Cass. civ. Sez. II, Sent., 09-05-2011, n. 10172 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

R.A., con atto di citazione del 28 giugno 1985, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Bari, P. A. perchè venisse ordinato al convenuto di sottoscrivere il rogito notarile di trasferimento di tutte le proprietà (appartamento più box autorimessa) di cui al preliminare di vendita dell’11 aprile 1981 per il corrispettivo stabilito in L. 47.885.580.

Si costituiva il promittente venditore P.A. che eccepiva l’infondatezza della domanda dell’attore e chiedeva la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del promittente acquirente e, i sempre, in via riconvenzionale chiedeva la declaratoria giudiziale di nullità della transazione del 6 dicembre 1982, per mancanza di reciproche concessioni.

Il Tribunale di Bari, con sentenza n. 824 del 2001, qualificata la domanda del R. come richiesta di sentenza che tenesse luogo del contratto non concluso dichiarava il trasferimento in favore dello stesso degli immobili di cui al contratto preliminare previo pagamento del residuo prezzo di vendita. Rigettava le domande riconvenzionali avanzate da P..

Proponeva appello P.A., il quale censurava la sentenza di primo grado per diversi motivi e chiedeva che venisse rigettata la domanda dell’attore.

Si costituiva R.A. che chiedeva il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza del Tribunale di Bari.

La Corte di appello di Bari, con sentenza n. 617/2005, rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata, modificando la motivazione. La Corte territoriale a sostegno della decisione osservava, essenzialmente: a) che il Tribunale aveva correttamente qualificato la domanda attorea originaria quale domanda di sentenza che tenesse luogo del definitivo non concluso; b) che la transazione fu tale, veramente, perchè sussistevano tra le parti divergenze notevoli in merito alle rispettive obbligazioni e componevano i loro dissidi facendosi reciproche concessioni; c) che costituiva eccezione nuova non proponibile in appello quella secondo la quale la transazione sarebbe nulla per vizio del consenso, essendo stato estorto con violenza; d) che bisognava escludere che al momento della domanda il R. fosse debitore di P. di somme da questi già esigibili.

La cassazione della sentenza n. 617/2005 della Corte di appello di Bari è stata chiesta da P.A. con ricorso affidato a due motivi. Non risulta che, sia stata svolta attività difensiva dall’intimato R.A..
Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo P.A. lamenta la violazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 97 disp. att. c.p.c., art. 1362 cod. civ., e segg., e contraddittoria e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5. Secondo il ricorrente la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle prove prodotte ed ha addirittura, assunto come provate circostanze del tutto sfornite di riscontro. In particolare il ricorrente ritiene:

A) che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto che le parti con l’atto di transazione, non convennero in via definitiva il prezzo di vendita dell’intero alloggio (l’importo di L. 47.885,580), bensì, semplicemente, quello non più modificabile relativo al prezzo per mq. di superficie (corrispondente a L. 405.810 al mq). La Corte territoriale non avrebbe tenuto conto, altresì, che l’importo indicato nella transazione era relativo ad una superficie di mq. 118 stabilita in via meramente esemplificativa, mentre l’immobile venduto era di superficie 133,064 mq. come risulta dalla CTU che il giudice di merito non ha j inteso considerare perchè ritenuta superflua. Se, dunque, la Corte territoriale avesse tenuto conto delle risultanze probatorie ed avesse interpretato correttamente il contenuto della transazione, avrebbe accertato che i prezzo della vendita era di L. 53.998.702. B) che la Corte territoriale non avrebbe rispettato i principi della disponibilità delle prove e del divieto di scienza privata di cui all’art. 115 c.p.c., neppure quando ha ritenuto inadempiente il P. per essersi lo stesso rifiutato di stipulare il definitivo e in ragione della considerazione che il R. avesse:

versato una somma maggiore dei suoi crediti allora esigibile. Epperò alla data in cui R. instaurò il giudizio di primo grado il mutuo non era stato ancora frazionato nè, quindi, si poteva procedere all’accollo cui si era impegnato il R.. La Corte territoriale non avrebbe, altresì, tenuto conto che nella scrittura privata del 26 aprile 1984, di assunzione dell’obbligo di accollo del mutuo, era stato dato atto che ai fini contabili si conveniva che il R.A. fosse debitore della somma di L. 30.000.000 di sorta capitale. Sicchè tenuto conto di ciò e del fatto che il corrispettivo della vendita fosse superiore a quello originariamente stabilito, era agevole ritenere che l’inadempimento era del R. e non di P..

C) che la Corte territoriale non avrebbe considerato che in assenza del frazionamento del mutuo e di accollo non si era verificata la condizione per la stipula del definitivo.

1.1. – La censura in tutta la sua articolazione non merita di essere accolta non solo perchè il ricorrente con questo motivo sollecita valutazioni di merito inibiti al Giudice di legittimità, ma e, soprattutto, perchè la sentenza impugnata non contiene nessuno dei vizi denunciati. In particolare:

1.1.a. – Quanto al primo dei profili della censura, va osservato che la censura è inammissibile per novità, atteso che la sentenza fa menzione della proposizione della sola questione relativa alla validità del prezzo al mq. stabilito nella transazione (e per effetto della transazione nella sua interezza) ed assume che nella transazione il prezzo era stato fissato definitivamente da P. in L. 47.885.580. Il ricorrente non indica, invece, se e quando quella di un maggior prezzo dell’appartamento rispetto a quanto indicato nella transazione in ragione alla sua maggiore estensione accertata dal CTU fosse stata sollevata nel giudizio di primo grado ed in quello di appello.

1.b. – Quanto al secondo dei profili sopra indicati va osservato che la censura non è pertinente al rilievo che il R. non aveva corrisposto quanto dovuto prima del frazionamento del mutuo e del rogito, giacchè la sentenza ha chiarito che l’espressione si riferiva alla sorte capitale del mutuo e non alle somme da versare, indipendentemente, dall’accollo del mutuo e prima del suo frazionamento.

1.1.c – Quanto al terzo dei profili va osservato che la censura prospetta una questione nuova non esaminata nei precedenti giudizi.

2. – Con il secondo motivo il ricorrente lamenta Violazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, in riferimento all’art. 115 c.p.c. e art. 97 disp. att. c.p.c., e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5. Secondo il ricorrente la motivazione espressa dalla Corte territoriale sarebbe contraddittoria. Il fatto che la Corte abbia affermato che l’efficacia traslativa della sentenza era subordinata al previo accollo del mutuo e conguaglio sul residuo prezzo, significa che il mutuo non era stato mai i accollato e che non era stato mai pagato il residuo prezzo comprensivo degli accessori, che dovevano essere oggetto di conguaglio in sede di stipula.

Epperò, la Corte aveva affermato che le rate del mutuo già scadute prima del rogito e del frazionamento non erano esigibili nè dal P. nè dalla Banca poichè l’accollo delle stesse, ovvero, il rimborso delle stesse al P. era subordinato all’individuazione dell’immobile mediante il rogito e il frazionamento del mutuo. Sicchè la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto che il P., come ha dichiarato lo stesso R., aveva pagato le rate del mutuo scadute dal 1986-1992, e che l’accollo del mutuo da parte del R. non era subordinato all’individuazione dell’immobile, bensì, al pagamento delle somme tutte dovute a conguaglio.

2.1. – Anche questa censura non merita di essere accolta, anche, per quelle; stesse ragioni di cui si è detto in precedenza. Comunque, va qui osservato che la sentenza ha affermato che non poteva essere disposto il rimborso delle rate di mutuo scadute perchè non vi era prova che il P. avesse pagato tali rate. Sicchè le ragioni di una censura potrebbero integrare, eventualmente, gli estremi di un vizio revocatorio.

In definitiva il ricorso va rigettato, Le spese seguiranno il principio della; soccombenza e saranno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna, il ricorrente, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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