Corte Costituzionale sentenza N. 223 21 – 24 giugno 2010 .

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 26 del 30-6-2010

Sentenza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale della legge della Regione
Campania 22 luglio 2009, n. 10 (Regolamentazione e uso degli
apparecchi di misurazione della velocita’ «autovelox» sulle strade di
proprieta’ regionale), promosso dal Presidente del Consiglio dei
ministri con ricorso notificato il 1°- 6 ottobre 2009, depositato in
cancelleria l’8 ottobre 2009 ed iscritto al n. 85 del registro
ricorsi 2009.
Visto l’atto di costituzione della Regione Campania;
Udito nell’udienza pubblica del 28 aprile 2010 il Giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
Uditi l’avvocato dello Stato Gabriella D’Avanzo per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l’avvocato Vincenzo Cocozza per la
Regione Campania.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso del 2 ottobre 2009 il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, ha sollevato, in riferimento all’art. 117 della Costituzione,
questione di legittimita’ costituzionale della legge della Regione
Campania 22 luglio 2009, n. 10 (Regolamentazione e uso degli
apparecchi di misurazione della velocita’ "autovelox" sulle strade di
proprieta’ regionale).
Riferisce il ricorrente che la disciplina della circolazione
stradale rientra nella competenza statale esclusiva di cui all’art.
117, secondo comma, lettere h) e l), della Costituzione, giacche’
interviene su temi attinenti alla sicurezza della circolazione
stradale, in quanto relativi alla regolamentazione e all’uso di
dispositivi destinati all’accertamento delle violazioni dei limiti di
velocita’ stabiliti all’art. 142 del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285 (Nuovo codice della strada). Peraltro, detti
dispositivi, a norma dell’art. 45, comma 6, del medesimo decreto
legislativo, sono soggetti all’approvazione o omologazione da parte
del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, secondo le
procedure indicate all’art. 192 del decreto del Presidente della
Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di
attuazione del nuovo codice della strada). L’intervento regionale si
pone in palese difformita’ anche rispetto a quanto disposto sia con
decreto ministeriale 15 agosto 2007 (Attuazione dell’articolo 3,
comma 1, lettera b del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117, recante
disposizioni urgenti modificative del codice della strada per
incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione) – con cui si
e’ data attuazione dell’art. 3, comma 1, lettera b), del
decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117 (Disposizioni urgenti
modificative del codice della strada per incrementare i livelli di
sicurezza nella circolazione) – sia con la circolare del 14 agosto
2009 (Direttiva per garantire un’azione coordinata di prevenzione e
contrasto dell’eccesso di velocita’ sulle strade) emanata dal
Ministero dell’interno – Dipartimento per la pubblica sicurezza –
Servizio di Polizia stradale. Ne’ le previsioni all’esame rientrano
tra i poteri e i compiti degli enti proprietari delle strade,
stabiliti dall’art. 14 del citato Nuovo codice della strada.
Cio’ premesso in termini generali, secondo l’Avvocatura dello
Stato vanno evidenziati, in particolare, due profili di
illegittimita’ costituzionale.
Il primo riguarda l’art. 2, comma 1, della legge regionale
secondo il quale, «ai fini del corretto utilizzo, gli apparecchi di
misurazione della velocita’ devono essere impiegati esclusivamente a
scopo preventivo e per indurre una maggiore consapevolezza dell’uso
dei mezzi di trasporto. Non e’ consentito l’uso repressivo di tali
apparecchi». La disposizione contrasta pero’ con il vigente impianto
sanzionatorio stabilito nel Nuovo codice della strada, e risulta
lesiva delle prerogative statali, di cui all’art. 117, secondo comma,
lettere h) e l), Cost., in quanto – vietando l’uso repressivo degli
apparecchi – si prefigge di renderne impossibile l’utilizzo per
l’accertamento delle violazioni dei limiti di velocita’ e per
l’applicazione del conseguente sistema sanzionatorio. Sotto tale
profilo, la legge regionale disattende l’art. 142, comma 6, del
citato Codice, secondo cui «per la determinazione dell’osservanza dei
limiti di velocita’ sono considerate fonti di prova le risultanze
delle apparecchiature debitamente omologate»: in tal modo,
evidentemente, si individua negli apparecchi uno strumento per la
repressione delle violazioni su tutto il territorio nazionale. La
previsione regionale, peraltro, si pone in contrasto anche con quanto
stabilito all’art. 201, comma 1-bis, lettere e) e f), del citato
Codice, che consente la notificazione degli estremi delle violazioni
che siano state accertate per mezzo dei dispositivi di rilevamento in
parola.
Il secondo profilo di legittimita’ costituzionale riguarda l’art.
5, recante «disposizioni inerenti la segnaletica», e disciplina la
tipologia della segnaletica e la distanza che deve intercorrere tra
questa e la postazione di controllo (il comma 2 stabilisce infatti
che «tra la segnalazione e l’«autovelox» deve esserci una distanza di
quattro chilometri»). Le prescrizioni regionali sono, pero’, diverse
da quelle stabilite all’art. 2, comma 1, del citato decreto del 15
agosto 2007 in materia di tipologia di segnaletica, e contrastano con
l’art. 45, comma 1, del Nuovo codice della strada, che stabilisce
l’uniformita’ della segnaletica, dei mezzi di regolazione e controllo
e omologazioni su tutto il territorio nazionale. In relazione a
quanto precede deve censurarsi l’intervento regionale perche’,
dettando regole in materie attinenti la sicurezza e la circolazione
stradale, contrasta, secondo il ricorrente, con l’art. 117, secondo
comma, lettera h), Cost., violando altresi’ la competenza esclusiva
statale in materia di giurisdizione e ordinamento civile e penale, di
cui al medesimo art. 117, secondo comma, lettera l).
2. – Con memoria del 27 ottobre 2009, si e’ costituita la Regione
Campania, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o
infondata. Rileva la difesa regionale che il ricorso dello Stato, in
una prima parte, riferendosi all’intera legge regionale, si limita ad
affermare la competenza esclusiva dello Stato in materia di sicurezza
e a richiamare i parametri normativi che si assumono violati, senza
pero’ alcuna analisi del testo, ma solo con un’affermazione
apodittica della sua presunta illegittimita’ per un contrasto con la
normativa statale intervenuta in tale settore. Per questa parte,
pertanto, il ricorso e’ sicuramente inammissibile. Le censure mosse
dallo Stato non raggiungono, pertanto, il livello di specificita’ che
si richiede ai fini di uno scrutinio di merito, poiche’ nei motivi di
ricorso non vi e’ neppure una sintetica esposizione delle ragioni per
cui le disposizioni contenute nella legge, singolarmente considerate,
determinerebbero una lesione delle attribuzioni statali. Nel merito,
infatti, cio’ che appare immediatamente chiaro (e che rende
palesemente infondata l’impugnativa dello Stato), e’ che la
disciplina regionale, soprattutto nella parte dettata dagli articoli
specificamente individuati, non e’ altro che l’assoluta pedissequa
riproduzione delle formule legislative statali.
Con riferimento all’art. 2, comma 1, la norma impugnata non ha
manifestato in alcun modo la volonta’ di svuotare di funzione
sanzionatoria l’eventuale contestazione dell’eccesso di velocita’
registrato dagli «autovelox». Essa ha semplicemente preso atto che
l’ordinamento italiano in materia di «autovelox» e’ ispirato alla
esigenza di prevenire le infrazioni al codice della strada piu’ che
reprimerle, con la finalita’ di educare gli automobilisti ad un uso
piu’ consapevole dei propri mezzi per tutelare la propria vita e
quella degli altri utenti della strada, bene primario dell’intera
collettivita’, come affermato anche dalla giurisprudenza della
Suprema Corte (Cass. 26 marzo 2009, n. 7419).
Quanto all’art. 5, la norma riguarda la tipologia della
segnaletica e la distanza che deve intercorrere tra questa e la
postazione di controllo. Tale norma e’ pressoche’ identica rispetto
all’art. 2, comma 1, del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117.
3. – Con memoria depositata il 7 aprile 2010, l’Avvocatura dello
Stato ha ribadito le proprie ragioni a favore dell’accoglimento della
questione.
Ritiene la difesa dello Stato che sia da respingere l’eccezione
di genericita’ del ricorso sollevata dalla resistente, in quanto il
ricorso sarebbe sufficientemente specifico, tanto che la Regione
Campania ha avuto modo di sviluppare le proprie difese.
Con memoria depositata il 28 aprile 2010 la Regione Campania
insiste nel chiedere che il ricorso sia dichiarato inammissibile o
infondato.
La difesa regionale sostiene, innanzitutto, che le norme
impugnate si riferiscono solo alle strade della Regione Campania e
regolano aspetti solo accessori rispetto a quelli attribuiti alla
competenza statale in materia di circolazione stradale. Il ricorso
sarebbe poi inammissibile perche’ pretenderebbe di ricomprendere in
una generica doglianza un testo con una pluralita’ di contenuti
(localizzazione degli «autovelox», procedura per il rilascio del
parere regionale per la loro collocazione; accorgimenti per la
migliore visibilita’ degli stessi).

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della
legittimita’ costituzionale della legge della Regione Campania 22
luglio 2009, n. 10 (Regolamentazione e uso degli apparecchi di
misurazione della velocita’ «autovelox» sulle strade di proprieta’
regionale) per violazione della competenza esclusiva statale di cui
all’art. 117, secondo comma, lettere h) e l), della Costituzione,
giacche’, con riferimento alla lettera h), interviene su temi
attinenti alla sicurezza della circolazione stradale, trattandosi
della regolamentazione di dispositivi destinati all’accertamento
delle violazioni dei limiti di velocita’ stabiliti all’art. 142 del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), mentre, con riferimento alla lettera l), interviene in
materia di giurisdizione e ordinamento civile e penale.
A parere del ricorrente, poi, l’art. 2, comma 1, della legge
regionale citata, vietando l’uso repressivo degli apparecchi,
disattende l’art. 142, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992 secondo
cui «per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocita’
sono considerate fonti di prova le risultanze delle apparecchiature
debitamente omologate»; mentre il successivo art. 5, comma 2, nel
disporre che tra la segnalazione e l’"autovelox" deve esserci una
distanza di quattro chilometri, contrasta con l’art. 45, comma 1,
dello stesso decreto legislativo, che assicura un’uniformita’ dei
mezzi di regolazione e controllo su tutto il territorio nazionale
attinenti la sicurezza e la circolazione stradale.
2. – L’eccezione di inammissibilita’ della questione, sollevata
dalla resistente, non puo’ essere accolta.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, deve essere dichiarata
inammissibile una questione avente ad oggetto un’intera legge quando
le censure adeguatamente motivate riguardino solo singole
disposizioni, mentre quella indirizzata all’intero testo normativo si
presenti del tutto generica (sentenza n. 94 del 2003).
L’inammissibilita’ deve, invece, essere esclusa quando dal ricorso
sia possibile individuare con chiarezza le norme sulle quali si
appuntano le singole censure (sentenze n. 59 del 2006 e n. 74 del
2004).
Nel caso di specie, il ricorso statale contiene una motivazione
sintetica, ma non generica, della censura rivolta all’intera legge
regionale e passa inoltre ad illustrare una serie di specifiche
presunte violazioni di norme costituzionali da parte di singoli
articoli della legge medesima. Non ricorrono pertanto le condizioni
per dichiarare l’inammissibilita’ della questione.
3. – Nel merito, la questione e’ fondata.
3.1. – Va, innanzitutto, ribadita la giurisprudenza di questa
Corte secondo cui nell’assetto delle competenze legislative derivante
dalla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione,
attuata nel 2001, la disciplina della circolazione stradale e’
attribuita alla competenza esclusiva dello Stato (sentenza n. 428 del
2004).
Del tutto correttamente, quindi, l’art. 1 del decreto legislativo
n. 285 del 1992, recante il Nuovo codice della strada,
nell’individuare i «principi generali» della disciplina,
esplicitamente dichiara che «la sicurezza delle persone, nella
circolazione stradale, rientra tra le finalita’ primarie di ordine
sociale ed economico perseguite dallo Stato».
Ne’ puo’ essere condiviso l’argomento difensivo secondo il quale
le norme della legge impugnata si riferirebbero solo alle strade
della Regione Campania, dal momento che la sentenza n. 428 del 2004
non distingue, ai fini della competenza esclusiva dello Stato in tema
di circolazione stradale, tra strade classificate come statali,
regionali o provinciali.
In presenza di tale attribuzione di competenza allo Stato, il
ricorso del Presidente del Consiglio, che a tale giurisprudenza fa
espresso richiamo per denunciare l’incompetenza della Regione
Campania nell’adozione della legge impugnata, merita accoglimento.
Cio’, soprattutto ove si tengano presenti le disposizioni
espressamente censurate e precisamente l’art. 2, comma 1, che non
consente l’uso repressivo degli apparecchi di misurazione della
velocita’, ponendosi con cio’ in contrasto con la normativa statale
(art. 142, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992), secondo cui «per la
determinazione dell’osservanza dei limiti di velocita’ sono
considerati fonti di prova le risultanze delle apparecchiature
debitamente omologate»; nonche’ l’art. 5, comma 2, che dispone che
«tra la segnalazione e l’"autovelox" deve esserci una distanza di
quattro chilometri», in contrasto con l’art. 142, comma 6-bis, dello
stesso decreto legislativo, per il quale le postazioni di controllo
sulla rete stradale per il rilevamento della velocita’ devono essere
preventivamente segnalate e ben visibili. Le modalita’ di impiego
sono stabilite dall’art. 2, comma 1, del decreto del Ministro dei
trasporti 15 agosto 2007 (Attuazione dell’art. 3, comma 1, lettera b
del d.l. 3 agosto 2007, n. 117, recante disposizioni urgenti
modificative del codice della strada per incrementare i livelli di
sicurezza nella circolazione), ai sensi del quale e’ necessario che
non vi siano tra il segnale e il luogo di effettivo rilevamento
intersezioni stradali che comporterebbero la ripetizione del
messaggio dopo le stesse, e comunque che non vi sia una distanza
superiore a quattro chilometri.
Le norme impugnate e quelle che residuerebbero tendono a
sostituirsi alle norme del Nuovo codice della strada aventi lo scopo
di indurre gli automobilisti ad un corretto comportamento nella
guida, anche al fine di sanzionare il superamento dei limiti di
velocita’.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara l’illegittimita’ costituzionale della legge della
Regione Campania 22 luglio 2009, n. 10 (Regolamentazione e uso degli
apparecchi di misurazione della velocita’ «autovelox» sulle strade di
proprieta’ regionale).
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2010.

Il Presidente: Amirante

Il redattore: Finocchiaro

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria il 24 giugno 2010.

Il direttore della cancelleria: Di Paola

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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