Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-12-2010) 15-03-2011, n. 10369

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 18.12.2008 la Corte di appello di Bologna in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Bologna concedeva al Z. le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante e rideterminava la pena inflitta per il reato di associazione a delinquere alla pena di anni tre (in primo grado il reato di truffa era stato ritenuto assorbito e quello di cui al D.L. 10 luglio 1982, n. 429, art. 4, comma 1 conv. nella L. n. 516 del 1982 e sostituito con D.L. n. 83 del 1991 convertito nella L. n. 154 del 1991 – falsa fatturazione – prescritto) e dichiarava inammissibile l’appello proposto dallo S. già condannato per associazione a delinquere (analogamente in prime cure era stato ritenuto assorbito il reato di truffa e prescritto quello di falsa fatturazione) alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione.

Gli imputati risultano condannati per aver organizzato un’associazione dedita a commettere plurimi reati di truffa ai danni dello Stato e delitti previsti dalla normativa finanziaria, in particolare per aver dato vita a società come la Europeimpex e svariate altre come la Best carni che in realtà erano inesistenti e che coprivano attività di vendita diretta di bovini che invece figuravano come importati dall’estero con falsa fatturazione e truffa erariale.

Per la posizione dello S. la Corte territoriale rilevava che il ricorso era inammissibile non specificando quali contestazioni si muovevano alla precisa ricostruzione dei fatti operata dal giudice di prime cure.

Circa la posizione della tesi dello Z. secondo cui era stato solo commissario per le operazioni effettuate tramite le varie società riportate in rubrica e riportabili al ricorrente, la Corte territoriale rilevava che la dedotta triangolazione non si era mai effettuata in quanto le ditte venditrici erano totalmente fittizie posto che l’unico scopo dalle stesse realizzato era quello di porre in essere un’apparente fatturazione; una volta che i bovini erano arrivati nella disponibilità dello Z., la ditta che faceva capo a costui, la G.A., otteneva o maturava il rimborso dell’"IVA a valle senza che a monte fosse stato pagato alcunchè. Lo Z. era il vero regista delle società e delle operazioni come si evinceva da molteplici intercettazioni; era stata formata quindi un’organizzazione che permaneva dopo ogni singola operazione di falso e truffa con scambio e ripartizione di ruoli.

Ricorre lo Z. che con il primo motivo deduce che mancava ogni elemento ed anche una congrua motivazione in ordine alla sussistenza del reato associativo; al più si potevano ritenere sussistente i singoli reati contestati.

Con il secondo motivo si allega che mancava comunque ogni prova del preteso ruolo direttivo svolto dal ricorrente che non aveva alcuna capacità finanziaria propria.

Lo S. allega la carenza di motivazione; si era dedotta con specifici motivi la mancanza di prove in ordine al reato associativo, ma la Corte di appello aveva ritenuto l’inammissibilità dell’appello non rispondendo ai motivi proposti.

Inoltre (secondo motivo) il reato associativo ascritto anche al ricorrente era stato dichiarato prescritto per due coimputati.

Trattandosi di un motivo non strettamente personale tale dichiarazione doveva essere estesa anche al ricorrente.
Motivi della decisione

I ricorsi, stante la loro manifesta infondatezza, vanno dichiarati inammissibili.

Circa il ricorso dello S. la Corte territoriale ha rilevato come i motivi proposti consistessero in mere petizioni di principio e non tentassero nemmeno di contestare gli elementi indicati nella sentenza di prime cure a carico del ricorrente come le intercettazioni e la ricostruzione dei rapporti tra società per il fine truffaldino complessivamente perseguito. Nel ricorso nulla si oppone a tali considerazioni e non si dimostra le ragioni per cui i motivi sarebbero stati in realtà specifici e recanti contestazioni puntuali che la Corte territoriale avrebbe avuto il dovere di esaminare nel merito.

II secondo motivo è palesemente infondato in quanto è stata dichiarata la prescrizione del reato associativo per imputati cui sono state concesse le attenuanti generiche. Non sussiste quindi la medesima situazione.

Circa il ricorso dello Z., la Corte territoriale ha già osservato che la dedotta triangolazione non si era mai effettuata in quanto le ditte venditrici erano totalmente fittizie posto che l’unico scopo dalle stesse realizzato era quello di porre in essere un’apparente fatturazione; una volta che i bovini erano arrivati nella disponibilità dello Z., la ditta che faceva capo a costui, la G.A., otteneva o maturava il rimborso dell’IVA a valle senza che a monte fosse stato pagato alcunchè. Lo Z. era il vero regista delle società e delle operazioni come si evinceva da molteplici intercettazioni; era stata costituita quindi un’organizzazione che permaneva dopo ogni singola operazione di falso e truffa con scambio e ripartizione di ruoli. La motivazione appare congrua e logicamente coerente mentre le censure sono di mero fatto e già esaurientemente esaminate dai giudici di merito.

Per la Corte il ruolo di "capo" dello Z. emerge dal tenore delle intercettazioni effettuate; sul punto il motivo è assolutamente generico e non prende in alcuna considerazione quanto sostenuto nelle sentenze di merito.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile i ricorsi, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè ciascuno – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado del giudizio dalla parte civile Ministero dell’Economia e delle Finanze Agenzia delle entrate liquidate in complessive Euro 1.800,00 oltre accessori.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado del giudizio dalla parte civile Ministero dell’Economia e delle Finanze Agenzia delle entrate liquidate in complessive Euro 1.800,00 oltre accessori.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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