Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole.
Gazzetta Ufficiale – 3ª Serie Speciale – Regioni n. 22 del 5-6-2010
(Pubblicatra nel Bollettino ufficiale della Regione Piemonte
n. 46 del 19 novembre 2009)
LA PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE
Visto l’art. 121 della Costituzione (come modificato dalla legge
costituzionale 22 novembre 1999, n. 1);
Visti gli artt. 27 e 51 dello Statuto della Regione Piemonte;
Vista la legge regionale 29 maggio 2009, n. 16;
Vista la deliberazione della Giunta regionale n. 37-12568 del 16
novembre 2009
Emana
il seguente regolamento:
Regolamento regionale recante: «Disposizioni attuative della legge
regionale 29 maggio 2009, n. 16 (Istituzione dei centri
antiviolenza con case rifugio)».
Art. 1
Finalita’
1. Il presente regolamento, ai sensi dell’art. 6 della legge
regionale 29 maggio 2009, n. 16 (Istituzione dei centri antiviolenza
con case rifugio) stabilisce i criteri per l’istituzione dei Centri
Antiviolenza e per la concessione dei relativi finanziamenti
regionali e definisce, inoltre, i requisiti strutturali e gestionali
delle strutture destinate all’accoglienza delle donne vittime di
violenza denominate Case Rifugio.
Art. 2
Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento si intende per:
a) Centro Antiviolenza: centro che offre accoglienza, sostegno
e percorsi di autonomia e superamento del disagio alle donne, sole o
con figli, vittime di violenza, in raccordo con la rete dei servizi
del territorio e con le Case Rifugio;
b) Casa Rifugio: struttura residenziale di tipo sociale, che
offre ospitalita’ temporanea ed alloggio alle donne, sole o con
figli, vittime di violenza, per le quali si renda necessario
l’allontanamento da una situazione di pericolo per l’incolumita’
propria e degli eventuali figli, e/o dal luogo in cui e’ avvenuta la
violenza.
Art. 3 Enti titolari 1. I centri sono istituiti dai comuni o dai soggetti gestori delle funzioni socio-assistenziali, nell’ambito della programmazione dei piani di zona ed in conformita’ a quanto previsto dagli art. 3 e 8 della legge regionale n. 16/2009. 2. Gli enti titolari dei centri garantiscono strutture adeguate in relazione alla popolazione ed al territorio, anche di concerto o in associazione con altri enti pubblici e con le organizzazioni senza scopo di lucro, sulla base di accordi formali sanciti nelle forme previste dalla normativa vigente.
Art. 4 Criteri di concessione dei finanziamenti 1. Al fine di attuare un’allocazione equa delle risorse ed un tendenziale equilibrio territoriale dell’offerta dei servizi, gli importi stanziati relativi alle spese di funzionamento e gestione dei centri, sono ripartiti in via preliminare tra gli otto ambiti territoriali provinciali piemontesi sulla base dei seguenti criteri: a) 50 per cento da suddividere in quota uguale per ciascuna provincia; b) 50 per cento da suddividere in base alla popolazione femminile residente, in eta’ oltre 14 anni. 2. Gli importi stanziati relativi alle spese per la costruzione e/o ristrutturazione dei Centri e delle Case Rifugio sono ripartiti in quota uguale tra gli otto ambiti territoriali provinciali. 3. I fondi di cui ai commi 1 e 2 sono ripartiti tra gli otto ambiti territoriali provinciali in via preventiva, con specifico provvedimento della struttura regionale competente che disciplina, altresi’, le modalita’ di presentazione delle istanze da parte dei comuni/soggetti gestori delle funzioni socio-assistenziali titolari dei Centri, in attuazione del presente regolamento. 4. L’assegnazione dei finanziamenti ai comuni/soggetti gestori delle funzioni socio-assistenziali, individuati quali titolari dei Centri e la relativa erogazione dell’acconto del 70 per cento, sono disposti con apposito provvedimento della struttura regionale competente, previa verifica della rispondenza delle istanze pervenute ai requisiti previsti nel presente regolamento. 5. Il restante 30 per cento dei finanziamenti e’ concesso a saldo, previa presentazione e verifica della rendicontazione attestante l’utilizzo delle somme assegnate e la realizzazione delle attivita’ previste, salvo conguaglio rispetto ad eventuali somme non utilizzate. 6. Qualora per uno o piu’ tra gli otto ambiti territoriali provinciali non vi siano le condizioni per l’assegnazione dell’intero importo previsto, in presenza di progetti non finanziabili o non presentati, le risorse non assegnate vengono ridistribuite tra gli enti beneficiari secondo criteri proporzionali. 7. Gli enti titolari dei Centri trasmettono alla struttura regionale competente le richieste di finanziamento dei progetti di istituzione e di gestione dei Centri, unitamente alle determinazioni assunte dalla provincia, in attuazione dell’art. 7, comma 1, lettera a) della legge regionale n. 16/2009, secondo le modalita’ definite con apposito provvedimento regionale. 8. I progetti devono indicare i seguenti elementi: a) il comune/soggetto gestore titolare del Centro; b) gli altri soggetti pubblici e privati che concorrono alla realizzazione del Centro; c) la sede del Centro; d) le attivita’, le strutture ed i servizi che si intendono mettere a disposizione; e) le risorse strumentali e di personale; f) il piano finanziario, comprensivo dell’indicazione dell’eventuale cofinanziamento e di eventuali altre forme di finanziamento previste; g) il cronoprogramma per la realizzazione del progetto e per l’avvio dell’operativita’ del centro; h) le case rifugio collegate.
Art. 5 Attivita’ di formazione 1. La Regione, all’interno delle linee guida regionali riguardanti le attivita’ formative per gli operatori dei servizi sociali, promuove, di concerto con le province, l’attivita’ di formazione permanente e di aggiornamento per il personale dei centri, per le altre figure coinvolte nel progetto del servizio e nella rete di accoglienza, protezione e sostegno alle donne vittime di violenza, anche in raccordo con gli atenei piemontesi. 2. Sulla base delle linee guida regionali, i relativi corsi di formazione sono attivati dalle province all’interno dei programmi provinciali per l’autorizzazione e il finanziamento delle attivita’ formative per gli operatori sociali, anche attraverso progetti formativi di area vasta quali azioni formative di interesse sovrazonale che coinvolgono diverse tipologie di operatori. Tali percorsi formativi di area vasta possono essere realizzati direttamente dalle province oppure finanziati, attraverso contributi economici rivolti a soggetti del territorio provinciale. 3. Sono attivati, inoltre, corsi sovraprovinciali, previo accordo fra le province e gli altri enti territoriali interessati, nell’ottica di ottimizzare le risorse disponibili e di creare momenti di confronto fra gli operatori che superino i confini amministrativi della singola provincia. 4. I progetti, supportati da un’analisi dei bisogni specifica, devono risultare coerenti con la programmazione del sistema dei servizi espresso dai piani di zona locali.
Art. 6 Requisiti 1. I requisiti di accesso, strutturali e progettuali per il funzionamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio sono definiti nell’Allegato A, parte integrante e sostanziale del presente regolamento.
Art. 7 Istituzione dei centri 1. I comuni e i soggetti gestori propongono l’istituzione e la localizzazione del Centro, di norma presso sedi di proprieta’ pubblica, comunale, provinciale o regionale. Pur assicurando la salvaguardia dei requisiti come specificati nell’allegato A al presente regolamento, i Centri possono collocarsi in strutture sede di altri servizi pubblici, purche’ compatibili con le attivita’ del Centro stesso. 2. Le proposte sono trasmesse alle amministrazioni provinciali competenti, che, rilevato il fabbisogno esistente sul territorio, anche con l’apporto delle informazioni emerse dalle azioni di monitoraggio realizzate a livello regionale, pianificano la localizzazione dei centri, in attuazione di quanto previsto all’art. 7, comma 1, lettera a) della legge regionale n. 16/2009. 3. Ai sensi dell’art. 3 della legge regionale n. 16/2009 e’ prevista l’istituzione di almeno un centro per ciascuna provincia. In ogni caso, ferma restando l’entita’ dei fondi assegnati all’area territoriale di riferimento, le province possono pianificare la realizzazione di ulteriori centri, in relazione al fabbisogno ed alle caratteristiche socio-demografiche del territorio 4. Ai fini della costituzione dei Centri, gli enti titolari: a) adottano un proprio regolamento per il funzionamento dei Centri; b) individuano gli operatori, dotati di adeguata professionalita’, di cui avvalersi, secondo le previsioni di cui al all’art. 12; c) individuano le risorse strumentali necessarie per lo svolgimento della loro attivita’; d) individuano le modalita’ di collegamento con le Case Rifugio ed eventuali altre strutture operanti sul territorio per assicurare l’accoglienza delle donne vittime di violenza sole e con figli, anche in considerazione delle eventuali specifiche esigenze di accoglienza relative a donne con problematiche psichiatriche o disabilita’.
Art. 8 Modalita’ di gestione 1. Le modalita’ di gestione dei Centri sono individuate dagli enti titolari, in piena autonomia ed in conformita’ con la normativa vigente in materia. 2. In particolare, i Centri possono essere gestiti in forma diretta, oppure tramite appositi accordi, sottoscritti in base alla normativa vigente, con gli enti locali singoli e associati del territorio di riferimento (province, comuni, altri soggetti gestori delle funzioni socio-assistenziali) e le organizzazioni senza scopo di lucro, che abbiano tra i propri scopi statutari e quale contenuto prioritario della propria attivita’ la lotta alla violenza contro le donne. 3. Nelle convenzioni con gli enti/organismi predetti sono esplicitati le modalita’ organizzative e gestionali, gli standard professionali dei servizi, l’organico e la qualificazione professionale del personale che opera nei Centri. 4. I Centri esercitano la propria attivita’ funzionale ed operativa sulla base del regolamento di cui all’art. 7, comma 4, lettera a), che deve, altresi’, individuare le modalita’ di funzionamento e di accesso nonche’ le relative responsabilita’ degli operatori. 5. I centri aderiscono al Servizio nazionale unificato di accoglienza telefonica «1522».
Art. 9 Attivita’ 1. I Centri Antiviolenza: a) offrono accoglienza ed ospitalita’ temporanea anche immediata, qualora necessaria, a donne sole o con figli esposte alla minaccia di ogni forma di violenza o che l’abbiano subita, nel rispetto dell’esperienza di ciascuna e nella consapevolezza del significato e dell’impatto dell’appartenenza a diverse etnie, culture, religioni, classi sociali, orientamenti sessuali e identita’ di genere; b) garantiscono sostegno pratico e aiuto per problemi psicologici, esistenziali, sanitari, assistenziali, attraverso il personale proprio ed attraverso il raccordo con i servizi socio-sanitari competenti; c) si attivano per il reinserimento sociale e lavorativo; d) sensibilizzano l’opinione pubblica sulle violenze che le donne subiscono all’interno della famiglia e della societa’; promuovono indagini sulle caratteristiche della violenza alle donne, ai minori e alle minori e ricerche finalizzate all’individuazione delle strategie di prevenzione dei comportamenti violenti; e) promuovono ricerche conoscitive e raccolta di dati statistici al fine di approfondire i contesti in cui la violenza e’ esercitata e subita; f) propongono progetti di formazione permanente per coloro che operano nelle strutture e per il personale esterno che, per ragioni di lavoro, e’ a contatto con situazioni di violenza. 2. L’accoglienza e l’ospitalita’ di cui al comma 1, lettera a), sono assicurate attraverso l’istituzione in via diretta di Case Rifugio o il collegamento, sancito con accordi formali ed appositi rapporti convenzionali, con le Case Rifugio operanti sul territorio. Per la pronta accoglienza in situazione di emergenza i Centri possono avvalersi anche di strutture di accoglienza differenti, purche’ adeguate a rispondere all’esigenza specifica. 3. Le attivita’ di cui al comma 1, lettere d) ed e) sono realizzate in raccordo con l’Osservatorio regionale sulla violenza contro le donne, di cui all’art. 6, comma 2, lettera c) della legge regionale n. 16/2009. 4. In particolare, i Centri assicurano: a) colloqui preliminari per individuare i bisogni e fornire le prime informazioni utili; b) accoglienza a donne in situazione di pericolo obbligate ad allontanarsi per ragioni di sicurezza, attraverso i Centri Antiviolenza a livello regionale e nazionale; c) attivazione dei collegamenti nell’ambito della rete territoriale e dei servizi competenti delle ASL per garantire ospitalita’ temporanea immediata alle donne che lo desiderino, esposte alla minaccia di ogni forma di violenza o che l’abbiano subita, con patologie psichiatriche accertate o comportamenti che rendono incompatibile alle altre donne la convivenza nelle Case Rifugio; d) affiancamento della donna, qualora essa lo richieda, al momento della presentazione della denuncia della violenza subita alle Forze dell’Ordine; e) colloqui informativi di carattere legale, anche alla luce di quanto previsto dal regolamento regionale 2 marzo 2009, n. 3/R (Criteri di erogazione delle disponibilita’ del fondo e modalita’ di attuazione della legge regionale 17 marzo 2008, n. 11 «Istituzione di un fondo di solidarieta’ per il patrocinio legale alle donne vittime di violenza e maltrattamenti»); f) percorsi individualizzati di protezione ed uscita dalla violenza, basati sull’analisi delle specifiche situazioni, effettuata di concerto con i servizi socio-sanitari competenti; g) colloqui ed interventi finalizzati al trattamento psicologico dell’evento traumatico; h) sostegno ed accompagnamento della convivenza e dell’autogestione; i) accompagnamento, in rete con i servizi, ed eventuale sostegno al reddito delle donne e dei loro figli una volta uscite dalla struttura residenziale, al fine di offrire loro un supporto per il superamento delle eventuali difficolta’; l) interventi di prevenzione, di accesso facilitato e di accompagnamento in rete con i servizi territoriali competenti ed eventuale approccio e costruzione della relazione con la struttura di destinazione; m) azioni dirette al recupero della relazione madrefiglia/o e all’inserimento scolastico dei minori accolti; n) affiancamento della donna, qualora essa lo richieda, nella fruizione dei servizi pubblici o privati.
Art. 10 Modalita’ di raccordo 1. I Centri operano in costante raccordo con: a) le Case Rifugio e le strutture di accoglienza della Regione; b) le amministrazioni provinciali; c) le strutture pubbliche cui compete l’assistenza socio-sanitaria, la prevenzione e la repressione dei reati, quali gli enti gestori delle funzioni socio-assistenziali, i servizi sanitari afferenti alla rete regionale per la presa in carico delle vittime di violenza sessuale e domestica di cui alla deliberazione della Giunta regionale n. 14-12159 del 21 settembre 2009 e gli altri servizi sanitari competenti, le Equipes Multidisciplinari per la presa in carico dei casi di abusi e maltrattamenti ai danni di minori, le Forze di Pubblica Sicurezza; d) i servizi per le pari opportunita’; e) i servizi di assistenza legale ed alloggiativi, per il lavoro e la formazione; f) le strutture scolastiche operanti sul territorio; g) le organizzazioni senza scopo di lucro. 2. Nel mantenere le forme di raccordo di cui al comma 1 e’ sempre salvaguardata la libera volonta’ delle donne che si rivolgono ai Centri. 3. L’accesso alle Case Rifugio avviene di norma attraverso i Centri. 4. I Centri Antiviolenza e le Case rifugio operano in rete sia a livello regionale che nazionale, al fine di favorire lo scambio di informazioni, la conoscenza sulle rispettive iniziative, il raccordo sui casi seguiti, il potenziamento delle azioni multiprofessionali a favore delle donne e dei minori vittime di violenza, l’elaborazione e l’adozione di protocolli operativi locali. 5. La costituzione ed il potenziamento della rete possono dar luogo ad un coordinamento strutturato, che si riunisce con cadenza regolare per le finalita’ di cui al comma 4. 6. Onde agevolare la trasmissione delle informazioni, ciascun Centro individua un proprio referente e ne comunica il nominativo alla Regione ed agli altri servizi interessati. 7. La Regione promuove la costituzione di una rete regionale dei Centri Antiviolenza, anche ai fini dell’individuazione di un sistema unico di presa in carico e di registrazione dei casi, comune a tutti i servizi interessati, ai sensi dell’art. 6, comma 2, lettera a) della legge regionale n. 16/2009.
Art. 11 Standard di qualita’ 1. In fase di prima attuazione sono individuati quali standard di qualita’ dei Centri Antiviolenza: a) l’apertura del servizio all’utenza per almeno cinque giorni la settimana per almeno 3 ore al giorno; b) un numero telefonico con caratteristiche di pubblica utilita’ ed adeguatamente pubblicizzato, istituito in via transitoria ed in attesa di individuare idonee modalita’ di adesione da parte dei Centri al servizio nazionale unificato di accoglienza telefonica «1522»; c) una reperibilita’ telefonica garantita 24 ore su 24; d) l’adozione della Carta dei Servizi. 2. Trascorsi due anni dall’entrata in vigore del presente regolamento, e successivamente con cadenza triennale, gli standard di cui al comma 1 sono sottoposti ad aggiornamento e revisione da parte della Giunta regionale, anche attraverso l’apporto e la concertazione con i Centri medesimi: 3. I Centri operano in rete su tutta la Regione e adottano protocolli operativi a livello locale per l’individuazione di modalita’ di raccordo e coordinamento con gli enti e le organizzazioni senza scopo di lucro, impegnate nel sostegno alle donne vittime di violenza.
Art. 12 Criteri per la definizione del personale necessario all’espletamento dei servizi 1. Nei Centri operano figure con specifiche competenze professionali, prioritariamente donne, in grado di offrire ascolto, accoglienza ed assistenza alle diverse tipologie e situazione delle donne vittime di violenza. 2. A fronte delle attivita’ svolte, presso i Centri devono operare almeno le seguenti professionalita’: a) un operatore con laurea in ambiti disciplinari afferenti all’area psicologica; b) un operatore con titolo di studio afferente all’area pedagogico-educativa o sociale, con esperienza nel settore; c) un esperto legale. 3. Al fine di favorire un’adeguata accoglienza delle donne straniere, e’ necessario l’apporto della figura del mediatore interculturale. 4. La presenza degli operatori e’ dimensionata in relazione alle diverse funzioni ed attivita’, al bacino territoriale di riferimento, alle specifiche esigenze del territorio. 5. I Centri possono prevedere l’utilizzo di personale volontario, tirocinante e del servizio civile, il cui inserimento nelle attivita’ del Centro stesso deve essere preceduto ed accompagnato da adeguati percorsi formativi in materia di violenza nei confronti delle donne e dei bambini. 6. Sono fatte salve le professionalita’ gia’ operanti presso i servizi realizzati in attuazione del piano regionale per la prevenzione della violenza contro le donne e per il sostegno alle vittime, alla data di entrata in vigore del presente regolamento.
Art. 13 Criteri di valutazione interna ed esterna delle attivita’ dei Centri 1. I Centri adottano nell’ambito del proprio regolamento adeguati criteri per la valutazione interna delle attivita’, che tengano conto dei seguenti aspetti: a) numero di accessi al servizio; b) numero di utenti interessati; c) caratteristiche dell’utenza; d) organismi coinvolti e messi in rete per la presa in carico dei casi; e) percorsi istituzionali attivati; f) centri di costo; g) problemi e criticita’ riscontrati nell’attivazione e nella fornitura dei servizi e misure adottate per il loro superamento. 2. Ai fini di una valutazione omogenea a livello regionale, i Centri si dotano di una scheda unica di monitoraggio e rilevazione dell’andamento dei progetti, che tenga conto degli elementi sopra evidenziati. Tali schede forniscono, altresi’, la base per la predisposizione di relazioni di valutazione per evidenziare il carattere qualitativo e quantitativo delle attivita’ svolte ed i servizi erogati. 3. Le relazioni di cui al comma 2 sono trasmesse all’amministrazione provinciale competente ed alla Regione, entro il 31 gennaio di ciascun anno.
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