Consiglio di Stato Sent. 2507 del 23.2.2010 dep 03.05.2010 Bollette, modalita’ di pagamento, omessa informativa, consumerismo (2010-05-10)

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 4501 del 2008, proposto dall’Autorità’ per l’Energia Elettrica e il Gas, rappresentata e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;

contro

Enel Distribuzione s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Guido Greco, Raffaele Izzo e Manuela Muscardini, con domicilio eletto presso l’avv. Raffaele Izzo in Roma, Lungotevere Marzio N.3;

nei confronti di

Adiconsum – Associazione Difesa Consumatori e Ambiente, Movimento Difesa del Cittadino;

per la riforma della sentenza del TAR LOMBARDIA – MILANO : SEZIONE IV n. 00321/2008, resa tra le parti, concernente SANZIONE PECUNIARIA PER INOSSERVANZA OBBLIGHI RELATIVI A BOLLETTE ELETTRICITA’.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste la memoria difensiva prodotta da Enel Distribuzione s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;

Nell’udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2010, relatore il Cons. Domenico Cafini, uditi per le parti l’Avvocato dello Stato Colelli e gli Avvocati Izzo e Greco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.L’Autorità’ per l’Energia Elettrica e il Gas (di seguito: “AEEG” oppure “Autorità”), irrogava ad Enel Distribuzione s.p.a., con deliberazione 21.3.2007 n.66, la sanzione pecuniaria amministrativa di euro 11.770.000,00, per inosservanza degli obblighi posti a carico dall’art. 12.1 della deliberazione dell’Autorità stessa n. 55/2000, letta unitamente al precedente atto deliberativo n. 200/1999; e ciò in quanto l’Enel Distribuzione s.p.a. non aveva riportato, in violazione della delibera predetta, la modalità gratuita – nei documenti di fatturazione (bollette) dei consumi dell’energia elettrica trasmessi all’utenza finale – fra le varie modalità di pagamento utilizzabili dalla clientela.

2. Avverso tale delibera sanzionatoria, e ogni altro atto presupposto e connesso, l’Enel Distribuzione s.p.a. proponeva ricorso davanti al T.a.r. della Lombardia, Milano, deducendo i seguenti motivi:

a) violazione dell’art. 12.1 della delibera 55/2000, in sé considerato ed in combinato disposto con l’art. 6.4 della delibera 200/1999; eccesso di potere sotto svariati profili; violazione del principio di legalità ex art. 1 legge 689/1981 e del principio di certezza del diritto; violazione dell’art. 2, comma 20, lett. c), della legge 481/1995; mancando una specifica norma che prevedesse, a carico dell’ente, il precetto che l’Autorità assumeva essere stato violato e non essendo stato rispettato nella specie, quindi, da parte dell’AEEG il principio di legalità di cui all’art. 1 della legge n. 689/1981;

b) violazione dell’art. 14 della legge 689/1981 ed intervenuta prescrizione ex art. 28 della legge 689/1981; atteso che la contestazione dell’illecito sarebbe avvenuta oltre il termine perentorio di novanta giorni dall’accertamento, in violazione dell’art. 14 citato, senza considerare che sarebbe in ogni caso prescritto il diritto alla riscossione della sanzione, ai sensi del citato art. 28;

c) eccesso di potere per contraddittorietà e violazione del principio ne bis in idem; poiché l’Autorità avrebbe in realtà già sanzionato la condotta contestata alla s.p.a Enel Distribuzione, con propria precedente deliberazione n. 72/2004;

d) violazione degli artt. 3 e 4 della legge 689/1981, mancanza di colpa e violazione del legittimo affidamento della ricorrente; in quanto, alla luce anche del comportamento tenuto dall’Autorità a partire dall’anno 2000, nella condotta dell’Enel sarebbero mancati gli estremi della colpa richiesta invece dall’art. 3 della legge 689/1981 per l’adozione della sanzione pecuniaria amministrativa;

e) eccesso di potere sotto vari profili; violazione del principio del contraddittorio e della corrispondenza necessaria fra quanto contestato e quanto sanzionato; giacché quanto meno fino al 2004, non vi sarebbe stata alcuna condotta illecita da parte dell’ente ricorrente;

f) eccesso di potere per difetto di motivazione e violazione del principio di proporzionalità, nel quale, in estremo subordine, si chiedeva al T.a.r. di ridurre l’entità della sanzione, attesa la sua eccessività.

Nel giudizio si costituiva in giudizio l’AEEG, concludendo per il rigetto del gravame.

Intervenivano ad opponendum nel giudizio stesso l’associazione di difesa dei consumatori Adiconsum e il “Movimento difesa del cittadino”, che insistevano per la reiezione del ricorso.

3. Con la sentenza n.321/2008 il T.a.r. della Lombardia ha accolto il proposto gravame, condividendo le censure riferite alla violazione del principio della legalità e alla mancanza di colpa, dedotte nel primo e nel quarto dei motivi sopra specificati, e dichiarando assorbite le restanti doglianze.

4. Avverso tale sentenza, ritenuta erronea, ingiusta e gravemente lesiva dei propri interessi, è stato interposto l’odierno appello, affidato dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas ai seguenti motivi di diritto, con cui sono state diffusamente criticate le statuizioni rese dai primi giudici, in particolare:

A) “sulla presunta violazione del principio di legalità”;

B) “sulla presunta colpa dell’Enel”.

Nelle conclusioni l’Autorità appellante ha chiesto che, in accoglimento del ricorso, sia annullata la sentenza impugnata e, per l’effetto, respinto in toto l’avverso ricorso di primo grado.

Ricostituitosi il contraddittorio nell’attuale fase processuale, l’Enel Distribuzione s.p.a. ha depositato un’articolata memoria, datata 16.2.2010, con la quale ha replicato ampliamente alle censure ex adverso svolte, riproponendo, in subordine, i motivi dichiarati assorbiti nella gravata pronuncia, e ha chiesto, nelle conclusioni, la reiezione dell’appello, in quanto inammissibile e infondato, e, comunque, l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Nell’udienza pubblica del 23 febbraio 2010, infine, la causa è stata assunta in decisione su concorde richiesta delle parti.

DIRITTO

1. Va esaminata preliminarmente l’eccezione sollevata dalla difesa dell’Enel Distribuzione s.p.a (punto n.1 della memoria) in ordine all’asserita inammissibilità dell’impugnazione dell’AEEG “per carenza di specificità dei motivi e per omessa correlazione tra le censure e le argomentazioni logico giuridiche contenute nella sentenza”.

L’eccezione va disattesa.

Nel caso in esame, infatti, l’Autorità appellante, contestando le statuizioni rese dai primi giudici nel ritenere la fondatezza del primo e del quarto motivo del ricorso originario, ha proposto in modo adeguato le proprie critiche alla costruzione logico-giuridica della gravata pronuncia, critiche che appaiono comunque sorrette, anche per quanto in seguito verrà accennato, da sufficiente motivazione, diversamente da quanto asserito dalla difesa dell’ente appellato che nella propria memoria ha reputato l’appello in esame “incompleto e insufficiente a contrastare integralmente” la sentenza di prime cure.

2. Passando all’esame nel merito dell’odierno appello, l’Autorità – premesso che l’art.6, comma 4, della delibera n.200/1999 dell’AEEG prevede che “l’esercente deve offrire al cliente almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta” e che la successiva delibera n.55/2000 della stessa AEEG prevede, all’art.12, comma 1, che “ la bolletta riporta le modalità di pagamento che possono essere utilizzate dal cliente – contesta, con il primo motivo, la statuizione del T.a.r. secondo cui la delibera sanzionatoria impugnata sarebbe illegittima per violazione del principio di legalità e di determinatezza dell’illecito (non risultando chiara la norma violata dall’Enel Distribuzione s.p.a., in quanto l’obbligo di pubblicizzare almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta, sarebbe ricavabile dal combinato disposto di due norme, il che sarebbe in contrasto con i suddetti principi (art.6, comma 4, della delibera n.200/1999 e art.12, comma 1, della delibera n.55/2000)).

Secondo l’appellante AEEG, poi, la sentenza impugnata, oltre che ad essere errata in diritto, sarebbe contraria anche “ai più elementari principi di buon senso”, potendosi cogliere dalla semplice lettura delle citate disposizioni regolatorie “con immediatezza intuitiva il chiaro significato del precetto violato dall’Enel”; e ciò perché il Giudice di primo grado ha applicato nella specie il principio della legalità “in modo così formalistico da apparire addirittura irragionevole” e comunque “con un rigore così astratto da non trovare precedenti nemmeno nel diritto penale, ove pure detto principio è inteso in senso stretto”, dovendosi al riguardo tenere conto anche della giurisprudenza della Corte Costituzionale che ha valutato la determinatezza della fattispecie penale, attraverso l’interpretazione sistematica e teleologica delle norme.

Peraltro, la sentenza impugnata, sempre ad avviso dell’Autorità appellante, conterrebbe una pretesa “irrealistica” nel ragionamento seguito dai primi giudici, secondo i quali, per rispettare il principio di legalità, l’Autorità avrebbe dovuto nominare ogni singola modalità di pagamento soggetta all’obbligo di indicazione in bolletta, sicché la violazione del principio di legalità sarebbe stata nel fatto che la mancanza di detta elencazione non avrebbe consentito ad Enel Distribuzione s.p.a. di comprendere che doveva indicare in bolletta tutte le modalità di pagamento, ivi compresa quella gratuita.

Tali rilievi del primo motivo vanno condivisi.

2.1. Ritiene il Collegio, infatti, che l’assunto della ricorrente originaria, considerato fondato nella gravata decisione – secondo cui il precetto violato non sarebbe contenuto, o, comunque, non sarebbe individuabile con chiarezza, in una specifica disposizione, ma sarebbe desumibile soltanto da una lettura combinata delle due delibere dell’Autorità n. 200/1999 (art. 6.4) e 55/2000 (art. 12.1), nessuna delle quali, di per sé, sarebbe sufficiente ad integrare gli estremi del precetto in forza del quale era stata irrogata la sanzione pecuniaria amministrativa in questione; il che avrebbe determinato, per l’Enel Distribuzione s.p.a., la violazione del principio di legalità di cui all’’art. l della legge n. 689/1981 – non si sarebbe dovuto valutare positivamente da parte dei primi giudici.

E ciò in quanto la deliberazione n.55/2000 dell’ AEEG, di per sé, conteneva già tutti gli elementi idonei ad integrare i1 precetto ritenuto violato dalla società predetta e giustificava pienamente nella specie la sanzione irrogata con la deliberazione impugnata n. 66/2007, giacché la delibera n. 55/2000, richiamata nel provvedimento contestato, stabiliva espressamente che la bolletta doveva riportare “le modalità dì pagamento che possono essere utilizzate dal cliente”, sancendo così, nei confronti degli esercenti il servizio di distribuzione e vendita di energia elettrica, l’obbligo di pubblicizzare per gli utenti tutte le modalità di pagamento poste a disposizione dei clienti.

Ora, dal momento che la precedente delibera della stessa AEEG n. 200/1999, punto 6.4 (richiamata anch’essa nel provvedimento impugnato in primo grado) aveva già disposto in capo agli esercenti il servizio di distribuzione e vendita di energia elettrica, l’obbligo, di offrire ai clienti del mercato vincolato, almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta, la successiva deliberazione anzidetta doveva necessariamente includere tra le modalità di pagamento – nel prevedere l’ulteriore obbligo di pubblicizzazione mediante indicazione in bolletta delle modalità stesse – anche quella di carattere gratuito; e ciò tanto più se si fosse considerato che la previsione di almeno una modalità gratuita di pagamento non costituiva una semplice opzione per l’esercente, bensì costituiva un obbligo preciso in forza di ciò che era stato disposto dalla menzionata delibera n 200/1999.

L’obbligo di pubblicizzazione nella bolletta, per il suo carattere generale, comportava dunque, sia pure implicitamente, il riferimento anche alla modalità gratuita, per cui nella specie non si rendeva necessaria nemmeno la particolare attività interpretativa o integrativa (alla quale hanno fatto cenno sia il ricorso originario che la gravata pronuncia) per avere la conoscenza dell’esistenza del preciso obbligo di pubblicità, che incombeva sulla s.p.a. Enel Distribuzione, in ordine alle varie modalità di pagamento e, in particolare, a quella gratuita, la cui obbligatorietà era in effetti ben nota alla detta società, in quanto disposta nella delibera precedente n.200 del 1999.

D’altra parte, non avrebbe avuto di certo alcuna utilità, prevedere per l’utente il beneficio di pagare la propria bolletta senza costi aggiuntivi, se poi allo stesso utente non fosse data la possibilità concreta di conoscere la esistenza di tale modalità gratuita di adempimento del relativo obbligo di pagamento.

2.2. Sotto diverso profilo, il Collegio – premesso che l’art.6, comma 4, della delibera n.200/1999 dispone espressamente che l’esercente “deve offrire al cliente almeno una modalità gratuita dei pagamento della bolletta” e che la successiva delibera n.55/2000, dispone chiaramente, all’art.12, comma 1, che “la bolletta riporta le modalità di pagamento che possono essere utilizzate dal cliente“ – deve ritenere che la contestata statuizione del T.a.r. sia comunque errata, anche perché appare (come sostenuto dall’Autorità appellante) eccessiva ed irragionevole, andando ben oltre il rispetto del principio della legalità, e non potendosi pretendere “che le norme scendano così in dettaglio nell’individuare la condotta sanzionabile”.

Ed invero, nel caso in esame i primi giudici sembrano avere non correttamente compreso la portata dell’art.12.1.della citata delibera n.55/2000 e, inoltre, sembrano aver svalutato lo stretto collegamento tra la norma anzidetta e l’art.6.4 della delibera n.200/1999, disposizioni entrambe ispirate alla corretta e completa informazione degli utenti sugli oneri economici del contratto, strumentale alla scelta dell’utente tra i vari fornitori che operano in un mercato ormai liberalizzato, come correttamente osservato appunto dalla difesa dell’AEEG, che ha sottolineato anche che la circostanza che la sentenza impugnata abbia fatto richiamo alla “chiara matrice penalistica” del principio di legalità non può giustificare una interpretazione formalistica e sostanzialmente abrogatrice del precetto in questione, atteso che una delle principali regole dell’interprete è appunto nel senso che la norma venga interpretata in modo che produca i suoi effetti piuttosto che in un senso tale da renderla inefficace.

Deve rilevarsi al riguardo, infatti, che i principi della responsabilità penale non vanno applicati automaticamente alla responsabilità amministrativa, come ritenuto anche dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale richiamata dall’appellante, secondo cui, da una parte, il principio di stretta legalità derivato dall’art.25, comma 2, Cost., inteso come obbligo costituzionale di tipicità e determinatezza delle fattispecie sanzionatorie, si riferisce propriamente alla materia penale, ma non si estende, sullo stesso piano, al dominio dell’illecito amministrativo, essendo la sanzione amministrativa soggetta a differenti parametri costituzionali (art.23 e 97 Cost.) e normativi (legge n.689/1981) e secondo cui, dall’altra, premesso che l’art.25, comma 2, Cost., non è riferibile alle violazioni amministrative, il principio di tipicità degli illeciti amministrativi è compatibile con una certa “elasticità della puntuale configurazione e nella determinazione delle condotte sanzionabili”, purché esse “siano riferibili a principi enunciati da disposizioni legislative o enucleabili dai valori che ispirano nel loro complesso le regole di comportamento che caratterizzano la scala dei doveri della funzione esercitata” (cfr. Corte Cost. 24.7.1995, n.356).

Principi giurisprudenziali, questi ora richiamati, che, invero non sono stati tenuti in considerazione dal T.a.r., che nella specie ha ritenuto invece che l’illecito contestato all’ Enel Distribuzione s.p.a. non trovasse “alcun fondamento normativo”, basando tale tesi sulla considerazione che il precetto violato dall’ente si sarebbe potuto desumere dall’interpretazione della “previsione dell’art.12.1. alla luce di un’altra disposizione, vale a dire l’art.6.4 della delibera n.200/99”, argomentazione questa che si palesa errata, sotto due profili: sia perché, da un lato, il precetto ben può essere desunto dal combinato disposto di due norme, come nel nostro ordinamento spesso si verifica, sia perché, dall’altro, nel caso in esame – per quanto sopra diffusamente esposto – non c’era effetti alcun “combinato disposto” da interpretare, in quanto l’art.12, comma 1, della delibera n.55/2000 contiene già, per intero, il precetto violato, laddove dispone che “la bolletta riporta le modalità di pagamento che possono essere utilizzate dal cliente…”.

Da quanto precede appare chiaro, dunque, sulla base della normativa citata, che gli esercenti in questione (e nella specie l’Enel Distribuzione s.p.a), avevano e hanno l’obbligo di indicare in bolletta tutte le modalità di pagamento messe a disposizione degli utenti; e poiché, ai sensi dell’art.6, comma 4, della delibera n.200/1999, gli esercenti sono tenuti ad ”offrire almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta”, risulta evidente che essi sono tenuti non solo ad offrire, ma anche ad indicare nella bolletta una modalità gratuita di pagamento..

La statuizione della gravata pronuncia, secondo cui l’art.12.1 citato si limita a prevedere che la bolletta indichi le modalità di pagamento, senza però imporre espressamente all’impresa distributrice di evidenziare anche il carattere gratuito od oneroso di tale modalità”, appare, quindi, erronea, atteso che l’art.12, comma 1, della delibera n.55/2000, come sostenuto dalla difesa erariale, contiene di per sé un precetto chiaro e puntuale, il quale non consente dubbi sulla condotta sanzionata, che è evidentemente la mancata indicazione in bolletta di almeno una modalità gratuita di pagamento” e atteso anche che l’obbligo di cui all’art.6.4. della delibera n.200/1999 (di prevedere almeno una modalità gratuita di pagamento) e l’obbligo di cui all’art.12.1. della delibera n.55/2000 (di pubblicizzare in bolletta tutte le forme di pagamento a disposizione dell’utente, tra cui quella gratuita) – diversamente da quanto affermato nella gravata pronuncia – sono comunque strettamente collegati tra loro, essendo il primo il presupposto del secondo e il secondo funzionale al primo (volti entrambi a garantire all’utente la possibilità di effettuare il pagamento della bolletta senza ulteriori costi).

Deve concludersi, dunque, con riguardo al primo motivo dell’appello, per la fondatezza della censura di erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha condiviso la tesi dell’Enel Distribuzione s.p.a. relativa alla asserita violazione del principio di legalità ex art.1 L. n.689/1981, secondo la quale il precetto violato non sarebbe contenuto e comunque chiaramente individuabile, in una specifica disposizione, ma desumibile da una lettura combinata delle due delibere dell’AEEG n.200/1999 (art.6.4) e 55/2000 (art.12.1) nessuna delle quali sarebbe di per sé sufficiente ad integrare gli estremi del precetto in forza del quale era stata poi irrogata la sanzione impugnata con il ricorso originario.

3. Con il secondo motivo del ricorso in esame l’Autorità appellante, posto che secondo la impugnata decisione non sarebbe ravvisabile nella condotta della s.p.a. Enel Distribuzione il requisito della colpa, sostiene, in sintesi, la erroneità della statuizione resa sul punto dal T.a.r., anzitutto, perché, per costante giurisprudenza, nella responsabilità amministrativa ai sensi della legge n.689/1981 la colpa si presume ed è onere dell’autore dell’illecito dimostrare di avere agito incolpevolmente o in presenza di una causa di giustificazione; il che nella specie non sarebbe avvenuto.

Al riguardo il Collegio deve rilevare che nella gravata pronuncia è stato ritenuto, in sintesi, che dall’esame della documentazione versata in atti e del comportamento tenuto dall’AEEG nella fattispecie, doveva giungersi alla conclusione che non poteva ravvisarsi nella condotta della società ricorrente l’indefettibile requisito della colpa.

E ciò perché: sin dall’ottobre 2000, l’Autorità aveva richiesto alla società Enel informazioni circa le modalità attraverso le quali la stessa aveva provveduto a comunicare ai propri clienti la possibilità di utilizzare forme gratuite di pagamento, richiesta riscontrata dall’ente con propria nota in data 11.12.2000 nella quale erano evidenziate varie forme di pubblicità della modalità gratuita effettuate, senza alcun riferimento, tuttavia, all’indicazione in bolletta (nota di fronte alla quale l’AEEG aveva contestato alla società distributrice sia il carattere in realtà oneroso di talune modalità di pagamento ritenute invece gratuite da Enel, sia la scarsa diffusione dell’unica modalità gratuita); che anche il contenzioso insorto fra Enel ed AEEG in merito alla legittimità della delibera n. 72/2004, definito con sentenza del T.a.r. Lombardia n. 3948/2005, si era riferito esclusivamente alla corretta qualificazione (gratuite od onerose per la clientela), delle modalità di pagamento offerte da Enel, senza però che mai venisse in considerazione la distinta questione dell’indicazione esplicita in bolletta delle modalità gratuite e che, sempre in ordine detto contenzioso, con lettera del 28.9.2004, lo stesso Presidente dell’AEEG aveva informato l’ente dell’avvenuto adempimento degli obblighi di cui alla menzionata deliberazione n. 72/2004, con ciò stesso ingenerando nella società la ragionevole convinzione di aver ottemperato a tutte le prescrizioni dell’Autorità relative ai modi di pagamento delle bollette; che, soltanto con la delibera 30.6.2006 n.130 concernente l’avvio dell’istruttoria, e quindi quasi sei anni dopo aver avuto notizia da Enel dei modi di diffusione delle forme gratuite di pagamento, l’AEEG aveva contestato la inosservanza dell’art. 12.1 della delibera 55/2000; che, infine, a conferma dell’assenza di colpa della s.p.a Enel e dell’affidamento ingenerato nella stessa dalla condotta dell’Autorità, andava aggiunto anche che il sito internet di quest’ultima, concernente le riportate informazioni per i consumatori, evidenziava come in bolletta dovessero essere indicate le modalità di pagamento definite dall’esercente, senza però nulla dire sul carattere gratuito od oneroso di tali modalità.

Le statuizioni, così motivate sul punto che qui interessa – rese dal T.a.r. della Lombardia nell’accogliere la doglianza con la quale la società ricorrente aveva dedotto di avere agito in base ad un legittimo affidamento, ingenerato dal comportamento dell’Autorità, nella liceità della propria condotta e in assenza di colpa – vengono ora criticate dall’appellante AEEG, con argomentazioni che il Collegio ritiene, nel suo insieme, condivisibili.

Innanzitutto, perché effettivamente l’ Enel Distribuzione s.p.a., quale soggetto esercente in regime di sostanziale monopolio la distribuzione e la vendita di energia elettrica, non poteva non conoscere i precisi obblighi che la normativa di settore poneva a suo carico e, nello specifico, non poteva non conoscere la portata dell’obbligo di pubblicità di cui alla delibera n.55/2000 e nemmeno poteva confondere tale obbligo con quello relativo alla predisposizione delle modalità gratuite, poi da pubblicizzare.

Inoltre, perché, come evidenziato nell’appello odierno:

– il fatto che l’Autorità con delibera n.72/2004 si sia limitata a contestare alla società Enel la mancata predisposizione di almeno una modalità gratuita di pagamento non può avere generato alcun legittimo affidamento in capo all’ente, sia in quanto sarebbe stato illogico contestare allo stesso di non avere indicato in bolletta una modalità di pagamento che non esisteva, sia in quanto, se è vero che si trattava di due obblighi distinti (da un canto, quello di predisporre almeno una modalità gratuita di pagamento e, dall’altro, quello di indicarla in bolletta), non si comprende come dalla violazione del primo – con contestazione conseguente dell’Autorità – possa derivare un legittimo affidamento in merito all’inosservanza del secondo, sia in quanto ancora, pur volendo ammettere che l’AEEG abbia ragionevolmente dovuto contestare la violazione in questione, nessuna disposizione prevede che per ciò solo la società Enel possa ritenersi autorizzata (essendo evidente che la mancata contestazione di un illecito da parte della competente autorità non consente di invocare il legittimo affidamento);

– con la delibera n.72/2004 l’Autorità ha diffidato Enel Distribuzione s.p.a. ad adempiere l’obbligo di cui all’art. 6, comma 6.4 della deliberazione n.200/1999, cioè l’obbligo di offrire ai clienti una modalità gratuita di pagamento della bolletta, sicché da ciò non può pervenirsi alla tesi dei primi giudici. secondo cui la violazione di predisporre almeno una modalità gratuita di pagamento giustificherebbe la successiva violazione dell’obbligo di pubblicizzare tale modalità, una volta che detta modalità sia stata finalmente predisposta;

– ha errato il Giudice di prime cure nel ritenere che la menzionata lettera del 28.9.2004 aveva ingenerato un legittimo affidamento nella società Enel; e ciò in quanto essa riguardava solo l’adempimento dell’obbligo di cui all’art. 6, comma 6.4 della delibera n.200/1999, cioè l’obbligo di fornire almeno un modalità gratuita di pagamento della bolletta e perché anche con detta lettera l’Autorità si è limitata a prendere atto che finalmente Enel s.p.a. offriva la possibilità di pagare la bolletta senza spese aggiuntive, ma non ha mai lasciato intendere che con ciò la società predetta avesse rispettato anche il distinto obbligo di pubblicizzare in bolletta la modalità gratuita di pagamento;

– non vi era alcun atto attestante che la società odierna appellata ha adempiuto all’obbligo di pubblicizzare in bolletta la modalità gratuita di pagamento, come prescritto dalla delibera n. 55 del 2000 e che, in conclusione, non emergeva alcun elemento idoneo a generare un legittimo affidamento sulla liceità della condotta omissiva tenuta dalla s.p.a. Enel; e ciò anche in relazione al periodo 2004-2006, in cui la medesima aveva indicato in bolletta una modalità di pagamento (on line con carta di credito); fermo restando, in ogni caso, che l’ignoranza della legge o l’errore sulla norma incriminatrice non hanno alcun effetto scriminate, tranne il caso eccezionale in cui sia possibile ravvisare un errore incolpevole da parte del soggetto nel senso che, pur usando l’ordinaria diligenza, il quadro normativo sia talmente incomprensibile da rendere obiettivamente impossibile individuare il precetto, ipotesi questa chiaramente non sussistente nella specie.

Per quanto ora esposto anche il secondo motivo dell’appello deve ritenersi, dunque, fondato.

3. Alla stregua delle considerazioni che precedono, i due motivi dell’appello, ora esaminati, sono dunque fondati e l’appello, previa reiezione dell’eccezione di inammissibilità come sopra sollevata, va, pertanto, accolto.

4. L’accoglimento dell’appello per le ragioni dianzi indicate impone ora l’esame, da parte del Collegio, dei vizi già denunciati dall’Enel Distribuzione s.p.a. nel giudizio di primo grado (con il secondo, terzo, quinto e sesto motivo) e ritenuti assorbiti nella gravata sentenza, vizi che vengono riproposti nell’attuale fase processuale dalla predetta società e che sono tutti volti ad ottenere, in concreto, l’annullamento del provvedimento di irrogazione della sanzione in questione, impugnato in primo grado, per ragioni diverse da quelle ritenute sussistenti dai primi giudici.

Questi gli specifici motivi da prendere ora in considerazione:

C) “violazione dell’art. 14 della legge 689/1981 e del principio di tempestività dell’accertamento e della contestazione; prescrizione ex art. 28 L n. 689/1981”; giacché la contestazione dell’illecito sarebbe avvenuta oltre il termine perentorio di novanta giorni dall’accertamento, senza considerare che sarebbe in ogni caso prescritto il diritto alla riscossione della sanzione;

D) “eccesso di potere per contraddittorietà e violazione del principio ne bis in idem; carenza dei presupposti”; perché l’Autorità avrebbe in realtà già sanzionato la condotta contestata alla società Enel, con propria precedente deliberazione n. 72/2004;

E) “eccesso di potere per carenza dei presupposti, per contraddittorietà e per travisamento dei fatti, violazione del principio del contraddittorio e della necessaria corrispondenza fra quanto contestato e quanto sanzionato (artt:14 e 18 L. 689/81 e art. 2 D.P.R. 9 maggio 2001, n.244) violazione del procedimento tipico degli atti di riesame”; poiché, quanto meno fino all’anno 2004, non vi sarebbe stata alcuna condotta illecita da parte dell’ente;

F) “eccesso di potere per difetto o insufficienza di idonea e congrua motivazione in ordine alla entità della sanzione; violazione del principio di proporzionalità sulla eccessività della sanzione applicata e sulla richiesta di esercizio di un congruo potere riduttivo”.

4.1. Quanto al motivo sopra indicato al punto 4 C) – dedotto sul presupposto che nel caso in esame la contestazione dell’illecito sarebbe avvenuta oltre il termine perentorio di novanta giorni dall’accertamento, senza considerare che comunque sarebbe prescritto il diritto alla riscossione della sanzione – esso deve essere disatteso per quanto di seguito precisato.

Premesso che la procedura e i termini previsti dall’art.14 della legge n.689/1981 appaiono incompatibili con la complessa attività (regolatrice, di controllo, di istruttoria e sanzionatoria) propria dell’AEEG – ritiene il Collegio, sulla base di quanto previsto dall’art. 12 della citata legge, secondo cui “le disposizioni di questo capo si osservano, in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito”, che la disciplina di cui all’art. 14 cit. sia inapplicabile al caso in questione, attesa la sua incompatibilità con la complessità dell’attività da svolgere e delle fattispecie che caratterizzano tale attività, e che, inoltre – in considerazione del carattere speciale della legge istitutiva dell’AEEG (n. 481/1995) e del rinvio dalla stessa operato, nell’art. 2 comma 24, lett. a), ad una disciplina regolamentare dei procedimenti sanzionatori – l’art. 14 cit., a norma dell’ art. 12 della stessa legge n. 689/1981, non appare applicabile in quanto, come appena detto, in materia ha diversamente disposto la sopravvenuta legge n. 481/1995. In ogni caso, anche a volere ritenere applicabile alla fattispecie la normativa procedurale ex art.14 della legge n. 689/1981, la stessa non sarebbe sufficiente a sostenere la fondatezza delle censure mosse dall’Enel s.p.a, dal momento che i termini ivi previsti non hanno carattere perentorio, dovendo essere considerati gli stessi in relazione alla natura e complessità dell’indagine volta alla contestazione della sanzione da parte dell’AEEG.

Ed invero – applicando al caso in esame i principi affermati dalla giurisprudenza in tema di sanzioni amministrative nel caso di mancata contestazione immediata della violazione, secondo la quale l’attività di accertamento dell’illecito, che non coincide con il momento in cui viene acquisito il "fatto" nella sua materialità, deve essere intesa come comprensiva del tempo necessario alla valutazione dei dati acquisiti ed afferenti agli elementi (oggettivi e soggettivi) dell’infrazione e, quindi, della fase finale di deliberazione correlata alla complessità delle indagini tese a riscontrare la sussistenza dell’infrazione medesima e ad acquisire piena conoscenza della condotta illecita sì da valutarne la consistenza agli effetti della corretta formulazione della contestazione ( cfr., in tal senso, in particolare Cass. civ., Sez. II, 30/05/2006, n.12830 ) – ben può ritenersi che l’estensione temporale e territoriale del fenomeno oggetto di esame, i vari milioni di soggetti interessati e di bollette colpite dalla violazione e, inoltre, la complessità dell’indagine relativa, richiedeva di certo nella specie tempi lunghi per l’espletamento di un’istruttoria completa ed esaustiva da parte dell’AEEG .

Circa, poi, l’asserita prescrizione ex art. 28 della legge n.689/1981, va rilevato che la violazione contestata alla ricorrente originaria ha assunto in effetti i caratteri dell’illecito permanente e protratto fino al febbraio 2006, atteso il carattere ripetuto e continuato della violazione (mancata indicazione della modalità gratuita di pagamento, su tutte le bollette emesse ed inviate dal 2000 al 2006); con la conseguenza che da tale particolare natura della violazione contestata deriva che il termine prescrizionale quinquennale di cui all’art. 28 cit. abbia preso a decorrere nei confronti dell’Enel s.p.a., soltanto dal febbraio 2006, epoca della cessazione della violazione.

Al riguardo vanno richiamati comunque, sulle caratteristiche dell’illecito permanente e sulla decorrenza del termine prescrizionale, i principi affermati dalla giurisprudenza amministrativa, secondo la quale, relativamente a taluni illeciti puniti con sanzione pecuniaria “la prescrizione quinquennale disposta dall’art. 28 della legge n. 689 del 1981 inizia a decorrere solo a partire dalla cessazione della situazione di illiceità; in tal modo vertendosi in materia di illecito permanente, l’indennità prevista ….. può essere irrogata anche a distanza di tempo e senza necessità di motivare il ritardo dell’esercizio del potere”, sicché, in definitiva, per detti illeciti, la prescrizione quinquennale stabilita dall’art.28, comma 1, della legge 28.11.1989 n.689 inizia a decorrere solo dalla cessazione della permanenza e il potere amministrativo può essere esercitato senza limiti di tempo e senza necessità di motivazione in ordine al ritardo del potere (in tal senso, cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 2.6.2000, n.3184).

Il motivo esaminato non è, pertanto, condivisibile.

4.2. Con il riproposto motivo (v. punto 4 D) che precede) si è rilevato, in sintesi, che l’AEEG, in violazione del principio del “ne bis in idem”, avrebbe in effetti già sanzionato la condotta contestata alla società Enel Distribuzione, con propria precedente deliberazione n. 72 del 2004.

In particolare, con tale censura si sostiene che l’atto impugnato sarebbe inficiato dai vizi dedotti, in quanto l’irrogazione della sanzione farebbe seguito ad un precedente riconoscimento dell’Autorità con riguardo all’avvenuto adempimento, da parte della ricorrente, all’obbligo in questione, già oggetto di una diffida contenuta nella detta delibera n. 72/2004; più precisamente, tale riconoscimento sarebbe avvenuto con nota del 28.9.2004 e sarebbe stato attestato anche dal T.a.r. della Lombardia, Milano, con una sua precedente pronuncia resa sull’impugnativa della stessa delibera dianzi citata.

Tale assunto va disatteso.

Sul punto, deve rilevarsi che, come risulta dalla nota del 28.9.2004 e dalla sentenza n. 3948/2005 del T.a.r. della Lombardia, l’attestazione da parte dell’ Autorità si riferiva soltanto all’adempimento dell’obbligo dell’esercente (sancito dalla delibera n. 200/1999, art. 6.4) di offrire agli utenti almeno una modalità gratuita di pagamento, senza investire anche l’ulteriore questione relativa alla pubblicizzazione in bolletta di tale modalità (di cui alla successiva delibera n. 55/2000, art. 12.1).

Ciò si evince chiaramente anche dalla citata sentenza del T.a.r. lombardo, laddove viene affermato che l’AEEG, con la nota del 28. 9. 2004, aveva attestato l’avvenuto adempimento alla diffida, quanto meno sotto il profilo della adeguata distribuzione territoriale degli sportelli, sicché la società non ha più motivo di coltivare le proprie doglianze in tal senso.

Da tale richiamo emerge con chiarezza che detta attestazione di adempimento si riferisce alla sola predisposizione della modalità gratuita di pagamento, ma non investe l’ulteriore questione relativa alla sua pubblicità in bolletta, alla quale non si fa, appunto, cenno in quella sede.

Né può condividersi, peraltro, la tesi della s.p.a Enel, secondo cui la correlazione tra le due previsioni (modalità gratuita ex delibera 200/1999 e sua pubblicizzazione in bolletta ex delibera 55/2000), porti necessariamente a ritenere che l’attestazione dell’adempimento al primo di tali obblighi, implichi il riconoscimento dell’adempimento anche per il secondo.

Infatti, come sopra accennato, la previsione dell’obbligo di pubblicità in bolletta (di cui alla delibera 55/2000) comporta necessariamente il riferimento all’obbligo della predisposizione delle modalità (anche) gratuite da pubblicizzare (di cui alla precedente delibera 200/1999), con conseguente determinatezza del precetto di cui alla delibera 55/2000, violato dalla ricorrente.

La censura in esame non può essere, dunque, positivamente valutata.

4.3. Col motivo di cui al punto 4 E) summenzionato si deduce nuovamente, da parte della società Enel Distribuzione s.p.a. la censura di:“eccesso di potere per carenza dei presupposti, per contraddittorietà e per travisamento dei fatti, violazione del principio del contraddittorio e della necessaria corrispondenza fra quanto contestato e quanto sanzionato (artt.14 e 18 L. 689/1981 e art. 2 D.P.R. 9.5.2001, n.244) violazione del procedimento tipico degli atti di riesame”; giacché quanto meno fino al 2004, non vi sarebbe stata alcuna condotta illecita da parte dell’ente ricorrente.

La società predetta sostiene, in particolare, che la contestazione di cui alla delibera n. 130/2006 di avvio dell’istruttoria faceva riferimento ad una violazione considerata a partire dal 2004, periodo in cui la ricorrente, ottemperando alla diffida contenuta nella delibera n. 72/2004 aveva predisposto una modalità gratuita di pagamento, ma non aveva provveduto alla sua pubblicizzazione in bolletta, mentre la delibera n. 66/2007 aveva esteso temporalmente l’irrogazione della sanzione e la sottostante violazione, fin dal 2000 (epoca della delibera 55/2000) al 2006.

Al riguardo deve osservarsi che, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, il testo della delibera n. 130/2006 di avvio dell’istruttoria formale non ha riportato nei documenti di fatturazione dei consumi di elettricità, fra le modalità di pagamento che possono essere utilizzate dal cliente, quella gratuita; il che dimostra che secondo quanto accertato fino a quel momento, l’Enel Distribuzione s.p.a., aveva, si, adempiuto, nel 2004, l’obbligo di allestire una modalità gratuita di pagamento di cui alla delibera 200/1999, ma non aveva ancora provveduto ad adempiere l’altro obbligo di pubblicità di cui alla deliberazione n.55 del 2000.

Dal che non può evincersi che, come ritenuto dalla s.p.a. Enel, la contestazione della violazione dell’ obbligo di pubblicità abbia decorrenza dal 2004, ma, piuttosto, che a tale epoca la detta società aveva adempiuto soltanto l’altro obbligo di cui alla delibera n. 200/1999, fermo restando il permanere della violazione sotto il profilo della mancata pubblicità in bolletta, obbligo che, d’altra parte, nasceva con l’adozione della delibera 55/2000 e, dunque, fin dal 2000.

I rilievi del motivo ora esaminato devono essere, dunque, disattesi.

4.4. Con l’ultimo reiterato motivo di cui al punto 4 F) sopra indicato, l’Enel Distribuzione s.p.a. deduce il vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione in ordine alla entità della sanzione, nonché di violazione del principio di proporzionalità sulla eccessività della sanzione applicata.

Dopo avere rilevato che la delibera impugnata, a fronte di un massimo edittale di euro 154.937.069,73 e un minimo edittale di euro 25.822,84, l’Autorità ha irrogato una sanzione di 11.770.000 euro, la difesa della società predetta sostiene che ciò avrebbe fatto l’AEEG illegittimamente per non avere stabilito prima i criteri da seguire per la determinazione del quantum e, comunque, per non avere esternato nella specie una congrua motivazione, in relazione ai criteri indicati dall’art.11 della legge n.689/1981.

Tali rilievi con possono essere favorevolmente apprezzati.

Al riguardo va rilevato, in primo luogo, che la legge attribuisce all’AEEG un ampio margine di discrezionalità nel quantificare la sanzione pecuniaria da applicare e che a tal proposito il sindacato giurisdizionale è di legittimità e non è esteso al merito, sicché la pretesa della suddetta società di ottenere un’eventuale riduzione della sanzione irrogata non può fondarsi sulla semplice deduzione della eccessività dell’importo, ma deve basarsi su specifici vizi di legittimità.

E nel caso in esame la discrezionalità amministrativa è stata esercitata dall’Autorità certamente in modo legittimo, secondo quanto può evincersi dalla motivazione della delibera impugnata, che ha tenuto conto che l’onere di motivare non può spingersi, per quanto precisato dalla giurisprudenza, fino al punto di indicare il calcolo matematico seguito nell’adottare il provvedimento, essendo sufficiente ai fini di un’adeguata motivazione il rispetto dei criteri stabiliti dall’art.11 L . n.689/1981 e l’indicazione delle ragioni della concreta applicazione di tali criteri.

D’altra parte, l’entità della sanzione non può essere valutata in termini assoluti, bensì in considerazione delle concrete condizioni economiche del soggetto sanzionato e del necessario carattere afflittivo che deve avere per produrre un effetto deterrente.

Ciò posto, il Collegio deve osservare che nel caso in esame si è innanzi a una società di enormi dimensioni economiche, per cui è evidente che la sanzione, per poter avere un adeguato effetto deterrente, deve essere proporzionata a siffatte dimensioni, considerando semmai il massimo edittale previsto dalla legge sopra indicato; nel caso in esame invece l’AEEG ha irrogato una sanzione di 11.770.000 euro, che non soltanto è molto distante dal massimo edittale come sopra voluto dal legislatore, sulla base di un sua insindacabile scelta politica sul carattere afflittivo che devono avere tali sanzioni pecuniarie, ma che è anche corrispondente ad una percentuale minima del fatturato della s. p.a. Enel Distribuzione.

Importo della sanzione irrogata, quello sopra specificato, che, del resto, risulta obiettivamente contenuto e che non si palesa suscettibile di ulteriore riduzione, trattandosi peraltro di un illecito di particolare gravità sotto vari aspetti: da un lato, perché ha inciso su un interesse di grande rilievo ai fini della tutela degli utenti del mercato vincolato ossia la corretta e completa informazione sugli oneri del contratto, e, dall’altro, perché si è diretto nei riguardi di moltissimi consumatori ai quali è stata preclusa la possibilità di pagare la bolletta senza spese aggiuntive, peraltro estendendosi, quanto agli effetti, all’intero territorio nazionale e protraendosi a lungo nel tempo.

Pertanto nel caso in esame si tratta in effetti di un illecito caratterizzato da particolare gravità, anche in ragione della posizione di monopolio tenuta dall’Enel Distribuzione s.p.a. a danno di soggetti più deboli nel rapporto di fornitura di un servizio essenziale, quale quello dell’energia elettrica.

Peraltro, nel caso in questione, l’Autorità non sembra che abbia disconosciuto, nella propria valutazione, l’esistenza di taluni elementi in favore a Enel Distribuzione s.p.a., quali la mancanza di precedenti sanzioni a suo carico e l’inserimento in bolletta dell’avviso di gratuità del pagamento a decorrere dal mese di marzo del 2006; ed è proprio per questo che la sanzione irrogata è restata contenuta nei limiti quantitativi sopra indicati.

Quanto, infine, all’accenno fatta dalla società ricorrente circa la nozione di illecito di pericolo (al fine di sminuire la portata dell’illecito), il Collegio ritiene che anche tale argomento è privo di pregio, atteso che è la presenza di un pregiudizio per gli utenti che costituisce una circostanza aggravante e non l’assenza di pregiudizio a rappresentare un’attenuante; per cui, in definitiva, l’illecito in questione prescinde dal verificarsi di un danno, perché quel che conta è che la condotta dell’ente suddetto si sia concretata in una diffusa violazione delle prescrizioni imposte dall’ AEEG e dei connessi diritti degli utenti.

Nella delibera impugnata, conclusivamente, emerge una congrua ed articolata motivazione, riscontrabile con chiarezza nel punto relativo "Quantificazione della sanzione", nella quale si è dato conto del convincimento dell’Autorità, sulla base dei criteri precisati nell’art. 2, comma 20, lett. c della legge n. 481/1995 e dall’art. 11 L. 689/1981, espressamente indicati e considerati in relazione alle specifiche circostanze del caso in questione.

Anche l’ultimo motivo ora esaminato, per quanto esposto, deve essere quindi disatteso.

4.5. Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso di primo grado va respinto, risultando infondati tutti motivi rimasti assorbiti nella sentenza di primo grado e ora riprodotti nel presente giudizio dalla società Enel Distribuzione.

5. In conclusione, l’appello in epigrafe specificato va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.

Quanto alle spese del giudizio, ritiene il Collegio che esse, sussistendo giusti motivi in relazione alla particolarità della fattispecie, debbano essere integralmente compensate tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe specificato, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2010 con l’intervento dei Signori:

Claudio Varrone, Presidente

Paolo Buonvino, Consigliere

Domenico Cafini, Consigliere, Estensore

Maurizio Meschino, Consigliere

Giancarlo Montedoro, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/05/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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