Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-12-2010) 15-03-2011, n. 10388

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di cassazione ricordata in premessa annullava la sentenza emessa dalla Corte di appello di Reggio Calabria del 9.7.2006 con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio in ordine alla posizione dell’attuale ricorrente ed altri coimputati in un procedimento avente ad oggetto l’attività di una pretesa associazione di stampo mafioso ed altri reati-fine.

Nel ricorso si deduce che, nella motivazione della sentenza, la Corte ha affermato a pag. 18 che "nessun motivo di impugnazione attiene alla condanna per i reati dei capi sub T4 ( L. n. 497 del 1974, artt. 10 e 14), sub T5 ( L. n. 110 del 1975, art. 23, comma 3) e sub T6 (ricettazione) e che tali affermazioni sono state ribadite a pag. 37 dove, posto che sui detti titoli non vi era stata alcuna impugnazione si è affermato "con conseguente formazione sul punto del giudicato parziale". Posto l’errore evidente in quanto non era mai stato condannato per tali imputazioni, il ricorrente osservava che evidentemente il S.D. era stato scambiato con il coimputato S.G. e che quindi il giudizio si era formato su basi fattuali del tutto erronee che comportavano, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, un vizio radicale censurabile ex art. 625 c.p.p..
Motivi della decisione

Il ricorso va dichiarato inammissibile stante la sua manifesta infondatezza Pur sussistendo il censurato errore nella motivazione della sentenza in quanto effettivamente il ricorrente non è mai stato condannato per i ricordati titoli di reato, nel dispositivo della sentenza non vi è alcun accenno al passaggio in giudicato della condanna. La sentenza impugnata è stata annullata con rinvio anche per quanto riguarda la posizione del ricorrente e quindi il S. non ha alcun interesse alla correzione fatta valere nelle forme di cui all’art. 625 c.p.p. in quanto la sentenza de qua non è di condanna, ma di annullamento. D’altra parte anche se si volesse ritenere che il mero, erroneo, passaggio motivazionale, sia un titolo per affermare che vi è stata sentenza di conferma di una precedente condanna, la stessa è palesemente ineseguibile perchè manca il detto presupposto fattuale e cioè l’essere stato il S. condannato per i reati prima indicati.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro 500,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 500,00 Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *