T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 03-03-2011, n. 615

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 21.12.2004, l’Ispettorato Territoriale della Lombardia del Ministero delle Comunicazioni ordinava alla società G.R. Srl (d’ora innanzi, per brevità, anche solo "GRT" oppure "GRT Srl’), la disattivazione dell’impianto di diffusione operante in Milano, via Stephenson sulla frequenza 100,0 MHz (mega hertz), ritenendo che lo stesso impianto operasse senza concessione e che determinasse altresì interferenze al servizio pubblico R. FM 3 – postazione Monte Penice (PV).

Contro il citato provvedimento di disattivazione, era proposto il ricorso principale, con domanda di sospensiva e di danni, per i motivi che possono così essere sintetizzati:

1) violazione di legge, difetto di motivazione e non ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 97 del D.Lgs. 259/2003, in quanto quest’ultima norma non attribuirebbe agli Ispettorati Territoriali il potere di disattivazione;

2) eccesso di potere per difetto dei presupposti in fatto e diritto, nel quale si contestano i presupposti in fatto dell’ordinanza (mancanza di provvedimento concessorio ed interferenze con un impianto del servizio pubblicoR.);

3) violazione di legge ed eccesso di potere per inosservanza delle norme in materia di procedimento amministrativo;

4) eccesso di potere per omessa o carente motivazione;

5) eccesso di potere per irragionevolezza e manifesta ingiustizia.

Si costituivano in giudizio il Ministero delle Comunicazioni e R. Spa, concludendo per l’inammissibilità e l’infondatezze nel merito del ricorso.

Si costituiva altresì, anche se non evocata in giudizio, R.W. Spa, quale effettiva proprietaria, in luogo di Rai Spa, dell’impianto del servizio pubblico citato nel provvedimento impugnato ed oggetto delle presunte interferenze da parte della ricorrente.

Con decreto n. 136/2005, il Presidente della II Sezione del TAR Lombardia accoglieva la richiesta di misura cautelare inaudita altera parte e fissava l’udienza camerale del 27.1.2005 per la discussione collegiale della domanda di sospensiva.

Con ordinanza n. 280/2005, in esito all’udienza del 27.1.2005, la domanda cautelare era accolta, con fissazione di ulteriore udienza camerale il 10.2.2005, viste le trattative comunque intercorrenti fra la società esponente e l’Amministrazione delle Comunicazioni.

Con successiva ordinanza n. 367 del 10.2.2005, la domanda di sospensione era però respinta.

Contro tale ordinanza era proposto appello cautelare, ma il Consiglio di Stato, sez. VI, con ordinanza n. 2200 del 3.5.2005, rigettava l’impugnazione, confermando la pronuncia cautelare di primo grado.

Successivamente, con istanza del 30.5.2005, GRT Srl chiedeva al Ministero delle Comunicazioni il rilascio di autorizzazione alla delocalizzazione dell’impianto di cui è causa da via Stephenson in altro sito, sempre peraltro in Comune di Milano.

Tale ultima istanza era però respinta dall’Ispettorato Territoriale della Lombardia, con provvedimento prot. 13019 del 24.6.2005.

Contro il suddetto diniego di delocalizzazione erano proposti motivi aggiunti, con nuova domanda di sospensiva, per i motivi che possono così essere sintetizzati:

1) eccesso di potere per travisamento, erronea valutazione dei fatti, sviamento di potere e violazione dell’art. 3 del D.Lgs. 259/2003;

2) eccesso di potere per insufficienza o inesistenza della motivazione;

3) eccesso di potere per inosservanza di circolari e contraddittorietà fra atti, nel quale si lamentava la presunta inosservanza, da parte dell’ufficio periferico del Ministero, della circolare della Direzione Generale per i Servizi di Comunicazione del Ministero stesso del 24.6.2005, recante indicazione per la soluzione dei problemi di interferenza fra la Rai ed i privati concessionari;

4) eccesso di potere per disparità di trattamento, irragionevolezza, ingiustizia manifesta e violazione dell’art. 97 della Costituzione.

Si costituivano in giudizio gli stessi soggetti già costituiti nel gravame principale, concludendo per la reiezione anche dei motivi aggiunti.

Le società Rai Spa e R.W. Spa proponevano altresì ricorso incidentale, impugnando il provvedimento (definito circolare nei motivi aggiunti), del Ministero del 24.6.2005, riguardante la soluzione dei problemi interferenziali fra i concessionari privati e la società di gestione del servizio pubblico.

In esito alla camera di consiglio dell’8.6.2006, il TAR respingeva la domanda di sospensiva con ordinanza n. 1318/2006.

Anche tale ordinanza era impugnata davanti al Consiglio di Stato, che però rigettava l’appello con ordinanza della VI Sezione n. 6158 del 21.11.2006, ritenendo insussistente il fumus del gravame.

Alla pubblica udienza del 10.2.2011, il difensore della ricorrente dichiarava che l’interesse alla decisione permaneva esclusivamente ai fini risarcitori e la causa passava in decisione.
Motivi della decisione

1. Ai fini della decisione della presente controversia occorre premettere che, come anche espressamente dichiarato dal difensore dell’esponente all’udienza pubblica del 10.2.2011, l’interesse della società ricorrente è limitato alla sola domanda di risarcimento del danno, essendo venuto meno l’interesse all’annullamento dei provvedimenti gravati con il ricorso principale e con i motivi aggiunti.

Infatti, come risulta anche dalla documentazione versata in atti dall’esponente (cfr. doc. 34), l’impianto di cui è causa era ceduto alla società Advanced Telecommunications And Informations (ATI) Srl, la quale reiterava l’istanza di delocalizzazione dell’impianto medesimo.

Di fronte ad un nuovo rifiuto da parte dell’Ispettorato Territoriale della Lombardia, ATI Spa proponeva ricorso davanti al giudice amministrativo, che era poi accolto con sentenza del TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 4.12.2009, n. 5286 (cfr. doc. 31 della ricorrente).

Ciò premesso, risulta evidente, ed in tal senso si è espresso anche il difensore di GRT Srl, che nessuna utilità potrebbe derivare dall’accoglimento delle azioni di annullamento contro i due provvedimenti amministrativi, oggetto rispettivamente del gravame principale e dei motivi aggiunti, essendo stata ceduta nelle more del giudizio la proprietà dell’impianto.

Rimane invece salvo l’interesse ad un pronuncia sul merito della domanda risarcitoria.

Sul punto, occorre però premettere che l’istanza di risarcimento dei danni è contenuta solo nel ricorso principale e non in quello per motivi aggiunti, nel quale anzi l’esponente espressamente si riserva di introdurre "un successivo giudizio per il risarcimento…".

Di conseguenza, la domanda risarcitoria sarà valutata dal Collegio soltanto in relazione alla presunta illegittimità del provvedimento gravato in via principale (ordinanza di disattivazione) e non con riguardo al provvedimento oggetto di motivi aggiunti.

Da ciò consegue che l’intero ricorso per motivi aggiunti deve essere considerato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, mentre con riguardo al ricorso principale, deve dichiararsi improcedibile la domanda di annullamento del provvedimento impugnato.

In ordine ai danni reclamati nel gravame principale, non ritiene il Tribunale sussistenti i presupposti per il riconoscimento della responsabilità, ex art. 2043 del codice civile, della Pubblica Amministrazione evocata in giudizio.

In primo luogo, non sembra ravvisarsi il fondamentale requisito della colpa dell’Amministrazione – da intendersi quale negligenza dell’apparato amministrativo nel suo complesso e non del singolo funzionario – alla luce della complessità oggettiva della vicenda, visto che, anche secondo quanto emerso in sede cautelare in primo grado ed in appello, la pretesa della ricorrente alla prosecuzione dell’attività sull’impianto di cui è causa non era assistita da sufficiente fondatezza, atteso anche il carattere provvisorio dell’originaria autorizzazione dell’impianto del 29.11.2001, mai rinnovata (cfr. sul punto i documenti dell’Avvocatura dello Stato in data 27.1.2005).

Inoltre, anche a prescindere dalla suddetta considerazione sull’elemento soggettivo dell’illecito aquiliano, appare dirimente la circostanza che dei lamentati danni non è offerta concreta prova, in violazione della regola dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 del codice civile, applicabile anche al processo amministrativo.

In particolare, nel ricorso principale (pagg. 19 e 20), il danno è affermato ma non provato, limitandosi l’esponente a produrre copia di una lettera del 30.12.2004 con la quale la società EP S.A. minaccia la risoluzione degli accordi pubblicitari (cfr. doc. 14 della ricorrente), senza però altro addurre.

Nella memoria finale del 10.1.2011 (pagg. 31 e 32), GRT Srl sostiene di essere stata praticamente costretta a cedere il ramo d’azienda contenente l’impianto di cui è causa per un prezzo vile, pari addirittura ad 1/20 del valore di mercato, a causa dell’ordinanza di disattivazione, che l’avrebbe indotta ad una repentina svendita dei propri beni, per evitare il fallimento.

La documentazione relativa alla suddetta cessione, però, prodotta in giudizio quale doc. 34 della ricorrente, non porta a tale conclusione, non ravvisandosi dalla lettura delle due scritture private autenticate del 29.12.2005 alcun elemento che possa provare una vera e propria svendita a favore di ATI Spa, né del resto appare provata l’asserzione secondo cui il prezzo di vendita sarebbe pari ad un quinto di quello di mercato.

D’altronde, se fra la prestazione di GRT Srl e quella di ATI Spa vi fosse stata una simile sproporzione, non si comprende perché l’attuale ricorrente non si sia avvalsa dei rimedi che l’ordinamento civile riconosce a favore della parte che non ha ottenuto adeguata controprestazione nei contratti sinallagmatici (cfr. artt. 1447 e seguenti del codice civile).

In conclusione, deve rigettarsi la domanda di risarcimento del danno.

2. I ricorsi incidentali proposti dalle società controinteressate Rai Spa e R.W. Spa devono considerarsi inammissibili, per difetto di interesse.

Entrambi i ricorsi sono stati proposti in via meramente subordinata e cautelativa, a fronte della censura, contenta nei motivi aggiunti, dove si lamenta l’inosservanza – da parte dell’Ispettorato Territoriale – della nota ministeriale contenente le linee guida sulle situazioni interferenziali.

Tenuto però conto della declaratoria di improcedibilità dei motivi aggiunti, nessun interesse sussiste in capo alle società intimate all’esame nel merito dei loro ricorsi incidentali.

3. La complessità e la peculiarità delle questioni trattate inducono il Collegio a compensare interamente fra le parti le spese di causa.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda),

definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti:

– dichiara improcedibile il ricorso principale e respinge la domanda di risarcimento dei danni in esso formulata;

– dichiara improcedibile il ricorso per motivi aggiunti;

– dichiara inammissibili i ricorsi incidentali.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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