Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-02-2011) 08-03-2011, n. 9059

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Svolgimento del processo

La Corte di appello di Caltanissetta, con sentenza in data 20.3.2010, confermava la sentenza del Tribunale di Enna in data 8.1.2007, appellata da P.A.A., dichiarato colpevole di ricettazione aggravata e truffa, in concorso, per aver detenuto un assegno postale, di cui era stato denunciato lo smarrimento, dato in pagamento, per l’importo di Euro 7746,85, quale corrispettivo per l’acquisto di 96 pecore, 20 agnelli, tre capre, un caprone, a C.S. e condannato, con le attenuanti generiche, ad anni uno, mesi otto, di reclusione e Euro 400 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile da liquidarsi in separato giudizio. Proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo i seguenti motivi:

a) nullità della sentenza per difetto di motivazione nella determinazione della pena complessiva mancando la indicazione del reato ritenuto più grave, l’aumento per la recidiva e di quello per la continuazione;

b) omessa motivazione sul difetto di rappresentanza processuale della parte civile, con conseguente decadenza dalla facoltà di esercitare l’azione civile;

c) omessa motivazione sulla violazione dell’art. 159 c.p., comma 3, essendo stato disposto dal Tribunale un differimento oltre il 60 giorno successivo alla prevedibile cessazione dell’impedimento;

d) violazione di legge e mancanza e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla erronea qualificazione giuridica del reato di truffa, ritenendo configurarsi la diversa fattispecie delittuosa di cui all’art. 641 c.p.(insolvenza fraudolenta);

c) erronea affermazione di responsabilità con riferimento al reato di ricettazione, in mancanza di prova del delitto presupposto, in quanto trattavasi di assegno smarrito e non sottratto, insistendo per la declaratoria di prescrizione dei reati.
Motivi della decisione

1) Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

Il primo motivo di ricorso, relativo alla omessa pronuncia sui criteri di determinazione della pena è inammissibile perchè non dedotto in appello.

Infatti, secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, l’obbligo di motivazione da parte del Giudice di appello sussiste soltanto in relazione a quanto dedotto con l’atto di impugnazione. Nella fattispecie, invece, l’atto di appello non conteneva alcun motivo riguardante il mancato rispetto dei criteri di determinazione della pena.

2) Anche se la Corte di appello non ha motivato in ordine al difetto di rappresentanza processuale della parte civile, per non avere la parte offesa C.S. conferito al proprio difensore alcuna procura speciale nelle forme di cui all’art. 100 c.p.p., procedendo ad una semplice nomina di difensore, tale eccezione e, comunque, infondata.

Questa Corte, con orientamento condiviso dal Collegio, ha affermato che nei casi in cui nel giudizio penale sia prescritto che la parte stia in giudizio col ministero di difensore munito di procura speciale, il mandato, in virtù del generale principio di conservazione degli atti, deve considerarsi valido – sia con riguardo al conferimento della procura a impugnare al difensore sia all’oggetto dello specifico gravame ( art. 576 cod. proc. pen.) – anche quando la volontà del mandante non sia trasfusa in rigorose formule sacramentali, ovvero sia espressa in forma incompleta, potendo il tenore dei termini usati nella redazione della procura speciale e la sua collocazione escludere ogni incertezza in ordine all’effettiva portata della volontà della parte. Nella fattispecie deve ritenersi valida la formula di conferimento di procura speciale "ad litem", ancorchè, qualificata "mandato", alla luce della predetta interpretazione sostanzialistica della volontà della parte espressa nella formula utilizzata per il conferimento dei poteri, apposta in calce alla costituzione di parte civile. (Sez. 4, Sentenza n. 14863 del 03/02/2004 Ud. (dep. 26/03/2004) Rv. 228595.

La costituzione di parte civile, una volta intervenuta in primo grado in virtù di procura speciale ai sensi dell’art. 100 cod. proc. pen., produce effetti in ogni stato e grado del processo, nel senso che il difensore della parte civile può resistere all’impugnazione dell’imputato, presentare conclusioni e notula spese senza necessità di altro mandato, che è richiesto soltanto per svolgere attività non difensive. (Sez. 1, Sentenza n. 3601 del 20/12/2007 Ud. (dep. 23/01/2008 ) Rv. 238370).

3) Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di ricorso concernente l’illegittimo differimento oltre il 60 giorno successivo alla prevedibile cessazione dell’impedimento, in violazione dell’art. 159 c.p., comma 3 in mancanza di espressa sanzione processuale di nullità, avendo il solo effetto di limitare la sospensione del corso della prescrizione a 60 giorni dalla prevedibile cessazione dell’impedimento, indipendentemente dalla maggior termine del rinvio.

4) Anche il quarto motivo è inammissibile. Com’è noto, il delitto di truffa si distingue da quello di insolvenza fraudolenta perchè nella truffa la frode è attuata mediante la simulazione di circostanze e di condizioni non vere, artificiosamente create per indurre altri in errore, mentre nell’insolvenza fraudolenta la frode è attuata con la dissimulazione del reale stato di insolvenza dell’agente (Sez. 2, Sentenza n. 10792 del 23/01/2001 Ud. (dep. 16/03/2001) Rv. 218672).

Nessuna di tali ultime circostanze è risultata provata essendosi limitato il ricorrente a prospettare la possibilità della astratta vigenza di tale fattispecie di reato.

Il Tribunale, con valutazione condivida dalla Corte, ha ritenuto che la condotta del prevenuto configurasse il reato di truffa avendo posto in essere una condotta fraudolenta diretta ad ingannare il C. che non voleva accettare un assegno per il pagamento del gregge, risolvendosi ad accettarlo avendo il M., come dallo stesso confermato, garantito falsamente sulla solvibilità del Paternò, garantendo entrambi la consegna di un assegno "non falso" (pag. 8 e 9 sent. Trib) Le censure formulate si rivelano, pertanto, inconferenti.

5) Va disatteso anche il quinto motivo concernente la mancanza dei presupposti per ravvisare il delitto di ricettazione, ipotizzandosi un’ipotesi residuale di appropriazione di cose smarrite cui all’art. 647 c.p..

La Corte territoriale, confermando sul punto la motivazione del Tribunale, ha evidenziato la piena consapevolezza dell’imputato di consegnare al venditore un titolo illecitamente posseduto, dopo averlo compilato, per l’acquisto di un gregge, non potendosi disconoscere la consapevolezza della illecita provenienza dell’assegno, compilato da soggetto diverso del titolare del conto corrente o del potere di firma e potendo essere l’assegno commercializzato, dopo il suo riempimento, solo dal titolare del conto corrente, dovendosi, quindi escludere la possibilità di configurare, nella fattispecie, il meno grave reato di appropriazione di cose smarrite di cui all’art. 647 c.p.. Perchè possa configurarsi tale ultimo diverso reato infatti è necessario che la cosa sia uscita definitivamente dalla sfera di disponibilità del legittimo possessore e che questi non sia in grado di ripristinare su di essa il primitivo potere e poichè è sicuramente e agevolmente possibile risalire, sulla base delle annotazioni contenute nell’assegno, al titolare del conto, chi se ne impossessa illegittimamente commette il reato di furto o quello di ricettazione. (Sez. 6, Sentenza n. 8328 del 04/07/1996 Ud. (dep. 05/09/1996) Rv. 206545; Sez. 2, Sentenza n. 11034 del 16/06/1999 Ud. (dep. 28/09/1999) Rv. 214359, Sez. 2, Sentenza n. 8109 del 26/04/2000 Ud. (dep. 08/07/2000) Rv. 216589).

6) Va disattesa anche l’eccezione di prescrizione con riferimento sia al reato di ricettazione che a quello di truffa.

In primo luogo, si deve osservare che nella presente fattispecie, decisa con sentenza del 8.1.2007, si applicano – L. 5 dicembre 2005, n. 251, ex art. 10, comma 3, modificato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 393 del 23/11/2006 – le nuove regole sulla prescrizione.

Pertanto, con riferimento a tali nuove regole sulla prescrizione, il delitto di truffa si prescrive in sette anni e sei mesi e quello di ricettazione in 10 anni. Avendo il reato di ricettazione carattere istantaneo, per individuare il momento consumativo, bisogna risalire a quello in cui è stato commesso il fatto tipico descritto dalla norma, cioè nel momento in cui l’agente ottiene il possesso della cosa,e non in quello in cui tale fatto venne accertato in relazione all’eventuale effetto permanente del reato. (Sez. 2, Sentenza n. 19644 del 08/04/2008 Ud. (dep. 16/05/2008) Rv. 240406; Sez, 1, Sentenza n. 1638 del 23/05/1985 Cc. (dep. 22/06/1985) Rv. 169865;

Sez. 2, Sentenza n. 2672 del 24/05/1994 Cc. (dep. 17/06/1994) Rv.

198158).

Ai fini della individuazione del "dies a quo" occorre far riferimento, quindi,in mancanza di elementi che possano indurre ad una diversa valutazione, all’epoca dello smarrimento dell’assegno, avvenuto il (OMISSIS). Il termine decennale di prescrizione non risulta ancora decorso, con riferimento al reato di ricettazione anche senza computare eventuali termini di sospensione.

Con riferimento al delitto di truffa, il reato non si era prescritto quando è stata pronunziata la sentenza impugnata (20.3.2010), data alla quale bisogna fare riferimento essendo stato dichiarata l’inammissibilità del ricorso. Inammissibilità che non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. maturate, nel caso di specie, successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso. (Si veda fra le tante: Sez. 4, Sentenza n. 18641 del 20/01/2004 Ud. – dep. 22/04/2004 – Rv. 228349).

Sul punto questa Suprema Corte ha più volte affermato il principio che l’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione, (Sez. U, Sentenza n. 23428 del 22/03/2005 Ud. – dep. 22/06/2005 – Rv. 231164; Sez. U, Sentenza n. 19601 del 28/02/2008 Ud.

– dep. 15/05/2008 – Rv. 239400).

Il reato di truffa risulta commesso in data (OMISSIS); nel caso in esame la durata della prescrizione era stabilita, come già evidenziato a norma del combinato disposto dell’art. 157 c.p., comma 1, n. 4, art. 158 c.p., comma 1 e art. 160 c.p., in anni sette e mesi sei decorrenti dal 7.11.2002 e la prescrizione, considerando due sospensioni maturate in primo grado dal 27/2/2006 al 22/5/2006 (gg.

84) e dal 22/5/2006 al 3/7/2006 è maturata successivamente alla sentenza di appello.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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