Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 03-03-2011, n. 162 contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

iderato in diritto quanto segue.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza 1 febbraio 2010, n. 161, decidendo su impugnazione proposta dalla GFF Impianti s.r.l., il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, così statuiva:

a) – accoglieva il ricorso principale e i ricorsi per motivi aggiunti depositati il 7 ottobre 2009 e il 2 novembre 2009;

b) – rigettava il ricorso per motivi aggiunti depositato il 7 dicembre 2009.

La vicenda sottoposta all’esame del T.A.R. può essere sintetizzata come segue.

In data 10 dicembre 2007, l’A.U.S. L. n. 8 di Siracusa indiceva una gara d’appalto per l’affidamento, mediante pubblico incanto e secondo il criterio del prezzo più basso, dei "lavori di completamento del blocco operatorio e attrezzature diverse del Nuovo Ospedale di Lentini".

Al termine delle operazioni di gara risultava aggiudicataria l’ATI GFF Impianti; tuttavia, l’Amministrazione, non procedeva all’approvazione degli atti di gara, revocava l’aggiudicazione a favore della summenzionata società e affidava i lavori alla seconda classificata (società Arcobaleno).

L’irregolarità, per la quale l’Amministrazione si determinava alla revoca dell’aggiudicazione, risiedeva nella mancata documentazione del fatturato di almeno Euro 1.500.000 in ordine alle forniture di attrezzature per sale operatorie, quale requisito previsto a pena di esclusione per la partecipazione alla gara.

La società GFF Impianti proponeva ricorso.

Con sentenza n. 901 dell’8 maggio 2009, il T.A.R. accoglieva il ricorso, dichiarando l’obbligo dell’Amministrazione "di pronunciarsi nuovamente, previa partecipazione attiva della ricorrente, nel procedimento di valutazione del requisito di capacità tecnica contestato".

Con successive note del 28 maggio e 23 giugno 2009, l’Ausl procedeva alla verifica conseguenziale alla decisione assunta dal T.A.R., convocando la sola ricorrente per l’esame delle sue deduzioni.

Osservava quest’ultima che alla riunione l’Amministrazione non avrebbe verbalizzato nulla e, segnatamente, le argomentazioni e la documentazione ivi versate.

Con il ricorso principale, la ricorrente contestava la legittimità di detto procedimento.

Con ordinanza n. 1418 del 9 ottobre 2009, il T.A.R. stabiliva che l’Amministrazione doveva dare esatta contezza degli elementi non valutabili quale strumentazione destinata a sala operatoria.

Seguiva il provvedimento n. 1022 del 22 ottobre 2009 che la ricorrente impugnava con motivi aggiunti.

Con verbali del 10 e del 16 novembre 2009, l’Amministrazione annullava definitivamente l’aggiudicazione a favore della ricorrente.

Detti verbali erano contestati dalla ricorrente con motivi aggiunti depositati il 7 dicembre 2009.

2) Come si è sopra esposto, il T.A.R., accoglieva il ricorso principale e i ricorsi per motivi aggiunti, fatta eccezione per quello del 7.12.2009.

Ad avviso di detto giudice andavano confermate tutte le decisioni cautelari, espressive del "dictum", contenuto nella sentenza n. 901/2009 dell’8 maggio 2009, che hanno rinvenuto nel procedimento utilizzato dall’Amministrazione una sostanziale elusione delle decisioni rese dallo stesso giudice e una carenza di esatto contraddittorio delle documentazioni esibite dalla ricorrente, nonché una consequenziale carenza di motivazione di tutti gli atti con detti gravami impugnati. Quanto alla questione di merito, affrontata con riferimento ai motivi aggiunti del 7.12.2009, il T.A.R., respinte le prime due censure, si soffermava a esaminare il terzo e il quarto motivo del gravame, vale a dire se il giudizio di secondo grado che si instaura in sede di autotutela, derivante dall’accertamento della mancata sussistenza dei requisiti di partecipazione, consenta integrazioni documentali da parte dell’aggiudicatario, rispetto a quanto allegato in sede di gara e se (quarto motivo) le forniture documentate da parte ricorrente fossero relative ad apparecchiature fornite e installate in sala operatoria.

Detto giudice richiamava in proposito la consolidata giurisprudenza secondo la quale, in riferimento all’art. 16 del D.Lgs. n. 157/95 e all’art. 34 della direttiva 92/50/CE, l’integrazione successiva della documentazione è possibile soltanto nei confronti di documenti presentati tempestivamente, sia pur incompleti, e non per rimediare alla loro mancata presentazione nei termini.

In altri termini, la richiesta di regolarizzazione non può essere formulata dalla stazione appaltante se vale ad integrare documenti che in base a previsioni univoche del bando o della lettere di invito avrebbero dovuto essere prodotte a pena di esclusione. L’indagine andava, pertanto, limitata alla certificazione esibita e/o dichiarata in sede di gara, non essendo possibile un’etero-integrazione postuma.

Alla stregua di siffatto criterio, il T.A.R. giungeva alla valutazione conclusiva che, utilizzando la stessa relazione tecnica di parte ricorrente, le forniture valutabili raggiungevano un importo inferiore ai richiesti Euro 1.500.000.

3) La sentenza è stata appellata dalla società ricorrente.

Sostiene l’appellante che il criterio rigido e pseudo formale concepito dall’Amministrazione appellata relativo al veto di produrre un’autocertificazione, e per di più di produrre la necessaria integrazione documentale, perde di vista il fatto che il requisito il raggruppamento lo possiede.

In ogni caso, se non era possibile produrre autocertificazione, non si comprende come alla ditta seconda classificata fosse stata consentita la produzione con autocertificazione.

Inoltre, essendo trascorso il termine previsto sia dall’art. 11 della L. n. 10/1993 che dell’art. 10 del D.P.R.G.S. n. 1/2005, la proposta di aggiudicazione, contenuta nel verbale di gara redatto dalla Commissione, doveva ritenersi tacitamente e definitivamente approvata.

Né si poteva legittimamente richiamare il comma quarto dell’art. 10 del D.P.Reg.Sic., laddove statuisce che è possibile revocare gli atti di gara con provvedimento congruamente motivato e solo in caso di sopravvenienza di interessi pubblici prevalenti.

Ad avviso dell’appellante, una volta che essa ha certificato il possesso del requisito, non v’è un interesse pubblico successivo e rilevante che possa legittimare l’azione di revoca.

Resistono all’appello le appellate Amministrazioni e le società Arcobaleno e Sirimed. Queste ultime hanno proposto appello incidentale.

4) L’appello è infondato.

In via preliminare, va osservato che, quanto alla questione relativa alla possibilità per il seggio di gara di riesaminare un’aggiudicazione di gara ad evidenza pubblica, la stessa va risolta in senso positivo.

Secondo un pacifico principio giurisprudenziale (cfr., di recente, C.d.S., Sez. VI, 13 giugno 2008, n. 2957), l’aggiudicazione ha natura di provvedimento amministrativo e, come tale, può essere annullata dall’Amministrazione in sede di autotutela, come anche riconosciuto dalla Corte di Cassazione, che l’ha qualificata come atto amministrativo, che costituisce il presupposto di un contratto (Cass. civ. Sez. un., n. 13296/2005).

Ciò posto, contrariamente all’assunto della società appellante, la stessa deve ritenersi carente del requisito richiesto dal bando di gara, relativo all’effettuazione di "forniture e installazioni di attrezzature per sale operatorie per complessivi Euro 1.5.000.000 negli ultimi tre anni", risultando incontestata la valutazione del giudice di primo grado secondo cui le forniture valutabili in suo favore sono inferiori a quanto richiesto dal bando.

Né il requisito mancante era suscettivo di essere regolarizzato.

Secondo un pacifico principio giurisprudenziale, rettamente richiamato dal giudice di prime cure, ove il bando (o la lettera d’invito) per l’aggiudicazione di un appalto contenga clausole relative alla presentazione dei documenti con espressa comminatoria di esclusione per l’ipotesi di inosservanza, non può essere richiesta la regolarizzazione dei documenti prodotti (cfr. questo C.G.A., 27 dicembre 2006, n. 802 e, più di recente, C.d.S., Sez. VI, 18 dicembre 2009, n. 8386 e Sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1038 e 2 agosto 2010, n. 5084).

Nella specie, quindi, l’Amministrazione appaltante non poteva richiedere la regolarizzazione della documentazione che era già stata versata agli atti.

Infatti, il doveroso bilanciamento fra il dovere dell’Amministrazione di provvedere alla regolarizzazione dei documenti presentati dai candidati e il principio della "par condicio" tra i partecipanti a una selezione concorsuale, va ricercato nella distinzione tra il concetto di regolarizzazione e quello di integrazione documentale.

Quest’ultima non è consentita, laddove si risolva in un effettivo "vulnus" del principio di parità di trattamento, a differenza della regolarizzazione, che attiene a circostanze o elementi estrinseci al contenuto della documentazione, cui è tenuta l’amministrazione in virtù del principio generale desumibile dall’art. 6, comma 1, lett. b), L. 7 agosto 1990, n. 241.

In definitiva, la possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice di invitare le imprese a completare o a chiarire certificati, documenti dichiarazioni presentate, prevista dall’art. 15, comma 1, D.Lgs. n. 358/1992, può valere a far completare il contenuto di certificazioni comunque presentate, ma non a consentire "ex post" la presentazione di una dichiarazione mancante (cfr. questo C.G.A., sentenza n. 802 del 2006 e l’altra giurisprudenza sopra richiamata).

Quanto alla dedotta disparità di trattamento, la stessa è insussistente.

La verifica in ordine al possesso del summenzionato requisito è stata condotta sia per l’ATI GFF Impianti che per la Arcobaleno in modo imparziale, come risulta dal verbale del 16 novembre 2009, in cui si attesta che nessuna delle ditte partecipanti si è avvalsa dell’autocertificazione, avendo esse prodotto copie di certificazioni provenienti da soggetti terzi.

5) In conclusione, per le suesposte considerazioni, assorbita ogni altra censura o eccezione, l’appello principale va respinto, mentre quelli incidentali vanno dichiarati improcedibili per carenza d’interesse.

Si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti, anche in questo grado di giudizio, le spese, le competenze e gli onorari del processo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, respinge l’appello principale in epigrafe e dichiara improcedibili gli appelli incidentali.

Compensa tra le parti le spese, le competenze e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo l’8 giugno 2010, dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Paolo D’Angelo, Guido Salemi, estensore, Filippo Salvia, Pietro Ciani, componenti.

Depositata in Segreteria il 3 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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