Corte Costituzionale sentenza N. 167 28 aprile 2010 – 06 maggio 2010 .

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 19 del 12-5-2010

Sentenza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli artt. 2, comma 1
lettera h), 5, comma 1, 8, comma 6, 10, 15, comma 1, 18, commi 1 e 4
della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 aprile 2009, n. 9
(Disposizioni in materia di politiche di sicurezza e ordinamento
della polizia locale), promosso dal Presidente del Consiglio dei
ministri con ricorso notificato il 3-7 luglio 2009, depositato in
cancelleria l’8 luglio 2009 ed iscritto al n. 46 del registro ricorsi
2009.
Visto l’atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;
Udito nell’udienza pubblica del 10 marzo 2010 il Giudice relatore
Giuseppe Tesauro;
Uditi l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la
Regione Friuli-Venezia Giulia.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso depositato l’8 luglio 2009, il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, ha promosso questione di legittimita’
costituzionale in via principale degli articoli 2, comma 1, lettera
h); 5, comma 1; 8, comma 6; 10; 15, comma 1; 18, commi 1 e 4, della
legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 aprile 2009, n. 9
(Disposizioni in materia di politiche di sicurezza e ordinamento
della polizia locale).
1.1. – Il ricorrente premette che lo statuto speciale della
Regione Friuli-Venezia Giulia di cui alla legge costituzionale 31
gennaio 1963, n. 1, all’articolo 5, comma 1, punto 13, attribuisce
alla predetta Regione competenza legislativa concorrente nella
materia della «polizia locale». Considerato che, a seguito della
riforma del Titolo V della parte II della Costituzione, e’
riconosciuta alle Regioni a statuto ordinario potesta’ legislativa
residuale in ordine alla polizia amministrativa locale (art. 117,
secondo comma, lettera h), Cost.), in base all’articolo 10 della
legge costituzionale n. 3 del 2001, deve ritenersi estesa anche alla
predetta Regione la competenza legislativa residuale in tale materia,
con il limite costituito dalla competenza statale in tema di ordine
pubblico e sicurezza pubblica.
Ad avviso del ricorrente, le disposizioni regionali impugnate
avrebbero ecceduto dalla propria competenza in materia di polizia
amministrativa locale, invadendo sfere di competenza statale.
In particolare, il ricorrente censura l’articolo 2, comma 1,
lettera h), della legge regionale n. 9 del 2009, nella parte in cui
stabilisce che la Regione promuove «lo sviluppo di politiche di
sicurezza transfrontaliere», in quanto esso, cosi’ disponendo,
invaderebbe la competenza statale esclusiva in materia di ordine
pubblico e sicurezza, posto che le Regioni non possono concludere
accordi con Stati ed enti territoriali interni ad altri Stati in una
materia, quella delle politiche di sicurezza, che non rientra nella
loro competenza.
Anche l’articolo 5, comma 1, della legge regionale n. 9 del 2009,
nella parte in cui stabilisce che la Regione promuove e sostiene
finanziariamente l’impiego del volontariato e dell’associazionismo,
«ivi comprese le associazioni d’arma e le associazioni delle Forze
dell’ordine», sarebbe lesivo della competenza esclusiva dello Stato
in tema di ordine pubblico e sicurezza pubblica, in quanto non
sarebbe dato rinvenire nello Statuto alcuna disposizione idonea a
giustificare la competenza regionale in tema di utilizzo delle
associazioni d’arma e delle Forze dell’ordine.
Quanto, poi, all’articolo 8, comma 6, della citata legge
regionale, nella parte in cui dispone che «nell’esercizio delle
funzioni di pubblica sicurezza previste dalla normativa statale, la
polizia locale assume il presidio del territorio tra i suoi compiti
primari, al fine di garantire, in concorso con le forze di polizia
dello Stato, la sicurezza urbana degli ambiti territoriali di
riferimento», la violazione della competenza statale esclusiva in
tema di sicurezza pubblica si desumerebbe dal contrasto della
richiamata disposizione con la legge statale 7 marzo 1986, n. 65
(Legge-quadro sull’ordinamento della polizia municipale), che,
all’art. 5, comma 1, lettera c), definisce «ausiliarie» le funzioni
di pubblica sicurezza della polizia locale, e, all’art. 3, prevede
che gli addetti al servizio di polizia municipale collaborino,
«nell’ambito delle proprie attribuzioni, con le Forze di polizia
dello Stato, previa disposizione del sindaco, quando ne venga fatta,
per specifiche operazioni, motivata richiesta dalle competenti
autorita’».
Il ricorrente sostiene, inoltre, l’illegittimita’ costituzionale,
in riferimento all’art. 114 della Costituzione, dell’art. 10 della
citata legge regionale, nella parte in cui fissa i principi
organizzativi per l’esercizio delle funzioni di polizia locale,
prevedendo, al comma 1, che i comuni e le province istituiscono i
corpi di polizia locale e ne regolamentano l’organizzazione ed il
funzionamento: non competerebbe, infatti, alla Regione disciplinare
minuziosamente il contingente numerico degli addetti al servizio, il
tipo di organizzazione del Corpo di polizia municipale ne’ lo stato
giuridico del personale ed il relativo trattamento economico, posto
che simili compiti rientrerebbero nella sfera di competenza dei
comuni che sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni,
equiordinati alle regioni.
L’art. 15, comma 1, della citata legge regionale n. 9 del 2009,
sarebbe, poi, costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art.
117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. Tale
disposizione, nella parte in cui prevede che «Gli agenti della
polizia locale sono agenti di polizia giudiziaria. Gli ispettori e i
commissari della polizia locale sono ufficiali di polizia
giudiziaria. Il comandante del Corpo di polizia locale dei comuni
capoluogo di provincia (..) non riveste la qualifica di ufficiale di
polizia giudiziaria», si porrebbe in contrasto con la competenza
esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione penale, posto che
la polizia giudiziaria, a norma degli articoli 55 e 57 del codice di
procedura penale, opera di propria iniziativa e per disposizione o
delega dell’Autorita’ giudiziaria, ai fini dell’applicazione della
legge penale.
Il ricorrente censura, infine, l’articolo 18, commi 1 e 4, della
legge regionale in esame, nella parte in cui prevede che il personale
di polizia locale sia dotato di armamento secondo quanto previsto
dalla normativa statale e che gli addetti alla polizia locale
espletino «muniti di armi almeno i servizi di vigilanza, protezione
degli immobili di proprieta’ dell’ente locale e dell’armeria del
Corpo o Servizio, quelli notturni e di pronto intervento», per
violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di
«armi, munizioni ed esplosivi» di cui all’art. 117, secondo comma,
lettera d), della Costituzione.
2. – Si e’ costituita in giudizio la Regione Friuli-Venezia
Giulia, chiedendo che la Corte respinga il ricorso.
2.1. – La resistente premette che la legge regionale n. 9 del
2009 e’ stata adottata nell’esercizio della competenza legislativa
regionale residuale nella materia della polizia amministrativa locale
(ex art. 117, quarto comma, Cost.) e piena nella materia
dell’ordinamento degli enti locali (ex art. 4, n. 1-bis dello Statuto
speciale). Un peculiare ruolo della Regione Friuli-Venezia Giulia
nella materia della sicurezza dovrebbe, poi, riconoscersi – ad avviso
della resistente – non solo in considerazione del carattere della
Regione di ente esponenziale della rispettiva comunita’, che
legittimerebbe interventi regionali di promozione pure fuori delle
materie indicate dall’art. 117 della Costituzione, ma anche sulla
base dell’Intesa istituzionale di programma raggiunta tra il Governo
e la medesima Regione, il 9 maggio 2001, che individuava, tra gli
obiettivi da perseguire, quello del miglioramento della qualita’
delle citta’, delle istituzioni locali, della vita associata e della
sicurezza, nonche’ del Protocollo d’intesa stipulato tra il Ministero
dell’interno e la Regione Friuli-Venezia Giulia, il 27 marzo 2007, in
materia di politiche integrate di sicurezza urbana, in attuazione
dell’art. 7, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 12 settembre 2000 (Individuazione delle risorse finanziarie,
umane, strumentali e organizzative da trasferire alle regioni ed agli
enti locali per l’esercizio delle funzioni e dei compiti
amministrativi in materia di polizia amministrativa).
Con riferimento, poi, alle singole censure, la Regione osserva
che quelle proposte nei confronti dell’art. 2, comma 1, lettera h),
sarebbero inammissibili – essendo tale previsione priva di attitudine
lesiva – o comunque infondate, limitandosi la predetta norma a
fissare un obiettivo politico-programmatico, senza stabilire alcuna
competenza alla conclusione di particolari accordi. Anche le censure
sollevate nei confronti dell’art. 5, comma 1, sarebbero prive di
fondamento, posto che detta norma, limitandosi a prevedere un mero
sostegno economico alle convenzioni che le associazioni stesse e gli
enti locali provvedano a stipulare, costituirebbe esercizio delle
competenze regionali in materia di polizia amministrativa.
Quanto, poi, all’art. 8, comma 6, la Regione osserva che esso si
limiterebbe ad incentivare la presenza della polizia locale sul
territorio al fine di rendere sensibile quella delle istituzioni, non
aggiungendo alcun compito alla polizia locale ne’ mutando il
carattere ausiliario dei compiti gia’ assegnati ad essa, ma indicando
solo una loro modalita’ operativa. La censura proposta nei confronti
dell’art. 10, particolarmente quanto ai commi 4, 5, 6, 7 ed 8,
sarebbe in primo luogo inammissibile, in quanto, pur riferita a
disposizioni diverse, sarebbe genericamente motivata, sia rispetto a
ciascuna di esse che rispetto al loro insieme. Nel merito, essa
sarebbe comunque infondata, tenuto conto del fatto che la disciplina
posta dalle disposizioni impugnate in tema di servizio di polizia
municipale lascerebbe ampio spazio all’autonomia degli enti locali,
limitandosi a definire requisiti minimi, in piena coerenza con quanto
risulta dall’art. 4, comma 4, della legge n. 131 del 2003.
Inammissibili e comunque infondate sarebbero, altresi’, le
censure sollevate nei confronti dell’art.15, comma 1: il senso della
disposizione non sarebbe, infatti, quello di attribuire la qualifica
di appartenente alla polizia giudiziaria, ma solo quello di eliminare
una situazione di incertezza, derivante dalla formulazione dell’art.
5 della legge n. 65 del 1986.
Infine, la Regione sostiene che anche le censure sollevate nei
confronti dell’art. 18, commi 1 e 4, siano infondate, posto che,
quanto al comma 1, esso conterrebbe un mero rinvio alla normativa
statale, mentre, con il comma 4, si limiterebbe a stabilire quali
servizi sono necessariamente svolti dal personale armato, secondo le
regole di cui all’art. 5 della legge n. 65 del 1986.
3. – Il ricorrente e la resistente, all’udienza pubblica, hanno
insistito per l’accoglimento delle conclusioni svolte nelle difese
scritte.

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della
legittimita’ costituzionale degli articoli 2, comma 1, lettera h);
5,comma 1; 8, comma 6; 10; 15, comma 1; 18, commi 1 e 4, della legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 aprile 2009, n. 9
(Disposizioni in materia di politiche di sicurezza e ordinamento
della polizia locale).
Il ricorrente assume che le citate disposizioni, pur contenute
nella legge regionale n. 9 del 2009, riconducibile, essenzialmente,
alla materia della polizia amministrativa locale, esorbiterebbero
dalla competenza legislativa residuale, assegnata in detta materia
alle Regioni dall’art. 117 della Costituzione, ed applicabile anche
alla Regione Friuli-Venezia Giulia in virtu’ dell’art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della
parte seconda della Costituzione), ponendosi in contrasto con gli
artt. 114 e 117, secondo comma, lettere d), l) ed h), della
Costituzione.
2. – In particolare, e’ impugnato l’articolo 2, comma 1, lettera
h), della legge regionale citata nella parte in cui stabilisce che la
Regione promuove «lo sviluppo di politiche di sicurezza
transfrontaliere», per violazione della competenza statale esclusiva
in materia di ordine pubblico e sicurezza, posto che le politiche di
sicurezza non rientrano tra le materie per le quali le Regioni
possono concludere accordi con Stati ed enti territoriali interni ad
altri Stati.
2.1. – La questione non e’ fondata.
2.2. – In linea preliminare, occorre ricordare che lo statuto
speciale, all’articolo 5, comma 1, punto 13, attribuisce alla Regione
potesta’ legislativa concorrente nella materia della «polizia
locale».
A seguito della riforma del Titolo V della parte seconda della
Costituzione, e’ riconosciuta alle regioni a statuto ordinario
potesta’ legislativa residuale in ordine alla polizia amministrativa
locale (art. 117, comma 2, lettera h), Cost.). Pertanto, in base
all’articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, deve
ritenersi estesa alla Regione Friuli-Venezia Giulia la competenza
legislativa residuale in tale materia, ferme restando le competenze
esclusive statali, in particolare quella in tema di ordine pubblico e
sicurezza.
Questa Corte ha piu’ volte affermato che Regioni e Province
autonome non sono titolari di competenza propria nella materia
dell’ordine pubblico e della sicurezza, nella materia cioe’ relativa
sia alla prevenzione dei reati, sia al mantenimento dell’ordine
pubblico (sentenze n. 237 e n. 222 del 2006), inteso quest’ultimo, in
senso stretto, quale «complesso dei beni giuridici fondamentali e
degli interessi pubblici primari sui quali si regge l’ordinata e
civile convivenza nella comunita’ nazionale» (sentenza n. 290 del
2001). Rientrano, invece, fra i compiti di polizia amministrativa, di
competenza regionale (sentenza n. 196 del 2009), le «misure dirette
ad evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati a soggetti
giuridici e alle cose nello svolgimento di attivita’ relative alle
materie nelle quali vengono esercitate le competenze […] delle
Regioni e degli enti locali, purche’ non siano coinvolti beni o
interessi specificamente tutelati in funzione dell’ordine pubblico e
della sicurezza pubblica» (sentenza n. 290 del 2001).
Con la legge regionale n. 9 del 2009 in esame, la Regione
Friuli-Venezia Giulia ha ridefinito il quadro normativo in materia di
polizia locale, in vista dell’obiettivo della «promozione di
politiche locali ed integrate per la sicurezza sul territorio
regionale» (art. 1, comma 2). All’art. 2 della medesima legge
regionale, e’ stabilito che «per il perseguimento delle finalita’
generali della legge, indicate all’art. 1», la Regione promuova una
serie di interventi – l’integrazione tra gli interventi regionali e
degli enti locali per la sicurezza urbana con le politiche di
contrasto alla criminalita’ e di sicurezza pubblica di competenza
degli organi statali (lettera a); il sostegno alla conoscenza ed allo
scambio di informazioni sui fenomeni criminali e sulle situazioni a
rischio (lettera b); l’applicazione di tecnologie finalizzate al
coordinamento, alla collaborazione ed alla comunicazione tra le
polizie locali e le forze dell’ordine presenti sul territorio
regionale (lettera g), eccetera – fra i quali sono annoverati anche
quelli di promozione dello sviluppo di «politiche di sicurezza
transfrontaliere» recati dalla disposizione (lettera h) oggetto di
censura.
Tali interventi devono essere intesi nel senso che la Regione,
nell’esercizio delle proprie competenze, svolge una mera attivita’ di
stimolo e d’impulso, nei limiti consentiti, presso i competenti
organi statali, all’adozione di misure volte al perseguimento del
fine della tutela della sicurezza. La norma in esame, pertanto, si
limita a prevedere simili interventi promozionali anche nel settore
delle politiche di sicurezza transfrontaliere, senza stabilire alcuna
competenza regionale alla conclusione di accordi in materia di
sicurezza pubblica, nel rispetto dell’art. 117, secondo comma,
lettera h), della Costituzione, alla stregua del quale solo «nelle
materie di sua competenza la Regione puo’ concludere accordi con
Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi
e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (nono comma)»
(sentenza n. 238 del 2004).
3. – Viene, poi, impugnato l’articolo 5, comma 1, della citata
legge n. 9 del 2009, nella parte in cui stabilisce che la Regione
promuove e sostiene finanziariamente l’impiego del volontariato e
dell’associazionismo, «ivi comprese le associazioni d’arma e le
associazioni delle Forze dell’ordine». Anche tale disposizione
sarebbe lesiva della competenza esclusiva dello Stato in tema di
ordine pubblico e sicurezza pubblica, tenuto conto che nello Statuto
non vi e’ alcuna previsione che si riferisca all’utilizzo delle
associazioni d’arma e delle Forze dell’ordine idonea a fondare la
competenza regionale.
3.1. – La questione non e’ fondata.
L’art. 5 della legge n. 9 del 2009 e’ censurato nella sola parte
(comma 1) in cui dispone che «al fine di favorire il rispetto della
legalita’ e migliorare la qualita’ della convivenza civile, la
Regione promuove e sostiene finanziariamente l’impiego del
volontariato e dell’associazionismo, ivi comprese le associazioni
d’arma e le associazioni delle Forze dell’ordine, nel rispetto dei
principi e delle finalita’ previste dalle leggi statali e regionali
in materia».
Tale norma si inserisce nel quadro del programma regionale di
finanziamento annuale volto ad individuare le risorse da destinare a
progetti ed interventi di rilievo regionale, locale o attuativi di
accordi con lo Stato, anche favorendo il coinvolgimento delle
organizzazioni di volontariato e di singoli volontari,
nell’espletamento delle attivita’ volte a promuovere l’educazione
alla convivenza ed il rispetto della legalita’. Essa si limita,
pertanto, a prevedere un mero sostegno economico alla stipulazione
delle convenzioni che le predette associazioni provvedono a stipulare
con i Comuni e le Province interessate, nell’ambito delle rispettive
competenze, peraltro precisando che cio’ deve avvenire «nel rispetto
dei principi e delle finalita’ previste dalle leggi statali e
regionali», senza disporre alcunche’ sui casi ed i modi di utilizzo
delle associazioni d’arma e delle Forze dell’ordine. Il richiamato
contenuto della norma censurata esclude, quindi, che essa invada la
competenza statale esclusiva nella materia dell’ordine pubblico e
della sicurezza.
4. – Anche l’art. 8, comma 6, della legge regionale n. 9 del 2009
e’ impugnato in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera h),
della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che «nell’esercizio
delle funzioni di pubblica sicurezza previste dalla normativa
statale, la polizia locale assume il presidio del territorio tra i
suoi compiti primari, al fine di garantire, in concorso con le forze
di polizia dello Stato, la sicurezza urbana degli ambiti territoriali
di riferimento». La richiamata disposizione contrasterebbe, infatti,
con quanto stabilito dal legislatore statale, nell’esercizio della
competenza esclusiva in tema di sicurezza pubblica, nella legge n. 65
del 1986, all’art. 5, comma 1, lettera c).
4.1. – La questione e’ fondata.
Gia’ con la legge 7 marzo 1986, n. 65 (Legge-quadro
sull’ordinamento della polizia municipale), il legislatore statale,
nell’esercizio della propria competenza aveva fissato i principi
fondamentali in tema di polizia municipale, stabilendo espressamente
che gli addetti alla polizia municipale «collaborano, nell’ambito
delle proprie attribuzioni, con le forze di polizia dello Stato»
(art. 3), precisando che cio’ puo’ avvenire solo «previa disposizione
del Sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni,
motivata richiesta dalle competenti autorita’» e puntualizzando che
«il personale che svolge servizio di polizia municipale, nell’ambito
territoriale dell’ente di appartenenza e nei limiti delle proprie
attribuzioni, esercita anche […] funzioni ausiliarie di pubblica
sicurezza» (art. 5).
Prima dell’entrata in vigore del nuovo Titolo V della parte
seconda della Costituzione, poi, l’art. 159, comma 2, del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), nell’ambito
dell’ampio conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli
enti locali operato in attuazione della legge di delega n. 59 del
1997, ha precisato che restano riservate allo Stato le funzioni ed i
compiti amministrativi relativi all’ordine pubblico ed alla sicurezza
pubblica che si riferiscono alle misure preventive e repressive atte
al mantenimento dell’ordine pubblico, inteso come il complesso dei
beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui
quali si regge l’ordinata e civile convivenza nella comunita’
nazionale. In attuazione di tale previsione, e’ stato adottato il
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 settembre 2000
(Individuazione delle risorse finanziarie, umane, strumentali e
organizzative da trasferire alle regioni ed agli enti locali per
l’esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di
polizia amministrativa), con il quale si e’ stabilito, fra l’altro,
che «lo Stato, le Regioni e gli Enti locali collaborano in via
permanente, nell’ambito delle rispettive competenze, al perseguimento
di condizioni ottimali di sicurezza delle citta’ e del territorio
extraurbano e di tutela dei diritti di sicurezza dei cittadini,
nonche’ per la realizzazione di specifici progetti di ammodernamento
e potenziamento tecnico-logistico delle strutture e dei servizi di
polizia amministrativa regionale e locale, nonche’ dei servizi
integrativi di sicurezza e di tutela sociale, agli interventi di
riduzione dei danni, all’educazione alla convivenza nel rispetto
della legalita’» (art. 7, comma 1). Si e’, poi, aggiunto, al comma 3,
che «il Ministro dell’Interno, nell’ambito delle sue attribuzioni,
promuove le iniziative occorrenti per incrementare la reciproca
collaborazione fra gli organi dello Stato, le regioni e le
Amministrazioni locali in materia, anche attraverso la stipula di
protocolli d’intesa o accordi per conseguire specifici obiettivi di
rafforzamento delle condizioni di sicurezza delle citta’ e del
territorio extraurbano». In attuazione di tale norma e’ stato
stipulato tra il Ministero dell’interno e la Regione Friuli-Venezia
Giulia, il 27 marzo 2007, il Protocollo d’intesa in materia di
politiche integrate di sicurezza urbana, il quale prevede, fra
l’altro, la «promozione, da parte della Regione, di politiche e di
interventi sul piano della prevenzione sociale, situazionale e
comunitaria, anche attraverso intese locali in materia di sicurezza
urbana in raccordo con le politiche di sicurezza adottate dalle
competenti autorita’ statali, tenuto conto della specificita’ del
territorio e dell’andamento dei fenomeni criminali», sempre pero’ nel
rispetto delle proprie competenze ed in eventuale attuazione di
indicazioni del legislatore statale.
Con la modifica del Titolo V e’ stata riservata allo Stato,
dall’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., la competenza in
tema di ordine pubblico e pubblica sicurezza; ed alla competenza
regionale residuale – e non piu’ concorrente – e’ stata attribuita la
materia della polizia amministrativa locale. Quanto alla necessita’
di una collaborazione fra forze di polizia municipale e forze di
polizia di Stato, l’art. 118, terzo comma, Cost., ha provveduto
espressamente a demandare alla legge statale il compito di
disciplinare eventuali forme di coordinamento nella materia
dell’ordine pubblico e della sicurezza.
Sul tema, poi, questa Corte si e’ gia’ pronunciata, affermando
che le «auspicabili forme di collaborazione tra apparati statali,
regionali e degli enti locali volti a migliorare le condizioni di
sicurezza dei cittadini e del territorio, sulla falsariga di quanto
ad esempio prevede il d.P.C.M. 12 settembre 2000 […] non possono
essere disciplinate unilateralmente e autoritativamente dalle
regioni, nemmeno nell’esercizio della loro potesta’ legislativa»
(sentenza n. 134 del 2004; sentenze n. 10 del 2008, n. 322 del 2006,
n. 429 del 2004).
Nella specie, la norma regionale censurata dispone, pur in
assenza di indicazioni del legislatore statale, che «nell’esercizio
delle funzioni di pubblica sicurezza previste dalla normativa
statale, la polizia locale assume il presidio del territorio tra i
suoi compiti primari, al fine di garantire, in concorso con le forze
di polizia dello Stato, la sicurezza urbana degli ambiti territoriali
di riferimento», disciplinando non solo modalita’ di esercizio delle
funzioni di pubblica sicurezza da parte della polizia locale, ma
anche le forme della collaborazione con le forze della polizia dello
Stato, in evidente violazione della competenza esclusiva statale in
tema di sicurezza pubblica.
5. – Il Presidente del Consiglio dei ministri deduce, inoltre,
l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 10 della citata legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2009 per violazione
dell’art. 114 della Costituzione. La norma censurata invaderebbe la
sfera di competenza dei Comuni, enti con propri statuti, poteri e
funzioni, equiordinati alle Regioni, nella parte in cui fissa i
principi organizzativi per l’esercizio delle funzioni di polizia
locale, e prevede, al comma 1, che i Comuni e le Province
istituiscano i corpi di polizia locale e ne regolamentino
l’organizzazione ed il funzionamento, disciplinando, poi – nei
successivi commi 4, 5, 6, 7 e 8 – minuziosamente il contingente
numerico degli addetti al servizio, il tipo di organizzazione del
Corpo di polizia municipale e lo stato giuridico del personale e il
relativo trattamento economico.
5.1. – La questione non e’ fondata.
L’art. 114 della Costituzione stabilisce che anche i Comuni –
come le Province, le Citta’ metropolitane e le Regioni – sono enti
autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, secondo i principi
stabiliti dalla Costituzione, ma non attribuisce alcuna competenza
statutaria o regolamentare ai predetti Comuni. Deve, pertanto,
escludersi la denunciata violazione del predetto parametro
costituzionale.
6. – Il ricorrente impugna, poi, l’art. 15, comma 1, della legge
regionale in esame, nella parte in cui prevede che «Gli agenti della
polizia locale sono agenti di polizia giudiziaria. Gli ispettori e i
commissari della polizia locale sono ufficiali di polizia
giudiziaria. Il comandante del Corpo di polizia locale dei comuni
capoluogo di provincia non riveste la qualifica di ufficiale di
polizia giudiziaria».
Considerato che la polizia giudiziaria, a norma degli articoli 55
e 57 del codice di procedura penale, opera di propria iniziativa e
per disposizione o delega dell’Autorita’ giudiziaria, ai fini
dell’applicazione della legge penale, la norma regionale censurata
sarebbe in contrasto con la competenza esclusiva dello Stato in
materia di giurisdizione penale.
6.1. – La questione e’ fondata.
Questa Corte ha gia’ avuto occasione di affermare che «quanto
alla polizia giudiziaria che, a norma dell’art. 55 del codice di
procedura penale, opera, di propria iniziativa e per disposizione o
delega dell’Autorita’ giudiziaria, ai fini della applicazione della
legge penale, l’esclusione della competenza regionale» in materia di
attribuzione di funzioni di polizia giudiziaria «risulta dalla
competenza esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione penale
disposta dalla lettera l) del secondo comma dell’art. 117 della
Costituzione» (sentenza n. 313 del 2003).
La norma regionale censurata e’, pertanto, costituzionalmente
illegittima, in quanto, provvedendo ad attribuire agli addetti alla
polizia locale la qualifica di agenti ed ufficiali di polizia
giudiziaria, invade la sfera di competenza esclusiva statale in
materia di giurisdizione penale. Nessun rilievo assume, al riguardo,
l’esistenza di norme statali (ed in particolare dell’art. 5 della
legge n. 65 del 1986) che gia’ riconoscono la qualifica di ufficiali
e agenti di polizia giudiziaria al personale della polizia locale,
posto che «il problema qui in discussione non e’ di stabilire chi,
attualmente, sia riconosciuto come ufficiale o agente di polizia
giudiziaria, ma di stabilire chi abbia la competenza a operare il
riconoscimento» (sent. n. 313 del 2003), competenza «riservata a
leggi e regolamenti che debbono essere, in quanto attinenti alla
sicurezza pubblica, esclusivamente di fonte statale» (sent. n. 185
del 1999).
7. – E’ impugnato, infine, l’art. 18 della legge regionale n. 9
del 2009, in quanto, stabilendo che il personale di polizia locale e’
dotato di armamento secondo quanto previsto dalla normativa statale
(comma 1) e che gli addetti alla polizia locale espletano muniti di
armi almeno i servizi di vigilanza, protezione degli immobili di
proprieta’ dell’ente locale e dell’armeria del Corpo o Servizio,
quelli notturni e di pronto intervento (comma 4), invaderebbe la
competenza esclusiva dello Stato in materia di «armi, munizioni ed
esplosivi».
7.1. – La questione relativamente all’art. 18, comma 1, non e’
fondata.
La disposizione in esame, nel prevedere che «il personale di
polizia locale e’ dotato di armamento secondo quanto previsto dalla
normativa statale» non contiene, infatti, una disciplina dell’uso
delle armi da parte dei membri della polizia locale, ma si limita a
rinviare a tal proposito a quanto disposto dal legislatore statale,
la cui competenza non e’ quindi violata.
7.2. – E’, invece, fondata, la questione di legittimita’
costituzionale relativamente all’art. 18, comma 4, della legge
regionale in esame.
Tale norma, stabilendo che, «in conformita’ a quanto previsto
dalla normativa statale, gli addetti alla polizia locale espletano
muniti di armi almeno i servizi di vigilanza, protezione degli
immobili di proprieta’ dell’ente locale e dell’armeria del Corpo o
Servizio, quelli notturni e di pronto intervento», diversamente dal
citato comma 1, non si limita a rinviare alla disciplina statale, ma
identifica una serie di servizi in relazione ai quali gli agenti di
polizia locale devono essere muniti di armi.
L’art. 5, comma 5, della legge quadro sull’ordinamento della
polizia municipale (n. 65 del 1986), prevede che solo «gli addetti al
servizio di polizia municipale ai quali e’ conferita la qualita’ di
agente di pubblica sicurezza possono, previa deliberazione in tal
senso del consiglio comunale, portare, senza licenza, le armi, di cui
possono essere dotati in relazione al tipo di servizio nei termini e
nelle modalita’ previsti dai rispettivi regolamenti», in linea con
quanto stabilito, in via generale, «con apposito regolamento
approvato con decreto del Ministro dell’Interno, sentita
l’Associazione nazionale dei Comuni d’Italia»; dispone altresi’ che
e’ «demandato al Prefetto il conferimento al suddetto personale,
previa comunicazione al Sindaco, della qualita’ di agente di pubblica
sicurezza». Emerge, con chiarezza, quindi, che la particolare
tipologia di servizi ai quali gli agenti ed ufficiali di polizia
locale sono adibiti costituisce uno dei presupposti giustificativi
dell’attribuzione, da parte della normativa statale, della
possibilita’ per i medesimi di portare le armi. Pertanto, la norma
regionale, enumerando esplicitamente ed autonomamente taluni servizi
in relazione ai quali gli agenti di polizia locale devono portare le
armi, interviene a disciplinare casi e modi di uso delle armi,
invadendo la competenza statale esclusiva di cui all’art. 117,
secondo comma, lettera d), della Costituzione.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara l’illegittimita’ costituzionale degli articoli 8, comma
6; 15, comma 1; 18, comma 4, della legge della Regione Friuli-Venezia
Giulia 29 aprile 2009, n. 9 (Disposizioni in materia di politiche di
sicurezza e ordinamento della polizia locale);
Dichiara non fondate le questioni di legittimita’ costituzionale
dell’articolo 2, comma 1, lettera h), e dell’art. 5, comma 1, della
legge regionale n. 9 del 2009, promosse, in riferimento all’articolo
117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, con il ricorso
indicato in epigrafe;
Dichiara non fondata la questione di legittimita’ costituzionale
dell’articolo 10 della legge regionale n. 9 del 2009, promossa, in
riferimento all’art. 114 della Costituzione, con il ricorso indicato
in epigrafe;
Dichiara non fondata la questione di legittimita’ costituzionale
dell’articolo 18, comma 1, della legge regionale n. 9 del 2009,
promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera d),
della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 28 aprile 2010.

Il Presidente: Amirante

Il redattore: Tesauro

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria il 6 maggio 2010.

Il direttore della cancelleria: Di Paola

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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