Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-05-2011, n. 10135 Prelazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. F.U., coltivatore e proprietario di un fondo confinante con quello oggetto di vendita – da parte dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero, a D.P.V. e T. E. – vedeva accolta l’azione di riscatto agrario, con sentenza del Tribunale di Treviso, confermata dalla Corte di appello di Venezia (sentenza 22 ottobre 2008).

D.P. e T. hanno proposto ricorso per cassazione avverso quest’ultima decisione, con due motivi, corredati da quesiti e illustrati da memoria.

Ha resistito con controricorso il F..

2. La decisione impugnata ha riconosciuto il diritto al riscatto ritenendo provata la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge.

In particolare, per quel che ancora rileva rispetto ai motivi di ricorso proposti, sulla base della ctu (espletata in appello nel contraddittorio delle parti, che avevano partecipato ai lavori con propri consulenti e avevano proposto osservazioni alle quali il consulente d’ufficio aveva dato risposta), ha valutato:

– confinanti i due fondi, esistendo tra gli stessi un canale di scolo, in parte "tombinato per il passaggio". Così facendo proprie le contrededuzioni del perito rispetto alle osservazioni del tecnico di parte, secondo cui avrebbe potuto ipotizzarsi la raccolta di scarichi civili;

– sussistente la capacità lavorativa richiesta al retraente e, rispetto ai fondi di proprietà del retraente, accertata la mancanza di fondi diversi da quelli menzionati ed esaminati nel giudizio.

Quindi, ha valutato generica l’ipotesi della proprietà di altri terreni al di fuori del Comune di Preganziol, oltre che tardiva, perchè effettuata solo nella seconda memoria di replica alla conclusionale.

3. Deducendo la violazione delle stesse norme di legge ( L. n. 590 del 1965, artt. 8 e 31 e della L. n. 817 del 1971, art. 7, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3) e vizi motivazionali, con i due motivi di ricorso, la sentenza impugnata è censurata:

– con riferimento all’esistenza del confine, per aver considerato, sulla base della consulenza, la situazione dei luoghi al momento dell’accertamento peritale e non a quella del rogito (primo);

– con riferimento all’esistenza della capacità lavorativa, per non aver, sulla base della ctu, considerato un bene di proprietà del F. sito a (OMISSIS) (secondo).

4. Il collegio ha deciso di adottare una motivazione semplificata. Il ricorso è inammissibile.

Entrambi i motivi sono generici. Nel primo, la genericità non consente di apprezzare la decisività della critica rispetto all’esito del giudizio. Nel secondo, laddove la censura diventa specifica per una circostanza, manca di decisività.

Quanto al primo motivo, infatti, le censure in ordine allo stato del confine al momento dell’accertamento tecnico, piuttosto che al momento del rogito, sono generiche, non essendo neanche ipotizzata quale sarebbe stata la situazione pregressa. Questa considerazione, a prescindere della novità del rilievo di tale circostanza di fatto, obiettata nel controricorso, non consente di valutare la decisività dell’argomento rispetto all’esito del giudizio.

Rispetto al secondo motivo, manca proprio la decisività della censura ai fini della decisione della controversia. Secondo la parte esplicativa del motivo, nell’unico profilo in cui è specifico, non sarebbe stato valutato, ai fini della capacità lavorativa, un fondo, esteso circa ha 0.50.00, in (OMISSIS). L’estensione del suddetto terreno è talmente bassa da fa ritenere mancante il requisito della decisività del fatto controverso rispetto alla decisione della controversia. Deve considerarsi, infatti, che, per la sussistenza del requisito della capacità lavorativa, è sufficiente che la superficie complessiva dei fondi di proprietà, compreso quello oggetto di retratto, non superi il triplo di quella corrispondente alla capacità lavorativa della azienda familiare del riscattante. Può così prescindersi dalle valutazioni del giudice in ordine alla novità della eccezione sull’esistenza di altri terreni da valutare, oltre che da quanto sostiene – rimandando a documenti prodotti in giudizio (certificazione della Conservatoria) – il controricorrente, secondo il quale il terreno in (OMISSIS) del F. sarebbe stato venduto molti anni prima.

Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso; condanna D.P.V. e T.E. al pagamento, in favore di F.U., delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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