Cass. civ. Sez. II, Sent., 24-05-2011, n. 11407

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Banca Commerciale Italiana (ora Intesa BCI), quale creditrice del sig. S.F., eseguiva, in data 19 giugno 1998, pignoramento immobiliare sui beni siti in Prato di proprietà dello stesso S.F. nonchè di S.U., ciascuno titolare della quota della metà del compendio. Nel procedimento esecutivo che ne seguiva veniva disposta c.t.u. per l’esatta identificazione dei beni pignorati, per la descrizione del loro stato e per tutte le altre necessità funzionali alla successiva prosecuzione dell’esecuzione anche in relazione alla determinazione della quota di proprietà dell’esecutato, risultata, poi, quantificata in L. 531.000.000. Dovendosi procedere, quindi, alla divisione dei beni, la banca creditrice conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Prato i medesimi S.F. e S. U. perchè si provvedesse a tanto, evocando in giudizio anche i creditori intervenuti nella procedura esecutiva, alcuni dei quali si costituivano in giudizio. Conferita c.t.u. per l’accertamento della comoda divisibilità dei beni oggetto della comunione indivisa, la cui relazione veniva ulteriormente integrata a seguito della formulazione di osservazioni, all’esito degli accertamenti tecnici il giudice istruttore fissava apposita udienza per la discussione dei progetti di divisione prospettati, nella quale, avendo lo S. U. optato per la soluzione indicata come n. 2 nella precedenza ordinanza giudiziale, lo stesso g.i. disponeva che il convenuto versasse la residua somma di Euro 585.050,00. Senonchè, nell’ambito di una successiva udienza, lo S.F. deduceva sia la nullità della c.t.u. (in relazione all’assunta erroneità dei valori attribuiti ai beni in questione) sia la irritualità della procedura, non essendo state osservate le formalità di cui all’art. 789 c.p.c..

Su tali contestazioni il g.i. provvedeva con ordinanza del 29 settembre 2008, depositata il 22 ottobre 2008 (comunicata allo S.U. il 23 ottobre 2008 e non comunicata allo S.F.), con la quale dichiarava la contumacia di S.F., disponeva la restituzione a S.U. di quanto versato sul libretto del 31 marzo 2008, rigettava la richiesta di integrazione di c.t.u. e delegava apposito notaio per la vendita dei beni immobili come da separato provvedimento.

Avverso tale ordinanza (confermata con altra successiva del 10 novembre 2008, che aveva respinto l’istanza di revoca) S. U. e S.F. hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, (notificati il 22 dicembre 2008 e depositati il 9 gennaio 2009), basati, rispettivamente, su due e tre motivi, avverso i quali nessuna delle parti intimate si è costituita in questa sede. Detti ricorsi sono stati riuniti, all’udienza pubblica de 18 aprile 2011, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente Stefanini Ulisse ha censurato l’ordinanza impugnata per violazione o falsa applicazione degli artt. 101 e 789 c.p.c., comma 2, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e per nullità del procedimento, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Al riguardo risulta formulato il seguente quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.: "dica la Corte se l’omessa comunicazione al condividente convenuto contumace del decreto di fissazione dell’udienza di discussione del progetto di divisione ex art. 789 c.p.c., comma 2, comporta una violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa del contumace medesimo con conseguente nullità del procedimento e di tutti gli atti successivi all’omessa comunicazione di cui al citato art. 789 c.p.c., comma 2". 2. Con il secondo motivo il ricorrente S.U. ha dedotto fa violazione – avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – degli artt. 788 e 789 c.p.c., comma 3. Il motivo è corredato del seguente quesito di diritto: "dica la Corte se, in ipotesi di beni comodamente divisibili e ricorrendo contestazioni sulla necessità di disporre la vendita, è ammissibile il provvedimento avente natura di ordinanza con cui il giudice istruttore dispone la vendita dei beni o il g.i. deve rimettere la causa al collegio perchè si pronunci con sentenza?". 3. Con il primo motivo il ricorrente S.F. ha denunciato l’erroneità della sua declaratoria di contumacia nel procedimento riferito al provvedimento impugnato, essendosi egli costituito nel giudizio di divisione proprio all’udienza del 24 settembre 2008. 4. Con il secondo ed il terzo motivo ha formulato due distinte doglianze perfettamente speculari a quelle avanzate con il primo ed il secondo motivo dall’altro ricorrente S.U., con l’indicazione dei medesimi quesiti di diritto.

5. Rileva il collegio che, nella specie, sussistono le condizioni per pervenire alla declaratoria di cessazione della materia del contendere con riferimento ad entrambi i ricorsi proposti in virtù della sopravvenuta carenza di interesse manifestata per conto di ambedue i ricorrenti.

Infatti, con apposite identiche memorie, tempestivamente depositate nell’interesse di entrambi i ricorrenti, i loro difensori hanno reso edotto questa Corte che, nelle more della fissazione dei ricorsi, è sopravvenuta la sostituzione de giudice dell’esecuzione del Tribunale di Prato nell’ambito della procedura a cui si riferiva l’ordinanza impugnata, il quale, con provvedimento del 20 ottobre 2009, ha ritenuto di non dar seguito alla vendita disposta dal precedente giudicante, revocando implicitamente l’ordinanza impugnata in sede di legittimità, disponendo la rinnovazione della c.t.u. e, fissando, successivamente, l’udienza di precisazione delle conclusioni nel giudizio di divisione per l’udienza del 18 gennaio 2011, nella quale la causa è stata riservata per la decisione.

In tal modo i ricorrenti, evidenziando la circostanza dell’intervenuta revoca del provvedimento oggetto dei rispettivi ricorsi e della prosecuzione in via ordinaria del giudizio di scioglimento della comunione immobiliare, hanno manifestato, inequivocabilmente, l’intenzione di considerare che è venuto meno il loro interesse alla prosecuzione del giudizio di legittimità e, quindi, all’ottenimento di una pronuncia concernente la valutazione di fondatezza o meno dei ricorsi stessi. Pertanto, essendosi nelle more caducato sia l’interesse sostanziale che quello processuale sottesi originariamente alla proposizione dei ricorsi nella presente sede di legittimità, può pervenirsi – rimanendo ultronea ogni altra valutazione – alla declaratoria di cessazione della materia del contendere, la quale, appunto, postula (cfr., ad es., da ultimo, Cass. 20 marzo 2009, n. 6909) che siano sopravvenuti, ne corso del giudizio, fatti tali da determinare la totale eliminazione delle ragioni di contrasto tra le parti e, con ciò, il venir meno dell’interesse ad agire ed a contraddire e della conseguente necessità di una pronuncia del giudice di legittimità sull’oggetto della controversia e, specificamente, sui motivi dedotti nei ricorsi, i quali, appunto, risultano superati, nella specie, dallo sviluppo successivo del giudizio divisorio con riferimento ai provvedimenti ulteriori adottati dal nuovo giudice subentrato che hanno determinato la caducazione del provvedimento in questa sede impugnato. In difetto della costituzione degli intimati non occorre far luogo ad alcuna pronuncia sulle spese dei presente giudizio.
P.Q.M.

La Corte dichiara cessata la materia del contendere con riferimento ad entrambi i ricorsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *