T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 03-03-2011, n. 377

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 23.12.2008 e depositato presso la Segreteria della Sezione il 7.1.2009, S. s.r.l. impugna la determinazione 3 novembre 2008 n. 2997/08, con la quale il Dirigente del Settore Pianificazione Territoriale, Programmazione e assetto del territorio della Provincia di Mantova ha rigettato la richiesta di concessione di cavo sui terreni identificati al mappale 43 del fg. 8 del Comune di Marmirolo.

La ricorrente articola le seguenti doglianze: "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 18,22 e 42 della L.R. Lombardia n. 14/1998. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 45 del R.D. n. 1443/1927 e art. 826 c.c.. Violazione della l. n. 241/1990 e dei principi in materia i efficacia, esecutività ed esecutorietà del provvedimento amministrativo. Eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà. Perplessità. Disparità di trattamento. Sviamento di potere. Ingiustizia manifesta".

Non si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Marmirolo.

Si sono costituiti, chiedendo il rigetto del gravame, la Provincia di Mantova e, fra i soggetti controinteressati, C.G.N. s.r.l., e B.C. e F.E., mentre non si sono costituiti gli ulteriori controinteressati B.A., B.D., B.I., B.E., F.E..

Alla Camera di consiglio del 21.1.2009 (ord. n. 73/09) la Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione degli effetti dell’atto impugnato.

A seguito della proposizione di appello da parte dei controinteressati, il Consiglio di Stato (ord. n. 2183/09) ha riformato l’ordinanza di primo grado, ritenendo non presente il periculum in mora (essendo stato impugnato un provvedimento negativo (diniego), in presenza di altra domanda proposta dalla controinteressata, sulla quale l’amministrazione non ha ancora adottato le proprie definitive determinazioni).

In vista della pubblica udienza, le parti costituite hanno depositato documenti nonché memorie illustrative delle rispettive posizioni e di replica alle tesi delle controparti.

Alla pubblica udienza del 12.1.2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione

Con il ricorso all’esame, S. Srl impugna la determinazione 3 novembre 2008 n. 2997/08, con la quale il Dirigente del competente Settore della Provincia di Mantova ha rigettato la richiesta di rilascio di concessione di cava sui terreni identificati al mappale 43 del fg. 8 del Comune di Marmirolo.

In punto di fatto va premesso quanto segue:

– in data 2.3.1995 S. S.r.l., richiedeva all’amministrazione provinciale, ai sensi dell’ art. 24 della allora vigente l.r. n. 18/1982 (sulle attività di cava) il rilascio della concessione per un intervento estrattivo nella cava denominata "Primavera 2" insistente – in comune censuario di Marmirolo – sul mapp. 43 foglio 8 di proprietà di Boschini Dino, Stefano e Alma;

– la Provincia di Mantova assegnava ai proprietari dell’area, titolari del diritto di coltivazione del giacimento, il termine di giorni 180 per presentare domanda di autorizzazione alla coltivazione;

– in data 4.3.1996 Nuove strade Sas, avendo ottenuto il diritto di scavo dai proprietari del terreno (i predetti Boschini), presentava domanda di coltivazione della cava, che veniva autorizzato dall’Amministrazione provinciale con determinazione 29.6.1998 n. 729;

– in data 18.4.2001 S. S.r.l. notificava alla Provincia atto di significazione con il quale, rilevato il mancato avvio dell’attività estrattiva da parte di Nuove Strade Sas, richiedeva all’Amministrazione di pronunciare la decadenza della stessa dall’autorizzazione e il rilascio della concessione alla coltivazione del predetto giacimento ai sensi della l.r. n.14/1998;

– la Provincia, con nota 18.5.2001, riscontrava tale richiesta, rilevando. a) il mutamento della disciplina dell’attività estrattiva a seguito dell’entrata in vigore della l.r. 8.8.1998 n. 14; l’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 22 c. 3 della l.r. n. 14/1998; c) di aver iniziato la procedura, mediante diffida ad iniziare i lavori ex art. 18, c. 2 l.r. n. 14/98, per la dichiarazione di decadenza; d) la necessità che S. srl presentasse una nuova richiesta di concessione ex art. 14 e ss. della l.r. n. 14/98 (doc. n. 6 della Provincia);

– con determinazione 28.5.2001 n. 787 l’Amministrazione provinciale pronunciava la decadenza dell’autorizzazione rilasciata a Nuove Strade Sas;

– a seguito di richiesta di informazioni da parte di S. (con nota del 12.11.2003), la Provincia (doc. n. 8 dell’A.) con la nota in data 18.11.2003, rappresentava che il rilascio della concessione risultava subordinato alla presentazione di integrazioni documentali (specificamente indicate);

– in data 30.1.2004 veniva pubblicata sul BURL la deliberazione 17.12.2003 del Consiglio regionale di approvazione del nuovo piano cave della provincia di Mantova

– in data 31.10.2005 S. S.r.l. presentava richiesta di concessione ex art. 22 l.r. n. 14/98;

– il 9.10.2006, la Provincia richiedeva (doc. n. 11 dell’A.) integrazioni documentali, che venivano depositate in data 2.11.2006 come risultante dalla nota 13.11.2006 della Provincia (doc. n. 7 della ricorrente) con cui si avvisava che era in corso la predisposizione dell’atto concessorio;

– con nota in data 16.2.2007 la Provincia, a seguito della D.G.R. 28.11.2006, chiedeva a S. S.r.l. di attivare, presso la Regione Lombardia, la procedura di verifica di VIA ritenuta necessaria per completare l’iter istruttorio della pratica;

– a seguito di richiesta da parte di S. S.r.l. in data 20.3.2007, la Regione, con nota 19.7.2007, determinava l’esclusione del progetto dalla verifica di VIA regionale (doc.13 dell’A.);

– la Provincia, con nota 16.8.2007, a seguito di presentazione, in data 2.7.2007, da parte di C.G.N. S.r.l. di richiesta di rilascio di autorizzazione alla coltivazione del giacimento denominato Primavera 2 – inviava comunicazione di motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza (doc. n. 14 dell’A.);

– in data 23.8.2007 C.G.N. S.r.l. (doc. n. 15 dell’A.) inviava alla Provincia le proprie deduzioni;

– in data 15.2.2008 C.G.N. S.r.l. notificava alla Provincia di Mantova atto di diffida e messa in mora, esponendo argomentazioni ostative all’accoglimento della domanda di concessione avanzata da S. S.r.l. ed intimando alla medesima amministrazione di accogliere l’istanza di coltivazione presentata dalla stessa (doc. n. 16 dell’A.);

– con atto in data 13.3.2008 la Provincia comunicava a S. S.r.l. di essersi determinata, a seguito delle considerazioni svolte con la diffida di cui sopra, a riaprire e riconsiderare la domanda di autorizzazione presentata da C.G.N. S.r.l. e, considerata la connessione esistente fra i due procedimenti, a rivalutare anche la domanda di concessione presentata da S. S.r.l. (doc. n. 17 dell’A.);

– S. S.r.l.- con atto di diffida e messa in mora 14.5.2008 – intimava all’amministrazione provinciale il rilascio della richiesta concessione di coltivazione (doc. n. 18 dell’A.); atto al quale seguiva la nota 20.6.2008 prot. n. GN 200836674 (doc. n. 19 dell’A.) con cui la Provincia partecipava i motivi ostativi all’accoglimento della domanda di concessione;

– con atto pervenuto il 7.7.2008 (doc. n. 20 dell’A.), S. S.r.l. svolgeva le proprie osservazioni.

con l’impugnato provvedimento 3.11.2008 l’Amministrazione ha negato all’odierna ricorrente il rilascio della concessione.

Il provvedimento si basa sulla seguente motivazione:

" -La decadenza dell’autorizzazione n. 729/1998 all’esercizio dell’attività estrattiva nella cava "Primavera 2" non ha privato i proprietari del diritto di escavazione, non essendo atto di natura ablativa;

la menzionata decadenza è stata disposta nell’ambito del procedimento avviato nel 1995 dalla ditta S. S.r.l. volta al rilascio di concessione all’attività estrattiva sulla medesima cava;

la sopravvenuta L.R. 8/8/1998 n. 14 recante riforma della disciplina della coltivazione di sostanze minerali di cava, ha fatto salve le autorizzazioni e le concessioni rilasciate prima della sua entrata in vigore (art. 42, 4° comma), e ha stabilito che solo "le domande di autorizzazione presentata per la prosecuzione dell’attività a qualsiasi titolo sulle quali la Provincia non si sia pronunziata alla data di esecutività del piano delle case previsto dalla presente legge conservano la loro validità e sono esaminate e decise in conformità alle prescrizioni del nuovo piano" (art. 42, 7° comma L.R. 14/1998);

la disposizione transitoria sopra riferita non si applica alle domande di concessione, sia letteralmente, sia in via sistematica, atteso che il procedimento volto al rilascio della concessione, nella disciplina introdotta dal combinato disposto degli articoli 11 e 22 della L.R. 14/1998, secondo l’interpretazione resa nel parere del Consiglio di Stato, seconda sezione, 25 settembre 2007, non può essere attivato prima che sia trascorso un anno dall’approvazione del progetto di gestione produttiva, attuativo del piano cave, da che la decadenza delle domande di concessione pendenti;

– per quanto sopra esposto e dato atto della genericità delle contestazioni della richiedente, si deve confermare che la domanda è venuta meno per effetto dell’entrata in vigore del nuovo piano delle cave ai sensi dell’art. 42 della L.R.14/1998, sia perché avente ad oggetto una concessione, non un’autorizzazione, sia perché relativa ad una nuova cava, non alla prosecuzione di un’attività;

Quanto alle successive istanze, ribadito che la domanda di concessione non poteva essere considerata validamente presentata in difetto dalla prescritta documentazione tecnica e che l’amministrazione ha reiteratamente rappresentato alla richiedente la necessità di provvedere, sull’asserito completamento di istruttoria in data 2/11/2006, si rileva che la verifica di VIA costituisce un presupposto imprescindibile per l’autorizzazione alla coltivazione, ed è stata imposta dalla D.G.R. n. 8/3667 in data 28/11/2006 della Regione Lombardia, in pendenza dei termini per l’esame della domanda;

in data 16/02/07 con prot. n. GN/200713762 l’Amministrazione richiedeva l’espletamento della procedura relativa alla verifica di assoggettabilità a VIA, può espletata dalla ditta S. S.r.l. in data 19/7/07 prot. n. T1.2007. 0020778 e solo a tale data poteva ritenersi completata la domanda di concessione.

– nel frattempo 2/7/2007 è stata presentata domanda di autorizzazione da parte della ditta cessionaria del diritto di scavo, circostanza, questa, che esclude la proponibilità della domanda di concessione ai sensi dell’articolo 22 della L.R. 14/1998.".

Con l’unico, complesso motivo, i ricorrenti sostengono che:

a) la scadenza del termine assegnato per presentare domanda di coltivazione e la intervenuta decadenza dell’autorizzazione sottrarrebbero la cava alla disponibilità del proprietario, il cui interesse allo sfruttamento non sarebbe più considerato prevalente dalla legge, quale che sia il periodo di tempo trascorso, rimanendo detto soggetto in uno stato di soggezione nei confronti dell’eventuale atto di concessione richiesto da terzi.

b) nella fattispecie, l’intervenuta decadenza dell’autorizzazione rilasciata agli originari titolari del diritto di coltivazione avrebbe imposto all’Amministrazione Provinciale il rilascio della concessione richiesta dalla società ricorrente.

c) fuorviante sarebbe l’affermazione che l’approvazione di un nuovo piano cave abbia determinato il venir meno degli effetti della decadenza nonché il travolgimento della domanda di concessione a suo tempo presentata da S., in tal senso richiamando quanto disposto dell’art. 42, c. 7 della l.r. n. 14/98

d) in ogni caso, S. srl ha presentato (nuova) domanda di concessione in data 31.10.2005, nel vigore del nuovo piano cave e successivamente alla decorrenza dell’anno dall’approvazione del progetto di gestione produttiva.

Il ricorso non risulta fondato.

In via generale va richiamato (cfr. T.A.R. Brescia, sez. I, 4 ottobre 2010 n. 3723) l’inquadramento dell’istituto della concessione di cui all’art. 22 della L.R. 8.8.1998 n. 14.

Tale norma – in sostanziale continuità con quanto disposto dalla risalente legislazione nazionale in tema di miniere e cave ( R.D. 29.7.1927 n. 1443) – prevede che, nel caso in cui il proprietario del giacimento non procede alla coltivazione della cava, l’Amministrazione procede ad assegnare in concessione a terzi lo sfruttamento della stessa.

Tale disciplina discende dalla qualificazione delle cave come beni privati di interesse pubblico, in quanto l’esercizio della cava assolve ad un interesse rilevante per l’economia nazionale.

Utilizzando la parole della Corte costituzionale (cfr. la sentenza n. 20 del 9 marzo 1967) "la coltivazione delle cave assolve a fini di utilità generale come quella delle miniere; per cui, nel diritto accordato al proprietario del fondo sulla cava che vi affiora, si immedesima una destinazione che lo fa divenire mezzo di realizzazione di un interesse pubblico, e sostanzialmente lo affievolisce".

L’art. 45 del R.D. 29.7.1927 n. 1443 dopo aver stabilito che " Le cave e le torbiere sono lasciate in disponibilità del proprietario del suolo", soggiunge che "Quando il proprietario non intraprenda la coltivazione della cava o torbiera o non dia ad essa sufficiente sviluppo, l’ingegnere capo del Distretto minerario può prefiggere un termine per l’inizio, la ripresa o la intensificazione dei lavori. Trascorso infruttuosamente il termine prefisso, l’ingegnere capo del Distretto minerario può dare la concessione della cava e della torbiera in conformità delle norme contenute nel titolo II del presente decreto, in quanto applicabili".

Nella cit. sentenza del 1967, la Corte costituzionale ha rilevato che: "la funzione economicosociale delle cave, secondo la valutazione fattane dall’ordinamento giuridico, si differenzia solo quantitativamente da quella che svolgono le miniere", evidenziando che "l’attribuzione al proprietario del fondo di un diritto sulla cava che vi esiste, fino a quando l’interesse della produzione cui essa specificatamente serve non ne renda opportuna la concessione a terzi, rispecchia la minore intensità del vantaggio generale che le cave possono rendere, secondo la loro natura, essendosi ritenuta sproporzionata una sottrazione originaria del bene al proprietario del fondo, e viceversa congrua l’assegnazione di un limite al diritto di quel proprietario. Così essendo, questo diritto risulta accordato per fare, dell’iniziativa privata, uno strumento d’attuazione del pubblico interesse, e perché si é ravvisato che l’iniziativa privata avrebbe potuto egualmente attendere alla realizzazione di questo interesse; e dovrà riconoscersi, in conseguenza, che quel diritto convive con un potere dell’Amministrazione, tanto vero che la coltivazione delle cave é assoggettata alla sua vigilanza, e ad una vigilanza tendente a mantenere il rispetto delle esigenze pubbliche nel modo del suo svolgimento, quella stessa alla quale é soggetta la coltivazione della miniera (art. 29), perché essa, dall’art. 45, ultimo comma, é estesa alla cava. Venuta meno la fiducia nell’iniziativa del proprietario del fondo, l’Amministrazione pubblica provvede alla tutela dell’interesse generale senza il tramite del procedimento tipico di espropriazione per pubblico interesse così come senza ricorrere a questo procedimento concede originariamente la miniera; in una guisa cioè che, se non toglie al proprietario del fondo garanzia di difesa, nell’ipotesi di atto illegittimo, si profila quale espressione di una relazione immediata con la cava".

Infine, la Corte ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità dell’art. 45 del R.D. 29.7.1927 n. 1443 in riferimento agli artt. 42, terzo comma, e 43 della Costituzione, osservando che "Non importa individuare la natura del diritto del privato sulla cava: la proprietà, l’usufrutto, o che altro sia, sarebbero attribuiti con i limiti impressi dalla rilevanza pubblica del bene, e questi limiti si inseriscono nella struttura del diritto, comunque esso si qualifichi, caratterizzandolo nella sua giuridica essenza, vincolandolo indissolubilmente ad un esercizio che svolga quella funzione d’interesse generale cui la cava é, di per sé, destinata".

Ed, ancora, la Corte costituzionale ha specificato che "Nemmeno importa discutere, ai fini della questione da decidere, se la concessione della cava al terzo sulla base della disposizione denunciata sia un atto di carattere ablativo; l’atto incide sul diritto del privato per l’attivarsi del limite cui sottostava, il che basta a far ritenere che la fattispecie esula dal tenore del terzo comma dell’art. 42 della Costituzione. Questo comma contempla l’ipotesi del sacrificio di una situazione patrimoniale per un interesse pubblico che essenzialmente sta fuori di essa e ad essa si sovrappone: se però l’interesse pubblico é limite della situazione, la sua tutela preferenziale é sviluppo naturale o normale del rapporto da cui il diritto del privato trae origine e non induce acquisizione aliena di un valore. Infatti il diritto sacrificato, in tal caso, non contiene il valore di quello prevalso; e deve stimarsi avendo presente la coesistenza di un altro diritto capace di assorbirlo, quindi con detrazione del valore di questo".

Venendo ora a tirare le fila di quanto sin qui si è esposto, il Collegio, in relazione alle questioni che vengono all’esame, reputa che possano enunciarsi le seguenti affermazioni:

1) la domanda di concessione presentata da S. nel 1995 non poteva essere considerata ancora attuale: essa è comunque venuta meno al momento del rilascio dell’autorizzazione a Nuove Strade Sas nel 1998; né può sostenersi che, per effetto della pronuncia di decadenza di tale autorizzazione (avvenuta nel 2001), si sia automaticamente determinata la reviviscenza della suddetta domanda di concessione, essendo comunque necessaria la presentazione di una nuova domanda.

In tal senso depone anche l’art. 18 della l.r. 14/98, laddove (al 4°c.) dispone che: " Nel caso di decadenza pronunciata per i motivi di cui al comma 3, lett. b), qualora il titolare dell’autorizzazione sia proprietario dell’area, il giacimento può essere acquisito al patrimonio indisponibile della Provincia dietro corresponsione di un indennizzo pari a quello previsto per l’espropriazione dell’area ai sensi delle leggi statali vigenti. Qualora il titolare dell’autorizzazione sia persona diversa dal proprietario, la Provincia fissa a quest’ultimo un termine, non superiore a 3 mesi, per chiedere l’autorizzazione, con l’avvertimento che, decorso inutilmente il termine, il giacimento potrà essere acquisito al patrimonio indisponibile della Provincia dietro corresponsione di un indennizzo pari a quello previsto per l’espropriazione dell’area ai sensi delle leggi statali vigenti".

Va incidentalmente notato che, nel caso all’esame, la Provincia ha omesso di attivare tale procedura.

2) La complessa fattispecie si caratterizza poi per il porsi a cavallo di due distinte discipline normative, dato che l’originaria a domanda di concessione presentata da S. nel 1995 e l’autorizzazione rilasciata, si collocano all’interno della disciplina dettata dalla l.r. n. 18/1982 sulle attività di cava, mentre i successivi sviluppi della vicenda si pongono nell’ambito della l.r. n. 14/98 che ha dettato una nuova regolamentazione delle attività estrattivel’art. 42 della l.r. n. 1498 ha disciplinato il passaggio fra i due regimi, specificando per quanto qui viene in rilievo) che:

– "I piani delle cave già approvati dalla Regione all’entrata in vigore della presente legge conservano comunque efficacia sino alla esecutività dei nuovi piani di cui all’art. 8. L’attività estrattiva può essere autorizzata entro i limiti areali complessivi e volumetrici annui fissati dai piani vigenti in caso di disponibilità residua di materiale" (al c. 2);

– "Le autorizzazioni e le concessioni rilasciate prima dell’entrata in vigore della presente legge e quelle rilasciate prima dell’approvazione dei piani delle cave di cui all’art. 8 conservano efficacia fino alla loro scadenza." (c. 4);

– " Le domande di autorizzazione presentate per la prosecuzione della attività a qualsiasi titolo e sulle quali la Provincia non si sia pronunciata alla data di esecutività del piano delle cave previsto dalla presente legge conservano la loro validità e sono esaminate e decise in conformità alle prescrizioni del nuovo piano" (c. 7).

Il dato letterale risulta univoco nel far salve le (sole) domande di prosecuzione dell’attività di cave già autorizzate, cosicché deve escludersi che il medesimo effetto possa essere esteso, come sostiene la ricorrente, anche alle domande di nuove concessioni presentate ma non ancora valutate dall’amministrazione.

3) La domanda di concessione presentata da S. nel 1995 ha perso quindi qualsiasi valore, come correttamente rilevato dall’Amministrazione con l’atto impugnato.

La tesi svolta in via principale dalla ricorrente (come esposta più sopra alle lett. a, b, c) non può dunque essere accolta.

Ma non risulta neppure fondata la tesi prospettata in via subordinata (di cui alla lett. d).

Come si è osservato con la già cit. sentenza n. 3723 del 4 ottobre 2010:

" 1) il richiedente l’autorizzazione deve allegare alla domanda, ex art. 14 primo c. lett. a – documenti atti a comprovare la proprietà o la disponibilità dell’area destinata alla coltivazione del giacimento;

2) l’unico presupposto richiesto dalla legge per consentire al terzo di avanzare richiesta di concessione è costituito dal trascorrere di un anno dall’approvazione del piano cave senza che il titolare del bene abbia avanzato domanda di autorizzazione;

3) la domanda deve essere presentata secondo le modalità stabilite dall’art. 14 e seguenti (che disciplinano l’autorizzazione): ciò vuol dire che il richiedente deve presentare il progetto attuativo con le opere di riassetto ambientale di cui all’art. 14, deve predisporre la convenzione con il Comune di cui all’art. 15) e fornire le garanzie patrimoniali di cui all’art. 16;

4) una volta presentata la domanda di concessione, la Provincia deve rilevare se sussistano i "presupposti per consentire la coltivazione" e quindi procedere ad assegnare "al titolare del diritto alla coltivazione del giacimento un termine, non inferiore a 90 giorni, entro il quale questi deve procedere a presentare domanda di autorizzazione ex art. 14, con l’avvertimento che in difetto verrà rilasciata al terzo richiedente la concessione di coltivazione" (comma 2°);

5) quanto non è espressamente disciplinato dalla legge regionale n. 14 deve intendersi integrato con il rinvio alle norme di cui al titolo II del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443 e successive modificazioni ed integrazioni, in quanto applicabili;

6) L’art. 22 della L.R. n. 14/98 non contiene alcun rinvio a fonti subordinate per l’eventuale completamento del quadro normativo."

Venendo a fare applicazione di tali principi al caso in esame, va rilevato che risulta decisivo quanto rilevato al p. 4.

Pertanto, la Provincia correttamente ha rilevato (nell’ambito della verifica della sussistenza dei "presupposti per consentire la coltivazione") che solo dopo l’espletamento da parte dalla S. S.r.l. della procedura di verifica di assoggettabilità a VIA (conclusasi in data 19.7.2007) la domanda di concessione poteva ritenersi completata, e che a tale data non risultava più possibile attivare la procedura di assegnazione "al titolare del diritto alla coltivazione del giacimento" di un termine per presentare domanda di autorizzazione ex art. 14, posto che il 2.7.2007 C.G.N. S.r.l., quale cessionaria del diritto di scavo, aveva presentato richiesta di rilascio di autorizzazione alla coltivazione del giacimento denominato Primavera 2

In tale contesto, se è pur vero che la nuova domanda di concessione presentata da S. Srl il 31.10.2005, è successiva all’approvazione del nuovo piane cave (avvenuta con la deliberazione del 17.12.2003 del Consiglio regionale) e altresì rispettosa del termine di un anno dall’approvazione del progetto di gestione produttiva (avvenuta il 15.9.2005) ex art. 11 l.r. n. 14/98, a cui fa riferimento la decisione del Cons. St., Sez. 2, 25.9.2007 n. 1529 evocato dalla impugnata determinazione della Provincia, resta insuperabile la circostanza che tale domanda non poteva essere accolta una volta presentata la richiesta di autorizzazione ex art. 14 l.r. 14/98.

L’accertata infondatezza del ricorso impugnatorio comporta altresì quella della susseguente domanda di risarcimento dei danni.

La complessità della questione giustifica la compensazione delle spese del giudizio fra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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