Cass. civ. Sez. I, Sent., 23-05-2011, n. 11283 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto del 12 novembre 2007 – 14 gennaio 2008 la Corte d’Appello di Perugia rigettava il ricorso proposto da S.D.L. per il riconoscimento di un’equa riparazione per la non ragionevole durata del processo promosso dinanzi alla Pretura di Roma con ricorso del 24 giugno 1997 da S.S.F. – dante causa a titolo uni versale di S.D.L. a seguito di decesso nel corso del giudizio di appello – e definito con sentenza della Corte di Cassazione 22 giugno 2006. Osservava la Corte che i tre gradi di giudizio avevano avuto rispettivamente la durata di undici mesi in pretura, di quattro anni e otto mesi in tribunale e di un anno e sei mesi in cassazione e, detratti i rinvii ingiustificati richiesti dalle parti, per complessivi sei mesi, l’eccedenza rispetto alla durata ragionevole del processo nei tre gradi risultava di soli sei mesi sicchè, tenuto conto del fatto che per le impugnazioni erano sempre stati utilizzati i termini lunghi, doveva dedursene che non sussisteva nella specie una particolare ansia per il protrarsi della vicenda giudiziale che giustificasse il riconoscimento dell’equa riparazio ne richiesta dalla ricorrente.

Contro il decreto ricorre per cassazione S.D.L. con un unico motivo.

Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.
Motivi della decisione

La ricorrente si duole che il giudice del meri pur avendo riscontrato un’eccedenza di sei mesi rispetto alla ragionevole durata del processo presupposto abbia poi escluso il diritto all’equa riparazione addebitando alla ricorrente i rinvii ingiustificati richiesti dalla controparte ed il ricorso ai termini lunghi di impugnazione nel passaggio dall’una all’altra fase del processo.

La censura non può trovare accoglimento e il provvedimento impugnato va confermato previa correzione e integrazione della motivazione.

Va considerato, infatti, che la ricorrente è succeduta alla attrice originaria, deceduta nel corso del giudizio di appello, ma non ha fornito alcuna indicazione della data del decesso e, quindi, non è possibile accertare se in suo favore fosse maturato il diritto ad un’equa riparazione trasmissibile agli eredi.

Da ciò consegue che la durata del processo presupposto non consente di riscontrare alcuna violazione del temine di ragionevole durata che possa giustificare il riconoscimento della pretesa dedotta in giudizio da S.D.L. nella esclusiva qualità di erede di S.S.F. e cessionaria della quote ereditarie degli altri coeredi.

Le considerazioni che precedono assorbono l’esame delle censure ricolte contro il computo dei rinvii ingiustificati che la ricorrente assume non imputabili.

In conclusione il ricorso non può trovare accoglimento e deve essere respinto con la conferma del decreto impugnato previa doverosa correzione della motivazione nella parte in cui non rileva la assenza di ogni pregiudizio iure hereditario per mancanza di prova.

Le spese giudiziali seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrere al pagamento delle spese giudiziali che liquida in complessivi Euro 800,00 per onorari oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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