T.A.R. Campania Salerno Sez. I, Sent., 03-03-2011, n. 398 Vincoli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 16 gennaio 2006, depositato il 9 febbraio successivo, il signor C.R. ha impugnato gli atti indicati in epigrafe coi quali l’Amministrazione intimata, a norma degli artt. 10, 13 e 15 del D.Lgs. n. 42/2004, ha dichiarato d’interesse particolarmente importante ed ha sottoposto al relativo regime di tutela l’immobile di sua proprietà nel Comune di Positano identificato nel N.C.E.U. alla partic. n. 711 del foglio n. 5.

Vengono dedotti i seguenti motivi di gravame:

1) violazione degli artt. 10, 13 e 15 del D.Lgs. 22/1/2004 n. 42 in relazione agli artt. 45, 46 e 47 del medesimo testo normativo, dell’art. 3 della legge 7/8/1990 n. 241 ed eccesso di potere, assumendosi la carenza di motivazione e d’istruttoria e l’illogicità degli atti impugnati, nonché l’erroneità dei presupposti posti a fondamento degli stessi;

2) violazione degli artt. 10, 13 e 15 del D.Lgs. 22/1/2004 n. 42 in relazione agli artt. 45, 46 e 47 del medesimo testo normativo, dell’art. 3 della legge 7/8/1990 n. 241 ed eccesso di potere, sostenendosi che alcun elemento nuovo sarebbe sopravvenuto alle indagini geoarcheologiche del 1988 effettuate nella medesima area che diedero luogo a provvedimenti analoghi a quello impugnato;

3) violazione degli artt. 13, 14 e 15 del D.Lgs. 22/1/2004 n. 42 in relazione agli artt. 45, 46 e 47 del medesimo testo normativo, dell’art. 3 della legge 7/8/1990 n. 241 ed eccesso di potere, rilevandosi che illogicamente un’unità immobiliare della medesima area (part. n. 610) è stata sottoposta al vincolo solo limitatamente all’area di sedime ed altre unità immobiliari contigue non sono state vincolate.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio il 14 febbraio 2006, ha depositato documenti ed ha controdedotto chiedendo il rigetto del ricorso per infondatezza con la memoria depositata il 14 ottobre 2010.

Il ricorrente ha depositato memoria il 18 ottobre 2010.

Nell’odierna udienza il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione

Come è stato esposto in narrativa, il ricorrente R.C. contesta gli atti dell’Amministrazione intimata con i quali l’unità immobiliare di sua proprietà nel Comune di Positano è stata dichiarata d’interesse particolarmente importante e sottoposta al relativo regime di tutela a norma degli artt. 10, 13 e 15 del D.Lgs. n. 42/2004.

Il provvedimento impugnato è stato adottato sulla base d’indagini geoarcheologiche in estensione a precedenti vincoli emessi nel 1988 a seguito di scoperta dell’esistenza nell’area d’interesse di una villa romana presumibilmente databile tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio dell’età imperiale distrutta dall’eruzione vesuviana del 79 d.C.

Preliminarmente si rileva che l’atto lesivo dell’interesse del ricorrente è il provvedimento emesso dal Direttore Regionale di Napoli per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania, e si osserva che gli artt. 13 e 16 del codice del processo amministrativo di recente emanazione ( D.Lgs. n. 104/2010) stabiliscono che la competenza territoriale – che s’individua sulla base del luogo in cui ha sede l’Autorità emanante – è inderogabile e rilevabile d’ufficio, conseguendone che, avendo l’Autorità emanante sede in Napoli, competente per territorio sarebbe il TAR di Napoli.

Tuttavia, nel caso in esame, questo Tribunale ritiene sussistente la propria competenza in base al principio espresso dall’art. 5 del c.p.c. secondo cui il momento determinate la competenza è quello della proposizione della domanda giudiziale, considerandosi anche che, in forza dell’art. 39 del codice del processo amministrativo, le norme del codice di procedura civile sono applicabili in quanto compatibili o, come nella fattispecie, siano espressione di principi generali.

Nel merito, per la soluzione della controversia è necessario richiamare gli orientamenti giurisprudenziali affermatisi in materia e seguiti, peraltro, da questo Tribunale in fattispecie analoghe riguardanti proprio l’area (partic. n. 870) in cui è ubicata l’unità immobiliare del ricorrente (decisioni n. 927 del 22/8/2007 e n. 1282 del 2/4/2009 della Sezione 2°).

In materia la giurisprudenza ha affermato che presupposto indefettibile per l’imposizione del vincolo è l’effettiva esistenza dei beni da tutelare, con la conseguenza che il provvedimento deve considerarsi illegittimo ove non si dimostri che nella zona vincolata esistano beni archeologici suscettibili di protezione. Il vincolo, infatti, incide sul diritto di proprietà e, al fine di evitarne un’inutile limitazione, risulta indispensabile l’acquisita certezza ovvero la consistente e notevole probabilità dell’esistenza delle cose oggetto di tutela, indipendentemente dalla circostanza che le stesse siano o meno portate alla luce (Cfr., ex multis, Cons.Stato- Sez. VI – 4112002 n. 5997; id. 2792005 n. 5069; TAR Campania – NA – Sez. VII – 2952006 n. 6209). Ed è stato precisato che la circostanza che i reperti archeologici siano ancora interrati risulta ininfluente, risultando sufficiente che il complesso indagato risulti adeguatamente definito e che il vincolo archeologico appaia adeguato alla finalità di pubblico interesse al quale è preordinato (Cfr. sent. n. 5997/2002 citata).

Viene, dunque, sostenuta la legittimità del vincolo anche nell’ipotesi di consistente probabilità d’esistenza dei beni suscettibili di protezione, prefigurandosi tale ipotesi come peculiare fattispecie di presunzione (Cfr. Cons.Stato – Sez. VI – sent.. n. 5069/2005 citata) con la precisazione che non deve trattarsi di mera presunzione, ma di giustificata notevole probabilità d’esistenza dei reperti.

Viene al riguardo sottolineato che, ove mai si ammettesse la possibilità di adottare la misura vincolistica in base ad una presunzione mera, sfornita di adeguato supporto probatorio, il relativo provvedimento finirebbe con l’assumere la fisionomia di misura di salvaguardia non prevista dalla legge.

Altro principio di consolidata acquisizione giurisprudenziale (Cfr. Cons. Stato, sentt. 5997/2002 e 5069/2005; TAR Campania – NA – Sez. VII – sent. n. 6209 citata e TAR Lazio – Roma – Sez. II – 3102005 n. 7649) è quello secondo cui il vincolo può essere esteso ad intere aree in cui siano disseminati i ruderi archeologici, chiarendosi che è necessario che questi costituiscano un complesso unitario ed inscindibile tale da rendere indispensabile il sacrificio totale degli interessi dei proprietari e, dunque, in mancanza di possibilità d’adozione di soluzioni meno radicali ed, in ogni caso, in esclusione di un’imposizione sproporzionata rispetto alla finalità di pubblico interesse perseguita.

Tale ultimo canone, invero, evidenzia l’operatività di ulteriori limiti tipici dell’attività amministrativa che di questa rappresentano i principi regolatori, e cioè la ragionevolezza e la proporzionalità.

Il principio di ragionevolezza esprime il criterio secondo cui la P.A. è tenuta a bilanciare gli interessi compresenti nel procedimento in maniera plausibile e giustificabile e riguarda la regola del bilanciamento qualitativo degli interessi.

Il principio di proporzionalità attiene alla scelta della soluzione adeguata alla cura dell’interesse pubblico con il minor sacrificio degli altri interessi compresenti, sicchè i suoi elementi sono l’idoneità dell’attività amministrativa (che esprime il rapporto tra mezzo impiegato e fine perseguito), la doverosità della conformità dell’attività medesima alla regola del mezzo più mite e l’adeguatezza dell’azione complessiva alla pluralità degli interessi coinvolti. Esso, dunque, è riferibile al bilanciamento quantitativo degli interessi.

Richiamati gli orientamenti giurisprudenziali dai quali questo Tribunale non ha ragioni per discostarsi, può passarsi all’esame della fattispecie per cui si controverte.

Premesso che il vincolo contestato costituisce, come innanzi è stato chiarito, estensione di quelli imposti nell’area nel 1988, si deve rilevare che: a) non è posta in dubbio da parte ricorrente l’importante interesse storicoarcheologico della "villa marittima romana di Positano" scoperta nell’area d’interesse in occasione di ricerca del lapillo a fini edili, della quale pezzi di colonne e mosaici si rinvennero nel 1758 presso il campanile della Chiesa Madre; b) come si evince dal provvedimento impugnato e come risulta dall’atto di comunicazione dell’avvio del procedimento, l’estensione dell’imposizione dei vincoli del 1988 deriva da indagini condotte di recente che hanno accertato l’esistenza di alcuni ambienti della menzionata Villa Marittima con conseguente estensione dell’area indiziata.

E, dunque, i dati appena esposti, alla luce degli orientamenti giurisprudenziali in precedenza richiamati, consentono di osservare che – vera restando l’affermazione della ricorrente secondo cui dalle più recenti indagini non risulta alcun rinvenimento nella precipua particella in cui è ubicata l’unità immobiliare per cui si controverte – è decisivamente rilevante per l’estensione del vincolo la presunzione qualificata, che come innanzi si è chiarito è condizione sufficiente per l’imposizione del vincolo, dell’esistenza di reperti nei luoghi appena circostanti l’immobile di proprietà del ricorrente. E la qualificazione della presunzione è data dalla vicinanza della particella identificativa dell’immobile dai luoghi di accertata esistenza dei reperti archeologici (decine di metri), a nulla potendo rilevare, evidentemente, la diversità di quota tra la proprietà del ricorrente ed i detti luoghi pure accennata nel ricorso.

Ne deriva che l’azione amministrativa in questione appare esente dalle censure, dedotte col primo e secondo motivo di gravame, di erroneità dei presupposti, d’illogicità e di carenza istruttoria e di motivazione, tenuto conto per questi ultimi profili delle indagini esperite e della relazione esplicativa allegata al provvedimento impugnato.

Non sussiste, poi, la disparità di valutazione della fattispecie riguardante il ricorrente rispetto ad altra per la quale il vincolo è stato limitato alla parte dell’edificio in diretto collegamento col suolo (come del resto deciso da questo Tribunale in varie fattispecie), posto che il ricorrente non precisa se la sua unità immobiliare comprende la costruzione di più piani e soprattutto non fornisce al riguardo, come invece è avvenuto nelle fattispecie positivamente valutate in parte qua, alcuna relazione tecnica o prova documentale; ed è inammissibile la censura, pure prospettata, di mancata imposizione del vincolo ad altre unità immobiliari vicine a quella del ricorrente, atteso che, stante l’affermata legittimità del vincolo imposto alla proprietà del ricorrente, questi nessuna utilità conseguirebbe dall’eventuale illegittimità della mancanza d’imposizione di vincoli ad altre proprietà.

L’ultimo motivo di gravame è, conseguentemente, in parte infondato ed in parte inammissibile per carenza d’interesse.

In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso è in parte infondato e va, in parte qua, respinto ed in parte è inammissibile per difetto d’interesse a ricorrere.

La peculiarità della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti costituite delle spese del giudizio.
P.Q.M.

respinge in parte ed in parte dichiara inammissibile il ricorso indicato in epigrafe, proposto da C.R..

Dispone la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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