T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, Sent., 02-03-2011, n. 173 Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società E.V. riferisce in ricorso di esercitare l’attività di produzione di energia da fonte rinnovabile con un impianto eolico da 21 MWp in un’area di circa 100 ettari di terreni di privati nel PRT del CASIC (ora CACIP) e di avere in corso l’incorporazione della S. s.r.l., la quale aveva presentato fin dal 12.4.2007 la domanda per il rilascio del nulla osta alla realizzazione di un parco per la produzione di energia rinnovabile da fonte fotovoltaica, con allegato progetto preliminare.

Precisa la ricorrente che, a dispetto della netta previsione dell’art. 12 del D.Lgs., tale pratica è rimasta finora inevasa.

Con lettera nel 22.4.2009 la ricorrente, dopo aver fatto presente di aver acquisito l’attività della società S., aveva chiesto al CACIP il rilascio a suo nome dell’autorizzazione, a suo tempo richiesta dalla stessa S., per la nuova attività di produzione di energia da fonte alternativa fotovoltaica.

Con successiva lettera del 1.10.2009 la ricorrente, dopo aver precisato di aver incorporato la S. s.r.l., ha sollecitato il rilascio dell’autorizzazione per l’attività di produzione di energia da impianto fotovoltaico.

Il Consorzio con la deliberazione n. 9426 del 17.9.2009 ha preso atto del contratto preliminare di fusione tra la società ricorrente e la S., senza però adottare alcuna determinazione in ordine alla richiesta di sub ingresso nella posizione di quest’ultima società con riferimento all’autorizzazione in questione.

Con l’impugnata deliberazione n. 9391 del 21.7.2009 il Consiglio di Amministrazione del CACIP ha stabilito:

"a) di recepire i criteri dettati dalla Regione con la delibera n. 59/12 del 29.10.2008, come sotto riportati:

– dovrà essere garantita l’assegnazione, secondo il seguente ordine prioritario, a favore delle imprese

*) che realizzano impianti destinati per almeno il 50% all’autoconsumo, al fine di raggiungere l’obiettivo strategico del consolidamento del sistema produttivo delle aree industriali;

*) che realizzano impianti manifatturieri di tecnologie per la generazione di energia da fonti rinnovabili;

*) che realizzano impianti di produzione di energia con alto contenuto d’innovazione;

*) che il piano industriale relativo all’iniziativa, sulla base della capacità tecnica ed economia del proponente garantisca un’adeguata ricaduta occupazionale".

Con la stessa delibera ha inoltre precisato che:

"tenuto conto delle priorità sopraccitate; considerata l’esiguità delle aree disponibili; ritenuto di soddisfare quante più intraprese industriali, di limitare in 10 (dieci) ettari per la vendita e/o la concessione, sia di aree di proprietà consortili che di terzi, l’estensione accreditabile a ciascuna richiesta;

b) fermo restando il soddisfacimento delle richiesta rientranti nei punti di cui alla precedente lettera a) e in assenza di richieste rientranti nelle suddette tipologie, di limitare – nel rispetto della superficie totale imposta dalla RAS – in 10 (dieci) ettari l’estensione accreditabile a ciascuna richiesta, sia per aree di proprietà consortile che di terzi;

c) che per le aree di proprietà di terzi destinate a impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, nel rispetto delle prerogative stabilite dal PRT del Consorzio, viene confermato l’importo di Euro/mq 5 (cinque) a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione, come già stabilito con deliberazione n. 8860 del 13.11.2007".

Il contenuto della delibera è stato comunicato alla ricorrente con lettera del 16.9.2009, inviata con raccomandata A.R. e con fax, nella quali il Presidente del Consorzio richiedeva inoltre se permanesse o meno l’interesse alla definizione della richiesta per l’impianto fotovoltaico, tenuto conto dei criteri stabiliti da ultimo ed innanzi riportati.

A seguito della risposta da parte della ricorrente sul permanere dell’interesse, evidenziato con la lettera del 1.10.2009, il Consorzio ha comunicato al Comune di Assemini, con nota prot. n.2351 del 30.9.2009, che l’impianto proposto dalla società E.V. non rispetta i criteri della delibera 9391 e "pertanto il progetto non è approvabile".

A sostegno del ricorso la società in epigrafe ha proposto i seguenti motivi di gravame:

1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/90; contraddittorietà; violazione del principio del giusto procedimento;

2) difetto e contraddittorietà della motivazione e carenza di istruttoria; ingiustizia manifesta; disparità di trattamento, violazione dell’art. 41 della Costituzione;

3) difetto di istruttoria e di motivazione; violazione dell’art. 49 del D.lgs. 267/00; errore di fatto e nei presupposti; illogicità; contraddittorietà; eccesso di potere per sviamento;

4) eccesso di potere, violazione del D.lgs. 387/03, in part. art. 12 comma 3 e della direttiva 2001/07 CE; violazione del principio di legalità.

Con intervento ad adiuvandum, notificato l’11.1.2010 e depositato i giorno 22 dello stesso mese, la S. s.r.l. ripropone i motivi di ricorso fatti valere dalla ricorrente associandosi alla richiesta di annullamento degli atti impugnati.

Con atto di motivi aggiunti, notificato il 27 luglio 2010 e depositato il successivo giorno 28, la società ricorrente ha esteso l’impugnativa alle delibere indicate in epigrafe, facendo valere le seguenti censure:

violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 387/2003, violazione dei principi del giusto procedimento, disparità di trattamento e/o violazione del principio di eguaglianza; contraddittorietà, irragionevolezza e illogicità; contraddittorietà anche tra provvedimenti della medesima amministrazione; ingiustizia manifesta; sviamento; difetto e contraddittorietà delle motivazioni; istruttoria incompleta e carente; violazione del principio di buon andamento della P.A., nonché di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa; violazione dell’art. 41 della costituzione.

Il Consorzio ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, chiedendone il rigetto siccome infondato, mentre l’interveniente ne ha chiesto l’accoglimento.

Alla pubblica udienza del 19.1.2011, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
Motivi della decisione

Con la sentenza n. 1412 del 4.6.2010, la Sezione dopo aver respinto la richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti della Regione, avanzata dal Consorzio resistente, ha ordinato alle parti il deposito dei documenti ritenuti necessari per la decisione del ricorso.

Il Consorzio ha depositato i documenti richiesti dalla Sezione, mentre la società ricorrente non ha depositato l’atto di incorporazione della Siliol s.r.l., richiesto al punto 7 della sentenza.

Va in primo luogo dichiarata l’inammissibilità dei motivi aggiunti nella parte in cui si impugnano delle deliberazioni, n. 8862 del 13.11.2007, n. 9319 del 9.4.2009, n. 9353 del 4.6.2009, n. 9403 del 21.7.2009, già impugnate con il ricorso introduttivo.

Con il primo motivo di ricorso si sostiene che "coi provvedimenti impugnati il CACIP ha rigettato l’istanza proposta dalla E.V. s.r.l. (ossia dalla S. s.r.l.) nel 2007 per realizzare un impianto fotovoltaico nella stessa area di 100 ha in cui insiste il parco eolico di cui la stessa è titolare e per la quale paga integralmente al CACIP il canone annuale…".

Il motivo genericamente riferito a tutti gli atti impugnati, deve ritenersi riferito al parere negativo espresso dal Consorzio con la nota 30.9.2009, nell’ambito della conferenza di servizi indetta dal Comune di Assemini sulla richiesta di realizzazione di un impianto fotovoltaico di 30 MW.

Il motivo e prima ancora l’impugnativa del parere espresso dal Consorzio in seno alla Conferenza di servizi sono inammissibili.

Il parere negativo reso da una amministrazione nell’ambito di una conferenza di servizi non è autonomamente impugnabile, come non è impugnabile neppure la determinazione conclusiva della Conferenza di servizi.

Infatti come prevede l’articolo 14 ter, comma 6 bis, della legge 7 agosto 1990 n. 241, "all’esito dei lavori della conferenza l’amministrazione procedente… valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza."

Solo la determinazione adottata dall’Amministrazione competente all’esito della Conferenza di servizi, rappresenta il provvedimento conclusivo del procedimento, nei confronti della quale deve essere rivolta la valutazione in ordine agli effetti lesivi, con la conseguenza che dalla comunicazione di essa (o comunque dalla sua conoscenza) decorrono i termini decadenziali per l’impugnazione (Consiglio Stato, sez. VI, 03 dicembre 2009, n. 7570; Consiglio Stato, sez. VI, 09 novembre 2010, n. 7981).

Pertanto, l’impugnativa della nota del 30.9.2009, indicata al punto 4 dell’epigrafe, deve essere dichiarata inammissibile.

Con il secondo motivo si sostiene che "l’impugnato diniego è illegittimo anche nel merito, perché non tiene minimamente in considerazione la circostanza che la soc. E.V. è già titolare di una concessione rilasciata dal CASIC per l’attività di produzione di energia da fonte rinnovabile".

La doglianza va disattesa perché volta a censurare la predetta nota, la cui impugnativa è inammissibile, per le ragioni indicate.

Con lo stesso motivo si censura la deliberazione n. 9391/2009 del 21.7.2009, sub 1 dell’epigrafe, nella parte in cui fa salve le autorizzazioni in precedenza accordate alla S. s.r.l. e alla Sarda Solar s.r.l..

La censura è inammissibile perché non può sussistere il dedotto vizio di disparità di trattamento, non essendosi ancora concluso il procedimento relativo all’iniziativa della ricorrente.

E’ anche infondata perché le istanze di autorizzazione delle predette società sono anteriori alla previsioni limitative introdotte con la delibera del 21.7.2009, mentre a questa data non risulta intervenuta la dedotta, in ricorso, incorporazione della S. da parte della ricorrente.

Con il terzo motivo si deduce l’illegittimità della delibera n. 9391 nella parte in cui stabilisce il limite di 10 ettari di impianti da fonti rinnovabili.

Sostiene la ricorrente che la delibera è viziata da grave difetto di istruttoria perché "nessuno studio, ricerca o valutazione è stato eseguito dal CACIP per stabilire il limite di 10 ettari da accreditare a ciascuna richiesta di vendita e/o di concessione, unico sia per le aree di proprietà consortile che per quelle di terzi".

La censura non può essere condivisa.

Come risulta dalla motivazione della delibera, il limite di 10 ettari rappresenta una decisione obbligata alla luce delle prescrizioni dettate dalla delibera della Giunta regionale n. 59/12 del 29.10.2008, non impugnata dalla ricorrente, che limita al 3% dell’area del Consorzio, la superficie massima autorizzabile e che impone di dare la precedenza agli impianti destinati almeno per il 50% all’autoconsumo, ad impianti manifatturieri e ad impianti con alto contenuto di innovazione.

Nella delibera si da atto che erano già state presentate istanze per 900/1000 ettari a fronte della superficie concedibile di 247 ettari; da ciò emerge che non era necessaria alcuna particolare istruttoria per porre una limitazione di superficie alle nuove iniziative, né la ricorrente propone alcuna argomentazione per dimostrare l’illogicità della scelta operata dal Consorzio con riferimento al limite di 10 ettari.

Con lo stesso motivo si deduce la violazione dell’articolo 49 del D.Lgs 267/2000 per omessa acquisizione del parere dei responsabili dei servizi interessati.

Come esattamente rilevato dalla difesa del Consorzio, il D.Lgs 267 si applica agli enti locali e non ai consorzi industriali; comunque nella delibera si da atto del parere "degli uffici competenti" e del "Direttore Generale".

Con l’ultimo motivo la ricorrente deduce che illegittimamente il CACIP ha di fatto sospeso per oltre due anni l’esame della pratica della S..

La censura è inammissibile, non avendo la ricorrente prodotto in giudizio l’atto di incorporazione della S..

Comunque la censura è anche infondata, atteso che il ritardo nella definizione di un procedimento ad istanza di parte, non incide sulla legittimità del provvedimento finale tardivamente adottato, ma può soltanto abilitare l’interessato a proporre il previsto ricorso giurisdizionale avverso il silenzio formatosi sull’istanza.

La giurisprudenza richiamata in ricorso, sulla illegittimità del silenzio dell’Amministrazione sull’istanza volta alla realizzazione di un impianto fotovoltaico, è del tutto inconferente, non avendo la ricorrente impugnato alcun silenzio dell’Amministrazione.

Con l’atto di motivi aggiunti la ricorrente propone delle ulteriori censure avverso i provvedimenti che interessano la società Sunning, sollevando in particolare il vizio di disparità di trattamento.

Le censure sono inammissibili.

Innanzi tutto va rilevato che vertendosi in procedimenti distinti, al di fuori di qualsiasi regolamento di tipo concorsuale, la ricorrente non ha giustificato l’interesse all’annullamento degli atti riguardanti la Sunning ed in particolare non ha indicato il vantaggio che otterrebbe da tale annullamento.

Va poi osservato che la ricorrente non ha dimostrato di aver incorporato la Silios. Ciò impedisce alla ricorrente di far valere in giudizio interessi legittimi riferibili alla S..

Né la domanda può dirsi sanata per effetto dell’intervento ad adiuvandum della S., atteso che, per giurisprudenza pacifica, è inammissibile l’intervento ad adiuvandum opposto per far valere non già un interesse derivato o non ancora attuale, bensì un interesse personale all’impugnazione dell’atto già gravato da altro in via principale, immediatamente lesivo della sua posizione giuridica e, come tale, da impugnare direttamente entro i termini di decadenza. (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 06 settembre 2010, n. 6483).

Comunque non può parlarsi di disparità di trattamento atteso che il procedimento che interessa la ricorrente non è stato ancora definito con un provvedimento finale; peraltro le doglianze di ricorso sono tutte rivolte avverso la limitazione di 10 ettari per intervento, mentre il provvedimento conclusivo dovrà considerare tutte le situazioni (e limitazioni) di fatto e giuridiche esistenti al momento della sua adozione, che e potrebbero impedire l’attuazione dell’intervento, a prescindere dal limite di 10 ettari.

In conclusione il ricorso deve essere in parte dichiarato inammissibile ed in parte respinto.

Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile ed in parte lo respinge.

Dichiara inammissibile l’intervento ad adiuvandum della S..

Condanna la ricorrente e l’interveniente al pagamento delle spese del giudizio in favore del CACIP che liquida nella somma di Euro 4000,00 (quattromila//00) a carico della prima e nella somma di Euro 2000,00 (duemila//00) a carico della seconda.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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