Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 17-12-2010) 15-03-2011, n. 10372

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 11.2.2010 la Corte d’Appello di Trento sez. distaccata di Bolzano confermava la sentenza del Tribunale di Bolzano sez. distaccata di Bressanone che il 14.12.2007 aveva condannato, a pena condonata, C.C. per il reato di truffa aggravata in danno di O.C..

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputata contestando che la sentenza impugnata è incorsa in violazione di legge con riguardo all’art. 640 c.p. per avere erroneamente considerato la C. come persona che avrebbe indotto in errore l’ O. quando, dall’istruttoria dibattimentale, era emerso la correttezza del comportamento dell’imputata. Lamenta il ricorrente che il giudice di merito ha travisato le argomentazioni difensive ed ha evidenziato di non avere conoscenza della tipologia finanziaria dello "Zero Coupons", applicata nel caso in esame.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il ricorrente sotto il profilo del vizio di motivazione tenta in realtà di sottoporre a questa Corte un giudizio di merito, non consentito anche dopo la Novella. La modifica normativa dell’art. 606 c.p.p., lett. e), di cui alla L. 20 febbraio 2006, n. 46 ha lasciato infatti inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di cassazione, che può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di merito.

Al giudice di legittimità resta tuttora preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto, mentre la Corte, anche nel quadro nella nuova disciplina, è e resta giudice della motivazione.

Nel caso di specie va anche ricordato che ci si trova dinanzi ad una "doppia conforme" e cioè doppia pronuncia di eguale segno per cui il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado.

Il vizio di motivazione può infatti essere fatto valere solo nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di cd. doppia conforme, superarsi il limite del "devolutum" con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass. Sez. 4 n. 19710/2009 Rv 243636;

Cass. Sez. 1 n. 24667/07; Cass. Sez. 2 n. 5223/2007 rv. 236130).

Nel caso di specie, invece, il giudice di appello ha riesaminato lo stesso materiale probatorio già sottoposto al tribunale e, dopo avere preso atto delle censure degli appellanti, è giunto alla medesima conclusione della sentenza di primo grado.

Aderendo a tali principi deve perciò affermarsi che la sentenza impugnata supera il vaglio di legittimità. Il ricorrente infatti attraverso lo schermo del travisamento chiede una rivalutazione complessiva delle prove non consentita in questa fase di legittimità.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

L’inammissibilità del ricorso preclude l’accesso al rapporto di impugnazione ed impedisce la declaratoria di prescrizione maturata, come nel caso in esame, il 16.12.2010 e quindi dopo la sentenza impugnata (Sez. un., 27 giugno 2001, Cavalera, Cass. Sez. un. 23428/05 Bracale).

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di mille Euro alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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