Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-12-2010) 07-03-2011, n. 8825

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 21.9.09, la corte di appello di Milano ha confermato la sentenza 3.7.08 del tribunale della stessa sede, con la quale S.N. è stato condannato, previo riconoscimento delle attenuanti generiche, alla pena di sei mesi di reclusione, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese, in favore delle parti civili, perchè ritenuto responsabile dei reati, uniti dal vincolo della continuazione, di minaccia, ingiuria, lesioni e molestia col mezzo del telefono in danno di R.R., nonchè del medesimo reato di molestia in danno del padre di costei, R. P..

Lo S. ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1 violazione di legge, in riferimento agli artt. 517 e 522 c.p.p., in quanto il reato di lesioni non compariva nell’avviso di conclusione delle indagini e nel decreto di citazione a giudizio, pur avendo la persona offesa dettagliatamente descritto i fatti nelle querele. Nel corso dell’udienza 9.1.08, il giudice ha ammesso la nuova contestazione, sulla base di una migliore emergenza dei fatti, a seguito dell’istruttoria dibattimentale.

Con la tardiva contestazione vi è stata violazione:

del diritto di difesa, in quanto all’imputato non è stato consentito di organizzare la propria linea difensiva e di scegliere consapevolmente il rito con cui svolgere il procedimento: dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, secondo cui l’imputato deve essere tempestivamente informato dei fatti contestati Queste violazioni sono ancora più evidenti, in quanto la tardiva contestazione riguarda il reato più grave.

2. violazione di legge, in riferimento agli artt. 594, 660 e 612 c.p..

Le risultanze processuali dimostrano che la donna ha insultato lo S., per cui andava riconosciuta l’esimente della reciprocità.

Non sussistono le molestie telefoniche, in quanto il ricorrente ha contattato le persone per esercitare il diritto di frequentare il figlio, nonostante l’ostruzionismo della madre. Pertanto manca il presupposto del reato, costituito dalla petulanza o da altro biasimevole motivo, Quanto alle minacce, l’affermazione di responsabilità è fondata sulle dichiarazioni della persona offesa, pur in assenza di elementi di conferma.

3 violazione di legge in riferimento agli artt. 132, 133 e 81 c.p.:

manca un’adeguata motivazione sul trattamento sanzionatorio, essendosi limitato il giudice di appello a giustificare la pena con formule di stile.

II difensore delle parti civili ha depositato memoria contenente argomentazioni critiche nei confronti dei motivi dell’impugnazione dell’imputato.

I motivi del ricorso sono infondati.

Quanto alla censura di carattere procedimentale, si osserva che il consolidato e condivisibile orientamento interpretativo ha messo in convincente rilievo la legittimità della contestazione suppletiva, ex art. 517 c.p.p., ancorchè gli elementi risultino fin dalle indagini preliminari. Unica condizione di legittimità è costituita dall’utilizzabilità a carico dell’imputato delle sole prove assunte successivamente alla nuova contestazione (sez. 6^, n. 44501 del 29.10.09, rv 245006; conf. S.U. n. 4 del 1999, rv 212757, Cass. 15.11.1996, rv 208183).

Quanto alle doglianze relative alla ricostruzione dei fatti, effettuata nelle sentenze dei due gradi di giudizio con un comune apparato argomentativo, si rileva che la credibilità della persona offesa, R.R., è stata sottoposta ad attento vaglio da parte dei giudici di merito, che hanno messo in luce che le sue accuse sono state determinate da autentica sofferenza per i comportamenti lesivi dell’ex compagno e sono state dirette a una legittima tutela della dignità e della serenità proprie e del figlio e non certo ad ottenere infondata rivalsa nei confronti dell’uomo. Questi episodi di violenza sono stati commessi anche in presenza del minore, determinando un immediato danno proprio alla sua sfera psicologica e affettiva. I testi, inoltre nel confermare e integrare le sue dichiarazioni testimoniali, hanno messo in evidenza il suo atteggiamento conciliante e non aggressivo nella gestione dei difficili rapporti con lo S..

Quanto ai motivi sul reato della persecuzione realizzata per via telefonica e con gli altri avvicinamenti – motivatamente traumatici – in danno della donna e del padre di costei, i giudici di merito hanno evidenziato come il nobile scopo di mantenere rapporti con il figlio è stato soverchiato ed annullato dalla violenza fisica e morale impiegata dall’uomo, la cui dimensione e frequenza ha messo in luce la funzione di strumentale di questo scopo, rispetto al fine ultimo costituito dalla persecutoria aggressività in danno dell’ex compagna, coinvolgendo anche il padre di costei.

Quanto al trattamento sanzionatorio, la sentenza impugnata, nella ricostruzione dei fatti, ha messo in luce, tenendo conto delle specifiche testimonianze, le sofferenze causate sotto più profili alla donna e ai più stretti familiari dal molteplice comportamento aggressivo e traumatizzante dell’imputato.

Nella determinazione della pena sono quindi da ritenere implicitamente ma inequivocabilmente considerati i criteri fissati dall’art. 133 c.p., comma 1, nn. 2 e 3.

Pertanto nessuna censura è formulabile anche in relazione a questo punto della sentenza della Corte di merito.

Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel giudizio dalle parti civili, liquidate in complessivi Euro 1005 oltre accessori come per legge.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel giudizio dalle parti civili, liquidate in complessivi Euro 1005 oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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