Corte Costituzionale sentenza N. 173 10 – 13 maggio 2010 .

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 20 del 19-5-2010

Sentenza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 35, comma 2,
della legge 24 novembre 2000, n. 340 (Disposizioni per la
delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti
amministrativi – Legge di semplificazione 1999), come sostituito
dall’art. 22, comma 1, della legge 29 luglio 2003, n. 229 (Interventi
in materia di qualita’ della regolazione, riassetto normativo e
codificazione – Legge di semplificazione 2001), promosso dalla
Sezione specializzata agraria della Corte d’appello di Trento –
Sezione distaccata di Bolzano nel procedimento vertente tra M.K. e
L.E. con ordinanza del 6 marzo 2009, iscritta al n. 307 del registro
ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 52, 1ª serie speciale, dell’anno 2009.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 14 aprile 2010 il Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano.

Ritenuto in fatto

1. – Con ordinanza depositata il 6 marzo 2009 la Sezione
specializzata agraria della Corte di appello di Trento – Sezione
distaccata di Bolzano ha sollevato, in riferimento all’art. 116 della
Costituzione nonche’ all’art. 8, numero 8), del decreto del
Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del
testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige), questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 35, comma 2, della legge 24 novembre 2000,
n. 340 (Disposizioni per la delegificazione di norme e per la
semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di
semplificazione 1999), come sostituito dall’art. 22, comma 1, della
legge 29 luglio 2003, n. 229 (Interventi in materia di qualita’ della
regolazione, riassetto normativo e codificazione – Legge di
semplificazione 2001), il quale prevede che «Chi intende proporre in
giudizio una domanda relativa all’ordinamento dei masi chiusi e’
tenuto ad esperire il tentativo di conciliazione ai sensi dell’art.
46 della legge 3 maggio 1982, n. 203».
1.1. – Riferisce la Corte rimettente di essere chiamata a
giudicare, in grado di appello, in ordine alla domanda con la quale,
per quanto ora interessa, M.K. ha chiesto la condanna di L.E. al
rilascio di due fondi, ciascuno dei quali costituente un «maso
chiuso», osservando che gli stessi erano detenuti senza titolo dal
convenuto.
Precisa il rimettente che il convenuto si e’ difeso, in primo
grado, sostenendo, in via preliminare, la improponibilita’ della
domanda giudiziale per non avere l’attore svolto il preventivo
tentativo di conciliazione previsto dalla norma impugnata e, nel
merito, affermando che non si trattava di detenzione sine titulo ma
che essa era giustificata dalla esistenza di un contratto agrario che
consentiva il godimento da parte sua dei fondi in questione.
L’affermazione della esistenza di tale rapporto agrario era,
peraltro, oggetto di specifica domanda riconvenzionale da parte del
convenuto, che la aveva fatta precedere dalla istanza volta
all’esperimento del tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 46
della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari).
Prosegue la Corte territoriale riferendo che il giudice di prime
cure, assunta prova per testi, si era pronunziato espressamente sulla
non necessita’ dell’esperimento del tentativo di conciliazione
(peraltro promosso dal convenuto, attore in riconvenzionale) di cui
all’art. 46 della citata legge n. 203 del 1982, mentre aveva taciuto
sulla eccezione di improponibilita’ della domanda principale
formulata da parte convenuta, e, provvedendo nel merito, aveva
accertato, in accoglimento della domanda riconvenzionale, la
sussistenza sui terreni in questione di un rapporto contrattuale
configurabile come affitto agrario a coltivatore diretto, rigettando,
pertanto, l’azione di rilascio.
1.2. – Avverso questa sentenza proponeva appello l’originario
attore. Questi, dedotta l’incompletezza della istruttoria svolta, di
cui domandava, pertanto, l’integrazione, ha chiesto che, in toto
riformata la sentenza di primo grado, fosse accolta l’azione di
rilascio e fosse rigettata la riconvenzionale.
Costituitosi in appello, l’originario convenuto, oltre ad opporsi
all’accoglimento del gravame, proponeva, a sua volta, appello
incidentale avverso l’omessa pronuncia da parte del primo giudice
sulla eccezione preliminare di improponibilita’ per non essere stato
esperito, ne’ richiesto, il tentativo di conciliazione.
Prosegue il rimettente osservando che, a questo punto, aveva
prospettato alle parti la questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 35, comma 2, della legge n. 340 del 2000.
1.3. – Illustrandone la rilevanza nel giudizio a quo, la Corte
altoatesina, osserva che nel novero delle domande giudiziali relative
all’ordinamento dei masi chiusi, cui si riferisce la norma censurata,
vi e’ anche quella volta al rilascio di uno di essi. Al riguardo,
rileva la pregiudizialita’ dell’esame dei motivi dell’appello
incidentale proposto dal convenuto in primo grado, tanto piu’ ove si
consideri che l’eventuale difetto del preventivo tentativo di
conciliazione sarebbe, comunque, rilevabile anche d’ufficio dallo
stesso giudice d’appello.
Con riferimento alla non manifesta infondatezza della questione,
il rimettente ricorda che, a norma dell’art. 8, numero 8), del d.P.R.
n. 670 del 1972, la disciplina dell’ordinamento dei masi chiusi e’
riservata alla potesta’ legislativa primaria della Provincia autonoma
di Bolzano. Tale potesta’, secondo l’indirizzo costante della Corte
costituzionale, si esplicherebbe entro dei limiti piu’ ampi di quelli
previsti per le altre materie rimesse alla competenza legislativa
primaria provinciale, estendendosi anche alla pertinente normativa
processuale, ne’, riguardo a detto riparto di competenze, alcuna
modifica o innovazione e’ stata apportata dalle riforme
costituzionali approvate con le leggi costituzionali 31 gennaio 2001,
n. 2 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta dei presidenti
delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento
e di Bolzano), e 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione).
1.4. – Da quanto precede il giudice a quo deduce che la norma
censurata, violando la potesta’ legislativa primaria della Provincia
autonoma di Bolzano fissata dall’art. 8, numero 8), dello statuto di
autonomia, sia costituzionalmente illegittima.
2. – E’ intervenuto nel giudizio di legittimita’ costituzionale
il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dalla Avvocatura generale dello Stato, concludendo nel senso della
inammissibilita’ o, comunque, della infondatezza della questione.
2.1. – Secondo la difesa dello Stato, la questione sarebbe
inammissibile in quanto il giudice a quo avrebbe del tutto omesso di
esaminare in qual modo la disposizione censurata sarebbe idonea a
pregiudicare la conservazione delle essenziali e specifiche finalita’
dell’istituto del maso chiuso.
2.2. – La questione sarebbe, comunque, anche infondata in quanto
la competenza normativa primaria conferita al legislatore altoatesino
in materia di ordinamento dei masi chiusi – che anche la
interveniente difesa riconosce essere piu’ ampia di quella che e’
connessa alle altre materie elencate dall’art. 8 dello statuto di
autonomia – si esplica, tuttavia, a livello di disciplina sostanziale
e non anche a livello, unico oggetto della disposizione censurata, di
disciplina processuale.
Che la competenza provinciale nella materia in questione si
esplichi esclusivamente a livello sostanziale lo si deduce – sempre
secondo l’Avvocatura dello Stato – dal fatto che lo stesso art. 8,
numero, 8), dello statuto si riferisce all’«ordinamento dei masi
chiusi» e dal fatto che la competenza legislativa primaria deve
comunque essere esercitata entro i limiti fissati dall’art. 4 dello
statuto, cioe’ in armonia con la Costituzione e i principi
dell’ordinamento giuridico della Repubblica e delle norme
fondamentali di riforma economico-sociale.
Aggiunge la difesa pubblica che la potesta’ legislativa
provinciale incontra, oltre al limite – definito «interno» – fissato
dall’art. 8, numero 8), dello statuto, anche un limite esterno
costituito dalla competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art.
117, secondo comma, lettera l), della Costituzione in materia di
giurisdizione e norme processuali. In assenza di disposizioni di
rango costituzionale atte a rimuovere tale limite deve, pertanto,
escludersi la competenza provinciale riguardo alle norme regolatrici
del processo.
2.3. – Ne’ ad un diverso risultato potrebbe condurre, come invece
prospettato dal rimettente, l’esame della giurisprudenza della Corte
costituzionale in argomento. In particolare, l’Avvocatura si sofferma
sulla sentenza n. 4 del 1956 per chiarire che con essa la Corte
costituzionale, lungi dal riconoscere la competenza legislativa
provinciale in materia processuale, ha solo affermato la legittimita’
di una norma recata da una legge provinciale, avente ad oggetto un
procedimento di volontaria giurisdizione. Cio’ in quanto detta
previsione normativa si giustificava poiche’, per il tramite di essa,
si restituiva ad un organo della giurisdizione una competenza che
gia’ era attribuita, nella precedente legislazione austriaca, al
corrispondente organo giurisdizionale, cosi’ ripristinandosi,
conformemente alla ratio della peculiare competenza legislativa in
materia, un aspetto della tradizione dell’istituto del «maso chiuso».

Considerato in diritto

1. – La Sezione specializzata agraria della Corte di appello di
Trento – Sezione distaccata di Bolzano dubita, in riferimento
all’art. 116 della Costituzione nonche’ all’art. 8, numero 8), del
decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), della legittimita’
costituzionale dell’art. 35, comma 2, della legge 24 novembre 2000,
n. 340 (Disposizioni per la delegificazione di norme e per la
semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di
semplificazione 1999), come sostituito dall’art. 22, comma 1, della
legge 29 luglio 2003, n. 229 (Interventi in materia di qualita’ della
regolazione, riassetto normativo e codificazione – Legge di
semplificazione 2001).
1.1. – In particolare, il citato giudice rimettente – premesso
che la norma oggetto dell’incidente di costituzionalita’ prevede che
«Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa
all’ordinamento dei masi chiusi e’ tenuto ad esperire il tentativo di
conciliazione ai sensi dell’art. 46 della legge 3 maggio 1982, n.
203», con l’unica variante, rispetto al modello di riferimento, che
all’ispettorato provinciale della agricoltura e’ sostituita la
«Ripartizione agricoltura della provincia autonoma di Bolzano» –
ritiene che siffatta disposizione sia in contrasto con l’art. 116
della Costituzione e con l’art. 8, numero 8), del d.P.R. n. 670 del
1972 atteso che, secondo i termini della disposizione ultima citata,
«la disciplina della materia dell’ordinamento dei masi chiusi e’
riservata alla potesta’ legislativa primaria della Provincia
autonoma».
Ritiene, pertanto, il rimettente che, essendo la potesta’
legislativa primaria della Provincia autonoma in materia di
ordinamento dei masi chiusi – in quanto istituto sconosciuto
nell’ordinamento statale – piu’ ampia rispetto a quella
ordinariamente riconosciutagli e tale da estendersi sino alla
connessa materia processuale, il legislatore statale – nel prevedere,
quale condizione di proponibilita’ dell’azione nei giudizi aventi ad
oggetto l’ordinamento di detto istituto, l’esperimento del preventivo
tentativo di conciliazione – avrebbe violato i propri limiti
competenziali, esondando in quelli propri della Provincia autonoma.
2. – La questione non e’ fondata.
2.1. – Invero, piu’ volte questa Corte e’ stata chiamata a
precisare l’ambito della competenza legislativa primaria della
Provincia autonoma di Bolzano in materia di «ordinamento dei masi
chiusi e delle comunita’ familiari rette da antichi statuti e
consuetudini», chiarendo che l’istituto, che «non trova precedenti
nell’ordinamento italiano, non puo’ qualificarsi ne’ rivivere se non
con le caratteristiche sue proprie derivanti dalla tradizione e dal
diritto vigente fino all’emanazione di quel r.d. 4 novembre 1928, n.
2325, in base al quale esso […] cesso’ di avere formalmente vita».
In tal senso e’ stato ulteriormente specificato che la piu’ ampia
potesta’ di cui il legislatore provinciale gode in relazione
all’istituto in discorso, anche rispetto a quella ordinariamente
spettantegli laddove essa si caratterizza per essere primaria, trova
la sua giustificazione nell’esigenza di rispettare e, se del caso,
ristabilire la disciplina del maso chiuso quale si e’ stratificata
nella tradizione e nell’esperienza giuridica riconducibile al diritto
preesistente a quello nazionale (sentenze n. 405 del 2006 e n. 4 del
1956).
3. – In applicazione di siffatti principi questa Corte,
scrutinando la legittimita’ di talune disposizioni legislative
provinciali, relative alla disciplina del maso chiuso, che incidevano
anche sul diritto privato e sulla giurisdizione, ne ha affermato la
compatibilita’ costituzionale la’ dove, per il tramite di esse, si
tendeva a ripristinare alcuni aspetti originari e tradizionali della
complessiva normativa afferente all’istituto (fra le altre, oltre
alla gia’ ricordata sentenza n. 4 del 1956, v. la sentenza n. 55 nel
1964).
3.1. – Considerato, pertanto, che la peculiare dilatazione della
competenza legislativa provinciale trova esclusiva giustificazione
nella circostanza che essa sia funzionale «alla conservazione
dell’istituto nelle sue essenziali finalita’ e specificita’»
(sentenza n. 340 del 1996), ne deriva che, ogni qualvolta la predetta
finalita’ non sia riscontrabile, da un lato, riemergono gli ordinari
impedimenti alla competenza legislativa primaria della Provincia
autonoma in materia di diritto privato e di esercizio della
giurisdizione (sentenza n. 405 del 2006) e, dall’altro, la competenza
nelle predette materie del legislatore statale, simmetricamente,
conserva l’abituale estensione.
3.2. – Applicando i suddetti principi anche alla fattispecie ora
all’esame di questa Corte, si rileva che la disposizione oggetto di
censura – concernente il necessario esperimento del tentativo di
conciliazione ai sensi dell’art. 46 della legge n. 203 del 1982 prima
di proporre una domanda giudiziale relativa all’ordinamento dei masi
chiusi – non opera alcuna, sia pur marginale, trasformazione della
disciplina sostanziale dell’istituto stesso rispetto ai suoi
contenuti fissati nella tradizione giuridica. Essa si limita ad
introdurre, peraltro conformemente non solo alla ordinaria normativa
in materia di rapporti agrari, ma persino in coerenza con altra
disposizione di fonte provinciale – si tratta dell’art. 21, comma 1,
della legge della Provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n.
17 (Legge sui masi chiusi), inspiegabilmente non ricordata dal
rimettente – una misura di carattere processuale con chiari intenti
di deflazione del contenzioso, la cui estraneita’ rispetto alla trama
normativa che, conformemente alla sua cristallizzazione nel tempo,
regola la figura giuridica del maso chiuso e’ evidente.
4. – Poiche’ gli ambiti di competenza legislativa provinciale
risultano, per come sopra dimostrato, inviolati dalla norma
censurata, la questione di legittimita’ costituzionale in esame deve
essere dichiarata non fondata.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara non fondata la questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 35, comma 2, della legge 24 novembre 2000, n. 340
(Disposizioni per la delegificazione di norme e per la
semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di
semplificazione 1999), come sostituito dall’art. 22, comma 1, della
legge 29 luglio 2003, n. 229 (Interventi in materia di qualita’ della
regolazione, riassetto normativo e codificazione – Legge di
semplificazione 2001), sollevata, in riferimento agli artt. 116 della
Costituzione e 8, numero 8), del decreto del Presidente della
Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle
leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige), dalla Sezione specializzata agraria della Corte
di appello di Trento – Sezione distaccata di Bolzano, con l’ordinanza
in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 maggio 2010.

Il Presidente: Amirante

Il redattore: Napolitano

Il cancelliere: Fruscella

Depositata in cancelleria il 13 maggio 2010.

Il cancelliere: Fruscella

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *