T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 14-03-2011, n. 2272 Concorsi notarili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il dr. B. espone di avere partecipato al concorso per esami a 200 posti di notaio indetto con decreto 10 dicembre 1999 del Direttore Generale del Ministero della Giustizia, sostenendo, il 22 maggio 2000, la preselezione informatizzata propedeutica alle prove scritte.

Soggiunge di avere commesso alcuni errori nelle risposte ai 45 quesiti proposti, e di non essere stato, per tale ragione, ammesso alla fase successiva.

Avverso l’esclusione dalle prove scritte egli ha peraltro proposto ricorso al TAR Veneto il quale, con ordinanza n. 1396 del 6 settembre 2000, ha accolto l’istanza di sospensione, per l’effetto ammettendolo con riserva alle prove scritte.

In forza di tale provvedimento, non appellato dal Ministero, egli ha sostenuto con esito positivo le prove scritte ed orali, classificandosi utilmente in graduatoria (per la precisione, al n. 228).

Con sentenza n. 2769 del 14 marzo 2002, il TAR Veneto ha annullato l’esclusione del ricorrente dalle prove scritte e il bando di concorso, quest’ultimo, nella parte in cui fissava in quarantacinque minuti la durata massima della prova selettiva.

Avverso tale sentenza ha proposto appello il Ministero della Giustizia.

Con ordinanza cautelare del 25 febbraio 2003, il Consiglio di Stato ne ha sospeso gli effetti.

Ciononostante, nel frattempo, l’amministrazione ha inserito il dr. B. nella graduatoria definitivamente approvata il 26.2.2003, sia pure dichiarando "impregiudicate" le azioni proposte innanzi ai giudici amministrativi.

Successivamente, con sentenza n. 2797/2004, pubblicata il 6 maggio 2004, il Consiglio di Stato, in accoglimento dell’appello del Ministero della Giustizia, ha annullato la sentenza di primo grado.

A giudizio di parte ricorrente, detta sentenza non ha però annullato, ovvero dichiarato caducate, le prove scritte e orali.

Da ultimo, con lettera datata 16 luglio 2007, e notificata in data 25 luglio 2007, il dr. B. ha diffidato il Ministero della Giustizia a provvedere, in sede di esercizio di autotutela, alla sua nomina a notaio e alla sua assegnazione alla sede di Venezia.

Il diniego opposto dall’amministrazione viene dal ricorrente avversato in ragione del fatto che il Consiglio di Stato ha affermato il principio secondo cui ciascuna delle prove di concorso "è distinta e realizza una autonoma funzione selettiva". Egli sostiene pertanto che, se l’esame non è un "unicum", deve essere del pari coerentemente affermato che il positivo superamento delle prove scritte e orali non viene travolto dall’esclusione, legittima o illegittima, dalla prova preselettiva.

La situazione di fatto – prosegue parte ricorrente – è ormai intangibile, tanto più che, ai fini dell’inserimento in graduatoria, rilevano esclusivamente i punteggi acquisiti nelle prove scritte ed orali.

La declaratoria resa dall’amministrazione in ordine alla perdurante rilevanza delle impugnazioni proposte, riguarderebbe, inoltre, non già la particolare posizione del ricorrente, bensì il problema di interesse generale relativo alla legittimità del meccanismo della preselezione.

In materia, è poi intervenuto l’art. 4, comma 2 – bis della l. 17 agosto 2005, n. 168, di conversione, con modificazioni, del d.l. 30 giugno 2005, n. 115, disposizione che il dr. B. ritiene applicabile alla fattispecie, sussistendone tutti i presupposti, quali, in particolare:

– la circostanza che egli è, ed è sempre stato, in possesso dei titoli per partecipare al concorso;

– l’intervenuta ammissione alle prove scritte e orali, a seguito all’ordinanza cautelare resa dal TAR Veneto;

– il superamento delle prove scritte e orali;

– l’inclusione nella graduatoria di merito.

Sussisterebbe, poi, una evidente disparità di trattamento con altri candidati ove si consideri che il Ministero della Giustizia ha proceduto alla nomina di ben tredici notai i quali non hanno mai superato, al pari del ricorrente, la prova di preselezione informatica.

Egli sottolinea, in particolare, che dieci tra essi sono ancora iscritti a ruolo poiché l’amministrazione non ha provveduto ad ottemperare alle sentenze rese in appello dal Consiglio di Stato (rispettivamente nn. 4583/2006; 4584/2006; 4582/2006; 4585/2006; 5744/2006; 6807/2006; 5743/2006, 6170/2006).

In sostanza, ritiene che la mera soccombenza in appello non valga a giustificare il diniego opposto, nella fattispecie, dell’amministrazione, posto che tale evenienza non ha avuto, nei casi testé citati, alcun effetto preclusivo ai fini dell’iscrizione in ruolo.

Si è costituita, per resistere, con atto di mera forma, l’amministrazione intimata.

Con motivi aggiunti notificati il 23 settembre 2010, e depositati il successivo 6 ottobre, parte ricorrente ha ulteriormente dedotto:

1) Violazione di legge per violazione e falsa applicazione dell’art. 66 della l. 18 giugno 2009, n. 69, che ha soppresso la prova di preselezione informatica.

Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, disparità di trattamento e mancato bilanciamento degli interessi.

La circostanza dell’avvenuta soppressione, in relazione al concorso di cui trattasi, della prova di preselezione informatica, avvalorerebbe la tesi svolta con il ricorso principale, secondo cui l’avvenuto superamento delle prove scritte e orali non può essere travolto da una successiva decisione giurisdizionale relativa alla sola fase di preselezione informatica.

Il dr. B. ha depositato una memoria in vista della pubblica udienza del 9.2.2011 alla quale il ricorso, e i motivi aggiunti, sono stati trattenuti per la decisione.

2. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

2.1. In via preliminare, occorre richiamare l’esatto contenuto delle statuizioni rese in appello dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2797 del 6 maggio 2004 della IV Sezione, in quanto parte ricorrente, estrapolandone alcuni passaggi, propone una ricostruzione non condivisibile del "decisum" e dei relativi effetti.

Al riguardo va premesso che il Consiglio di Stato si è in primo luogo pronunciato sull’ammissibilità dell’atto di rinuncia, da parte dell’appellato dr. B., al motivo di ricorso e al correlato capo di sentenza favorevole con il quale il giudice di primo grado aveva annullato, in partequa, il bando di concorso a 200 posti di notaio indetto con decreto dirigenziale del 10 dicembre 1999. Nell’evidenziare l’ inautonomia del capo di sentenza in questione, il Consiglio ha messo in luce che "Trattasi (…) di una classica ipotesi di illegittimità derivata ed è proprio in relazione al rapporto di connessione fra atto presupposto ed atto consequenziale impugnato, in ragione del quale l’illegittimità del primo riverberava i suoi effetti sul secondo, che il giudice di prime cure (…) ha contestualmente annullato il provvedimento di esclusione del medesimo dalla partecipazione alle prove scritte del concorso (atto consequenziale) e il bando nella parte concernente la durata della prova preselettiva (atto presupposto).

In realtà, dunque, è proprio il capo b) della sentenza di primo grado, di annullamento del bando in parte qua, ai cui effetti l’odierno appellato vorrebbe rinunciare, mantenendo tuttavia fermo il capo a), di annullamento dell’esclusione dalle prove scritte, a costituire il punto principale della causa, per cui, stante il rapporto di stretta interdipendenza delle statuizioni assunte dal Tribunale, la predetta rinuncia appare improduttiva di alcun effetto".

Relativamente poi, all’eccezione di "improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse del Ministero della Giustizia ad ottenere l’annullamento della sentenza di primo grado, in quanto il provvedimento sfavorevole di non ammissione alle prove scritte sarebbe oramai superato ed assorbito a seguito delle favorevoli valutazioni espresse dalla Commissione in sede di correzione", il Consiglio ha in primo luogo ricordato la propria giurisprudenza, secondo cui "il limite all’espansione dell’effetto caducante sugli ulteriori atti adottati dall’Amministrazione" è rappresentato dall’operatività del c.d. principio di assorbimento, "nel senso che l’effetto caducante non si esplica sugli atti ulteriori che assorbano, comunque, il provvedimento originariamente impugnato operando una nuova verifica che si ponga come "circostanza esterna e sopravvenuta’. In tal senso si è ritenuto che il superamento degli esami di maturità, che il candidato abbia sostenuto a seguito di ammissione con riserva da parte del giudice amministrativo, assorbe il giudizio negativo di ammissione espresso dal Consiglio di classe determinando l’improcedibilità del ricorso avverso l’originario provvedimento di non ammissione (cfr. Cons. St., Sez. VI, 20 dicembre 1999, n. 2098; id., 20 marzo 1996, n. 474; id., 25 marzo 1998, n. 178; contra, Sez. VI, 11 luglio 1994, n. 1154).

Tale orientamento si è, tuttavia, formato con riguardo alla diversa fattispecie dell’esame di maturità, caratterizzata dal fatto che tale esame "pur vertendo su un numero limitato di materie, comporta la valutazione globale del candidato, che la Commissione compie attraverso l’esame del curriculum scolastico, nel quale sono ricompresi i giudizi negativi espressi dal Consiglio di classe in sede di ammissione" (cfr. Cons. St., Sez. VI, n. 474 del 1996, cit.). Il giudizio di ammissione, pertanto, non può essere considerato giudizio definitivo nemmeno per quanto riguarda le materie oggetto d’esame, essendo sempre libera la Commissione di discostarsene attraverso una valutazione difforme del curriculum scolastico.

L’ipotesi in esame del candidato che superi la prova scritta e poi quella orale del concorso notarile a seguito di un atto di ammissione alle stesse adottato dall’Amministrazione in esecuzione prima di un’ordinanza cautelare e poi di una sentenza di primo grado appellata presenta, peraltro, caratteristiche in parte diverse, in quanto (…) l’ammissione alla prova scritta a seguito del superamento della prova preselettiva costituisce senz’altro un presupposto indispensabile per l’espletamento della stessa. (…)".

Il Consiglio di Stato ha poi escluso che l’amministrazione abbia, nella fattispecie, manifestato acquiescenza alcuna, poiché "l’attività espletata dall’Amministrazione non può ritenersi espressione di autonoma scelta discrezionale, in quanto imposta dall’imprescindibile esigenza di dare esecuzione dapprima all’ordinanza cautelare e poi alla sentenza del giudice di primo grado, per cui non può essere utilmente invocato il c.d. principio dell’assorbimento del vecchio giudizio negativo in quello positivo (arg. ex Ad. Plen. Dec. n. 3 del 2003 cit.)."

Viene quindi soggiunto che "stante la necessaria correlazione tra azione principale ed azione cautelare, l’ammissione con riserva non può produrre altro effetto al di là di quello di impedire il protrarsi della lesione lamentata, consentendo la partecipazione dell’escluso alle prove concorsuali, non potendo ogni ulteriore effetto che conseguire dalla pronuncia definitiva di merito passata in giudicato, la quale soltanto, rimuovendo dalla realtà giuridica il provvedimento impugnato, è in grado, da un lato, di restituire al concorrente escluso la pienezza dei diritti e, dall’altro, a costituire l’obbligo per la P.A. di attribuire allo stesso tutte le posizioni di vantaggio scaturenti dalle prove di esame, divenute oramai inattaccabili a seguito dello scioglimento positivo della riserva di ammissione (cfr., Cons. St., Sez. IV, 21 novembre 2001, n. 5896 e, da ult., Cons. St., Sez. IV, 17 febbraio 2004, n. 616)".

Relativamente alle legittimità della prova di preselezione del concorso notarile, il Consiglio ha poi ribadito che non appare manifestamente irrazionale "che il legislatore abbia stabilito di attribuire valore determinante, in una particolare fase della procedura concorsuale, alle attitudini mnemoniche dei candidati (ma per un esito favorevole della prova preselettiva sono necessarie anche perseveranza e capacità di concentrazione), tanto più che questa, da sola, non garantisce affatto il superamento del concorso, che richiede anche il positivo superamento delle successive prove, nelle quali gli aspiranti devono dimostrare anche le ulteriori competenze, cui accenna l’appellante incidentale nei motivi riproposti.".

Per effetto dell’accoglimento dell’appello principale, il Consiglio di Stato ha quindi espressamente "respinto" il ricorso di primo grado. Tale decisione (da porsi in rapporto con il complessivo contenuto della motivazione) comporta, ormai, la piena legittimità, nonché intangibilità dell’esclusione del dr. B. dalle prove scritte del concorso notarile indetto nel 1999.

Si osserva che l’orientamento inaugurato dalla decisione testé sintetizzata, è stato poi ulteriormente confermato dal Consiglio di Stato, il quale ha, chiaramente e inconfutabilmente precisato che "il superamento della preselezione costituisce un vero e proprio titolo di ammissione alle prove scritte, in un contesto in cui la procedura si articola effettivamente in tre separate ed autonome fasi, caratterizzate da specifiche prove che devono essere tutte autonomamente superate, ancorché le materie che ne costituiscono l’oggetto siano le medesime. Il superamento delle prove scritte è quindi inutile se non sono stati superati i test preselettivi, allo stesso modo in cui il superamento delle prove orali non potrebbe porre rimedio all’eventuale insuccesso prodottosi in quelle scritte.

Deve dunque concludersi nel senso che il superamento della preselezione si configura quale requisito di ammissione al seguito della procedura concorsuale e determina sul piano giuridico effetti costitutivi suoi propri, con la conseguenza che la sua mancanza non è surrogabile in via ricognitiva a seguito del positivo espletamento delle (successive) prove scritte ed orali."

In definitiva, il superamento delle prove scritte cui il candidato è stato ammesso con riserva in ragione di ordinanza cautelare adottata in sede di impugnativa dell’esclusione conseguente a mancato superamento della preselezione non determina il cosiddetto effetto di assorbimento né, conseguentemente, la declaratoria di improcedibilità del ricorso originario (così, ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 2 ottobre 2006, n. 5743).

Parte ricorrente ha peraltro invocato l’applicazione, in suo favore, della sopravvenuta disposizione contenuta nell’art. 4, comma 2 bis, del d.l. n. 115 del 2005, convertito dalla legge n. 168 del 2005, secondo cui "Conseguono ad ogni effetto l’abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d’esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l’ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela".

Si osserva, per quanto occorrer possa, che, contrariamente a quanto prospettato in via principale dal dr. B., proprio l”intervento in tal modo spiegato dal legislatore per consentire l’applicazione del principio di assorbimento alle prove idoneative o abilitative rende evidente come tale principio "sia, in realtà, di per sé insuscettibile di generalizzazione e, dunque, inapplicabile al di fuori dell’ambito nel quale si è pretoriamente originato" (così ancora Cons.St., sentenza n. 5743/2006 cit.).

La forma di "sanatoria legale" invocata è, comunque, inapplicabile al concorso notarile e, in generale, alle selezioni di stampo concorsuale propriamente detto (cfr. ancora, Cons. St., sentenza n. 5743/2006, e, più di recente, Cons. St., sez. VI, 21 settembre 2010, n. 7002; TAR Lazio, Sez. III, 9 settembre 2010, n. 32208).

E’ stato infatti chiarito che a disposizione in esame, facendo espresso riferimento alla "abilitazione" e al "titolo", riguarda le varie ipotesi di procedimenti finalizzati alla verifica della idoneità dei partecipanti allo svolgimento di una professione, il cui esercizio o l’accesso alla quale, risultino regolamentati nell’ordinamento interno ma non riservati ad un numero chiuso di professionisti.

In tal senso, conduce anche una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, la quale comporta l’impraticabilità di applicazioni estensive "che ne minerebbero irrimediabilmente la ragionevolezza".

All’uopo occorre rilevare che tra le procedure di stampo idoneativo e quelle selettive, o concorsuali propriamente dette, sussiste una radicale differenza.

Nelle prime, infatti, la valutazione della commissione si caratterizza in termini assoluti, trattandosi di verificare se ciascuno dei candidati (indipendentemente dai risultati conseguiti dagli altri) sia o meno in possesso dei requisiti minimi di idoneità ed abbia cioè attinto a quel livello minimo di preparazione e capacità a quale la normativa primaria e secondaria applicabile subordina il riconoscimento dell’abilitazione, con la conseguenza che, una volta accertata la sussistenza del predetto livello di preparazione e professionalità, ben può il principio di legalità contemperarsi col criterio di assorbimento.

Al contrario, nei concorsi per il conferimento di un numero limitato di posti la valutazione della commissione ha necessariamente i connotati delle relatività, con l’individuazione, e quindi con la selezione, non già di coloro che hanno raggiunto il suddetto livello di preparazione e di professionalità ritenuto sufficiente, bensì dei più bravi e professionalmente più preparati tra tutti i candidati bravi e professionalmente preparati. A ciò consegue, in via ulteriore, che la valutazione positiva di un candidato incide anche sulla posizione degli altri i quali, se operasse la sanatoria dei risultati di fatto, si vedrebbero irrimediabilmente precluso il diritto costituzionalmente protetto ad agire in giudizio per la tutela del proprio interesse legittimo ad una corretta competizione.

In sostanza, quindi, l’applicazione dell’art. 4, comma 2 – bis del d.l. n. 115 del 2005, anche ai concorsi per il conferimento di posti a numero limitato risulta inoperante perché finirebbe col ledere, oltre che le garanzie di difesa dell’Amministrazione, anche la posizione degli altri concorrenti, i quali hanno diritto ad ottenere dal Giudice una pronuncia definitiva che accerti se l’ammissione (o la rinnovata valutazione delle prove) del loro antagonista sia stata legittima (cfr. TAR Lazio, sentenza n. 32208/2010 cit., e la giurisprudenza ivi richiamata).

L’acquis giurisprudenziale in materia, ha ricevuto ulteriore conforto dal Giudice delle Leggi che, nel verificare la tenuta costituzionale della disposizione di sanatoria in esame, ha sì ritenuto che il bilanciamento di interessi operato dal legislatore non sia irragionevole, ma in tanto ciò ha potuto affermare in quanto ne ha circoscritto l’operatività nell’ambito individuato dalla giurisprudenza amministrativa (Corte Cost., 9 aprile 2009, n. 109, punto 3 della parte in diritto).

Con particolare riguardo al caso di specie, non può inoltre ravvisarsi (come già evidenziato dal Consiglio di Stato), acquiescenza alcuna da parte dell’amministrazione, né un comportamento espressione di una autonoma scelta discrezionale, diversa ed ulteriore da quella resa necessaria dall’esigenza di dare esecuzione prima all’ordinanza cautelare e, poi, alla sentenza di primo grado resa dal TAR Veneto. Il riferimento, contenuto nel provvedimento di approvazione della graduatoria definitiva, al "non pregiudizio" delle impugnazioni proposte dall’amministrazione altro non può significare, infatti, se non che l’amministrazione ha inteso condizionare l’efficacia della graduatoria, in parte qua, all’esito di tali iniziative giurisdizionali.

Sul punto, peraltro, non può esservi dubbio alcuno, anche perché, a ben vedere, su tale questione, si è ormai formato il giudicato, per effetto della qualificazione operata dal Consiglio di Stato del comportamento dell’amministrazione nella sentenza n. 2797/2004.

Premesso, dunque, che la soccombenza del dr. B. nel giudizio di appello non solo giustifica, ma rende necessitato il diniego opposto dall’amministrazione alla pretesa di inserimento definitivo nella graduatoria, nonché di iscrizione nel ruolo, alcuna diversa e/o ulteriore illegittimità può ravvisarsi nel fatto che, in casi analoghi, l’amministrazione avrebbe provveduto nel senso auspicato da parte ricorrente, operando in tale modo, nei suoi confronti, una evidente discriminazione.

E’egli stesso, infatti, a sottolineare che l’amministrazione non ha, in tale modo, ottemperato a decisioni rese dal Consiglio di Stato (specificamente enumerate).

Non pare tuttavia al Collegio che possa trarsi un legittimo canone di condotta da un’attività amministrativa illegittima (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 11 gennaio 2011, n. 79, nonché Cons. Stato, Sez. VI, sent. 9 aprile 2009, n. 2190, secondo cui non può invocarsi l’eventuale illegittimità commessa a favore di altri al fine di ottenere che essa venga compiuta anche in proprio favore).

2.2. Privo di pregio appare, infine, il motivo aggiunto vertente sulla soppressione della prova preselettiva informatica per l’ammissione al concorso notarile, operata dalla l. n. 69/2009.

Tale modifica normativa non solo non è applicabile, come è ovvio, alla fattispecie (la quale resta regolata dalle disposizioni primarie e secondarie vigenti all’epoca, dalla lex specialis, nonché dalla giudicato formatosi sulla pronuncia n. 2797/2004), ma neppure può conferire una diversa e/o nuova operatività all’invocato principio di assorbimento, avente, come già evidenziato, valenza del tutto eccezionale.

3. Per quanto appena argomentato, il ricorso, e i motivi aggiunti, debbono essere respinti.

In considerazione del fatto che la difesa erariale, non ha svolto difesa alcuna (salvo il deposito di un atto di costituzione, privo dello svolgimento di qualsivoglia argomentazione difensiva), sembra equo compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, definitivamente pronunciando sul ricorso, e i motivi aggiunti, di cui in premessa, li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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