CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE – 10 giugno 2010, n. 22214. In materia di peculato.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Firenze ha confermato quella del Tribunale di Livorno in data 20 giugno 2007, appellata da Tiziano P., condannato in primo grado alla pena di mesi quattro di reclusione in ordine al reato di peculato d’uso (art. 314, comma 2, c.p.). Il delitto era stato contestato al predetto perché, quale dipendente del Comune di Rosignano Marittimo con contratto a tempo determinato, con mansioni di autista di “scolabus”, si appropriava temporaneamente di un pulmino del Comune mettendolo a disposizione di terzi per la realizzazione di film pornografici, e lo restituiva dopo l’uso; consentiva, inoltre, l’utilizzo del magazzino comunale, adibito a ricovero di attrezzi ed automezzi, per la realizzazione di altre scene del film.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che ha dedotto, con un primo motivo, la erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 314, comma 2, 358 e 360 c.p. Il reato, come riconosciuto dalla sentenza impugnata, era stato consumato in un periodo in cui il suo contratto a tempo determinato era scaduto. Mancava quindi la qualifica per commettere il reato proprio. Né era possibile sostenere l’applicazione alla fattispecie dell’art. 360 c.p., perché tale estensione normativa presupporrebbe, pur sempre, il permanere del possesso o della disponibilità, al momento della consumazione del reato, del bene sul quale si esercita la condotta appropriativa. Con altro mezzo, censura la sentenza per manifesta illogicità della motivazione. Erroneamente – sostiene – si afferma nella decisione che l’imputato si sarebbe comunque avvalso della qualità di incaricato di pubblico servizio, pur se al momento non in atto, essendo da essa facilitato per conseguire la disponibilità del bene: ciò senza alcuna osservazione sulla applicabilità dell’art. 360 c.p. “chiaramente anche dalla Corte d’appello di Firenze ritenut(o) non applicabile alla fattispecie”.
Il ricorrente ha fatto pervenire memoria con la quale ha sollecitato questa Corte ad applicare la causa estintiva della prescrizione.

Motivi della decisione

Osserva la Corte che è fondata la deduzione del ricorrente relativa alla prescrizione del reato contestato. Secondo l’imputazione, il delitto è stato commesso “nell’estate del 2002”. La sentenza tuttavia specifica che, a seguito della appropriazione del pulmino, erano state girate alcune scene del film nel capannone (ma anche all’esterno) l’ultimo sabato del mese di luglio 2002. Tale data deve quindi essere considerata quale momento di decorrenza del termine di prescrizione che, nella specie, è di anni sette e mesi sei, tenuto conto degli atti interruttivi (anni sei + 1/4).
Il peculato d’uso, contestato nel caso, prevede una pena di tre anni di reclusione nel massimo. La fattispecie criminosa non costituisce un’attenuante del delitto di peculato previsto dal primo comma dell’art. 314 c.p., ma una autonoma figura delittuosa (Cass., sez. VI, n. 6094 27 gennaio 1994 – 25 maggio 1994, in Cass. pen., 1995, 2894). La sentenza di primo grado è stata pronunciata in data successiva a quella di entrata in vigore della l. 5 dicembre 2005, n. 251, ragione per la quale si verte in ipotesi in cui è applicabile il nuovo regime della causa estintiva del reato di cui agli artt. 157 e 161 c.p., come modificati dalla legge citata. Il termine di prescrizione è maturato, pertanto, al più, a fine gennaio 2010.
È da escludersi che possa ravvisarsi l’evidenza dell’innocenza dell’imputato per gli effetti di cui all’art. 129, comma 2, c.p.p. La Corte d’appello ha rilevato che il P. aveva prestato servizio fino al 6 luglio 2002 e aveva commesso il reato il sabato dell’ultima settimana di luglio dello stesso anno. Tuttavia egli, ogni anno, dal 1995 sino al 2002, cessava dal servizio per essere poi riassunto con nuovo contratto a tempo determinato (egli sapeva, al momento del commesso reato, che avrebbe, poi, ripreso servizio, come in effetti lo aveva ripreso, il 14 agosto 2002). In ogni caso, l’imputato, sempre secondo l’avviso della Corte territoriale, o aveva avuto la possibilità di introdursi nel locale “per la conoscenza delle abitudini del personale municipale e dell’ambiente”, oppure si era procurato una copia delle chiavi durante il servizio”: si era comunque avvalso della qualità di incaricato di pubblico servizio, che lo aveva facilitato, per conseguire la disponibilità dell’automezzo.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, essendo il reato estinto per prescrizione.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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