T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 11-03-2011, n. 716

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. I ricorrenti sono tutti medici inseriti nella graduatoria regionale per la copertura delle zone territoriali carenti di assistenza primaria ovvero idonei a stipulare con le Aziende Sanitarie Locali la convenzione per lo svolgimento dell’attività di medico di base.

Con il presente ricorso impugnano gli atti in epigrafe indicati, con i quali è stato individuato il numero dei posti da mettere a concorso – relativamente al I e II semestre anno 2008 – per il conferimento della qualifica di medico di base. L’impugnazione riguarda in particolare la parte dei suindicati atti afferente ai territori della ASL di Milano, della ASL della Provincia di Milano 1 e della ASL di Monza e Brianza.

A seguito di ordinanza istruttoria presidenziale, è stata depositata in giudizio da Regione Lombardia ulteriore documentazione, e precisamente: a) la nota del 25 maggio 2009 di ASL Milano; b) la nota del 9 marzo 2009 di ASL della Provincia di Milano 1; c) la nota del 15 maggio 2009 di ASL della Provincia di Monza e Brianza, con le quali le predette ASL, ciascuna per il territorio di propria competenza, avevano preventivamente provveduto a comunicare alla Regione il numero dei posti da mettere a concorso.

Avverso tali atti i ricorrenti hanno proposto motivi aggiunti.

Si sono costituite in giudizio le Amministrazione intimate per opporsi all’accoglimento del gravame.

Le stesse parti resistenti hanno depositato memorie insistendo nelle proprie conclusioni.

Tenutasi la pubblica udienza in data 20 gennaio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Come anticipato, la controversia in esame concerne l’individuazione del numero di posti disponibili di medico di medicina generale negli ambiti territoriali delle ASL della Regione Lombardia (ambiti territoriali carenti), riguardanti precisamente l’ASL della Città di Milano, l’ASL della Provincia di Milano 1 e la ASL della Provincia di Monza e Brianza.

I ricorrenti, tutti medici che aspirano a prestare attività di medico di medicina generale, lamentano in particolare che le Amministrazioni intimate, ai fini dell’individuazione del numero di posti da mettere a concorso, hanno applicato un criterio di calcolo più restrittivo rispetto a quello indicato dal contratto collettivo nazionale del 2005 (in base al quale vi deve essere un medico di medicina generale ogni mille abitanti), ritenendo di dover individuare un posto ogni 1300 abitanti, per gli ambiti territoriali della ASL della Provincia di Milano 1 e della ASL della Provincia di Monza e Brianza, ed un posto ogni 1250 abitanti per l’ambito territoriale della ASL della Città di Milano.

3. Ciò premesso, e prima di passare all’esame dei motivi di ricorso, occorre esaminare le eccezioni preliminari sollevate dalle difese delle parti pubbliche.

La prima in ordine logico da scrutinare è quella, sollevata dalla ASL della Città di Milano, che deduce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in quanto, in da un lato, trattasi di causa afferente a materia rientrante nell’ambito del diritto del lavoro, ex art. 409 c.p.c.; da altro lato in quanto, con il ricorso in esame verrebbero impugnati atti attuativi di previsioni generali contenute nell’accordo collettivo nazionale di lavoro, e quindi aventi natura privatistica.

3.1. La censura va disattesa.

Come più volte sottolineato, il ricorso in esame è diretto contro gli atti, aventi senz’altro natura provvedimentale, con i quali è stato individuato il numero dei posti disponibili di medico di medicina generale da mettere a concorso, ed in particolare, come verrà chiarito anche nel prosieguo, contro l’atto con il quale è stato bandito il concorso stesso.

Ciò premesso, va osservato la giurisprudenza, nell’esaminare fattispecie analoghe a quella qui scrutinata, ha affermato che appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie che hanno direttamente ad oggetto i contratti collettivi nazionali e regionali che disciplinano i rapporti fra servizio sanitario nazionale e medici convenzionati, atteso che tali accordi vengono recepiti, dopo la stipula, in provvedimenti aventi natura di atto generale di organizzazione; si tratta, quindi, di provvedimenti che riflettono scelte di carattere discrezionale, aventi carattere programmatorio dell’intero sistema sanitario, estranee come tali alla costituzione del rapporto di lavoro del singolo medico all’interno di detto sistema (cfr. Consiglio di stato, sez. V, 20 gennaio 2009, n. 241; id., sez. V, 26 marzo 2009 n. 1802). A maggior ragione deve ritenersi appartenente alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia in esame nella quale non vengono censurate le disposizioni contenute negli accordi collettivi, ma i provvedimenti amministrativi che fanno applicazione dei criteri in essi previsti. Il fatto che i criteri di calcolo del numero dei posti di medico di base da ricoprire siano stati in precedenza definiti nei contratti collettivi di lavoro non toglie che, allorquando la pubblica amministrazione provveda a bandire il concorso, eserciti un potere amministrativo. Allo stesso modo non è rilevante il fatto che la definizione concreta del numero dei posti da mettere a concorso debba passare al vaglio della contrattazione collettiva decentrata, in quanto si verifica in tal modo un fenomeno di negoziazione del potere amministrativo discrezionale, funzionale alla tutela dell’interesse pubblico, assimilabile quello degli accordi disciplinati dall’art. 11 della legge n. 241/90, la cui natura pubblicistica non può essere messa in discussione..

Ne discende che, sulla controversia in esame, va affermata la giurisdizione del giudice amministrativo.

4. Altra eccezione riguarda la tardività del ricorso.

Anche tale profilo tuttavia è del tutto infondato in quanto la decorrenza del termine di impugnazione non poteva che iniziare dal momento in cui è stato pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia il bando di concorso, con il quale è stata definitivamente espressa la volontà dell’Amministrazione di ricoprire un numero di posti inferiore rispetto a quello ritenuto congruo dai ricorrenti; e rispetto al quale i precedenti atti posti in essere dalle Aziende Sanitarie intimate e dalla Regione (valorizzati dalle difese delle resistenti al fine di anticipare il termine iniziale di decorrenza per l’impugnazione) costituiscono atti preparativi di natura endoprocedimentale.

Poiché il bando di concorso è stato pubblicato sul BURL in data 6 maggio 2009 e l’atto introduttivo del presente giudizio è stato consegnato all’Ufficiale Giudiziario per la notifica in data 1 luglio 2009, il ricorso è tempestivo.

5. Le parti resistenti deducono ancora l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse, posto che i ricorrenti non avrebbero dimostrato che, in caso di accoglimento del ricorso, la loro posizione in graduatoria sarebbe stata tale da farli risultare vincitori del concorso.

5.1. Anche questa eccezione non può essere condivisa.

Come più volte affermato, nella controversia in esame viene impugnato il provvedimento con il quale si dà corso ad una procedura selettiva finalizzata alla copertura di posti di medico di medicina generale.

L’ampliamento del numero di posti da mettere a concorso costituisce quindi di per sé una utilità per i ricorrenti, i quali aspirano tutti a ricoprire quei posti (cfr. C.d.S, sez. V, n. 1802/2009 cit.).

Peraltro, poiché al momento della proposizione della controversia non erano ancora state formate le graduatorie specifiche in relazione ai singoli posti messi a concorso, non si vede come potesse essere fornita dagli interessati la prova di resistenza; né può farsi riferimento alla posizione ricoperta dagli interessati medesimi nelle graduatorie generali, giacché non è detto che tutti i soggetti che li precedono avrebbero poi effettivamente proposto la domanda di partecipazione al concorso.

Deve pertanto affermarsi la sussistenza dell’interesse alla instaurazione del presente giudizio.

6. L’ASL della Provincia di Milano 1 deduce la nullità della notificazione nei suoi confronti, in quanto il ricorso è stato notificato in luogo diverso da quello in cui è situata la sua sede legale.

6.1. In proposito va tuttavia osservato che, secondo la giurisprudenza, nonostante la presenza di irregolarità nella procedura di notificazione, l’esistenza di un collegamento fra il destinatario della notifica e il luogo e le persone alle quali la copia dell’atto è stata consegnata determina non già l’inesistenza della notificazione medesima ma la sua nullità, sanabile con la costituzione in giudizio della parte (cfr. ex multis Cassazione civile, sez. II, 07 gennaio 2010, n. 58).

Nel caso concreto, il ricorso è stato notificato presso una casa di riposo di proprietà dell’ASL della Provincia di Milano 1, e dunque in un luogo che presenta uno stretto collegamento con la parte intimata. Inoltre la stessa ASL si è costituita in giudizio per contraddire a tutte le deduzioni formulate dai ricorrenti; ne consegue che, in applicazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza, la nullità della notificazione eventualmente verificatasi va comunque considerata sanata, ai sensi dell’art. 44 c.p.a.

7. Infine, Regione Lombardia deduce la nullità del ricorso per carenza di motivi.

La doglianza è infondata in punto di fatto giacché, come verrà illustrato nel prosieguo, i ricorrenti hanno dedotto specifici motivi di ricorso, con i quali vengono mosse precise censure agli atti impugnati.

8. Va invece accolta l’eccezione inammissibilità dell’impugnazione, proposta sempre da Regione Lombardia, rivolta avverso la nota del Direttore Generale della Sanità in data 27 aprile 2007, in quanto trattasi effettivamente, come già chiarito sopra, di atto endoprocedimentale.

9. Per la medesime ragioni il Collegio deve rilevare l’inammissibilità dei motivi aggiunti nella parte in cui viene chiesto l’annullamento della nota del 25 maggio 2009 del Direttore Amministrativo dell’ASL di Milano, della nota del 9 marzo 2009 del Direttore Generale della ASL della Provincia di Milano 1 e della nota del 15 maggio 2009 del Direttore dipartimento cure primarie dell’ASL della Provincia di Monza e Brianza.

10. Ancora preliminarmente va osservato che nel corso dell’udienza di discussione di merito è stata depositata documentazione dalla quale risulta che i sigg.ri A.B., M.G. e L.V. hanno conseguito, nelle more del giudizio, l’incarico di medico di medicina generale. Con riferimento a tali soggetti, il ricorso è dunque divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

11. Passando ora all’esame del merito, rileva il Collegio che il ricorso è fondato, essendo meritevole di accoglimento il primo mezzo di gravame contenuto nell’atto introduttivo, avente carattere assorbente.

Con tale doglianza i ricorrenti lamentano che le Amministrazioni procedenti avrebbero provveduto a determinare il numero di posti di medico di base da mettere a concorso – derogando al criterio generale previsto dall’33, comma 9, dell’Accordo Collettivo Nazionale di lavoro del 2005 – senza giustificare tale scelta con adeguata motivazione.

11.1. In proposito il Collegio osserva quanto segue.

In base al citato art. 33, comma 9, dell’ACN 2005 "per ciascun ambito territoriale può essere iscritto solamente un medico (n.d.e. di medicina generale) ogni mille abitanti residenti o frazione di mille superiore a cinquecento (…). Le Regioni possono indicare per ambiti territoriali dell’assistenza primaria un diverso rapporto medico/popolazione residente. La variabilità di tale rapporto deve essere concordata nell’ambito degli accordi regionali e comunque fino ad un massimo del 30%".

Come si vede questa norma attribuisce alla contrattazione collettiva decentrata la possibilità di derogare al criterio standard di calcolo per la determinazione del numero di medici di medicina generale da convenzionare con il servizio sanitario nazionale sancito a livello statale; per questa ragione la giurisprudenza ha dovuto affrontare il problema del rapporto che intercorre fra contrattazione collettiva statale e contrattazione collettiva regionale, con particolare riferimento all’individuazione dei limiti del potere derogatorio concesso al livello decentrato.

La risposta fornita è che, poiché il rapporto numerico medici/pazienti attiene ad un aspetto della disciplina riconducibile alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni da rendere nell’ambito del servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 117, lett. m) della Costituzione, le singole Regioni non possono individuare criteri diversi da quelli previsti in ambito nazionale..

Tale assunto è poi confermato dall’art. 4 dell’ACN il quale, nel disciplinare le materie attribuite alla contrattazione decentrata regionale, non menziona affatto quella afferente alla determinazione del rapporto ottimale medico/paziente; ne consegue, secondo la giurisprudenza, che il ridetto art. 33, comma 9, nella parte in cui stabilisce che le regioni possono indicare un rapporto diverso da quello previsto dall’ACN, va letto nel senso che ad esse compete non già una potestà generale di modifica del rapporto individuato a livello statale; bensì una potestà più limitata, circoscritta ad ambiti territoriali determinati, il cui esercizio risulta vincolato a ben specifici presupposti, dei quali occorre dare conto nei provvedimenti che ne costituiscono espressione attraverso adeguata motivazione (cfr. C.d.S. n. 241/09 cit; C.d.S. n. 1802/09 cit.; TAR Lombardia Milano, sez. III, n. 2902/08).

Ciò premesso in linea generale, va osservato che la controversia in esame si innesta in una vicenda già sottoposta all”attenzione della Sezione che, applicando i principi sopra illustrati, con sentenza n. 2902 /08 aveva annullato un precedente provvedimento della Regione Lombardia il quale, nel recepire la preintesa siglata in data 27 aprile 2007, aveva assunto, quale rapporto ottimale medico assistibili per la medicina generale, in via generalizzata su tutto il territorio regionale, quello di un medico ogni 1.300 residenti, anziché quello di un medico ogni mille residenti previsto dall’ANC.

Al fine di adeguarsi alle statuizioni contenute nella predetta sentenza, Regione Lombardia ha adottato la deliberazione n. 8942 dell’11 febbraio 2009, nella quale si è stabilito che il rapporto ottimale di un medico ogni mille residenti può subire deroghe, fino ad un massimo del 30%, solo al ricorrere di specifiche ipotesi connesse, per ogni ambito territoriale: a) alle peculiari caratteristiche geografiche del territorio; b) alla dotazione complessiva dei servizi socio – sanitari; c) alla specifica realtà socio sanitaria e dei servizi sanitari a disposizione della popolazione.

Applicando i principi elaborati dalla giurisprudenza e le prescrizioni contenute nella testé citata deliberazione di Regione Lombardia, le Amministrazioni procedenti avrebbero potuto quindi derogare al rapporto ottimale di un medico ogni mille abitanti, previsto dall’ACN del 2005, solo per determinati ambiti territoriali, e solo in ragione delle specificità indicate dalla suddetta deliberazione n. 8942/2009.

Nel caso concreto invece le Aziende Sanitarie della Città di Milano, della Provincia di Milano 1 e di Monza e Brianza hanno previsto una deroga generalizzata riferita a tutti gli ambiti territoriali di propria competenza.

Inoltre, le motivazioni addotte a sostegno della scelta sono, per quanto riguarda ASL della Città di Milano, non aderenti al dettato della deliberazione n. 8942/2009: dalla documentazione depositata in giudizio emerge invero che la deroga è stata decisa in ragione: a) della elevata densità abitativa; b) del cospicuo numero di assistiti extracomunitari; c) dei costi di apertura/mantenimento dello studio medico; elementi questi che non si vede come possano essere ricondotti a quelli indicati nella succitata deliberazione n. 8942/2009 (si ripete: caratteristiche geografiche del territorio; dotazione complessiva servizi socio sanitari, specifica realtà socio sanitaria e dei servizi a disposizione della popolazione).

Per quanto riguarda invece le ASL della Provincia di Milano 1 e di Monza e Brianza, le motivazioni sono stereotipate in quanto riproducenti una medesima formula adattata, con qualche piccola modifica attinente a specifici dati, a tutti gli ambiti territoriali di loro competenza; la scelta quindi non appare dettata dalle peculiarità proprie dei singoli ambiti territoriali, ma frutto di valutazioni fatte a priori e giustificate poi, attraverso l’utilizzo della formula stereotipata, in maniera del tutto inadeguata.

La previsione di deroghe generalizzate e la sussistenza di motivazioni inadeguate dimostrano come i provvedimenti impugnati siano elusivi delle regole enucleate dalla giurisprudenza e delle prescrizioni impartite dalla stessa Regione Lombardia; e dimostrano quindi la fondatezza del motivo in esame.

12. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato in parte improcedibile, in parte inammissibile ed in parte deve essere accolto. Per l’effetto va disposto l’annullamento del Comunicato Regionale del 28 aprile 2009 n. 63, pubblicato sul B.U.R.L. n. 18 del 6 maggio 2009, riportante l’indicazione dei posti vacanti relativi agli Ambiti territoriali carenti di assistenza primaria, relativamente a quelli posti a concorso per i seguenti territori: ASL di Milano; ASL della Provincia di Milano 1; ASL della Provincia di Monza e Brianza.

13. La complessità e la parziale novità delle questioni affrontate induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio..
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, le dichiara in parte inammissibile, in parte improcedibile ed in parte lo accoglie nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate, fermo l’onere di cui all’art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 del decretolegge n. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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