Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-02-2011) 08-03-2011, n. 9019 Contumacia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione P.C. avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 17 settembre 2010 con la quale è stata confermata quella di primo grado (emessa il 27 febbraio 2006), affermativa della sua responsabilità in ordine al reato di furto di alcune bottiglie di liquore, esposte su scaffali, con danno per supermercato Esselunga pari a Euro 58,75, fatto risalente all'(OMISSIS).

Il P. aveva riposto le bottiglie in un borsone e quindi, superate le casse, era stato sottoposto a controllo da un addetto alla vigilanza e bloccato con la refurtiva.

Deduce:

1) la nullità del processo di primo grado e degli atti seguenti, non essendo stato regolarmente citato in giudizio. Era accaduto che per l’udienza del 19 dicembre 2005 egli aveva ricevuto regolare notifica ma non si era presentato, pur senza dedurre alcun impedimento. Era mancata, tuttavia, la dichiarazione di contumacia ed il disposto rinvio ad una udienza successiva avrebbe dovuto essere comunicato ad esso ricorrente, assente e non rappresentato dal difensore per la omessa declaratoria di contumacia;

2) la improcedibilità del reato per rilascio di invalida querela.

La querelante, infatti, risultava investita da una procura che, essendo preventiva rispetto alla commissione del reato in esame, non poteva contenere la specifica indicazione del fatto e del processo da attivare con la detta condizione di procedibilità;

3) la erronea qualificazione del fatto. Il reato commesso, essendo caduto, durante la sua esecuzione, sotto la percezione dell’incaricato della sorveglianza, non poteva dirsi consumato ma soltanto tentato perchè la res non era mai uscita dalla sfera di vigilanza dell’offeso (Cass. sent. n. 3642 del 1999, Imbrogno; Cass. n. 11947 del 1992);

4) l’erroneo diniego della attenuante del valore lieve.

Il ricorso è fondato nei termini che si indicheranno.

Il primo motivo è invero destituito di fondamento.

All’Imputato, se dichiarato contumace, non spetta, in caso di rinvio della udienza per lo svolgimento di attività processuale, il rinnovo della citazione atteso che non si versa nella ipotesi dell’apprezzamento di assenza per un legittimo impedimento e, ai fini della conoscenza della data della nuova udienza, l’imputato è comunque rappresentato dal difensore (vedi, in argomento, SSUU Rv.

232905).

Il fatto che nella specie non sia stata formalmente dichiarata la contumacia non esclude, d’altra parte, la operatività della stessa regola per la peculiarità della fattispecie concreta.

Occorre dare atto preliminarmente che, sul tema, la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato necessità di una particolare cautela, segnalando che in caso di mancata comparizione all’udienza dell’imputato che non abbia allegato alcun legittimo impedimento, qualora il giudice ometta di verificare i presupposti atti a legittimarne la dichiarazione di contumacia e si limiti ad annotare nel verbale di udienza che l’imputato è "libero assente", ha luogo un’anomalia tale da non consentire di stabilire se si tratti di mancata presenza dovuta a oggettiva impossibilità di comparire o di volontaria sottrazione al contraddittorio, con la conseguenza che tale incertezza non può che risolversi in senso favorevole all’imputato non comparso e non dichiarato ritualmente contumace. Ne consegue che, in tale ipotesi, il rinvio conseguente all’impedimento accertato del difensore implica necessariamente la nuova citazione non solo del difensore fiduciario impedito, ma anche dell’imputato assente (Rv. 244170; Rv. 234549; Rv. 243733; Rv. 243260; Rv. 216494).

Tuttavia, come anticipato, il caso di specie non si inquadra nel consolidato principio appena richiamato.

Infatti è bene ribadire che gli artt. 420 bis e 420 ter c.p.p. agganciano la previsione del rinnovo dell’avviso di udienza, già notificato regolarmente all’imputato, soltanto alle ipotesi in cui lo stesso sia assente a causa di una probabile non conoscenza – incolpevole – della citazione o a causa di una assoluta impossibilità di comparire, sia che tale evenienza risulti in termini di certezza sia che risulti anche soltanto in termini di probabilità (commi 1 e 2).

Invece alla mera assenza ingiustificata, che presenti cioè in fatto tutti i requisiti della contumacia, per quanto tale status non sia formalmente dichiarato ma possa dirsi di fatto apprezzato dal giudice procedente, non consegue per l’imputato il diritto di ricevere l’avviso della udienza di rinvio perchè, appunto, difettano i requisiti per il rinnovo della citazione di cui sopra, che comunque devono ritenersi valutati dal giudice.

Infatti, la giurisprudenza di legittimità – correttamente citata nella sentenza impugnata – ha anche rilevato che l’omessa formale dichiarazione di contumacia, di per sè sola, non può ritenersi causa di nullità della sentenza, non comportando alcun effetto pregiudizievole ai fini dell’intervento e dell’assistenza dell’imputato e non essendo tale sanzione prevista dall’ordinamento processuale, ma conseguendo, al sostanziale apprezzamento dei requisiti previsti dalla legge, la instaurazione ex lege del giudizio contumaciale, anche a prescindere da una formale dichiarazione di contumacia (Rv. 231096).

E nel caso di specie, la reale natura della assenza dell’imputato risulta valutata dal giudice del merito posto che, come rilevato dalla Corte di appello e non contestato nel ricorso, si è concretizzata addirittura una ipotesi di tacito consenso dell’imputato alla trattazione del processo in sua assenza, con la conseguenza che egli era rappresentato dal difensore. Egli quindi, dovendosi in tal senso considerare presente perchè rappresentato, ha beneficiato della lettura della ordinanza dispositiva del rinvio, fatta alla presenza del difensore.

Invero è accaduto che, assente l’imputato, il difensore presente – il quale, peraltro, nulla ha segnalato riguardo alla regolarità della vocatio in iudicium del suo assistito-ha invece esibito una procura speciale da quello rilasciatagli per quella udienza, al fine di richiedere il rito abbreviato, richiesta che ha determinato il rinvio per la acquisizione degli atti necessari.

Lo stesso ricorrente, nel ricorso sottoscritto personalmente, afferma di essere stato regolarmente citato a giudizio e non sostiene affatto che difettassero le condizioni per la declaratoria di contumacia, solo denunciando che tale status non è stato anche formalmente proclamato dal giudice.

Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Invero la giurisprudenza di questa Corte ha posto in evidenza che in tema di querela, è consentito a norma dell’art. 37 disp. att. c.p.p. che la procura speciale possa essere rilasciata dall’amministratore delegato di una società in via preventiva per la eventualità in cui si verifichino i presupposti per il compimento dell’atto al quale la procura si riferisce (Rv. 237594).

Ed è stata perciò ritenuta rituale la querela presentata dal procuratore di una società che gestisce una catena di supermercati in forza di una procura speciale rilasciatagli per l’eventualità che nei singoli esercizi vengano perpetrati dei furti, trattandosi di procura speciale rilasciata in via preventiva in conformità a quanto previsto dall’art. 37 disp. att. c.p.p. (Rv. 241017).

Nella specie, risulta che la procura era stata rilasciata per il perseguimento dei reati contro il patrimonio ai danni dell’ente conferente la procura stessa e dunque non era carente del necessario tasso di specificità.

Il terzo motivo è infondato.

Una parte della giurisprudenza di questa Corte sostiene il principio di diritto cui ha fatte riferimento il ricorrente.

Ha sostenuto cioè che in tema di furto, fermo restando che il prelevamento della merce dai banchi di vendita dei grandi magazzini a sistema "self service" e l’allontanamento senza pagare realizzano il reato di furto, deve ritenersi che quando l’avente diritto o persona da lui incaricata sorvegli le fasi dell’azione furtiva, sì da poterla interrompere in ogni momento, il delitto non è consumato neanche con l’occultamento della cosa sulla persona del colpevole.

Ciò perchè la cosa non è ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto dell’offeso (Rv. 213315; Rv. 247410).

Nel caso di specie, tuttavia, pur avendo il giudice assegnato valore decisivo al dato del superamento delle casse, da parte del ricorrente che occultava la merce, non risulta dal medesimo attestato nè viene dedotto dallo stesso ricorrente come circostanza positivamente emersa, che al momento dell’occultamento della merce da parte sua fosse in atto un servizio di sorveglianza capace di interrompere in ogni momento l’azione furtiva.

Il giudice, infatti, ha soltanto dato atto della circostanza che un addetto alla sorveglianza ha sottoposto l’imputato a controllo all’uscita dal supermercato e sotto tale profilo il motivo di doglianza risulta per un verso(in relazione cioè a quanto accertato) infondato e, per altro verso (in relazione a quanto dedotto), comunque generico.

Fondato è l’ultimo motivo di ricorso.

Ai fini della concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 è necessario che il danno sia non solo lieve, ma di speciale tenuità, ossia di rilevanza minima, di entità quasi trascurabile, per il danneggiato (Rv. 165497). Il giudice del merito non si è attenuto a tale criterio, che ha come poli della valutazione quello del valore assoluto del bene trafugato e altresì quello della rilevanza del danno per il soggetto passivo, avendo fatto riferimento ad un dato del tutto irrilevante ai fini del decidere quale è quello della incidenza, sul bilancio dei grandi magazzini in generale, del furto della merce esposta sugli scaffali. La valutazione dovrà quindi essere ripetuta alla stregua del detto principio.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla denegata attenuante ex art. 62 c.p., n. 4 con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo esame sul punto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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