibilità, lo stesso dovrà essere rilocalizzato entro il termine massimo di un anno".

La s.r.b. è stata nel frattempo realizzata conformemente al titolo abilitativo conseguito ed è entrata in funzione, andando a costituire punto terminale della rete di telefonia mobile del gestore V. O. NV.

E’ fondato il primo motivo di censura con il quale si lamenta la violazione del principio di tipicità e di semplificazione del provvedimento amministrativo

È esclusa per costante giurisprudenza la possibilità per l’ente locale di imporre, per l’impianto di reti o per l’esercizio di servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge, come prevede l’art. 93 del D.Lgs. 259/2003. A maggiore ragione se tali oneri vengono surrettiziamente inseriti nel titolo abilitativo stesso, come accaduto nella specie. Le condizioni contenute nella autorizzazione impugnata vanificano, infatti, la ratio di tipicità degli atti amministrativi presente nell’ordinamento, la quale "esclude che possano essere inseriti nella sequenza procedimentale provvedimenti non espressione di poteri previsti dalla legge" (C.d.S. sez. V, 22 febbraio 2007, n. 948).

Le norme di settore prevedono un procedimento autorizzatorio per gli impianti in questione come soggetto ad una disciplina speciale ed autonoma, sicché i Comuni nell’esercizio dei poteri di pianificazione possono intervenire sul procedimento autorizzatorio solo nel senso di una sua maggiore semplificazione (C.d.S. sez. VI, 28 febbraio 2006, n. 889, sentenza; C.d.S. sez. VI, 27 ottobre 2006, n. 6439, sentenza).

Fondata è anche la censura con la quale si lamenta l’inammissibile aggravamento del procedimento autorizzatorio.

L’autorizzazione impugnata è illegittima, in parte qua, laddove pretende di poter subordinare la validità dell’autorizzazione subordinata al rispetto dei parametri di emissione riportati nei pareri A.R.P.A., lasciando presuppone una revoca dell’autorizzazione in caso di violazione dei suddetti valori.

La lettera dell’art. 15 1. 36/01, prevede la revoca quale extrema ratio, sussidiaria rispetto ad altri provvedimenti "correttivi" da adottarsi in via preventiva: infatti, dopo aver disposto la prima sanzione pecuniaria, qualora persista la violazione dei parametri, è previsto che l’A.R.P.A. disponga una ulteriore sanzione consistente nella sospensione dell’atto autorizzatorio e solamente, in via ulteriormente subordinata, nel caso in cui la violazione sia reiterata potrà eventualmente essere disposta la revoca dell’atto.

L’illegittimità delle clausole si palesa proprio sotto il profilo del distaccamento delle previsioni dal parametro legale, nella misura in cui è fatta previsione di strumenti correttivi non previsti e non consentiti.

Ugualmente fondata è altresì la censura di illegittimità ed illogicità della richiesta documentazione

Il titolo abilitativo impone la presentazione di documentazione preventiva rispetto all’attivazione dell’impianto unitamente alla comunicazione del medesimo. Costante giurisprudenza considera illegittima l’imposizione di oneri ulteriori rispetto a quelli previsti dal Legislatore nel procedimento ex art. 87 D.Lgs. 259/2003. La disciplina di settore non prevede alcun collaudo quale condizione necessaria al fine di installare ed attivare gli impianti (C.d.S. sez. VI, 28 marzo 2007, n. 1431, sentenza).

Sussiste il difetto di attribuzione in capo al Comune: la norma è, infatti, totalmente esaustiva e non ammette alcuna differenziazione del procedimento da quello ex lege, ove è prevista la designazione dell’A.R.P.A. "quale organismo territorialmente preposto ai controlli sanitario- ambientali relativi ai limiti di esposizione" (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 18 maggio 2006, n. 3565).

Sussiste la competenza in materia di controllo e vigilanza sanitaria ed ambientale alle amministrazioni comunale che la esercitano attraverso le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (Corte Cost., sent. 26 marzo 2010, n. 120, sentenza), come dettato dall’art. 14 della legge 22 febbraio, n. 36 che ne assegna la salvaguardia.

I controlli ed un’eventuale presentazione di ulteriori documenti o richiesta di chiarificazioni, successivamente alla messa in funzione dell’impianto, potrebbero essere disposti unicamente da parte dell’organo riconosciuto funzionalmente adeguato in senso tecnico all’assolvimento delle attività succitate, non potendosi prevedere in alcun modo un intervento da parte dell’ufficio tecnico del comune come invece parrebbe dalle condizioni prospettate.

Giustificazioni riguardo alla delle condizioni apposte non potrebbero nemmeno essere reperite in ordine alla disciplina generale degli accordi che la p.a. ha facoltà di stipulare con gli amministrati. Infatti la legge n. 241 del 1990 prescrive, nel testo dell’art. 11, la possibilità di sostituire l’iter per l’adozione di un provvedimento con accordi sostitutivi dello stesso che permetterebbero un’eventuale, anche se dubbia, presenza di clausole ulteriori rispetto al un normale provvedimento da emanare Nel caso di specie è chiaro come le condizioni poste nell’ambito del provvedimento di autorizzazione in oggetto non possano considerarsi in alcun modo frutto di un accordo. L’apposizione delle citate clausole contrasta infatti, oltre che con i suindicati principi generali del diritto amministrativo, anche con le disposizioni che la legge regionale del Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, all’art. 49 prevede, contemplando espressamente che, in ogni caso, possano essere suscettibili di apposizione talune condizioni alle concessioni purché siano accettate dal proprietario con atto di impegno unilaterale (C.d.S. sez. IV, 6 ottobre 2010, n. 7344, sentenza; che ha confermato T.A.R. Piemonte sez. I, 26 febbraio 2003, n. 335, sentenza).

Evenienza non verificatasi in alcun modo nel caso di specie, sicché si paleserebbe in toto la legittimità delle clausole apposte dal Comune, oltretutto non inquadrabili nelle previsioni disciplinanti l’istituto della promessa unilaterale ex art. 1987 del codice civile.

L’evenienza di condivisione della struttura di s.r.b. costituisce una mera facoltà per il gestore dell’infrastruttura, tuttavia la condizione dell’autorizzazione, punto 4 lett. c), richiede, tra i documenti necessari, una dichiarazione attestante la disponibilità per la ricorrente alla condivisione della stazione radio base. Ciò si pone in chiaro contrasto con la disciplina dell’art. 89, comma primo, D.Lgs. 259/2003, la quale prevede che spetti all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni incoraggiare la coubicazione o la condivisione di tali infrastrutture, ben lungi dal prevederne l’obbligatorietà in capo al proprietario (C.d.S. sez. VI, 28 marzo 2007, n. 1431, sentenza). La pretesa avanzata dal Comune è dunque illegittima e deve essere stralciata dal titolo abilitativo in questa sede parzialmente gravato.

Anche la normativa regionale, del resto, non impone alcun vincolo in ordine alla coubicazione e condivisione di impianti di telefonia, chiarendo al contrario che si tratta di facoltà in capo ai gestori (D.G.R., 5 settembre 2005, n. 16757).

Il ricorso va pertanto, accolto e l’atto impugnato va, conseguentemente annullato nei limiti di cui sopra.

Sussistono, comunque, i giusti motivi per compensare interamente tra le parti spese ed onorari del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla in parte qua l’atto impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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