Cassazione Penale n. 14603 del 2010 Professione, infermieri, esercizio abusivo (2010-06-11)

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati;

Dott. LATTANZI Giorgio – Presidente – Dott. IPPOLITO Francesco – Consigliere – Dott. COLLA Giorgio – Consigliere – Dott. CONTI Giovanni – Consigliere – Dott. MATERA Lina – Consigliere – ha pronunciato la seguente;

sentenza sul ricorso proposto da;

P.M.T., n. a (OMISSIS);

avverso la sentenza in data 3 ottobre 2008 della Corte di appello di Torino;

Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;

Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere dott.

Conti Giovanni;

Udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Selvaggi Eugenio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito per la ricorrente l’avv. Monti Paolo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

FATTO E DIRITTO

Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Torino confermava la sentenza in data 20 gennaio 2006 del Tribunale di Vercelli, sezione distaccata di Varallo, appellata, tra gli altri, da P. M.T., condannata, con le attenuanti generiche, alla pena di Euro 300 di multa, in quanto responsabile del reato di cui all’art. 348 c.p., per avere, in qualita’ di coordinatrice della Casa di Riposo del Comune di (OMISSIS), esercitato abusivamente il ruolo di infermiera (in (OMISSIS)).

Osservava la Corte di appello, sulla base essenzialmente delle dichiarazioni della teste A.E., infermiera professionale nella Casa di Riposo, che la P., non avendone titolo, aveva non solo esercitato abitualmente mansioni proprie dell’infermiere generico (quali iniezioni intramuscolo e insuliniche nonche’ somministrazioni di farmaci) ma, almeno in un caso, tentato, pur senza riuscirvi, di praticare un prelievo ematico e finanche dato disposizioni per interrompere la terapia disposta dal medico. Tanto integrava il reato di esercizio abusivo ella professione paramedica, ai sensi del D.P.R. 14 marzo 1974, n. 225.

Ricorre per cassazione l’imputata, a mezzo del difensore avv. Paolo Monti, il quale deduce;

1. Nullita’ della sentenza per mancata indicazione del fatto contestato: nel capo di imputazione si addebita all’imputata di avere esercitato abusivamente il ruolo di infermiera non essendovi abilitata, ma non sono affatto indicate le specifiche condotte dalla stessa poste in essere, in violazione dell’art. 555 c.p.p. (recte, art. 552 c.p.p., comma 1, lett. c)), secondo cui il decreto di citazione a giudizio deve contenere "l’enunciazione del fatto, in forma chiara e precisa".

2. Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della responsabilita’ penale.

Secondo alcune testimonianze, l’imputata, come dalla stessa parzialmente ammesso, si sarebbe limitata in qualche occasione a somministrare ai pazienti le terapie insuliniche, effettuare alcune medicazioni e praticare iniezioni intramuscolari.

Si tratta di atti relativamente liberi, che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimita’, non integrano il reato di cui all’art. 348 c.p. se effettuati sporadicamente e in assenza di retribuzione; e la P. riceveva retribuzione esclusivamente per il suo incarico di coordinatrice della Casa di Riposo, non percependo alcun ulteriore compenso per queste saltuarie prestazioni di assistenza ai ricoverati, rese a mero titolo di volontariato.

La terapia insulinica o l’assunzione di farmaci contro la pressione arteriosa si praticano generalmente in via di automedicazione e, trattandosi di soggetti anziani, in mancanza temporanea di personale sanitario, la P. si era prestata generosamente, senza alcun tornaconto personale, a somministrare occasionalmente ai pazienti, alle ore stabilite, tale tipo di cure secondo le prescrizioni del medico. Su questi rilievi la Corte di appello non aveva fornito alcuna risposta.

Quanto al presunto tentativo della P. di praticare una iniezione in vena, la circostanza, del tutto isolata, si ricavava esclusivamente dalla testimonianza dell’ A., che ha espresso al riguardo mere impressioni e, al pari di numerosi soggetti operanti nella Casa di Riposo, ha comunque precisato che mai l’imputata in sua presenza aveva eseguito prestazioni infermieristiche di alcun genere.

3. Violazione dell’art. 348 c.p. (norma penale in bianco) sotto il profilo della inesistenza di un atto avente forza di legge idoneo a determinare le attivita’ per le quali sia richiesta una speciale l’abilitazione dello Stato, non avendo tale forza i Decreti del Ministro della Sanita’ del 30 gennaio 1982 e del 14 settembre 1994, n. 739 citati nella sentenza impugnata; e comunque riferendosi la norma ai soli soggetti che esercitano una libera professione e non ai dipendenti pubblici, quale e’ la P..

Ad avviso della Corte il secondo motivo di ricorso e’ fondato, restando cosi’ assorbiti in tale statuizione i restanti motivi.

Alla imputata sono contestati fatti di esercizio abusivo della professione di infermiere, consistiti, nell’avere in una occasione tentato di praticare un prelievo ematico, in altre effettuato iniezioni insuliniche o intramuscolo ai pazienti ricoverati nella Casa di riposo di (OMISSIS) dalla stessa diretta.

Quanto alla prima condotta contestata, va osservato che di essa tace del tutto la sentenza di primo grado, mentre quella di secondo grado si limita ad affermare che la teste infermiera professionale A.E. ne aveva riferito, senza pero’ che di questa deposizione sia offerto alcun significativo particolare, tanto piu’ necessario trattandosi di un supposto tentativo di compiere un atto paramedico, se non quello rappresentato dal fatto che la A. si era recata presso il letto di un anziano paziente per effettuare un prelievo di sangue e di avere visto in tale occasione che il paziente presentava dei "segni" sul braccio e che la P. era vicino al suo letto.

Da tale radicale carenza di indicazioni circa le circostanze dal fatto deriva l’assenza di prova della condotta contestata.

Quanto alle restanti condotte, esse consistono in atti che non rientrano nelle mansioni riservate secondo le norme di legge alla professione di infermiere, e non implicano specifiche nozioni o particolari abilita’ o conoscenze tecniche.

Essi pertanto, ove eseguiti non a titolo professionale ma per sopperire saltuariamente alla carenza del personale infermieristico, rispettando le cadenze, i tempi e le modalita’ stabilite dal medico (come nella specie appare dare atto la stessa sentenza impugnata), non integrano, secondo la prevalente giurisprudenza di legittimita’, che il Collegio condivide, il reato di cui all’art. 348 c.p. (v. in termini Cass., sez. 6, 25 maggio 1999, Volpe; nello stesso senso, Cass., sez. 6, 5 luglio 2006, Russo; Id., 8 ottobre 2002, Notaristefano).

Consegue che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio dovendo l’imputata essere assolta perche’ il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste.

Cosi’ deciso in Roma, il 2 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2010

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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