Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-02-2011) 16-03-2011, n. 10978 Lettura di atti, documenti, deposizioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

del Dott. D’ANGELO Giovanni che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con sentenza della Corte d’appello di Genova, in data 14.12.2009, veniva confermata la condanna inflitta dal Tribunale di Genova il 15.4.2008, nei confronti di S.S., ritenuto colpevole del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 22, comma 12 e condannato alla pena di mesi due di arresto e 7000 Euro di ammenda.

La penale responsabilità dell’imputato veniva affermata sulla base di quanto era stato rappresentato dai due lavoratori stranieri risultati occupati nella sua azienda e di quanto riferito dal testimone m.llo A.A., in servizio presso l’ispettorato del lavoro, non essendo stato riconosciuto credito alle dichiarazioni rese dai testimoni Sa.Fr. e S. A., quanto al fatto di avere assunto loro, ad insaputa del S., i menzionati; sul punto veniva sottolineato dalla corte territoriale che il teste Sc. aveva alla fine riconosciuto che il K. era un dipendente del S., mentre sullo Z. disse di averlo portato in cantiere lui, in vista della costituzione di una ditta individuale, laddove lo stesso Sc. era un dipendente del S.. Il teste Sa. nulla ha saputo dire sull’algerino, mentre a proposito dell’albanese, aveva detto di averlo assunto lui, ancorchè il dato si scontrasse con quanto assunto dall’interessato e dallo stesso Sc..

La Corte territoriale riteneva che i verbali delle dichiarazioni rese dai due lavoratori stranieri potevano essere acquisiti ex art. 512 c.p.p., come aveva opinato il tribunale, poichè la loro condizione di stranieri non portava – di per sè – a ritenere che ne sarebbe divenuta impossibile la ripetizione, avendo i due fornito un loro recapito nel nostro stato e quindi avendo lasciato presumere la loro reperibilità. 2. Avverso la sentenza di condanna, l’imputato interponeva ricorso per Cassazione, per dedurre:

2.1 violazione ed inosservanza delle legge processuale, in riferimento all’art. 512 c.p.p.: viene contestato che siano stati acquisiti i verbali delle dichiarazioni dai due cittadini stranieri rese all’ispettore del lavoro, perchè una volta citati, non venivano reperiti, laddove ad opinione della difesa, l’adozione della procedura di cui all’art. 512 c.p.p., così mortificante i diritti della difesa, andava preceduta da più pregnanti ricerche dei due, tanto più che il K. risultava esser stato arrestato contestualmente all’accertamento dei fatti de quibus, ragion per cui si imponeva almeno una ricerca presso gli istituti penitenziari. Si duole la difesa che la corte territoriale si sia richiamata ad un precedente di questa Corte, non pertinente, poichè il caso a cui si faceva riferimento riguardava sì, la stessa ipotesi di reato, ma coinvolgeva soggetti radicati sul nostro territorio, con documenti, la cui irreperibilità non poteva essere prevista al momento in cui gli stranieri resero le loro dichiarazioni. Così non era nel caso di specie, visto che i due lavoratori erano privi di permesso di soggiorno, privi di documenti di identità, gli indirizzi da loro forniti non risultavano certificati da alcuna documentazione, erano verosimilmente da poco tempo in Italia, quindi versavano in uno stato di assoluta precarietà. I criteri adottati dalla corte territoriale sarebbero quindi incongrui, frutto di una irragionevole parificazione di situazioni, in realtà opposte tra loro. Non era consentito comprimere il diritto di difesa con l’acquisizione delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini al fascicolo del dibattimento, con il che si sarebbe realizzata la violazione dell’art. 111 Cost., anche e soprattutto, perchè lo stato di irreperibilità non era stato accertato.

2.2 Carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in quanto non sarebbe stata valorizzata la dichiarazione del teste Sa. che pure non risultava smentita; la frase attribuita al teste Sc., relativamente al fatto che il lavoratore albanese era stato assunto dal S., sarebbe frutto di un’errata verbalizzazione; la motivazione sarebbe stata quindi fondata su una frase di incerta interpretazione, suonando quindi illogica e carente. Anche nel passaggio motivazionale in cui si dice che il teste Sc. aveva portato l’algerino per poi assumerlo in un secondo momento, quando avrebbe costituito una ditta individuale, non viene evidenziato alcun elemento che possa dimostrare il contrario; il fatto che Sa. nulla sapesse in proposito, non può essere assunta come prova a conforto dell’accusa. Infine la difesa si duole che la corte non abbia offerto una motivazione in relazione alle doglianze della difesa sul giudizio espresso dal tribunale, quanto alla mancata attendibilità dei testimoni.
Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso è infondato: la corte di merito ha congruamente motivato che il primo giudice aveva disposto l’acquisizione delle dichiarazioni di K.S. e di Z. N., in quanto al momento degli atti assunti dalla Pg, costoro avevano indicato un recapito ritenuto idoneo al loro rintraccio, circostanza che rendeva prospettabile e plausibile la loro futura reperibilità e che l’impossibilità successiva di ripetere l’atto, conclamatasi con il mancato rintraccio dei due, giustificava l’acquisizione ex art. 512 c.p.p..

La giurisprudenza di questa Corte si è più volte espressa nel senso che la sopravvenuta impossibilità per fatti e circostanze imprevedibili di ripetere atti assunti dalla polizia giudiziaria, nel corso delle indagini preliminari, deve essere liberamente apprezzata dal giudice di merito, la cui valutazione se adeguatamente e logicamente motivata, non è sindacabile in sede di giudizio di legittimità ed è stato escluso che la prevedibilità della sopraggiunta irreperibilità della persona offesa possa fondarsi sulla circostanza che si abbia riguardo a cittadini extracomunitari, privi di permesso di soggiorno (cfr. Cass. Sez. 1^, 23.3.2006, n. 16210 e Cass. Sez. 1^, 19.5.2009, n. 32616). La motivazione offerta è quindi assolutamente in linea con i principi interpretativi suindicati e non si presta a censure di legittimità, ragion per cui è stato corretto dare lettura delle dichiarazioni rese dei due testimoni alla PG, ex art. 512 c.p.p., che risultarono al momento di essere sentiti irreperibili.

Detto ciò occorre ricordare che secondo le severe linee dettate dalla corte di Strasburgo, i diritti dell’imputato sono limitati in modo incompatibile con le garanzie della Convenzione Europea quando una condanna si basi esclusivamente, unicamente ed in misura preponderante, su deposizioni rese da persone che l’imputato non ha potuto interrogare o fare interrogare, nè nella fase delle indagini, nè in quella dibattimentale (Corte Europea dei diritti dell’uomo sentenza 15.5.20110, sentenza Ogaristi/Italia). Tale prospettazione impone quindi un’interpretazione dell’art. 512 c.p.p. convenzionalmente orientata e porta a concludere che al principio del contraddittorio si può derogare, solo nel caso in cui vi sia un’oggetti va impossibilità di formazione della prova, con la precisazione che una declaratoria di condanna non può reggersi in modo esclusivo su dichiarazioni di chi si sia sottratto al confronto con l’imputato (cfr. Cass. Sez. 5^, 15.7.2010, n. 27582).

Nella presente fattispecie i giudici di merito hanno ritenuto integrato il compendio probatorio non solo dalle dichiarazioni rese dai due lavoratori, che sono state lette in dibattimento, ma anche e soprattutto dalla dichiarazione del m.llo A., che aveva trovato i due stranieri sul cantiere e che ebbe a dichiarare che al momento del controllo era stato rilevato senza incertezze che costoro erano stati chiamati a lavorare dal S., aggiungendo che in cantiere lavoravano anche, come dipendente del S., Sc. A. e come titolare di una sua ditta individuale, S. F., incaricato dal S. di costruire i box, in forza di contratto di subappalto. La versione difensiva opposta dal S., supportata dai testimoni Sc. e Sa., diretta ad accreditare che il lavoratore albanese era stato assunto dal Sa. e quello algerino dallo Sc., non veniva ritenuta affidabile, sulla base di un ragionamento ineccepibile ancorato ai seguenti dati di fatto: 1) lo Sc. era dipendente del S., per cui non poteva materialmente assumere il lavoratore algerino; 2) lo Sc. ammise di aver detto agli ispettori del lavoro che i due lavoratori stranieri erano dipendenti del S.; 3) sulla base delle contestazioni del Pm, Sc. ammise in dibattimento che l’albanese era dipendente del S..

Pertanto, la ricostruzione dei fatti, ancorata alle dichiarazioni dei due lavoratori di esser stati cooptati da S.S., ha trovato presa nelle dichiarazioni testimoniali del m.llo A. e nelle indicazioni dello stesso teste Sc., che ha rappresentato che l’albanese era dipendente dell’imputato ed ha cercato di accreditare senza riuscirvi, per le logiche considerazioni svolte dai giudici di merito, di essere stato l’assuntore del lavoratore algerino.

Il ragionamento sotteso alle due pronunce di condanna è assolutamente ineccepibile, perchè rigoroso sotto un profilo logico e rispettoso dei dati di fatto raccolti; la motivazione ha dato conto della ponderazione operata, non potendosi ritenere che il giudizio sia stato fuorviato da inesatte verbalizzazioni, come sostenuto nel secondo motivo di ricorso, nè da frasi di incerta interpretazione, avendo i giudici di merito offerto una valutazione a tutto campo degli elementi acquisiti ed avendo fornito anche congrua ragione della fondatezza dei dubbi nutriti sui testimoni a discarico indicati dall’imputato.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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