Corte Costituzionale sentenza N. 182 12 – 20 maggio 2010 .

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 21 del 26-5-2010

Sentenza nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 13-bis, comma 8, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche’ proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, promosso dalla Provincia autonoma di Trento con ricorso notificato il 3 ottobre 2009, depositato in cancelleria il 7 ottobre 2009 ed iscritto al n. 80 del registro ricorsi 2009. Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell’udienza pubblica del 28 aprile 2010 il Giudice relatore Franco Gallo; Uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. – Con ricorso notificato il 3 ottobre 2009, la Provincia autonoma di Trento ha impugnato, tra altre disposizioni dello stesso decreto-legge, l’art. 13-bis, comma 8, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche’ proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, per violazione dell’art. 75, comma 1, lettera g), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e degli artt. 9 e 10, commi 6 e 7, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), attuativo del Titolo VI dello statuto speciale. La ricorrente premette che il menzionato art. 13-bis, introdotto dalla legge di conversione, detta «Disposizioni concernenti il rimpatrio di attivita’ finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato», istituendo, al comma 1, «un’imposta straordinaria sulle attivita’ finanziarie e patrimoniali: a) detenute fuori del territorio dello Stato senza l’osservanza delle disposizioni del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167 […]; b) a condizione che le stesse siano rimpatriate in Italia da Stati non appartenenti all’Unione europea, ovvero regolarizzate o rimpatriate perche’ detenute in Stati dell’Unione europea e in Stati aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un effettivo scambio di informazioni fiscali in via amministrativa». Il censurato comma 8 – prosegue la ricorrente – prevede che «le maggiori entrate derivanti dal presente articolo affluiscono ad un’apposita contabilita’ speciale per essere destinate alle finalita’ indicate all’articolo 16, comma 3», e cioe’, «in conformita’ alle indicazioni contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013, all’attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti». La ricorrente sostiene che, qualora la norma denunciata, nel disporre delle maggiori entrate, si riferisse anche a quelle riscosse nell’ambito della Provincia autonoma di Trento, essa lederebbe l’autonomia finanziaria di tale Provincia, regolata dal Titolo VI dello statuto speciale, dalla legge 30 novembre 1989, n. 386 (Norme per il coordinamento della finanza della regione Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano con la riforma tributaria), e dal d.lgs. n. 268 del 1992. La Provincia propone la sua impugnazione per l’ipotesi che la disposizione censurata vada intesa nel senso di riservare al bilancio statale anche la quota delle entrate di sua competenza. Osserva, infatti, che l’art. 13-bis non menziona specificamente le Province autonome, «per cui non e’ chiaro se realmente tale disposizione intenda sottrarre alla Provincia le entrate tributarie derivanti dall’applicazione dell’art. l3-bis e relative a soggetti residenti (o aventi sede) nel territorio provinciale», in quanto «in tale situazione di non chiarezza» dovrebbe prevalere l’interpretazione che fa salva l’autonomia finanziaria della Provincia come definita dallo statuto. In caso contrario – osserva la ricorrente – la disposizione censurata violerebbe l’art. 75, comma 1, lettera g), dello statuto di autonomia, secondo cui spettano alle Province autonome «i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate», e gli artt. 9 e 10, commi 6 e 7, del d.lgs. n. 268 del 1992, in quanto essa riserverebbe allo Stato la quota di spettanza della Provincia in assenza dei presupposti indicati da tali disposizioni. L’art. 9, in particolare, stabilisce che «il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall’istituzione di nuovi tributi» e’ riservato allo Stato se destinato per legge – per finalita’ diverse da quelle di cui al comma 6 dell’art. 10 e al comma 1, lettera b), dell’art. 10-bis – alla copertura, ai sensi dell’art. 81 Cost., di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della Regione o delle Province, ivi comprese quelle relative a calamita’ naturali, e «purche’ risulti temporalmente delimitato, nonche’ contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile». L’art. 10 prevede, al comma 6, che una quota del previsto incremento del gettito tributario, con alcune esclusioni, «puo’ essere destinata», limitatamente agli esercizi previsti dall’accordo relativo alla determinazione della quota variabile di cui all’art. 78 dello statuto, «al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica previsti dai precedenti provvedimenti». Al successivo comma 7 prevede, poi, che «Nella determinazione della quota di cui al comma 6 si tiene conto altresi’: a) dei gettiti derivanti da maggiorazioni di aliquote o dall’istituzione di nuovi tributi se destinati per legge alla copertura, ai sensi dell’art. 81 della Costituzione, delle spese di cui all’art. 9, nel caso in cui i predetti gettiti non risultino contabilizzati distintamente nel bilancio dello Stato, o non risultino temporalmente delimitati; b) delle spese relative a nuove competenze trasferite o delegate dallo Stato alle province». La ricorrente lamenta, in conclusione, che la destinazione delle nuove entrate tributarie – stabilita dall’art. 16, comma 3, richiamato dalla disposizione censurata -, «in conformita’ alle indicazioni contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013, all’attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti», non concreta alcuno dei presupposti di cui all’art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992, non essendo previsti ne’ le «spese specifiche», ne’ il «carattere non continuativo», ne’ l’estraneita’ alle materie regionali. 2. – Si e’ costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, rilevando l’infondatezza della questione prospettata. A detta della difesa dello Stato, l’eccezionalita’ del prelievo, la sua natura peculiare – data dal fatto che esso surroga l’applicazione delle sanzioni nei confronti di chi violo’ le norme amministrative, tributarie e previdenziali riguardanti l’esportazione di capitali – e la limitatezza nel tempo dell’operativita’ della disposizione escludono che essa possa violare gli evocati parametri. Osserva la stessa difesa che l’art. 117, secondo comma, Cost. riserva alla competenza esclusiva dello Stato il sistema tributario e contabile statale e l’ordinamento civile e penale, materie alle quali il prelievo in questione deve essere ricondotto, perche’ esso sostituisce «le sanzioni (anche) pecuniarie per gli illeciti commessi, ora, appunto, regolarizzati, le cui sanzioni pecuniarie non furono mai destinate al bilancio provinciale». 3. – Con memoria depositata in prossimita’ dell’udienza, la Provincia autonoma di Trento ha insistito nell’accoglimento della questione prospettata, rilevando che: a) la legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), ha inserito nello statuto speciale l’art. 75-bis, il quale conferma che, a prescindere dall’ufficio al quale pervengono le somme pagate ai sensi dell’art. 13-bis censurato, quelle provenienti da soggetti residenti o aventi sede nella provincia di Trento spettano per i nove decimi alla Provincia; b) l’osservazione della difesa erariale secondo la quale le entrate tributarie di cui all’art. 75, comma 1, lettera g), dello statuto speciale non comprendono le sanzioni amministrative non si attaglia alla fattispecie in esame, perche’ le somme di cui si tratta non sono riscosse a titolo di sanzione, bensi’ a titolo di imposta straordinaria, con l’esclusione di sanzioni; c) trova applicazione, nel caso di specie, la disposizione di cui all’art. 75, comma 1, lettera g), dello statuto speciale, perche’ l’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 268 del 1992 precisa che «ai fini dell’art. 75, comma 1, lettera g), dello statuto per entrate tributarie si intendono le entrate qualificate come tali nel bilancio dello Stato»; d) la corresponsione alla Provincia di quanto le compete ai sensi dello statuto risulta pienamente giustificata dalla considerazione che l’imposta straordinaria tiene luogo di quelle non pagate dai soggetti residenti o aventi sede nella provincia «sulle attivita’ finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato senza l’osservanza delle disposizioni del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, imposte che sarebbero affluite alla Provincia secondo le norme dello Statuto»; e) il fatto che, in caso di applicazione di sanzioni, queste sarebbero affluite al bilancio statale non puo’ condurre a disapplicare il regime delle entrate tributarie, perche’ «l”acquisizione al bilancio statale delle sanzioni si spiega con la considerazione che l’attivita’ amministrativa sanzionatoria e’ svolta dagli uffici statali, mentre la norma impugnata […] vorrebbe distrarre dal bilancio provinciale somme che i privati pagano a titolo di imposta, in sostituzione delle imposte non pagate, senza neppure che vi sia un’attivita’ amministrativa statale volta a scoprire gli illeciti o a far "emergere" le attivita’»; f) non si contesta la competenza statale in materia di «sistema tributario e contabile dello Stato», che consente a quest’ultimo di istituire e regolare l’imposta, «ma solo la norma che, secondo l’interpretazione prospettata nel ricorso a titolo cautelativo, sottrarrebbe alla Provincia le entrate di sua spettanza»; g) non si contesta neanche la competenza statale nella materia dell’ordinamento civile e penale, in base alla quale possono legittimamente essere disciplinate le conseguenze del rimpatrio o della regolarizzazione dei capitali, ma si contesta soltanto la destinazione delle somme riscosse a titolo di imposta straordinaria. 4. – Con memoria depositata in prossimita’ dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito quanto gia’ dedotto, insistendo per il rigetto del ricorso e sostenendo, in primo luogo, che l’imposta straordinaria di cui si tratta non e’ una vera imposta, ma e’ «un pagamento stabilito in cambio di un rimpatrio non rischioso di capitali illecitamente esportati», che si concretizza nel «prezzo di un "perdono" che cancella le conseguenze penali, fiscali, amministrative e civili dell’illecita condotta». La difesa dello Stato rileva, in particolare, che il prelievo in questione si paga «a condizione che si compia una certa attivita’ e che si chieda di pagarlo» e che, nel caso di specie, la somma corrisposta non e’ altro che il "riscatto" dell’illecito, «la sostituzione (favorevole per il colpevole) delle sanzioni penali ed amministrative altrimenti irrogabili, alle quali lo Stato rinuncia» e che non sarebbero comunque spettate alla Provincia autonoma. L’Avvocatura generale dello Stato sostiene, in secondo luogo, che la norma denunciata afferisce alle competenze legislative statali nelle materie del coordinamento della finanza pubblica e dell’ordinamento civile e penale, perche’ ha l’effetto di «decriminalizzare» e «desanzionare» un certo comportamento in cambio di un ravvedimento operoso accompagnato dal pagamento di una determinata somma. In terzo luogo – sempre per la difesa statale – il prelievo in questione sarebbe di spettanza dello Stato anche se fosse considerato di carattere tributario, perche’ ha i requisiti richiesti a tal fine dall’art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992, evocato dalla ricorrente quale parametro di costituzionalita’, essendo diretto «alla copertura, ai sensi dell’art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo» ed essendo temporaneo. In particolare: «la destinazione legale del rientro dei capitali e del pagamento della sanatoria e’ data dall’art. 16, comma 3, d.l. n. 78/09, e cioe’ la destinazione e’ l’attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010-2013»; mentre «la "temporaneita’" e’ data dal termine di scadenza della regolarizzazione al 30 aprile 2010 (termine cosi’ prorogato dall’art. 1 d.l. 30 dicembre 2009, n. 194)». Considerato in diritto 1. – La Provincia autonoma di Trento censura l’art. 13-bis, comma 8, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche’ proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, il quale prevede che «le maggiori entrate derivanti dal presente articolo affluiscono ad un’apposita contabilita’ speciale per essere destinate alle finalita’ indicate all’articolo 16, comma 3», e cioe’ «all’attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti», «in conformita’ alle indicazioni contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013». Sono evocati quali parametri di legittimita’ costituzionale: a) l’art. 75, comma 1, lettera g), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), il quale prevede che spettano alle Province autonome «i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate»; b) gli artt. 9 e 10, commi 6 e 7, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale). In particolare, le evocate disposizioni del d.lgs. n. 268 del 1992 prevedono, rispettivamente, che: (b.1.) «Il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall’istituzione di nuovi tributi, se destinato per legge, per finalita’ diverse da quelle di cui al comma 6 dell’art. 10 e al comma 1, lettera b), dell’art. 10-bis, alla copertura, ai sensi dell’art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamita’ naturali, e’ riservato allo Stato, purche’ risulti temporalmente delimitato, nonche’ contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile. Fuori dei casi contemplati nel presente articolo si applica quanto disposto dagli articoli 10 e 10-bis» (art. 9); (b.2.) una quota del previsto incremento del gettito tributario, con alcune esclusioni, «puo’ essere destinata», limitatamente agli esercizi previsti dall’accordo relativo alla determinazione della quota variabile di cui all’art. 78 dello statuto, «al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica previsti dai precedenti provvedimenti» (art. 10, comma 6); (b.3.) «Nella determinazione della quota di cui al comma 6 si tiene conto altresi’: a) dei gettiti derivanti da maggiorazioni di aliquote o dall’istituzione di nuovi tributi se destinati per legge alla copertura, ai sensi dell’art. 81 della Costituzione, delle spese di cui all’art. 9, nel caso in cui i predetti gettiti non risultino contabilizzati distintamente nel bilancio dello Stato, o non risultino temporalmente delimitati; b) delle spese relative a nuove competenze trasferite o delegate dallo Stato alle province» (art. 10, comma 7). Secondo la Provincia ricorrente, la disposizione impugnata, se interpretata – come lo Stato l’interpreta – nel senso che essa riserva al bilancio statale anche la quota dell’imposta straordinaria sulle attivita’ finanziarie e patrimoniali disciplinata dai precedenti commi dello stesso art. 13-bis, viola gli evocati parametri, perche’ dispone una tale riserva per un’entrata tributaria erariale destinata, invece, alla Provincia stessa; e cio’, senza che sussista la condizione prevista dall’art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992, e cioe’ la destinazione del gettito alla copertura di «spese specifiche», aventi «carattere non continuativo» ed estranee «alle materie regionali». 2. – La trattazione della questione di legittimita’ costituzionale relativa alla suddetta disposizione viene qui separata da quella delle altre questioni, promosse con il medesimo ricorso, per le quali e’ opportuno procedere ad un esame distinto. 3. – La difesa dello Stato eccepisce, in primo luogo, che la riserva al bilancio statale della suddetta imposta straordinaria esula dall’ambito di applicazione degli evocati parametri, perche’ essi si riferiscono ad entrate tributarie, mentre il prelievo in questione non ha natura tributaria. L’eccezione non e’ fondata. Il prelievo di cui al citato art. 13-bis ha la seguente disciplina: a) e’ dovuto, in via straordinaria, in relazione al rimpatrio o alla regolarizzazione, limitatamente al periodo indicato dal comma 6, delle attivita’ finanziarie e patrimoniali «detenute fuori del territorio dello Stato senza l’osservanza delle disposizioni del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni» (comma 1, lettera a); b) si applica «su un rendimento lordo presunto in ragione del 2 per cento annuo per i cinque anni precedenti il rimpatrio o la regolarizzazione» e con «un’aliquota sintetica del 50 per cento per anno, comprensiva di interessi e sanzioni» (comma 2); c) e’ corrisposto per il tramite di intermediari (banche e altri soggetti individuati dall’art. 11, comma 1, lettera b, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350) e previa presentazione agli stessi intermediari di una dichiarazione riservata delle attivita’ finanziarie rimpatriate o regolarizzate (art. 13 del d.l. n. 350 del 2001); d) il suo gettito e’ destinato a finanziare la manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti, «in conformita’ alle indicazioni contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013». La suesposta disciplina conferma la qualificazione di «imposta straordinaria» data dallo stesso legislatore al menzionato prelievo. Quest’ultimo – secondo la ricostruzione appena delineata nelle lettere da a) a d) – risponde, infatti, a tutti i criteri elaborati dalla giurisprudenza costituzionale (ex plurimis: sentenze n. 141 del 2009, n. 335 e n. 64 del 2008, n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005) per qualificare come tributarie alcune entrate. Esso costituisce, in particolare, una prestazione obbligatoria straordinaria stabilita per legge (lettere a, b, c), collegata ad una pubblica spesa (lettera d), in relazione ad un presupposto economicamente rilevante (lettera a). Dalla natura tributaria di detto prelievo – desumibile dai criteri sostanziali sopra indicati e non certo dalle modalita’ di contabilizzazione del gettito – consegue la pertinenza degli evocati parametri, i quali si riferiscono, appunto, alle entrate tributarie. 4. – Nel merito, la questione non e’ fondata. Per valutare se la riserva al bilancio statale dell’imposta straordinaria sulle attivita’ finanziarie e patrimoniali disposta dalla norma censurata sia legittima, occorre verificare se essa soddisfi le condizioni previste dall’evocato art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992. In particolare, tale articolo richiede, per la legittimita’ della riserva statale, che: a) detta riserva sia giustificata da «finalita’ diverse da quelle di cui al comma 6 dell’art. 10 e al comma 1, lettera b), dell’art. 10-bis» dello stesso d.lgs. n. 268 del 1992, e cioe’ da finalita’ diverse tanto dal «raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica» (art. 10, comma 6) quanto dalla copertura di «spese derivanti dall’esercizio delle funzioni statali delegate alla regione» (art. 10-bis, comma 1, lettera b); b) il gettito sia destinato per legge «alla copertura, ai sensi dell’art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamita’ naturali»; c) il gettito sia «temporalmente delimitato, nonche’ contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile». Il denunciato ultimo comma dell’art. 13-bis del d.l. n. 78 del 2009 soddisfa tali condizioni. 4.1. – Quanto alla condizione sub a), e’ agevole rilevare che la norma censurata, disponendo, attraverso il richiamo del comma 3 del successivo art. 16, che il gettito dell’imposta sia destinato «all’attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti», persegue in concreto finalita’ diverse, in quanto piu’ articolate e complesse, da quella del puro e semplice riequilibrio della finanza pubblica di cui al comma 6 dell’art. 10. 4.2. – Quanto alla condizione sub b) della copertura «di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province», deve essere preliminarmente preso in considerazione quanto previsto dallo stesso art. 16, comma 3, richiamato dalla disposizione censurata, il quale stabilisce – come visto – che la destinazione del gettito dell’imposta «all’attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti» deve avvenire «in conformita’ alle indicazioni contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013» (DPEF). E’ percio’ necessario accertare se dal suddetto DPEF siano desumibili finalita’ di copertura di spese che abbiano i caratteri della novita’, della specificita’, della non continuativita’ e della non riconducibilita’ alle competenze legislative regionali o provinciali. A tal fine va osservato che, ai punti I e II del citato DPEF, la programmazione economico-finanziaria per il triennio e’ posta in stretta relazione con l’esigenza di contrastare gli effetti sull’economia nazionale dell’attuale crisi economica internazionale. Vi si legge, infatti, che «il Governo intende agire per trasformare l’attuale crisi in un’opportunita’ di sviluppo e di rilancio per l’economia italiana» (punto I, pagina 2). In tale quadro congiunturale, l’azione del Governo e’ quindi volta (secondo quanto indicato al successivo punto III) a «fronteggiare la recessione sia con misure a supporto del settore finanziario sia di stimolo fiscale» (pagina 15). Tali misure consistono, per lo piu’, in spese dirette al finanziamento della ripresa economica, quali: il sostegno alle imprese, anche attraverso il finanziamento del fondo di garanzia e l’alleggerimento del carico fiscale (pagine 17 e 25); gli interventi sul mercato del lavoro, anche attraverso il finanziamento del fondo per l’occupazione (pagine 18 e 25); il finanziamento degli investimenti pubblici, con particolare riguardo alle infrastrutture e alle attivita’ di ricerca e sviluppo (pagina 18); il supporto alle famiglie, con misure di salvaguardia del potere d’acquisto, di tutela dei piccoli risparmiatori, di risposta all’emergenza abitativa (pagine 18 e 26); il finanziamento della cooperazione internazionale allo sviluppo (pagina 26); il finanziamento delle opere di ricostruzione dell’Abruzzo (pagina 26). Dall’analisi dei contenuti e delle finalita’ del DPEF emerge con chiarezza che le spese alla cui copertura esso fa riferimento soddisfano la condizione sub b), perche’ possiedono sia il carattere della novita’ e non continuativita’, in quanto sono strettamente connesse all’insorgenza di una contingente crisi economica, sia quello della specificita’, in quanto si risolvono nel finanziamento di misure sufficientemente individuate dallo stesso DPEF, sia, infine, quello della non riconducibilita’ alle competenze legislative regionali o provinciali, in quanto attengono all’assetto economico nazionale nel suo complesso. A tali considerazioni deve aggiungersi che la norma censurata e’ inserita nel decreto-legge n. 78 del 2009, che ha anch’esso la finalita’ di fronteggiare, con un’ampia gamma di misure economiche, l’attuale congiuntura internazionale, recando appunto, come appare evidente dalla sua stessa intitolazione, «provvedimenti anticrisi». 4.3. – Quanto, infine, alla condizione sub c) richiesta dall’evocato art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992, secondo la quale il gettito deve essere «temporalmente delimitato, nonche’ contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile», e’ agevole rilevare che anch’essa e’ soddisfatta dalla disposizione impugnata. Il gettito dell’imposta straordinaria sulle attivita’ finanziarie e patrimoniali e’, infatti, «temporalmente delimitato», perche’ il prelievo ha per oggetto le «attivita’ finanziarie e patrimoniali detenute a partire da una data non successiva al 31 dicembre 2008 e rimpatriate ovvero regolarizzate a partire dal 15 settembre 2009 e fino al 30 aprile 2010» (art. 13-bis, comma 6, nel testo attualmente vigente). Il gettito stesso e’, inoltre, «contabilizzato distintamente», perche’ – come espressamente disposto dalla norma censurata – affluisce «ad un’apposita contabilita’ speciale», comunque imputabile allo Stato.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni
di legittimita’ costituzionale promosse, nei confronti del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonche’
proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3
agosto 2009, n. 102, dalla Provincia autonoma di Trento;
Dichiara non fondata la questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 13-bis, comma 8, del decreto-legge n. 78 del 2009,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, promossa,
in riferimento all’art. 75, comma 1, lettera g), del d.P.R. 31 agosto
1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e agli
artt. 9 e 10, commi 6 e 7, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n.
268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige in materia di finanza regionale e provinciale), dalla Provincia
autonoma di Trento, con il ricorso indicato in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 maggio 2010.

Il Presidente: Amirante

Il redattore: Gallo

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria il 20 maggio 2010.

Il direttore della cancelleria: Di Paola

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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