Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 30-11-2010) 07-03-2011, n. 8830

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 16-3-2010 il GIP presso il Tribunale di Genova disponeva, sull’accordo delle parti, ex art. 444 c.p.p., l’applicazione di pena di anni due di reclusione ed Euro 1.800,00= di multa, nei confronti di C.R., imputato dei reati di cui all’art. 624 c.p. e art. 625 c.p., nn. 2 e 7 e varie imputazioni di cui all’art. 624 bis c.p., contestati come da epigrafe, commessi tra giugno ed agosto del 2009, con la recidiva specifica e reiterata.

Inoltre disponeva, ai sensi dell’art. 240 c.p., comma 1, artt. 263 e 445 c.p.p., la confisca del furgone indicato come da dispositivo, già sottoposto al sequestro preventivo, e la restituzione dei residui beni rinvenuti nell’abitazione dell’imputato agli aventi diritto.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, deducendo la omessa motivazione circa l’insussistenza dei presupposti di proscioglimento e la ritenuta equivalenza delle attenuanti generiche alla recidiva.

In secondo luogo chiedeva l’annullamento della confisca del furgone, per mancanza ed illogicità oltre alla contraddittorietà della motivazione, e per erronea applicazione della legge penale. ( art. 240 c.p.).

Su tale confisca il ricorrente rilevava che il Giudice era incorso nel travisamento delle prove, ritenendo che il furgone sequestrato fosse stato utilizzato per commettere il reato per il quale l’imputato era stato tratto in arresto.

In conclusione chiedeva dunque l’annullamento della sentenza impugnata.

Il PG. in Sede chiedeva come da requisitoria, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso deve ritenersi inammissibile.

Invero la sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., come stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte – v. SS.UU. sentenza n. 10372 del 18-10-1995, Serafino.

L’obbligo della motivazione, imposto al Giudice dall’art. 111 Cost. e art. 125 c.p.p., comma 3 per tutte le sentenze, opera anche rispetto a quelle di applicazione della pena su richiesta delle parti.

Tuttavia, in tal caso, esso non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una semplice motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.".

Devono ritenersi dunque inammissibili le censure riguardanti la motivazione sulla inesistenza dei presupposti per il proscioglimento dell’imputato ex art. 129 c.p.p., avendo peraltro il giudice elencato le fonti degli elementi ostativi a tale formula. In secondo luogo risulta inammissibile per manifesta infondatezza la censura riguardante l’avvenuta confisca del furgone sottoposto a sequestro.

Invero, secondo la motivazione della sentenza il veicolo in sequestro risultava essere stato utilizzato dall’imputato nella consumazione dei reati, e vi era stato un arresto in flagranza, onde restano puramente generiche le censure formulate rilevando un travisamento del fatto, in tema di confisca.

La Corte deve pertanto dichiarare l’inammissibilità del ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle Ammende, che si determina in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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