T.A.R. Calabria Reggio Calabria Sez. I, Sent., 14-03-2011, n. 186 Destituzione e dispensa dall’impiego Infermita’: rimborso spese di cura

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto notificato il 7 agosto 2010 e depositato il 7 settembre 2010, la sig.ra P. – Assistente della Polizia di Stato in servizio presso la Polpost di Reggio Calabria dal 2 febbraio 1997 – impugna il giudizio: "Si conferma precedente giudizio di permanente non idoneità al servizio d’istituto in tutti i ruoli della Polizia di Stato in modo assoluto. Si ulteriormente impiegabile solo in altre amministrazioni dello Stato, in compiti che non la espongano a stress psico – fisico", reso nei suoi confronti dalla C.M.O. 1^ del Dipartimento militare di medicina legale di Messina, con verbale n. 1411 del 21 maggio 2010. Impugna altresì il conseguente provvedimento implicito di dispensa dal servizio al servizio e quello verbale (e/o implicito) di collocamento in aspettativa a seguito della diagnosi di inidoneità.

La ricorrente fa presente che il precedente giudizio di inidoneità assoluta reso nei suoi confronti in data 23 settembre 2008 è stato annullato da questo Tribunale con sentenza n. 1055 del 19 novembre 2009 e deduce i seguenti motivi:

I) Motivazione assente, carente, illogica, contraddittoria e comunque falsa. Eccesso di potere per insufficienza e comunque contraddittoria motivazione. Travisamento dei fatti. Sviamento della sentenza del T.A.R.

Nel sottoporre a nuova visita di idoneità la ricorrente, l’amministrazione avrebbe manifestato la preordinata intenzione di far reiterare alla C.M.O. il giudizio negativo già annullato da questo Tribunale. Non sarebbe stata seguita la procedura prevista dagli articoli 129 e 130 del D.P.R. n. 3/1957 e mancherebbe un formale atto di dispensa della ricorrente dal servizio. Il giudizio di inidoneità assoluta sarebbe in contrasto con la asserita presenza di patologie non gravi ("persistente sindrome ansiosa reattiva con labilità del’umore in soggetto con tratti di impulsività del carattere mal gestiti") e comunque smentite sia dalla verificazione svolta in occasione del precedente giudizio presso questo Tribunale, sia dalle certificazioni di strutture sanitarie pubbliche prodotte dalla ricorrente. Sarebbe, in particolare, priva di valido substrato logico scientifico la diagnosi di "tratti di impulsività mal gestiti". I test somministrati alla ricorrente non sarebbero clinicamente adeguati, salvo quello di Wartegg, che ha fornito esito "normale", sicché la diagnosi resa sarebbe priva di sostegno oggettivo, come evidenziato nella relazione del consulente tecnico di parte dott. Quattrone, che ha partecipato alle operazioni della C.M.O., depositata il 22 settembre 2010. Le valutazioni diagnostiche effettuate nei riguardi della ricorrente a partire dal 2006 sarebbero contraddittorie – fino all’ultima di cronicizzazione – e contrasterebbero con le attestazioni, di strutture mediche pubbliche, di assoluta assenza di qualunque sindrome psichica prodotte dalla ricorrente.

II) Carenza dei presupposti oggettivi e soggettivi. Eccesso di potere per carenza istruttoria. Difetto di motivazione. Manifesta ingiustizia.

La ricorrente avrebbe sempre svolto un servizio inappuntabile, ottenendo sempre apprezzabili valutazioni, che contrastano con quella di inidoneità resa dalla C.M.O.

III) Eccesso di potere per sviamento della norma, travisamento dei fatti e ingiustizia manifesta.

Non sarebbero stati rispettati i criteri fondamentali del procedimento accertativo dell’idoneità. La ricorrente non sarebbe stata avvisata delle possibili conseguenze di un giudizio negativo. Sarebbe infine illegittimo, in via subordinata, il diniego di integrazione delle amministrazioni presso le quali la ricorrente potrebbe transitare a seguito della dichiarazione di inidoneità al servizio in polizia, in quanto fondato sull’illegittimo presupposto della pendenza di precedente procedimento, che dovrebbe invece ritenersi caducato seguito dell’annullamento del giudizio di inidoneità sul quale si fondava.

La ricorrente conclude per l’accoglimento del gravame.

Per le amministrazioni intimate si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato ed ha sostenuto la piena legittimità dei provvedimenti impugnati, chiedendo la reiezione del ricorso.

La causa è stata assunta in decisione nella pubblica udienza del 23 febbraio 2011.

Il ricorso è infondato.

E’ opportuna una premessa di ordine generale.

Con riguardo agli agenti e assistenti della Polizia di Stato sono richiesti, in sede di reclutamento, i seguenti requisiti attitudinali (art. 4 e allegato 2 del D.M. n. 198/2003):

a) un livello evolutivo che esprima una valida integrazione della personalità, con riferimento alla capacità di elaborare le proprie esperienze di vita, alla fiducia di sé, alla capacità sia critica che autocritica, all’assunzione di responsabilità ed alle doti di volontà, connotato, inoltre, sia da abilità comunicativa che da determinazione operativa;

b) un controllo emotivo contraddistinto dalla capacità di contenere le proprie reazioni comportamentali dinanzi a stimoli emotigeni imprevisti od inusuali, da una funzionale coordinazione psicomotoria in situazione di stress, da una rapida stabilizzazione dell’umore nonché da una sicurezza di sé in linea con i compiti operativi che gli sono propri;

c) una capacità intellettiva che consenta di far fronte alle situazioni problematiche pratiche, proprie del ruolo, con soluzioni appropriate basate su processi logici e su un pensiero adeguato quanto a contenuti e capacità deduttiva, sostenuto in ciò da adeguate capacità di percezione, attenzione, memorizzazione ed esecuzione;

d) una socialità caratterizzata da una adeguata disinvoltura nei rapporti interpersonali, dalla capacità di integrarsi costruttivamente nel gruppo, dalla disposizione a far fronte alle peculiari difficoltà operative del ruolo con opportuna decisione e dinamicità, nonché dalla capacità di adattarsi, in contesti di lavoro formalmente organizzati, sulla base della motivazione e del senso del dovere.

In sintonia con la norma di principio di cui all’art. 68, comma 4, del D.P.R. n. 3/1957, l’art. 2, comma 1, del D.M. n. 198/2003, dispone che "nel corso del rapporto d’impiego, per gli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato, l’idoneità o la non idoneità fisica e psichica al servizio nel ruolo di appartenenza è accertata ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, e dell’articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 335".

Ciò posto, occorre osservare che, nella fattispecie, la sentenza di questo Tribunale n. 1055 del 19 novembre 2009 ha annullato il precedente giudizio d" inidoneità al servizio in polizia reso dalla competente C.M.O. con verbale del 29 settembre 2008, precisando che "laddove l’amministrazione voglia ripetere il giudizio medico dovrà avere cura di esplicitare dettagliatamente le ragioni che presiedono a giustificare il giudizio di inidoneità assoluta nei ruoli della P.S., pur a fronte di patologie non gravi".

L’amministrazione ha trasmesso alla C.M.O. la predetta sentenza, richiedendo un nuovo giudizio, sicché non può ravvisarsi – come sostiene invece la ricorrente – alcuna preordinata intenzione di far reiterare alla C.M.O. il giudizio negativo già annullato da questo Tribunale.

Non è, poi, accoglibile la censura concernente la mancata osservanza della procedura prevista dagli articoli 129 e 130 del D.P.R. n. 3/1957 e l’assenza di un formale atto di dispensa della ricorrente dal servizio.

In proposito, basta rilevare che la dispensa dal servizio non può essere disposta nei confronti del personale che sia possibile utilizzare, su domanda, in altri compiti attinenti alla sua qualifica (cfr. art. 71 del D.P.R. n. 3/1957), come avvenuto nel caso della ricorrente, che, seppure con riserva di contestare il giudizio di inidoneità, ha richiesto l’applicazione a suo favore della specifica normativa dettata dall’art. 1 del D.P.R. n. 339/1982, secondo cui: "il personale dei ruoli della Polizia di Stato, che espleta funzioni di polizia, giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute, anche dipendenti da causa di servizio, all’assolvimento dei compiti d’istituto può, a domanda, essere trasferito nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli della Polizia di Stato o di altre amministrazioni dello Stato, sempreché l’infermità accertata ne consenta l’ulteriore impiego".

Tale trasferimento è, infatti, alternativo alla dispensa dal servizio, che viene disposta dall’amministrazione solo se l’interessato non si avvale, ricorrendone i presupposti, della possibilità di transitare ad altro impiego.

La ricorrente sostiene, nel merito, che il giudizio di inidoneità assoluta sarebbe in contrasto con la asserita presenza di patologie non gravi, le quali sarebbero comunque smentite sia dalla verificazione svolta in occasione del precedente giudizio presso questo Tribunale, sia dalle certificazioni di strutture sanitarie pubbliche. Sarebbe, in particolare, priva di valido substrato logico scientifico la diagnosi di "tratti di impulsività mal gestiti". Le valutazioni diagnostiche effettuate a partire dal 2006 sarebbero contraddittorie – fino all’ultima di cronicizzazione – e contrasterebbero con le attestazioni, rilasciate da strutture mediche pubbliche, di assoluta assenza di qualunque sindrome psichica prodotte dalla ricorrente.

Anche queste doglianze non possono condividersi.

Il collegio rileva, innanzi tutto, che i giudizi medici di carattere tecnico – discrezionale espressi dalle competenti Commissioni mediche incardinate presso la Pubblica amministrazione sullo stato di salute dei dipendenti pubblici, nei procedimenti di dispensa dal servizio per inidoneità sopravvenuta, comportano un giudizio globale con finalità del tutto specifiche, che deve necessariamente prevalere – salvo il sindacato giurisdizionale dell’eccesso di potere – sulle perizie mediche di organi diversi, i quali non possono darsi carico delle imprescindibili esigenze connesse con le particolari modalità di impiego dei detti dipendenti (cfr., tra le tante: C.S., IV, 18 marzo 2008, n. 1157; Id., 16 maggio 2006, n. 2806).

Quanto alla sussistenza delle patologie riscontrate nei confronti della ricorrente, non può neppure richiamarsi la verificazione disposta dal Tribunale nel processo che ha condotto alla sentenza n. 1055/2009, giacché con la stessa – come espressamente specificato dal verificatore – si è ritenuto di disattendere solo la prognosi, non la diagnosi effettuata dalla C.M.O. E del resto le affezioni diagnosticate hanno dato origine dal 2006 ad almeno due giudizi di inidoneità temporanea non contestati dalla ricorrente, sicché risulta poco verosimile l’assoluta insussistenza delle stesse oggi dedotta.

Né può ritenersi che il giudizio da ultimo espresso dalla C.M.O. di Messina sia affetto da eccesso di potere in quanto incongruo o contraddittorio, atteso che in esso viene ora compiutamente chiarito come, alla luce delle peculiari funzioni svolte dagli appartenenti alla Polizia di Stato e delle direttive tecniche emanate al riguardo (non impugnate), anche affezioni della sfera psichica di lieve entità determinino l’inidoneità assoluta al servizio in polizia, in particolare in quanto detto servizio comporta la dotazione di armamento individuale. Siffatte argomentazioni risultano, invero, del tutto congrue e appaiono condivisibili, giacché concretano una cautela doverosa, in considerazione della delicatezza del servizio di polizia. Sulla pretesa contraddittorietà, il collegio ritiene che proprio il persistere dei disturbi, comprovato dai predetti giudizi di inidoneità temporanea, renda plausibile la "cronicizzazione" degli stessi, da ultimo affermata dalla C.M.O.

Per quanto riguarda, ancora, la circostanza che il servizio prestato dalla ricorrente sia stato favorevolmente valutato, basta rilevare che, data la diversità di prospettiva, la positiva valutazione del servizio prestato non inficia il giudizio di inidoneità reso dalla C.M.O., considerato che quest’ultima potrebbe emergere al verificarsi di situazioni critiche, influendo negativamente sulla prestazione di servizio.

Risulta ugualmente infondata la censura relativa al mancato avviso delle possibili conseguenze di un giudizio d’idoneità negativo, dato che, a tacer d’altro, si tratta nella specie di ripetizione di giudizio già annullato dal giudice su ricorso dell’interessata, che ben conosceva dunque i possibili sbocchi del rinnovato accertamento.

Risulta, da ultimo, infondata anche l’ultima censura, dedotta in via subordinata, attinente il diniego di integrazione delle amministrazioni presso le quali la ricorrente potrebbe transitare a seguito della dichiarazione di inidoneità al servizio in polizia. Il nuovo giudizio di inidoneità assoluta rende infatti attuali gli effetti delle procedure di transito già in essere, per il passaggio della ricorrente all’amministrazione civile dell’interno, al Ministero della giustizia, al Ministero dell’istruzione, al Ministero dei beni culturali e al Ministero dell’economia e delle finanze, sulle quali l’interessata ha avanzato ricorsi tuttora pendenti presso questo Tribunale.

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso in esame si appalesa infondato e va quindi rigettato.

Sussistono i presupposti di legge per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di causa.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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