T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 03-03-2011, n. 1982 Procedimento e provvedimento disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con il ricorso in esame il Signor M.M. ha impugnato il provvedimento del 16 marzo 2004 con il quale egli veniva sanzionato con la perdita del grado di appuntato della Guardia di finanza ed era posto a disposizione del distretto militare competente come soldato semplice perché accusato di aver preteso dal titolare di un esercizio commerciale sottoposto a controllo la consegna indebita di un apparato stereo senza il pagamento del relativo corrispettivo.

E’ avvenuto che nei confronti dell’odierno ricorrente sia stato instaurato un procedimento da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ariano Irpino relativamente ai fatti suindicati e svoltisi quando il militare era in servizio presso il Comando Tenenza di Ariano Irpino. La vicenda giudiziaria veniva definita con sentenza della Corte di cassazione penale 10 luglio 2003 n. 1103 che rigettava il ricorso proposto dall’odierno ricorrente nei confronti della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d’Appello di Napoli che riconosceva la responsabilità del militare condannandolo alla pena di due anni di reclusione ed alla interdizione dai pubblici uffici per un periodo pari alla durata della pena inflitta. Da qui, all’esito del giudizio penale, si avviava la procedura interna con contestazione degli addebiti che si concludeva con l’adozione del provvedimento sanzionatorio qui gravato, dal ricorrente, perché asseritamente illegittimo in quanto affetto da eccesso di potere e sproporzionalità per l’entità della sanzione inflitta.

2. – Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata contestando analiticamente le avverse prospettazioni e chiedendo la reiezione del gravame.

Con l’ordinanza n. 4348 del 2004 questo Tribunale ha respinto l’istanza cautelare avanzata dal ricorrente.

Alla udienza del 17 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

3. – Ad avviso del Collegio la lettura della documentazione prodotta dalle parti permette di evidenziare la correttezza del percorso svolto dall’Amministrazione e che ha condotto alla decisione disciplinare qui impugnata, emergendo dunque l’infondatezza delle censure dedotte dal ricorrente.

4. – Preliminarmente la Sezione deve ricordare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione per discostarsi, nel procedimento disciplinare nei confronti dei pubblici dipendenti (ivi compreso il personale militare), l’Amministrazione è titolare di un’ampia discrezionalità in ordine alla valutazione dei fatti addebitati al dipendente, circa il convincimento sulla gravità delle infrazioni addebitate e sulla conseguente sanzione da infliggere: ciò in considerazione degli interessi pubblici che devono essere attraverso tale procedimento tutelati. A ciò consegue che il provvedimento disciplinare sfugge al sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo, non potendo in nessun caso quest’ultimo sostituire le proprie valutazione a quelle operate dall’Amministrazione, salvo che le valutazioni siano inficiate da travisamento dei fatti ovvero il convincimento non risulti formato sulla base di un processo logico e coerente (cfr., ex pluribus, Cons. Stato, Sez. VI, 14 febbraio 2008 n. 512, Sez. IV, 21 agosto 2006 n. 4841, 30 giugno 2005 n. 3544 e 16 gennaio 1990 n. 21) ovvero sia inficiato da palese irrazionalità (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 30 gennaio 2005 n. 3544).

In punto di fatto, conviene ricordare che il comportamento ascrivibile alla figura criminosa di peculato riferibile alle circostanze che hanno visto coinvolto l’odierno ricorrente è stato accertato per verificatosi sia dalla Corte d’Appello di Torino sia dalla Corte di Cassazione, tanto che il suddetto militare è stato condannato in via definitiva alla pena di anni due di reclusione oltre alla interdizione dai pubblici uffici per lo stesso periodo.

In dipendenza di ciò e dinanzi alla indubitabilità della gravità del comportamento tenuto e della inconfutabile responsabilità del militare, il Comandante Generale della Guardia di finanza ha disposto la perdita del grado per rimozione, avendo ritenuto che il finanziere, con il suo comportamento, aveva denotato la carenza delle qualità morali e di carattere ed era venuto meno ai doveri di lealtà e correttezza assunti con il giuramento, ponendosi altresì in contrasto con le finalità istituzionali del Corpo.

In punto di diritto, si deve ribadire (oltre a quanto già sopra accennato) che, come ripetutamente affermato in giurisprudenza (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 25 maggio 2005 n. 2705, 15 maggio 2003 n. 2624, 30 ottobre 2001 n. 5868, 12 aprile 2001 n. 2259 e 31 luglio 2000 n. 3647), la valutazione della gravità di un comportamento ai fini disciplinari e della proporzione tra la sanzione disciplinare irrogata e la gravità dei fatti contestati, costituisce manifestazione del discrezionale apprezzamento dell’amministrazione, suscettibile di sindacato di legittimità solo per macroscopici vizi logici che nella specie non sussistono.

5. – Orbene, venendo al caso di specie, il comportamento sussumibile nell’alveo della figura criminosa della concussione costituisce sicuramente un severo indice della gravità del comportamento del militare, tanto più grave per un militare della Guardia di finanza il cui compito è di contrastare reati contro la Pubblica amministrazione.

La circostanza dalla quale il ricorrente fa discendere il vizio di eccesso di potere per inadeguatezza dell’istruttoria svolta dall’Amministrazione di appartenenza, e cioè che egli avrebbe comunque corrisposto il prezzo di costo dell’apparato stereo al commerciante, seppur successivamente a causa dell’impossibilità di raggiungere il negozio per motivi personali, non appare dequotare la responsabilità ascrivibile al comportamento all’epoca assunto dall’odierno ricorrente nonché il titolo di gravità della stessa, tenuto conto che tali affermazioni a discarico costituiscono elementi di condotta successivi al fatto che, seppur parzialmente documentati, non spostano l’asse della responsabilità del militare né la gravità del fatto.

D’altronde le ulteriori circostanze di fatto evidenziate nel ricorso (cfr., in particolare, pag. 4) e che l’Amministrazione avrebbe erroneamente non considerato nel corso dell’istruttoria svolta durante il procedimento disciplinare a carico del Signor M., vale a dire il profilo legato al modico valore dell’impianto e l’assenza di una denuncia da parte del commerciante concusso che si sarebbe limitato "soltanto a lamentarsi presso terzi del comportamento tenuto dal sig. M." (cfr. pag. 5 del ricorso introduttivo), non sono idonee a far emergere l’inadeguatezza del percorso procedimentale posto in essere dall’Amministrazione, tenuto conto che si palesano come mere giustificazioni comportamentali di contorno ad una vicenda che non ha destato dubbi sulla portata delle azioni svolte dal Signor M. né in sede penale né in sede disciplinare.

6. – Il sostenere poi, ad ulteriore tentativo di discolpa, che "se realmente il ricorrente avesse voluto porre in essere la condotta allo stesso ascritta, egli non si sarebbe sicuramente limitato a pretendere la consegna di un bene di valore alquanto esiguo (300.000 delle vecchie lire)!" (così, testualmente, a pag. 5 del ricorso introduttivo), non rappresenta elemento di giustificazione alcuno né può essere preso in considerazione ad alcun fine nel presento giudizio.

Non pare superfluo rammentare come il sindacato di legittimità sul giudizio operato dall’Amministrazione militare deve, coerentemente, essere calibrato sui compiti specifici che questa attende (nella specie fra i compiti d’istituto della Guardia di finanza vi rientra l’azione di contrasto ai reati contro la Pubblica amministrazione) e sulle attività istituzionali ad essa commesse (di rilievo quelle di polizia giudiziaria ordinaria e militare), senza invadere gli apprezzamenti di natura tecnico discrezionale a questo sottesi.

In altri termini, posto che il giudizio di tenuità di una sanzione disciplinare è direttamente correlato alla qualità dell’interessato, non può essere connotato da "tenuità" il comportamento di un appuntato della Guardia di finanza, istituzionalmente preposto alla repressione dei reati contro la Pubblica amministrazione il quale, in contrasto con i doveri di lealtà e correttezza assunti con il giuramento, pretenda la dazione di un bene da un commerciante senza corrispondere il relativo prezzo all’atto dell’acquisto.

7. – Quanto all’asserita sproporzione tra fatto contestato e sanzione inflitta, va ricordata la pacifica giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Ad.pl. 26 giugno 2000 n. 15) secondo la quale anche questo aspetto rientra nella sfera di apprezzamento discrezionale dell’amministrazione.

Né vale il richiamo al comportamento tenuto dall’interessato (e sopra sinteticamente descritto) dopo il verificarsi dei fatti, che avrebbe effettuato seppur tardivamente il pagamento, quando "lo stesso commerciante ritenne che lo stesso ricorrente non intendeva più versare la somma" (cfr., ancora pag. 5 del ricorso introduttivo), essendo facile replicare in proposito che la verifica della legittimità di una sanzione deve essere condotta con riferimento alla situazione di diritto e di fatto esistente al momento dei fatti per come dimostrati nel loro verificarsi (tanto che siffatto comportamento asseribilmente riferibile ad un "ravvedimento operoso" non sposta la gravità dell’episodio dal punto di vista disciplinare, semmai la pena irrogabile in sede di giudizio penale). Il successivo corretto comportamento del militare non può, quindi, essere invocato per ritenere illegittimo un provvedimento emanato in dipendenza di un comportamento tenuto in un momento storico anteriore e con riferimento alla valutazione che di tale comportamento l’Autorità competente ha fatto. Detto comportamento può, eventualmente, costituire oggetto di valutazione da parte dell’autorità competente ove ritenga, nel suo insindacabile apprezzamento, di dover riesaminare la situazione e, quindi, la sanzione irrogata. Ma ciò non costituisce territorio decisionale del giudice amministrativo.

8. – In ragione delle suesposte osservazioni, stante la acclarata infondatezza delle censure dedotte nel ricorso, quest’ultimo non può che essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi Euro 2.000,00 (euro duemila/00) come da dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge.

Condanna il Signor M.M. a rifondere le spese di giudizio in favore del Ministero dell’economia e delle finanzeComando generale della Guardia di finanza, in persona del Ministro pro tempore, che liquida in complessivi Euro 2.000,00 (euro duemila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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