Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-11-2010) 07-03-2011, n. 8932

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Pescara, adito ex art. 324 cod. proc. pen., confermava l’ordinanza in data 17 aprile 2010 del Giudice per le indagini preliminari in sede con la quale era stato disposto il sequestro preventivo fino alla concorrenza del valore di Euro 1.000.000 a carico della C.R.A. s.p.a. e dei beni fino alla concorrenza di Euro 200.000 a carico della R&L s.r.l., società rappresentata da S.S., ma ritenuta di fatto controllata dal padre S.C., indagato per i reati di cui all’art. 640 c.p., comma 2, n. 1, artt. 319, 319-bis, art. 479 cod. pen. (in (OMISSIS)).

2. Osservava il Tribunale che:

2.1. era infondata l’eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Pescara, in quanto, in mancanza di individuabilità del luogo ove erano stati consumati gli altri reati, doveva farsi riferimento al luogo di consumazione del reato successivamente più grave, che nella specie era quello di corruzione ex art. 319 cod. pen. di cui al capo f), consumato in (OMISSIS), ove si era realizzato l’accordo corruttivo;

2.2. sussistevano indizi di colpevolezza in ordine ai reati contestati, emergendo che l’imputato S.C., quale consulente progettista del commissario straordinario nominato dall’ANAS per la risoluzione delle interferenze relative alla riserva naturale del lago di (OMISSIS) che impedivano l’inizio dei lavori, aveva di fatto favorito la società appaltatrice, recependo acriticamente le risultanze di atti e elaborati progettuali che avrebbero dovuto essere da lui redatti e che in realtà erano stati interamente predisposti dalla ditta appaltatrice; che parte della progettazione era stata affidata dall’appaltatore alla ISC, società rappresentata da F.M. ma di fatto gestita dall’indagato stesso; che le indagini geotecniche erano state affidate alla R&L s.p.a. società rappresentata da S.S., figlio dell’indagato, anch’essa di fatto gestita da quest’ultimo; che il ricorrente aveva richiesto e ottenuto, per l’opera apparentemente prestata, un compenso di Euro 2.245.460, di circa Euro 1.000.000 superiore al dovuto come calcolato dal consulente tecnico del p.m.;

che la R&L aveva richiesto e ottenuto un compenso pari a Euro 308.673,14 per le indagini geotecniche e le relazioni geotecnica e geologica, di circa Euro 200.000 superiore al dovuto, avendo falsamente rappresentato all’ANAS attività e costi superiori a quelli effettivamente sostenuti.

3. Ricorre per cassazione S.S., a mezzo degli avvocati Andrea Melucco e Francesco Gianzi, i quali denunciano:

3.1. violazione delle norme in materia di competenza territoriale, in quanto con riferimento al reato di cui al capo e) è pacifico che la condotta corruttiva sarebbe avvenuta in Roma sicchè erroneamente si è individuata la competenza dell’a.g. di Pescara con riferimento all’analogo reato di cui al capo f) per il quale era stata accertata solo una parte, ma non il momento consumativo, della contestata corruzione; e comunque il reato più grave avrebbe dovuto essere individuato nella truffa aggravata di cui al capo a), commessa in (OMISSIS).

3.2. violazione degli artt. 324 e 309 cod. proc. pen., essendo sopravvenuta la inefficacia della misura cautelare per mancata trasmissione al tribunale del riesame dell’interrogatorio reso dall’indagato al G.i.p. e della documentazione ivi prodotta, contenente elementi favorevoli all’indagato;

3.3. violazione degli artt. 324 e 309 cod. proc. pen., in quanto l’ordinanza impugnata è stata depositata in data 8 maggio 2010, e quindi oltre il termine previsto, a pena di decadenza della misura, di dieci giorni dalla trasmissione degli atti da parte del p.m., avvenuta il 27 aprile 2010;

3.4. violazione di legge e vizio di motivazione in punto di adozione del sequestro preventivo ultra petita, avendo il p.m. richiesto la misura solo sulle somme nella disponibilità della società CRA e avendo invece il G.i.p. disposto il sequestro anche di somme di pertinenza dell’indagato quale persona fisica;

3.5. violazione di legge e vizio di motivazione in punto di sussistenza del fumus del reato e del periculum in mora: quanto a questo secondo aspetto, mancando ogni illustrazione circa la possibilità che la libera disponibilità della cosa possa provocare l’aggravarsi o il protrarsi delle conseguenze del reato; quanto al primo profilo, essendo stato travisato il contenuto delle intercettazioni e degli altri elementi indiziari, ed essendo stati mal interpretati i poteri del Commissario straordinario, i vincoli derivanti dalla pregressa vicenda contrattuale, il contenuto della progettazione e i criteri di determinazione della parcella CRA, nonchè il ruolo della ISC s.r.l. e della R&L s.r.l. nella vicenda in esame.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è, in tutti i suoi aspetti, manifestamente infondato.

2, La competenza territoriale appare essere stata esattamente determinata con riferimento al reato più grave di corruzione di cui al capo F), come da aggiornamento della iscrizione nel registro delle notizie di reato, fattispecie criminosa punita con la reclusione da due a cinque anni – non valendo a tal fine il riferimento alla fattispecie di truffa aggravata, che prevede un minimo edittale inferiore (un anno di reclusione) – reato ragionevolmente ritenuto consumato in (OMISSIS), ove risulta essere stata svolta l’unica attività corruttiva di cui sia noto il luogo di commissione (v. ordinanza del G.i.p., in particolare, p. 59-60). E’ inoltre incongrua l’argomentazione difensiva che fa leva sulla corruzione di cui al capo E), dato che tale contestazione è stata riqualificata come truffa aggravata (v. la medesima ordinanza, p. 54).

3. L’interrogatorio reso dall’indagato al G.i.p. non rientra tra quelli che il pubblico ministero deve necessariamente trasmettere al Tribunale del riesame a norma dell’art. 309 c.p.p., comma 5, dato che (come più volte ribadito dalla giurisprudenza (v. tra le altre Cass., sez. 6, 10 luglio 2009, Basile; Id., 25 febbraio 2007, Toscano) tale norma, interpretata nella sua ratto, si riferisce agli atti successivamente compiuti d’iniziativa del pubblico ministero nell’ambito della sua attività investigativa, e quindi normalmente non conoscibili dalla difesa, e non certo a quelli costituenti mezzo di difesa svoltisi alla presenza del difensore.

4. Anche il terzo motivo è manifestamente infondato, in quanto l’ordinanza impugnata è stata adottata in data 8 maggio 2010, entro il termine di dieci giorni dalla trasmissione degli atti, adempimento che, come da copertina del fascicolo del riesame, risulta essere stato effettuato il giorno 29 aprile 2010. 5. Le ulteriori censure prospettano profili attinenti al merito del provvedimento, sul quale il Tribunale ha logicamente e esaurientemente espresso le sue valutazioni, sicchè esse non possono essere esaminate in questa sede.

6. Alla inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte si ritiene equo determinare in Euro mille.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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