Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-05-2011, n. 11180 Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione dell’1.4.1998 C.A. conveniva in giudizio davanti alla Corte di Appello di Napoli il Comune di Benevento, per sentir accertare le indennità di occupazione e di esproprio, provvisoriamente determinate in misura inadeguata.

Il Comune, costituitosi, eccepiva l’inammissibilità della domanda per intervenuta decadenza ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 20, contestandone comunque la fondatezza nel merito, rilievo quest’ultimo che veniva condiviso dalla Corte territoriale.

In particolare la Corte di appello rilevava l’inconsistenza delle due eccezioni di inammissibilità della domanda (formulate sotto il profilo della mancata determinazione del suo oggetto e dell’intervenuta decadenza L. n. 865 del 1971, ex art. 19), che tuttavia riteneva infondata nel merito per l’affermata inapplicabilità del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 16 (per il quale l’indennità di espropriazione va commisurata al valore indicato dall’espropriato nella denuncia per il pagamento dell’ICI), stante la mancata produzione dell’ultima dichiarazione ICI, cui il proprietario del bene sarebbe stato comunque tenuto.

Avverso la decisione A., R., F.G., nella qualità di eredi di C.A., proponevano ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resisteva con controricorso il Comune di Benevento.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 20.4.2011.
Motivi della decisione

Con i motivi di impugnazione i ricorrenti hanno denunciato violazione di legge, rispettivamente sotto i seguenti profili: 1) dell’art. 1140 c.c., e segg., per il fatto che l’occupazione di urgenza del terreno avrebbe fatto venir meno il possesso del bene, circostanza che avrebbe comportato il venir meno dell’obbligo di pagamento dell’ICI;

2) dell’art. 112 c.p.c., in quanto il Comune non avrebbe eccepito l’infondatezza della pretesa della controparte per effetto del meccanismo previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16, nè avrebbe richiesto l’applicazione di quest’ultimo;

3) del citato art. 16 atteso che, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, la disposizione non sarebbe correttamente evocabile, per effetto dell’omessa denuncia presentata dall’espropriato ai fini dell’ICI. E’ infondato il primo motivo di ricorso.

La censura riposa invero sul fatto che l’occupazione di urgenza priverebbe il proprietario del possesso del bene, conclusione che non appare condivisibile, sotto il duplice aspetto: a) che in tale ipotesi l’ente occupante acquista la detenzione qualificata dell’immobile, mentre il proprietario conserva "solo animo" il possesso giuridico del fondo (C. 92/1323); b) il proprietario, cui fra l’altro continua a far carico il pagamento dell’ICI, ha diritto all’indennità di occupazione legittima fino al decreto di trasferimento, circostanza da cui indirettamente si desume che il possesso del bene in suo favore si protrae fino a tale data.

Sono viceversa fondati il secondo ed il terzo motivo di impugnazione, che devono essere esaminati congiuntamente perchè fra loro connessi, essendo entrambi sostanzialmente attinenti all’affermata errata applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16 (applicabile "ratione temporis").

Al riguardo va infatti osservato che la detta disposizione non è diretta a regolare un autonomo criterio di determinazione dell’indennità di espropriazione, nè ad integrarne i criteri di determinazione, ma introduce un distinto meccanismo correttivo, eventualmente riduttivo o maggiorativo di tale indennità, qualora il valore dichiarato dall’espropriato ai fini dell’ICI risulti inferiore o superiore rispetto a quello accertato. Ne consegue che l’istanza di rideterminazione dell’indennità a seguito di opposizione alla stima, contrariamente a quanto ritenuto, può accogliersi anche nel caso di omessa dichiarazione ICI, sia perchè la norma risponde al fine di introdurre elementi dissuasivi non già alla totale evasione, bensì alla sola elusione fiscale propria di chi dichiari un valore inferiore a quello venale, sia perchè non sussiste alcuna preclusione normativa alla delibazione di istanza di rideterminazione dell’indennità di espropriazione a seguito di opposizione alla stima, preclusione che viceversa, ove ipoteticamente configurata, si porrebbe in contrasto con la garanzia di non irrisorietà dell’indennizzo espropriativo, di cui all’art. 42 Cost. (C. 08/29768, C. 07/2144, C. 07/12771, C. 06/24509, C. 05/126).

Conclusivamente la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione, per la determinazione delle indennità di esproprio e di occupazione del fondo di proprietà dei ricorrenti, come decritto nell’atto introduttivo del giudizio.

Il giudice del rinvio provvedere infine anche alla liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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