Corte Costituzionale sentenza N. 156 28 aprile 2010 – 06 maggio 2010 .

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 19 del 12-5-2010

Sentenza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 9, comma 1-bis,
del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi,
nonche’ proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla
legge 3 agosto 2009, n. 102, promosso dalla Regione Campania con
ricorso notificato il 3 ottobre 2009, depositato in cancelleria il 7
ottobre 2009 ed iscritto al n. 81 del registro ricorsi 2009.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella udienza pubblica del 13 aprile 2010 il Giudice
relatore Sabino Cassese;
Uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Campania e
l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – La Regione Campania, con ricorso del 3 ottobre 2009,
depositato il 7 ottobre 2009 (reg. ric. n. 81 del 2009), ha impugnato
l’art. 9, comma 1-bis, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78
(Provvedimenti anticrisi, nonche’ proroga di termini), convertito,
con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, per violazione
degli artt. 3, primo comma, anche sotto il profilo della
ragionevolezza, 24, primo comma, 97, primo comma, 117, terzo e quarto
comma, e 119 della Costituzione.
2. – La disposizione impugnata prevede che «le somme dovute da
una regione commissariata ai sensi dell’articolo 1, comma 174, della
legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, nei
confronti di un’amministrazione pubblica di cui all’articolo 1, comma
2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive
modificazioni, sono regolate mediante intervento del tesoriere con
delegazione di pagamento ai sensi degli articoli 1268 e seguenti del
codice civile, che si determina automaticamente al momento del
riconoscimento del debito da parte dell’amministrazione debitrice, da
effettuare entro trenta giorni dall’istanza dell’amministrazione
creditrice. Decorso tale termine senza contestazioni puntuali da
parte della pubblica amministrazione debitrice, il debito si intende
comunque riconosciuto nei termini di cui all’istanza».
3. – La Regione Campania afferma in via preliminare di non
ritenersi inclusa tra le Regioni destinatarie della norma impugnata.
La Regione, infatti, rileva di essere stata commissariata in base
alla delibera del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2009,
concernente la «Nomina del Presidente pro tempore della Regione
Campania quale commissario ad acta per il risanamento del servizio
sanitario regionale, a norma dell’articolo 4 del decreto-legge 1º
ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia
economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equita’ sociale),
convertito con modificazioni dalla legge 29 novembre 2007, n. 222», e
non, come previsto dalla norma censurata, in base all’art. 1, comma
174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2005). Cio’ nonostante, la Regione Campania si considera
legittimata, al pari di qualunque altra Regione, a proporre il
presente ricorso, in quanto potenziale destinataria della
disposizione impugnata.
3.1. – La Regione Campania sostiene, in primo luogo, che la norma
censurata produce l’effetto di spostare dall’amministrazione
regionale al tesoriere la competenza a disporre – oltre che ad
effettuare concretamente – il pagamento delle somme di cui la Regione
risulti debitrice nei confronti di altre pubbliche amministrazioni.
Tale disposizione lederebbe l’autonomia finanziaria regionale
assicurata dall’art. 119 Cost. e la potesta’ legislativa in materia
di organizzazione dei propri procedimenti garantita dall’art. 117,
quarto comma, Cost., ne’ potrebbe essere qualificata come principio
di coordinamento della finanza pubblica.
3.2. – Ad avviso della Regione, in secondo luogo, risulterebbero
violati il principio di ragionevolezza e quello di buon andamento
dell’amministrazione (art. 97, primo comma, Cost.), perche’ la
disposizione impugnata «discrimina alcuni creditori rispetto ad
altri» e per «l’assenza di ragioni giustificatrici della norma e
l’evidenza del suo carattere controproducente». Tali violazioni si
rifletterebbero in ulteriori lesioni delle competenze regionali
costituzionalmente garantite, considerato che l’autonomia finanziaria
e l’autonomia organizzativa della Regione sono compresse senza
ragionevoli giustificazioni di efficienza amministrativa.
3.3. – La ricorrente, in terzo luogo, sostiene che la
disposizione, laddove prevede che il riconoscimento del debito da
parte della Regione commissariata debba effettuarsi entro trenta
giorni dall’istanza della amministrazione creditrice, non avrebbe la
natura di principio fondamentale, in quanto applicabile solo alle
Regioni commissariate e soltanto nei rapporti tra amministrazioni.
Esso, quindi, lederebbe, in modo irragionevole e discriminatorio,
l’autonomia organizzativa della Regione, nonche’ «la generale
autonomia di cui essa gode almeno al pari di tutti gli altri soggetti
dell’ordinamento, e che gode anch’essa di tutela costituzionale».
3.4. – La Regione, in quarto luogo, dubita della legittimita’
costituzionale del meccanismo di silenzio-assenso previsto dalla
norma censurata per il riconoscimento del debito da parte della
Regione commissariata, in quanto violerebbe primariamente «il diritto
della Regione di disciplinare "il significato delle proprie azioni e
determinazioni amministrative", garantito dall’art. 117, quarto
comma, Cost.». La norma, inoltre, lederebbe l’art. 3, primo comma,
Cost., comprimendo l’autonomia privata della Regione commissariata in
modo discriminatorio rispetto a tutte le altre Regioni e le altre
pubbliche amministrazioni. Risulterebbero manifestamente non
rispettati, ad avviso della Regione, anche i principi di autonomia
finanziaria di cui all’art. 119 Cost. e di buon andamento
dell’amministrazione di cui all’art. 97, primo comma, Cost., in
quanto l’amministrazione regionale sarebbe esposta al «rischio di una
enorme pluralita’ di richieste di pagamento da parte di enti locali o
di altri enti, alle quali essa dovrebbe far fronte distraendo i
propri uffici dal lavoro ordinario, per non incorrere nel
riconoscimento del debito». Il meccanismo di silenzio-assenso
previsto dalla norma impugnata violerebbe, inoltre, l’art. 24, primo
comma, Cost., precludendo alla Regione commissariata «di far valere
in un momento successivo l’infondatezza della pretesa creditoria». La
ricorrente sostiene, inoltre, di essere pienamente legittimata a
ricorrere avverso tutte queste violazioni, poiche’ di esse la Regione
sarebbe «vittima diretta».
3.5. – Secondo la Regione Campania, infine, la previsione che il
debito possa essere riconosciuto ove le contestazioni non siano
puntuali finirebbe «per attribuire a chi dovrebbe applicare la norma
– cioe’ alla stesso tesoriere – il giudizio sulla sufficienza e sulla
fondatezza delle contestazioni», con violazione del diritto della
Regione alla difesa giurisdizionale (art. 24, primo comma, Cost.).
4. – Si e’ costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
sostenendo l’infondatezza del ricorso. Ad avviso della difesa dello
Stato, la norma impugnata si colloca nell’ambito di una serie di
disposizioni volte a garantire la tempestivita’ dei pagamenti delle
pubbliche amministrazioni, rispondendo cosi’ «alla primaria esigenza
del legislatore nazionale di dare attuazione alle disposizioni
comunitarie in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni
commerciali». E’ al fine di assicurare il raggiungimento di tale
obiettivo che la norma prevede, per le Regioni sottoposte a
commissariamento, meccanismi piu’ stringenti per il riconoscimento e
la liquidazione dei crediti delle amministrazioni. Questi meccanismi,
«lungi dal comprimere l’autonomia organizzativa della Regione nella
gestione dei propri pagamenti, rispond[ono] ad esigenze di
coordinamento della finanza pubblica e a esigenze di tutela dei
livelli essenziali delle prestazioni».
5. – Il 23 marzo 2010 la Regione Campania ha depositato memoria
illustrativa di replica a quanto sostenuto dal Presidente del
Consiglio dei ministri nel proprio atto di costituzione. La
ricorrente rileva, innanzitutto, che la norma impugnata risulta
estranea alle esigenze di attuazione del diritto comunitario in
materia di ritardi di pagamento di cui alla direttiva 2000/35/CE, in
quanto la disposizione «attiene solo ai rapporti tra amministrazioni,
cioe’ a debiti che raramente avranno il proprio titolo in transazioni
commerciali». La Regione ribadisce, poi, che la disposizione
impugnata neppure puo’ trovare la propria base costituzionale nella
competenza statale in materia di coordinamento della finanza
pubblica, poiche’ essa «ha carattere dettagliato, autoapplicativo e
non lascia alcun margine di scelta alle Regioni sugli strumenti con i
quali conseguire il (presunto) fine di coordinamento». Inoltre, la
norma non sarebbe diretta a limitare una spesa della Regione o delle
amministrazioni pubbliche in generale, bensi’ a «prevedere una
anomala procedura di spesa regionale, con il risultato illegittimo di
privare la Regione della capacita’ di gestire la propria spesa».
Infine, la ricorrente contesta l’invocazione della competenza statale
a determinare i livelli essenziali delle prestazioni.
6. – Il 23 marzo 2010 l’Avvocatura generale dello Stato ha
depositato memoria illustrativa, chiedendo che il ricorso venga
dichiarato inammissibile e, comunque, non fondato. Quanto alla
ammissibilita’, la difesa dello Stato rileva che la Regione, per
poter proporre la questione di costituzionalita’, «deve essere
titolare dell’interesse a ricorrere che abbia i requisiti di
concretezza, di attualita’ e di immediatezza e che, percio’, tale
interesse non possa essere solo potenziale o solo astrattamente
configurabile». Dalla non applicabilita’ della norma impugnata alla
Regione Campania – attualmente commissariata in base a procedura
diversa da quella indicata dalla disposizione – deriverebbe
«l’insussistenza ab origine della materia del contendere».
Con riguardo al merito, la difesa dello Stato ribadisce che la
norma censurata va ricondotta nell’ambito di una serie articolata di
disposizioni dirette a garantire la tempestivita’ dei pagamenti delle
amministrazioni pubbliche, «al fine di ridurre i possibili oneri a
carico delle imprese e sanare i debiti pregressi attraverso l’avvio
di un processo di liquidazione dei residui cumulati nel passato». La
disposizione impugnata, pertanto, oltre ad attuare le previsioni
comunitarie di cui alla direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle
transazioni commerciali del 29 giugno 2000, 2000/35/CE, rappresenta
un «principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica».
A tal fine, sostiene l’Avvocatura generale dello Stato, la norma
doveva necessariamente prevedere, per le Regioni commissariate,
«meccanismi piu’ incisivi» che, data la particolare situazione
finanziaria di tali enti, garantissero una tempestiva riscossione dei
crediti da parte delle altre amministrazioni, «anche allo scopo di
assicurare il regolare funzionamento dei servizi pubblici
essenziali». La norma sarebbe inoltre circoscritta entro confini,
anche temporalmente, delineati, vista la correlazione della
disposizione alla circostanza, e percio’ alla durata, del
commissariamento previsto per il risanamento del servizio sanitario.

Considerato in diritto

1. – La Regione Campania ha promosso, in relazione agli artt. 3,
primo comma, anche sotto il profilo della ragionevolezza, 24, primo
comma, 97, primo comma, 117, terzo e quarto comma, e 119 della
Costituzione, questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 9,
comma 1-bis, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti
anticrisi, nonche’ proroga di termini), convertito, con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.
Ad avviso della Regione Campania, la norma impugnata violerebbe,
innanzitutto, l’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto
travalicherebbe le competenze dello Stato nello stabilire i principi
fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica e
lederebbe la potesta’ legislativa esclusiva delle Regioni di
organizzare i propri procedimenti. La disposizione violerebbe anche
l’autonomia finanziaria regionale in materia sia di entrate che di
spesa garantita dall’art. 119 Cost. La norma, inoltre, sarebbe
contraria all’art. 3, primo comma, Cost., sia sotto il profilo della
ragionevolezza, per «l’assenza di ragioni giustificatrici […] e
l’evidenza del suo carattere controproducente», sia sotto il profilo
dell’uguaglianza, perche’ discriminerebbe le Regioni commissariate
rispetto alle altre Regioni e pubbliche amministrazioni nel
riconoscimento dei propri debiti verso altre amministrazioni. Sarebbe
leso, poi, l’art. 24, primo comma, Cost., in riferimento al diritto
delle Regioni commissariate a far valere in via giudiziaria
l’infondatezza della pretesa creditoria vantata nei loro confronti da
altre amministrazioni e in quanto la disposizione impugnata di fatto
attribuisce «a chi dovrebbe applicare la norma – cioe’ allo stesso
tesoriere – il giudizio sulla sufficienza e sulla fondatezza delle
contestazioni». Vi sarebbe, infine, una violazione dell’art. 97,
primo comma, Cost., poiche’ la norma minerebbe il buon andamento
delle Regioni commissariate.
2. – Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di
inammissibilita’ del ricorso per carenza di interesse sollevata
dall’Avvocatura generale dello Stato, ad avviso della quale la norma
censurata non si applicherebbe alla Regione Campania. La Regione,
infatti, e’ attualmente commissariata in base a una disposizione
(articolo 4 del decreto-legge 1º ottobre 2007, n. 159 – Interventi
urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equita’
sociale, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007,
n. 222) diversa da quella richiamata dalla norma impugnata (articolo
1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – legge finanziaria 2005»).
3. – L’eccezione non e’ fondata.
Come piu’ volte ribadito da questa Corte, «le questioni di
legittimita’ costituzionale delle leggi devono essere proposte, in
via principale, entro il termine di decadenza fissato dall’art. 127
Cost.; dal che discende che la lesione della sfera di competenza
lamentata dalla ricorrente presuppone la sola esistenza della legge
oggetto di censura, a prescindere dal fatto che essa abbia avuto
concreta attuazione, ed essendo sufficiente che essa sia, ancorche’
non immediatamente, applicabile» (sentenze n. 141 del 2010 e n. 133
del 2006). L’interesse della ricorrente, pertanto, sussiste
indipendentemente dal fatto che la norma impugnata abbia avuto o meno
applicazione nella Regione Campania. E cio’ a prescindere dalla
circostanza che le due previsioni legislative – quella di cui
all’art. 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004, indicata dalla
disposizione censurata, e quella di cui all’art. 4 della legge n. 159
del 2007, in base al quale la Regione Campania e’ stata commissariata
nel luglio 2009 – non solo si sovrappongono, senza escludersi a
vicenda, ma costituiscono un corpo unico. Se cosi’ non fosse, non si
spiegherebbe perche’ la disposizione impugnata si sia limitata a
richiamare la legge n. 311 del 2004 e successive modificazioni, senza
riferirsi espressamente anche alla norma del 2007.
4. – Sono, invece, inammissibili le censure prospettate in merito
agli artt. 24, primo comma, e 97, primo comma, Cost., trattandosi di
parametri non invocabili nel giudizio di costituzionalita’ in via
principale promosso da una Regione perche’, nella fattispecie, le
violazioni lamentate non comportano una compromissione delle
attribuzioni regionali costituzionalmente garantite, ne’ ridondano
sul riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni (ex multis,
sentenza n. 52 del 2010).
5. – Nel merito, la questione e’ fondata.
5.1. – La disposizione impugnata riguarda il pagamento di somme
da parte di pubbliche amministrazioni, vale a dire l’ultima delle
quattro fasi generalmente previste per la procedura di spesa
(impegno, liquidazione, ordinazione, pagamento). La norma, pertanto,
deve essere inquadrata nell’ambito del bilancio e della contabilita’
delle Regioni, riconducibile alla materia «armonizzazione dei bilanci
pubblici e coordinamento della finanza pubblica», di competenza
concorrente tra Stato e Regioni ai sensi dell’art. 117, terzo comma,
Cost.
In tale settore, la legislazione statale di principio sulla
contabilita’ regionale e’ stata dettata con il decreto legislativo 28
marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali e norme di coordinamento in
materia di bilancio e di contabilita’ delle regioni, in attuazione
dell’articolo 1, comma 4, della legge 25 giugno 1999, n. 208), che
agli artt. 18 e 19 regola gli impegni e il pagamento delle spese
pubbliche, limitandosi a stabilire che gli impegni e i pagamenti non
eccedano i rispettivi stanziamenti di bilancio. Le disposizioni
statali hanno trovato attuazione, nella Regione Campania, con la
legge regionale 30 aprile 2002, n. 7 (Ordinamento contabile della
Regione Campania articolo 34, comma 1, d.lgs. 28 marzo 2000, n. 76).
In particolare, gli artt. 34 e seguenti di tale legge dettano
puntuali previsioni sulla liquidazione, sull’ordinazione e sul
pagamento delle spese da parte dell’amministrazione regionale, con
specifico riguardo alla verifica della esigibilita’ dei crediti e
alla successiva ordinazione delle spese impartita al tesoriere.
5.2. – Secondo la giurisprudenza di questa Corte, le norme
statali recanti principi fondamentali di coordinamento della finanza
pubblica possono «porre obiettivi di riequilibrio della medesima»,
non debbono prevedere «in modo esaustivo strumenti o modalita’ per il
perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenze n. 284 e n. 237 del
2009) e debbono lasciare alle Regioni «la possibilita’ di scegliere
in un ventaglio di strumenti concreti da utilizzare per raggiungere
quegli obiettivi» (sentenze n. 341 e n. 237 del 2009).
5.3. – La disposizione impugnata, invece, non detta principi, ma
prevede modalita’ di pagamento delle spese dettagliate sia sotto il
profilo organizzativo, sia sotto l’aspetto procedurale. Essa
trasforma il tesoriere in ordinatore del pagamento, modifica la
sequenza delle fasi del procedimento di spesa e inserisce in questa
un atto dell’amministrazione creditrice: regola, quindi, in modo
esaustivo l’intera procedura, determinando sia obiettivi, sia
strumenti, senza lasciare alcuna scelta alla Regione. Ne discende la
violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
6. – Ne’ puo’ affermarsi, come sostenuto dalla Avvocatura
generale dello Stato, che la norma censurata sia rivolta ad attuare
la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 giugno
2000, 2000/35/CE, recepita con il decreto legislativo 9 ottobre 2002,
n. 231 (Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta
contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali).
La norma impugnata disciplina, infatti, rapporti tra Regioni
commissariate e amministrazioni pubbliche, mentre la direttiva
2000/35/CE riguarda le «transazioni commerciali», riferite a
contratti tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni,
in cui almeno una delle due parti sia un soggetto privato.
Nel rendere piu’ celeri i pagamenti tra amministrazioni
pubbliche, la disposizione stessa, inoltre, sottrae alle Regioni
commissariate risorse finanziarie potenzialmente destinate a soggetti
privati, con esito opposto a quello indicato dalla direttiva
comunitaria e rendendo, quindi, la norma anche irragionevole.
La disposizione censurata, infine, prevedendo l’intervento
diretto del tesoriere, introduce un meccanismo non contemplato dalla
direttiva 2000/35/CE. Questa individua, quali strumenti diretti a
contrastare i casi di ritardo di pagamento, gli interessi e la
riserva di proprieta’.
7. – Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura dedotti
dalla ricorrente.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 9, comma
1-bis, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti
anticrisi, nonche’ proroga di termini), convertito, con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102;
Dichiara inammissibili le questioni di legittimita’
costituzionale dell’art. 9, comma 1-bis, del suddetto decreto-legge
n. 78 del 2009, promosse dalla Regione Campania, in riferimento agli
artt. 24, primo comma, e 97, primo comma, Cost., con il ricorso
indicato in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 28 aprile 2010.

Il Presidente: Amirante

Il redattore: Cassese

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria il 6 maggio 2010.

Il direttore della cancelleria: Di Paola

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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