Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-12-2010) 07-03-2011, n. 8823 Risarcimento in forma specifica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 8.6.09, la corte di appello di Brescia, in riforma della sentenza 28.3.08, ha assolto P.D. dal reato ex art. 57 c.p., perchè il fatto non costituisce reato; ha ridotto la pena inflitta a E.V. a Euro 600 di multa; ha confermato la sua condanna al risarcimento dei danni, al pagamento di una provvisionale e alla rifusione delle spese in favore della parte civile B.A..

L’ E. è stato ritenuto colpevole del reato di diffamazione in danno del B., medico chirurgo specializzato in malattie nervose e mentali, in relazione all’incarico, ricevuto dal giudice istruttore del tribunale di Verona, di sottoporre a perizia psichiatrica, nel cosiddetto "processo (OMISSIS)", i due imputati, accusati di una serie di omicidi e di stragi, affermando, – in un articolo apparso sul bimestrale L’Europeo, di cui è direttore P.D. – tra l’altro che il B. "non è uno psichiatra, nè uno psicologo, bensì un criminologo del dipartimento di sociologia di Bologna". Il difensore della parte civile ha presentato ricorso – limitatamente ai capi e ai punti della sentenza, relativi all’affermazione di non responsabilità del P. e alle conseguenti statuizioni civili – per violazione di legge in riferimento agli artt. 57 e 595 c.p.; manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione; travisamento del fatto: secondo la corte di appello, l’offesa contenuta nell’articolo, alla reputazione del prof. B. è stata evidente e lampante per chiunque, anche per il lettore medio, che si è concretizzata nella falsità della notizia, nell’affermazione di un dato storico non corrispondente al vero, (il fatto che B. non sia uno psichiatra, non avesse i requisiti necessari per svolgere la funzione di perito del giudice) a fronte della quale risulta errato sostenere che il direttore non avesse il dovere di controllo, oltretutto in considerazione del fatto che questo controllo andava effettuato sull’informazione stessa, sul dato storico attinente alle qualifiche del B..

Questo controllo non è stato compiuto, sebbene la sua doverosità fosse vieppiù imposta dal fatto – rilevato dal primo giudice – che la qualità soggettiva, il percorso professionale, i titoli accademici ed ogni altro aspetto afferente alla figura del prof. B. fossero agevolmente rinvenibili nell’archivio del periodico. Nel numero delle rivista del 6.12.1986 era stato pubblicato un articolo sulla medesima perizia e quindi tutte le informazioni sul curriculum vitae et studiorum erano conosciute e conoscibili secondo i canoni di ordinaria diligenza. L’erronea applicazione e la violazione dell’art. 57 c.p., da parte dei giudici di appello, è ancora più evidente, laddove essi affermano che è inesigibile richiedere un maggiore controllo da parte del P., la cui posizione è equiparabile a quella di un direttore di una moderna azienda giornalistica, (che produce quotidiani a tiratura nazionale). Infatti il P. era direttore di un periodico bimensile, che ha scelto di rivedere vecchi e conosciuti casi di cronaca nera, già in precedenza narrati e commentati dagli organi di informazione. Il direttore non poteva quindi esimersi dal verificare l’esattezza di quanto scritto nell’articolo, avendo il tempo necessario per compiere il controllo dovuto. Di qui la fondatezza della censura sulla violazione dell’art. 57 c.p. e sulla illogicità della motivazione, in cui è affermata l’inesigibilità dell’omesso controllo. La contraddittorietà della sentenza emerge dal confronto tra brani della motivazione: da un lato si afferma che l’attitudine diffamatoria dell’articolo è evidente, immediatamente percepibile ed incentrata su un dato falso per nulla marginale; dall’altro si sostiene l’esatto contrario, cioè che la natura diffamatoria non è percepibile in ragione della portata lessicale delle parole o dal contesto di una gratuita aggressione dell’altrui reputazione, bensì si qualifica solo in conseguenza della non corrispondenza al vero di un dato marginale a mero supporto della critica sull’altrui operato.

Il ricorso merita accoglimento.

Nella fattispecie in esame la condotta sanzionata consiste nell’omissione, da parte del direttore, del controllo necessario ad impedire che, col mezzo della pubblicazione dell’articolo, sia commesso il reato di diffamazione a mezzo stampa, reato che costituisce l’evento del reato colposo. Prevedendo la norma dell’art. 57 c.p. una responsabilità "a titolo di colpa", ritenuto che elemento soggettivo del reato in esame è costituito dalla colpa, perchè sussista la responsabilità, deve essere provato in concreto che il controllo sia stato negligente, cioè non conforme a quello che, in base a norme giuridiche, contrattuali o prassi, il direttore di ordinaria diligenza avrebbe tenuto. E’ colposa, quindi censurabile per inadeguatezza e superficialità, il controllo nel caso in cui il suo esercizio non abbia evitato un reato di diffamazione prevedibile ed evitabile dal direttore con i canoni della ordinaria diligenza.

La delimitazione di responsabilità del direttore va perseguita, partendo dal contenuto e dal significato del testo, individuando sul piano oggettivo i contenuti dell’obbligo di controllo in attività che possa essere materialmente eseguita dal direttore e compiendo sul piano soggettivo un concreto ed effettivo accertamento della colpa.

Nel caso in esame, il contenuto dell’articolo è costituito da un inequivoco messaggio di disistima verso l’operato di tutti gli operatori del diritto e delle scienza medica che hanno svolto le loro funzioni nel processo (OMISSIS). La critica al perito B. è rafforzata attraverso l’allusione al dato della sua impreparazione, provato dalla mancanza di qualificazioni professionali adeguate.

Questa notizia non corrisponde al vero, come è dimostrato dall’incontestabile documentazione acquisita e valutata correttamente dal primo giudice.

In base a incontestate risultanze probatorie, risulta quindi accertato che:

a) sussisteva la potenziale configurabilità di un efficace controllo idoneo a dimostrare la non rispondenza al vero della notizia riportata dall’autore dell’articolo: la mancanza, nel B., di titoli, astrattamente idonei per svolgere, in via presuntivamente efficace e tecnicamente affidabile, l’importante accertamento sulla capacità di intendere e di volere dei due imputati, accusati di una serie di omicidi, stragi;

b) l’esecuzione di questo controllo era esercitatile, da parte del direttore del periodico, con ordinaria diligenza, poichè la qualità soggettiva, il percorso professionale, i titoli accademici ed ogni altro aspetto afferente alla figura del prof. B. erano agevolmente rinvenibili, oltre che presso l’Ordine dei medici chirurghi di Bologna e presso l’università di Bologna, nell’archivio del periodico: nel numero delle rivista del 6.12.1986 era stato pubblicato un articolo sulla medesima perizia e quindi tutte le informazioni sul curriculum vitae et studiorum erano conosciute e conoscibili secondo i canoni di ordinaria diligenza. c) il corretto esercizio di questo controllo era incontestabilmente idoneo a evitare la consumazione del reato di diffamazione a mezzo stampa, avvenuta con la diffusione della suindicata notizia (v. in tal senso l’accertata responsabilità e la condanna dell’autore dell’articolo);

d) la consumazione di questo reato era pienamente prevedibile ed evitabile.

Risultano quindi accertati:

la condotta omissiva del direttore, posta in essere in relazione al diligente esercizio del controllo sul contenuto dell’articolo; il verificarsi dell’evento di questa condotta colposa, costituito dalla consumazione del reato di diffamazione;

l’assenza di esimenti comuni e speciali, ostative all’imputabilità psicologica del reato.

La sentenza della corte di appello, non ha contestato il quadro complessivo di questo accertamento giudiziale, se non sul punto del riconoscimento di un’esimente ad hoc per il direttore ricorrendo, per escludere l’antigiuridicità della condotta dell’imputato, a una circostanza: la marginalità dell’oggetto del controllo.

L’attribuzione al B. di un fatto non vero e screditante, secondo la corte di merito, sussiste in fatto, ma non è stata percepibile ex se dal direttore, in quanto la non corrispondenza al vero della notizia (la mancanza di titoli tecnicamente legittimanti l’espletamento dell’accertamento peritale) ha avuto ai suoi occhi una funzione gregaria, rispetto alla critica elaborata rispetto all’operato del B. e all’intera vicenda del cosiddetto "processo (OMISSIS)", che ne ha fatto perdere, "in ragione della portata lessicale delle parole o del contesto", la percepibilità al titolare del dovere di controllo.

E’ stata quindi inserita, nella concreta fattispecie, una gerarchia di notizie, in termini di marginalità e, ex adverso, in termini di centralità considerando quella posta tra le prime non percepibile e, correlativamente, non sanzionabile, sotto il profilo dell’elemento psicologico, l’omissione del suo controllo.

Questa soluzione è stata adottata dalla corte seguendo criteri ermeneutiche non conformi e alla disciplina di legge e alla logica.

Le risultanze processuali, la loro interpretazione conforme alla logica e ai principi generali sull’elemento psicologico e sulla causalità nel reato omissivo hanno dimostrato – al di là di inammissibili gerarchie nel campo dell’informazione – l’omissione di un diligente controllo sul contenuto di un articolo, riguardante la reputazione del querelante in riferimento alla notizia sui suoi titoli accademici e professionali, sia pure nel più ampio contesto di notizie e valutazioni in campo politico e di costume.

Al direttore dell’ Europeo la legge chiedeva un diligente controllo specificamente mirato su un tema giudico, finalizzato a prevenire la consumazione di un reato a mezzo stampa. La correttezza di questo controllo giuridico ha costituito, a suo volta, il punto centrale della sentenza di primo grado, che ne ha fondatamente rilevato la mancanza. La sentenza della corte di appello, creando la suindicata gerarchia tra notizie e la diversa rilevanza giuridica del loro controllo, ha promosso la circostanza della marginalità dell’oggetto del mancato controllo del direttore dal ruolo di eventuale diminuente al ruolo di esimente della responsabilità penale e civile.

Il thema decidendum fasciando impregiudicati in questa sede altri aspetti critici della vicenda giudiziaria, era il possesso o meno, da parte del perito, dei titoli accademici dimostrativi delle sue generali capacità professionali, in quanto la loro assenza era in grado di dimostrare che i risultati della perizia psichiatrica sui due responsabili di omicidi e stragi erano intrinsecamente inaffidabili, per inaffidabilità professionale di uno dei autori.

L’asserita marginalità, agli occhi del direttore del periodico, della screditante notizia non può incidere sulla centralità giuridica del suo dovere di controllo.

La sua colposa omissione, secondo lo schema della causalità ex art. 40 c.p., comma 2, è risultata palesemente idonea a determinare il prevedibile ed evitabile evento della diffamazione e comporta la responsabilità, agli effetti civili dell’autore dell’omissione.

La sentenza va quindi annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della corte di appello di Brescia.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della corte di appello di Brescia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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