Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-02-2011) 16-03-2011, n. 10980 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza della Corte d’Appello di Napoli in data 22.4.2009 veniva confermata la condanna pronunciata dal tribunale di S. Maria Capua Vetere, il 6.12.2007, nei confronti di A.D., per i reati di cui alla L. n. 497 del 1974, artt. 12 e 14, art. 612 c.p. e L. n. 110 del 1975, art. 20 alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 1500 di multa.

Sulla base del testimoniale raccolto, veniva affermata la colpevolezza dell’imputato per aver portato fuori dell’abitazione e per aver lasciato incustodito, su un tavolo della camera da letto, un fucile cal. 12, nonchè per aver detenuto – senza denunciarle – sedici cartucce cal. 12 e per avere con una forca bucato la ruota dell’autovettura di L.M., responsabile a sua opinione, di aver parcheggiato l’auto su area di sua pertinenza.

In primis, la corte d’appello disattendeva la richiesta di dichiarazione di nullità della sentenza di primo grado, avanzata dalla difesa sul presupposto che correttamente era stato ritenuto non tempestivamente denunciato l’impedimento del difensore, che tra l’altro non aveva prospettato l’impossibilità di nominare un sostituto; riteneva la corte che il compendio probatorio costituito da dichiarazioni della persona offesa integrava solida base, considerato il dato obiettivo dell’intervenuto rinvenimento del fucile e delle munizioni. Correttamente era stato ritenuto superfluo il ricorso all’art. 507 c.p.p., essendo il materiale probatorio disponibile, sufficiente per la decisione, con il che disattendeva la richiesta di integrazione istruttoria ex art. 603 c.p.p.; riteneva provato il reato di porto del fucile, atteso che l’arma risultava esser stata portata dall’imputato non solo sul pianerottolo della abitazione, come sostenuto dalla difesa, ma nel cortile comune, in luogo aperto al pubblico. Anche la pena veniva confermata, attesa la indubbia gravità ricondotta al comportamento tenuto dall’imputato.

2. Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione la difesa, per dedurre:

2.1 inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità, nonchè mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in riferimento alla denegata assistenza dell’imputato da parte del suo difensore: viene fatto presente che era stata depositata la richiesta di differimento dell’udienza, perchè il difensore era impegnato presso la Corte di Cassazione ed aveva chiesto in subordine di essere atteso fino alle ore 15; non potrebbe ritenersi tardiva, sostiene la difesa, una richiesta depositata il giorno stesso. Nè tale richiesta poteva essere disattesa, solo perchè il difensore non aveva nominato un sostituto, atteso che veniva comunque garantita la presenza dopo le ore 15. Si sarebbe quindi verificata una lesione del diritto di difesa che comporta l’annullamento della sentenza.

2.2 Inosservanza ed erronea applicazione di legge per mancanza, manifesta illogicità della motivazione, quanto alla valutazione delle dichiarazioni della persona offesa e quindi in riferimento all’art. 125 c.p.p., comma 3 e art. 194 c.p.p.. La parte offesa nutriva motivi di rancore nei confronti dell’imputato ed ha fornito un racconto incongruente, con il che viene denunciato il percorso motivazionale seguito dai giudici di merito per non aver valutato le circostanze che inducevano a dubitare dell’attendibilità della persona offesa.

2.3 Inosservanza ed erronea applicazione di legge per mancanza, manifesta illogicità della motivazione, quanto al ritenuto porto illegale di arma, essendo stato riferito dal teste P.A. che l’imputato si era trattenuto con il fucile solo sul pianerottolo esterno dell’abitazione, luogo che è, per pacifico orientamento della Suprema Corte, da considerare pertinenza dell’abitazione e quindi non è luogo aperto al pubblico.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile, essendo stati dedotti rilievi sui quali la corte territoriale ha fornita adeguata motivazione in fatto e diritto.

Con il primo motivo si insiste sulla violazione del diritto di difesa, avendo il giudice di primo grado disatteso la richiesta di differimento dell’udienza per impedimento del difensore, ancorchè solo ad horas: è stata data ampia ragione del fatto che l’istanza era intempestiva, poichè depositata nel corso dell’udienza e carente, in quanto non veniva dato atto dell’impossibilità del legale di farsi sostituire da collaboratori, argomentazioni che venivano ritenute sufficienti a giustificare la decisione nei termini suddetti. Il motivo è meramente riproduttivo della doglianza avanzata in appello, su cui è intervenuta adeguata pronuncia sulla correttezza dell’interpretazione data alla norma di legge che si assume violata.

Quanto al secondo motivo di ricorso, va detto che la corte territoriale ha ritenuto di affermare la colpevolezza dell’imputato sulla base di quanto ebbe a rappresentare la parte offesa L. M.; il di lei contributo informativo è stato correttamente valorizzato alla luce di dati che hanno confortato la rappresentazione e che hanno dissipato dubbi su forzature interessate del racconto, dati che sono stati offerti dall’accertamento condotto dai carabinieri, che portò al rinvenimento del fucile e delle munizioni, nonchè dalla rappresentazione del teste P..

Nessuna violazione del dato normativo è quindi apprezzabile, avendo fatto i giudici di merito buon governo dell’art. 194 c.p.p., senza operare alcun recepimento acritico delle dichiarazioni della testimone.

Nè infine può essere raccolto il terzo motivo di ricorso, in quanto è da ritenere appurato che l’ A. portò il fucile fuori dell’abitazione, come correttamente ritenuto dai giudici di merito, sulla base della testimonianza P., secondo cui l’imputato uscì con un fucile puntato in aria, nella zona che divideva le due rispettive proprietà, con l’intento di far spostare l’auto della L., area che i giudici hanno considerato, anche alla luce della raffigurazione fotografica agli atti, e quindi senza forzatura di sorta, come zona aperta al pubblico.

Alla dichiarazione di inammissibilità segue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in Euro mille, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.. Lo stesso va altresì condannato alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile costituita, che liquida nella somma complessiva di Euro 1.500,00 (millecinquecento), oltre spese generali, IVA e CPA, come per legge.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida nella somma complessiva di Euro 1.500,00 (millecinquecento), oltre spese generali, IVA e CPA, come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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