Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-02-2011) 16-03-2011, n. 10714 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 28/7/2010, il Tribunale di Roma, a seguito di istanza di riesame avanzata nell’interesse di B. A., indagato per i reati di usura e sequestro di persona in concorso, confermava l’ordinanza del Gip di Roma, emessa in data 18/7/2010, con la quale era stata applicata al prevenuto la misura cautelare della custodia in carcere. Il Tribunale riteneva sussistente il quadro di gravità indiziaria fondato sulle dichiarazioni della persona offesa S.F. e sulle dichiarazioni di due testimoni, le gemelle Ba.Be. e Ba.Ge., che avevano assistito all’aggressione perpetrata nei confronti dello S., che veniva fatto salire a forza su una autovettura Lancia Delta, nonchè su altri elementi indiziari.

Il Tribunale riteneva palesemente inveritiere le dichiarazioni rese dall’indagato in sede di interrogatorio di garanzia e disattendeva le censure difensive in quanto inidonee a scalfire il quadro indiziario a carico dell’indagato.

In punto di esigenze cautelari il Tribunale riteneva sussistente il pericolo di reiterazione del reato, desunto dalla particolare gravità dei fatti e dalla negativa personalità dell’indagato, a carico del quale risultava un precedente penale per un reato contro il patrimonio, per cui la custodia cautelare in carcere appariva l’unica misura adeguata.

Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagato, personalmente, sollevando due motivi di gravame con il quali deduce mancanza e manifesta illogicità della motivazione, sia per quanto riguarda la fondatezza del quadro indiziario, sia per quanto riguarda la fondatezza delle esigenze cautelari riconosciute dal Tribunale.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

Per quanto riguarda il primo motivo, in punto di gravità del quadro indiziario, occorre rilevare che il vaglio logico e puntuale delle risultanze processuali operato dal Tribunale per il riesame non consente a questa Corte di legittimità di muovere critiche, nè tantomeno di operare diverse scelte di fatto. Le osservazioni del ricorrente non scalfiscono l’impostazione della motivazione e non fanno emergere profili di manifesta illogicità della stessa; nella sostanza, al di là dei vizi formalmente denunciati, esse svolgono, sul punto dell’accertamento del quadro indiziario, considerazioni in fatto insuscettibili di valutazione in sede di legittimità, risultando intese a provocare un intervento in sovrapposizione di questa Corte rispetto ai contenuti della decisione adottata dal Giudice del merito.

Ugualmente inammissibili risultano le censure in punto di fondatezza delle esigenze cautelari, essendo le relative valutazioni del Tribunale del riesame fondate su una motivazione congrua e priva di vizi logico-giuridici, come tale incensurabile in questa sede.

Nella giurisprudenza di questa Corte è pacifico, infatti, che: "In tema di esigenze cautelari, la modalità della condotta tenuta in occasione del reato può essere presa in considerazione per il giudizio sulla pericolosità sociale dell’imputato, oltre che sulla gravità del fatto. "(Sez. 6, Sentenza n. 12404 del 17/02/2005 Cc.(dep.04/04/2005) Rv. 231323; conf. Sez. 3, Sentenza n. 48502 del 13/11/2003 Cc. (dep.08/12/2003) Rv. 227039; Sez. 6, Sentenza n. 22121 del 2010212002 Cc. (dep. 06/06/2002) Rv. 222242).

Pertanto non è contestabile il fatto che il giudice del riesame abbia preso in considerazione, le modalità particolarmente inquietanti del fatto, deducendo che le medesime lasciassero trapelare l’intenzione di commettere ulteriori delitti. Nè il Tribunale poteva ignorare il precedente penale a carico dell’indagato il quale – a differenza di quanto opina il ricorrente – non è soggetto sostanzialmente incensurato, in quanto l’appropriazione indebita al medesimo contestato non può essere considerata "pretesa", una volta che sia passata in giudicato la sentenza di condanna.

Le osservazioni del Tribunale in punto di pericolosità sociale dell’indagato costituiscono, inoltre, congrua motivazione della scelta di applicare la misura di massimo rigore.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).

Inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal cit. art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Si provveda ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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