T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 14-03-2011, n. 2271 Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone preliminarmente la Società ricorrente – operante nel settore della predisposizione e della fornitura di materiale editoriale in formato digitale, nonché, in generale, delle attività correlate ad internet – di essere, fra l’altro, titolare del sito www.M..it, che fornisce suonerie gratuite per cellulari.

Con comunicazione del 3 settembre 2008, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato avviava un procedimento volto a verificare la sussistenza di pratiche commerciali scorrette in relazione ad un servizio di fornitura di suonerie in abbonamento realizzato da J. GmbH (ora, F.M. GmbH) attraverso il suo sito internet www.J..it, accessibile attraverso il sito www.M..it.

In particolare, accedendo al sito www.M..it. e selezionando la suoneria prescelta, si veniva reindirizzati su altra pagine del medesimo sito www.M..it e venivano ivi fornite le modalità per ricevere la suoneria:

– o mediante composizione gratuita attraverso combinazione di tasti sull’apparecchio cellulare;

– ovvero, mediante ordinazione effettuata sul sito www.J..it, sul quale l’utente veniva trasferito per ivi iniziare e concludere l’operazione di acquisto (comportante l’adesione ad un servizio in abbonamento a pagamento settimanale offerto da J. GmbH).

Il provvedimento conclusivo – avente quali destinatarie la società ricorrente e F.M. – ha disposto l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie, a fronte della valutata sussistenza di una fattispecie di violazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo pari, quanto alla posizione di T., ad Euro 95.000,00.

Queste le dedotte doglianze:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 18 del D.Lgs. 206/2005, come modificato dal D.Lgs. 146/2007. Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 22 del D.Lgs. 206/2005, come modificati dal D.Lgs. 146/2007. Eccesso di potere per mancanza di presupposti. Motivazione insufficiente. Difetto di istruttoria con riferimento alla omessa valutazione della documentazione prodotta.

Secondo la prospettazione di parte ricorrente, il sito www.M..it, ospitando a fini pubblicitari il collegamento ad un diverso sito, avrebbe operato quale "vetrina viruale": la pratica commerciale avendo luogo sul diverso sito www.J..it, al quale era possibile accedere tramite collegamento presente sullo stesso www.M..it.

Esclude per l’effetto T. di aver concorso alla realizzazione della pratica commerciale asseritamente scorretta, in quanto l’esposizione nella propria vetrina virtuale del servizio offerto da J. non avrebbe implicato alcuna partecipazione alla offerta commerciale da quest’ultima posta in essere (rendendo, conseguentemente, non ascrivibili a responsabilità della ricorrente i relativi contenuti).

In altri termini, T. esclude che lo svolgimento di un’attività di intermediazione implichi, ex se, l’assunzione di responsabilità alcuna relativamente all’attività commerciale intermediata.

Né parte ricorrente avrebbe ricevuto alcun ricavo dalla pratica oggetto di indagine da parte di AGCM, piuttosto ricevendo un compenso per l’attività promozionale svolta, corrisposto in misura fissa ed indipendente dal ricavo conseguito da J..

Nel ribadire che il contenuto del messaggio diffuso sul sito www.M..it è interamente riconducibile a J., esclude parte ricorrente di aver potuto anche soltanto modificare i relativi contenuti, che si sarebbe invece limitata a rendere meramente accessibili.

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 22 del D.Lgs. 206/2005, come modificati dal D.Lgs. 146/2007 sotto altro profilo. Eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità. Disparità di trattamento.

Assume parte ricorrente che l’Autorità abbia, nella gravata determinazione, indicato in modo perplesso e comunque non univoco il ruolo svolto ai fini della indagata pratica commerciale (qualificando T. ora quale "soggetto fornitore di loghi e suonerie", ora come "possibile intermediario" nell’acquisto di contenuti multimediali).

Ribadisce, inoltre, la liceità della pubblicazione di messaggi pubblicitari la responsabilità del cui contenuto sia addebitabile esclusivamente all’inserzionista.

3) Motivazione insufficiente. Difetto di istruttoria ed erroneità dei presupposti sotto altro profilo.

Insufficiente si rivelerebbe, inoltre, la motivazione del provvedimento impugnato ove la potenziale platea di riferimento del messaggio pubblicitario in questione viene individuata in un pubblico composto prevalentemente da adolescenti.

4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del D.Lgs. 206/2005, come modificato dal D.Lgs. 146/2007. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e difetto di istruttoria. Violazione del principio di proporzionalità. Illogicità.

Viene, da ultimo, censurata la commisurazione della sanzione – fondata sul presupposto della gravità della violazione posta in essere – assumendosi la carenza di adeguato fondamento giustificativo delle valutazioni in proposito rassegnate dall’Autorità.

Non sarebbe, in particolare, stata dimostrata la diffusione del messaggio in rete, fondandosi le affermazioni di AGCM sulle teoriche potenzialità del sistema.

La sanzione irrogata sarebbe, poi, sproporzionata rispetto al ricavo conseguito da T. sul sito italiano per l’attività fatturata nei confronti di J. GmbH.

Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L’Autorità intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 9 marzo 2011.
Motivi della decisione

1. Occorre, preliminarmente alla disamina degli esposti argomenti di doglianza, procedere ad una necessaria ricognizione dei contenuti dell’avversata determinazione adottata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

1.1 Ha formato oggetto di valutazione, da parte di quest’ultima, una comunicazione pubblicitaria oggetto di rilevazione sul sito www.M..it che, secondo quanto da AGCM sostenuto, "non evidenziava in maniera adeguata, anche in considerazione del target di riferimento rappresentato da soggetti di età inferiore ai 18 anni, i costi e le condizioni nonché la tipologia di servizio oggetto di promozione a fronte dell’invito a "scaricare" il contenuto multimediale di interesse".

Il messaggio pubblicitario, volto a promuovere un servizio di intrattenimento per utenti di telefonia mobile da cui scaricare suonerie, loghi e sfondi, risultava "composto da pagine web afferenti a diversi siti internet, collegati da link ipertestuali che rimandano appunto dal sito suddetto www.M..it della società T. Italia S.p.A. al sito www.J..it realizzato dalla società F.M. Distribution GmbH, per completare l’operazione di acquisto di contenuti multimediali"; ed invitava "all’acquisto di un determinato contenuto multimediale, omettendo di indicare in modo chiaro e visibile la natura, i costi e le condizioni del servizio", in quanto "soltanto nella sezione dedicata ad "info e costi", che non fa parte di un percorso logiconecessitato di collegamenti ipertestuali, ma è di consultazione soltanto eventuale da parte dell’utente, sono presenti le indicazioni in merito alla natura, ai costi e alle condizioni dei servizi offerti" (non apparendo, altresì, "rinvenibile alcuna indicazione circa la circostanza che si tratta di un servizio destinato ai soli maggiorenni").

Nel dettaglio, il messaggio in esame presentava "una home page di apertura, organizzata in una serie di sezioni denominate "New Suonerie, New Polifoniche, Top Suonerie, Top Polifoniche, Top Sfondi Cellulari, Top Picture Sms", relative ai diversi contenuti multimediali disponibili, quali loghi, sfondi e suonerie".

Prosegue l’Autorità rilevando che, "cliccando sul prodotto che si intende acquistare (ad esempio una canzone da scaricare come suoneria), si apre una pagina in cui appare, sotto alla denominazione del contenuto desiderato, una scritta "Per ricevere la suoneria & devi seguire le istruzioni: A – ordina la polifonica via web" seguito da un pulsante su cui è riportata l’indicazione "Clicca qui per ricevere &" e "B – componi la suoneria gratis; scegli il modello del tuo cellulare. Cliccando sul link ipertestuale "Clicca qui per ricevere &", l’utente veniva dirottato sul sito internet www.J..it dove aveva la possibilità di completare l’operazione di acquisto del contenuto multimediale scelto".

1.2 Sulla base delle informazioni acquisite, in data 3 settembre 2008, veniva comunicato alle parti l’avvio del procedimento istruttorio, ai sensi dell’art. 27 comma 3, del Codice del Consumo, nonché ai sensi dell’articolo 6 del Regolamento, facendo presente alle parti del procedimento che la pratica sopra descritta avrebbe potuto dimostrarsi contraria alla diligenza professionale ed idonea a limitare considerevolmente, o addirittura escludere, la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al servizio offerto.

In particolare, veniva evidenziata da AGCM la presenza di "una comunicazione che, a fronte della possibilità di scaricare sul proprio cellulare suonerie e altri contenuti multimediali, non evidenzia adeguatamente la natura del servizio offerto in abbonamento, ossia la circostanza che si tratta di un servizio a pagamento, destinato a maggiorenni, gli oneri da esso derivanti, il rinnovo automatico, le procedure per la disattivazione dell’abbonamento e le limitazioni derivanti dalle caratteristiche di compatibilità del cellulare del soggetto che procede all’acquisto".

Nell’audizione tenutasi in data 7 novembre 2008 con i rappresentanti legali della società F.M. Distribution GmbH, veniva da questi ultimi sottolineato che "il contenuto grafico ed espressivo, nonché la scelta dei messaggi riguardante l’offerta al pubblico dei singoli prodotti, della pagina riportata sul sito www.M..it viene deciso autonomamente dalla società T. S.p.A.".

F.M. Distribution GmbH (già J. GmbH) faceva, inoltre, pervenire memorie nelle quali si rappresentava quanto segue:

– "il sito www.M..it è gestito da un partner commerciale di F.M. Distribution GmbH che si limita a reindirizzare l’utente alle pagine del sito www.J..it. Il ruolo di T. Italia S.p.A. è quello di inserire un link sotto forma di banner pubblicitario sulla sua pagina web. Pertanto, il sito www.M..it rappresenta una vetrina virtuale che offre una selezione dei prodotti offerti da F.M. Distribution GmbH. Una volta effettuata la scelta, avviene il trasferimento per l’effettivo acquisto sul sito gestito da F.M. Distribution GmbH";

– "posto che il banner presente sul sito www.M..it risulta assai simile ad un tasto d’ordine, F.M. Distribution GmbH si è attivata presso la società T. Italia S.p.A. per far modificare le informazioni fornite agli utenti. Nella fase di reindirizzamento, in una pagina del sito www.M..it, è stata inserita una sezione in cui vengono riportate le indicazioni circa la circostanza che si tratta di un "servizio in abbonamento"… Inoltre, al di sotto del citato tasto, sono state inserite alcune "legalines" che forniscono all’utente tutte le informazioni in merito a prezzi, forme di abbonamento, procedure di disattivazione e costi aggiuntivi".

In data 9 ottobre 2008, la ricorrente T. Italia S.p.A. faceva pervenire all’Autorità una memoria in cui si rappresentava che nei rapporti con la società F.M. Distribution GmbH, il ruolo rivestito dalla predetta società era "soltanto di mero editore ossia di soggetto che ospita sulle proprie pagine web un’inserzione pubblicitaria volta a promuovere un servizio realizzato e fornito da un terzo".

In particolare, T. si sarebbe limitata "a vendere gli spazi pubblicitari a F.M. Distribution GmbH, dietro un compenso stabilito in misura pari a Euro 5,00 per ogni abbonamento ottenuto attraverso il sito www.M..it.": le indicazioni riportate sul sito in merito alle condizioni economiche del servizio dovendo, per l’effetto, essere imputate esclusivamente all’iniziativa di F.M. Distribution GmbH.

Con nota del 26 gennaio 2009, T. ha ulteriormente argomentato la propria estraneità alle condotte poste in essere da F.M. Distribution GmbH in quanto, "in via generale, è prassi del settore che la determinazione della grafica e dei contenuti delle inserzioni pubblicitarie da veicolare sui siti web degli editori avvenga ad opera esclusiva dell’azienda inserzionista che fornisce grafica e testi. Anche quando l’editore produce gli aspetti squisitamente grafici delle inserzioni, è soltanto un mero esecutore delle indicazioni provenienti dall’inserzionista, sulla base di indicazioni specifiche di quest’ultimo. Ciò posto, sia nei rapporti con F.M. Distribution GmbH che con qualsiasi altro soggetto che svolge attività analoga, T. Italia S.p.A. non ha alcuna autonomia di iniziativa rispetto alla determinazione dei contenuti grafici ed espressivi".

1.3 Dal momento che la pratica commerciale oggetto del presente provvedimento risultava diffusa attraverso alcune pagine internet, in data 17 aprile 2009 veniva richiesto il parere all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ai sensi dell’art. 27, comma 6, del Codice del Consumo.

AGCom poneva, al riguardo, in luce che "non risultano essere stati evidenziati ai consumatori la natura del servizio, rappresentata da un abbonamento, i costi derivanti dall’attivazione dei servizi multimediali, detratti automaticamente dal credito telefonico, e le limitazioni derivanti dalle caratteristiche di compatibilità del cellulare"; soggiungendo, poi, che "non risulta adeguatamente indicato che il servizio in offerta è destinato esclusivamente ai maggiorenni laddove tale messaggio appare destinato anche ad un pubblico di adolescenti più avvezzo all’invio ed alla ricezione di contenuti multimediali per cellulare", sì da ritenere, conclusivamente, che la pratica commerciale sia stata posta in violazione del disposto di cui agli articoli 20, 21, 22, 23, 24, 25 e 26, del Decreto Legislativo n. 206/2005.

1.4 In sede di esplicitazione delle conclusioni, AGCM procedeva, in primo luogo, alla ricostruzione del quadro di riferimento.

A tale proposito, veniva osservato che "i servizi offerti ai destinatari dei messaggi contestati appartengono ai servizi a valore aggiunto (c.d. VAS Mobili), le cui numerazioni a decade "4" costituiscono utenze telefoniche condivise e gestite direttamente dai principali gestori telefonici, titolari esclusivi di dette utenze rispetto alla propria clientela finale".

Nel soggiungere come "lo sfruttamento economico delle predette utenze e dei relativi contenuti è negoziato direttamente tra le società che realizzano e forniscono gli stessi contenuti e gli operatori telefonici", AGCM osservava che, sulla base del D.M. 2 marzo 2006 n. 145 ("Regolamento recante la disciplina dei servizi a sovrapprezzo"), gli obblighi informativi ivi dettagliati impongono l’indicazione "che il servizio a sovrapprezzo, oltre ad essere destinato ai maggiorenni (nel caso di tipologie di servizi a questi riservate), può essere erogato solo dopo l’esplicita accettazione da parte dell’utente finale"; ulteriormente prevendosi che "qualunque sia il mezzo utilizzato, la pubblicità indica in modo esplicito e chiaramente leggibile… la natura del servizio a sovrapprezzo, la durata massima e gli eventuali divieti previsti per i minori" e "il costo del servizio, minutario o forfetario, comprensivo di IVA".

L’art. 12 del suindicato Regolamento "stabilisce, altresì, le informazioni obbligatorie in materia di servizi a sovrapprezzo chiarendo, tra l’altro, al comma 9, che nel caso di servizi offerti mediante l’invio di messaggi di testo o dati in modalità push (SMS, MMS) sono fornite al cliente all’atto della conclusione del contratto, oltre alle informazioni di cui al comma 2, ove applicabili, le informazioni relative al costo per l’invio del singolo messaggio, nonché quelle inerenti alle modalità di disattivazione del servizio".

Nell’osservare come la pratica commerciale all’esame proponga una modalità di attivazione mediante canale web (mediante collegamento al sito www.M..it, che a sua volta rinvia al sito www.J..it), l’Autorità ha ritenuto che il messaggio precedentemente descritto sia "scorretto in relazione a molteplici aspetti ed in violazione degli artt. 20, 21 e 22, del Codice del Consumo", in quanto "idoneo ad indurre in errore i possibili destinatari rispetto alle caratteristiche principali dell’offerta" e contenente "in modo ambiguo informazioni rilevanti rispetto alle condizioni della stessa".

In particolare, il messaggio in esame, "a fronte della possibilità di "scaricare" singoli contenuti multimediali riconducibili a F.M. Distribution GmbH", ha trascurato "di fornire con modalità grafiche ed espressive adeguate le informazioni circa le effettive caratteristiche del servizio nel suo complesso, costituito da un abbonamento a pagamento settimanale, riservato soltanto a maggiorenni": non chiarendo, quindi, "la reale natura dell’offerta commerciale, rappresentata da una proposta di abbonamento con il proprio gestore di telefonia mobile, con effetto immediato ed automatico, comprensiva dei relativi costi, detratti automaticamente dal credito telefonico e degli altri costi sostenuti per scaricare suonerie, giochi, loghi e sfondi forniti dalla società F.M. Distribution GmbH".

Con riferimento alla platea di utenti del messaggio, prevalentemente composta da un pubblico in età adolescenziale, l’Autorità ha posto in luce che "le indicazioni carenti e poco chiare contenute nei messaggi circa le caratteristiche ed i costi finali del servizio pubblicizzato possono risultare ulteriormente pregiudizievoli in considerazione della naturale mancanza di esperienza dei giovani, potenziali destinatari dei messaggi di cui si tratta, in quanto meno propensi a distaccate e specifiche valutazioni di opportunità economica, in rapporto alle nuove tecnologie e ai servizi offerti attraverso i terminali di comunicazione".

Nel ribadire la configurazione di "un servizio indirizzato prevalentemente ad un pubblico di minori", AGCM osservava che l’ingannevolezza risiede "non solo nel contenuto del messaggio originario, ma rispetto alla modalità concreta di adesione all’abbonamento", in quanto "la raffigurazione di singole suonerie accompagnata da indicazioni volte ad invitare ad utilizzare la suoneria in maniera agevole, determinano una sottoscrizione semplice e veloce, ma al contempo più inconsapevole del servizio, in assenza di indicazioni, sin dalla prima pagina del sito www.M..it, circa la natura di abbonamento del servizio reclamizzato e i relativi oneri a carico degli utenti".

1.5 Alla luce delle considerazioni sopra diffusamente riportate, la pratica commerciale all’esame veniva giudicata scorretta ai sensi:

– dell’art. 20, commi 1 e 2, del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 "in quanto contraria alla diligenza professionale ed idonea a falsare il comportamento del consumatore medio cui essa è destinata, nonché di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabile alla pratica";

– del successivo art. 21, in quanto contenente "informazioni ambigue circa l’effettiva natura dell’offerta ed è idonea ad indurre i destinatari ad assumere decisioni di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso"

– ed, anche, dell’art. 22, "in quanto omette informazioni rilevanti di cui i destinatari dei messaggi hanno bisogno per prendere una decisione consapevole di natura commerciale".

Per quanto specificamente riferibile alla contrarietà alla diligenza professionale, escludeva l’Autorità che nel caso di specie fosse dato riscontrare, "da parte dei professionisti coinvolti nella pratica, il normale grado di competenza e attenzione che ragionevolmente ci si può attendere, avuto riguardo alla qualità dei professionisti ed alle caratteristiche dell’attività svolta, con riferimento alla prospettazione dell’offerta e alla completezza delle informazioni fornite nella comunicazione"; tale atteggiamento di mancato rispetto della diligenza professionale essendosi sostanziato:

– "nell’aver fornito informazioni ambigue, da un lato, e nell’omissione di informazioni rilevanti, dall’altro";

– e nell’aver indotto "gli adolescenti ad acquistare i servizi offerti utilizzando uno strumento costituito proprio dalla numerazione a sovrapprezzo".

Né, altrimenti, l’avvertenza relativa alla destinazione di detti servizi ai soli maggiori di 18 anni è stata ritenuta assurgere ad "elemento idoneo a sanare la scorrettezza della condotta, atteso che tale messaggio, in ragione della configurazione nonché della tipologia dei servizi promossi tramite lo stesso, mira chiaramente a "catturare" anche i soggetti di età inferiore ai 18 anni".

1.6 Quanto alla enucleazione delle singole posizione soggettive coinvolte nella pratica commerciale di che trattasi – ai fini della individuazione delle relative responsabilità – l’Autorità ha preso spunto dalla preliminare considerazione che "il percorso logiconecessitato che l’utente è tenuto a seguire per potere procedere alla fruizione dei servizi di loghi e suonerie "J.!" offerti da F.M. Distribution GmbH prevede come primo passaggio la consultazione del sito www.M..it, gestito dalla società T. Italia"; osservando, ulteriormente, che "a seguito di tale passaggio, una volta scelto il contenuto multimediale di interesse, l’utente viene poi reindirizzato ad un sito c.d. di atterraggio, che nel caso di specie è rappresentato dal sito www.J..it ove l’utente procederà all’acquisto finale".

Sulla base dell’illustrato articolarsi della procedura di acquisto, "con riferimento alla diffusione del messaggio apparso sul sito www.M..it", è stato affermato il coinvolgimento nella pratica della ricorrente T. Italia S.p.A.; in proposito osservandosi che, alla luce dell’"ampia nozione di professionista contenuta nell’articolo 18, comma 1, lettera b), del Decreto Legislativo n. 206/05… per professionista si intende: "qualsiasi persona fisica o giuridica che nelle pratiche commerciali agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome e per conto di un professionista".

Se, "al fine di garantire l’effetto utile della disciplina sulle pratiche commerciali scorrette, deve… essere considerato professionista qualunque soggetto che partecipi alla realizzazione della pratica, traendone uno specifico e diretto vantaggio economico e/o commerciale", nella fattispecie all’esame "la modalità di consultazione del sito www.M..it che rinvia al sito del CSP di riferimento e il rapporto fra T. Italia S.p.A. e F.M. Distribution GmbH" hanno consentito di "considerare il gestore del predetto sito professionista, conformemente a quanto prescritto dalle disposizioni del Codice del Consumo".

Dalle risultanze istruttorie, secondo quanto argomentato nel provvedimento oggetto di censura, è infatti emerso che la società ricorrente, "lungi dal rappresentare un mero editore di comunicazioni redatte dai CSP, rappresenta un possibile intermediario nell’acquisto di contenuti multimediali per cellulari, titolare di un canale di vendita alternativo", in quanto, come evidenziato dalle stesse memorie prodotte da T., "quest’ultima riceve un ricavo per i contatti di acquisto che avvengono transitando attraverso il sito www.M..it".

Nel rilevare come, quand’anche "l’ideazione dei contenuti espressivi e grafici è riconducibile all’iniziativa del CSP quale, nel caso in esame, F.M. Distribution GmbH, la materiale introduzione degli stessi sul sito è rimessa all’attività di T. Italia S.p.A.", veniva osservato "che le diciture presenti sul sito www.M..it relative a T. Italia S.p.A., diverse da quelle del sito di "atterraggio", riconducibili al particolare atteggiarsi delle modalità di consultazione, rappresentano elementi idonei ad accreditare, anche presso il pubblico dei consumatori l’idea dell’esistenza di un rapporto plurisoggettivo nell’erogazione del contenuto tale da coinvolgere nell’iniziativa promozionale relativa al servizio anche la società T. Italia S.p.A., oltre alla società F.M. Distribution GmbH".

1.7 Con riferimento alla quantificazione della sanzione, l’applicazione dell’art. 11 della legge n. 689/1981, in virtù del richiamo previsto all’art. 27, comma 13, del Decreto Legislativo n. 206/2005, ha condotto l’Autorità a ribadire i criteri notoriamente rappresentati dalla dimensione economica dei professionisti, dalla gravità e della durata della violazione, dall’opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione, dalla personalità dell’agente, nonché delle condizioni economiche dell’impresa stessa.

Con riguardo alla gravità della violazione, l’Autorità ha ritenuto che "la stessa è da ricondurre alla tipologia delle omissioni informative riscontrate e al settore al quale l’offerta di servizi in esame si riferisce, ovvero quello dei servizi a sovrapprezzo per la telefonia mobile, di cui i professionisti coinvolti rappresentano importanti operatori sul mercato per dimensione economica e ruolo commerciale"; rispetto al settore delle comunicazioni, l’obbligo di completezza e chiarezza delle informazioni veicolate presentandosi "particolarmente stringente, anche in considerazione dell’asimmetria informativa esistente tra professionista e consumatore, dovuta tanto al proliferare di promozioni molto articolate quanto all’offerta di servizi innovativi, come nel caso di specie i servizi VAS".

Sotto tale profilo, AGCM ha, poi, ulteriormente osservato che:

– "la fattispecie in esame ha avuto un significativo impatto, in quanto la pratica commerciale è rappresentata da messaggi pubblicitari diffusi attraverso via internet suscettibili, pertanto, di aver raggiunto un numero considerevole di consumatori"

– e che "la pratica commerciale oggetto di contestazione risulta grave se si considera l’idoneità della stessa ad alterare il comportamento economico di una categoria di consumatori più debole e vulnerabile, in ragione dell’età ed ingenuità, rappresentata dagli adolescenti, i quali sono particolarmente attratti dalla fruizione dei servizi pubblicizzati".

Con riferimento all’entità del pregiudizio, è stato poi posto in evidenza da AGCM che esso viene ad essere "rappresentato da un onere economico che grava periodicamente ed automaticamente sul conto dell’utente, a seguito dell’attivazione di un abbonamento con oneri economici settimanali applicati automaticamente fino alla disdetta del servizio".

Quanto alla durata della pratica commerciale, la non breve commisurazione temporale di essa è stata stimata in considerazione del fatto che "il messaggio apparso su internet è stato in diffusione quantomeno dal 3 giugno 2008 sino all’8 ottobre 2008 sulla base delle rilevazioni acquisite in atti dagli Uffici ossia per un periodo superiore ai tre mesi".

Sulla base degli elementi sopra indicati, la sanzione nei confronti della ricorrente T. Italia S.p.A. è stata quantificata in Euro 95.000,00.

2. Premesso quanto sopra, si impone una necessaria ricognizione del pertinente quadro normativo di riferimento.

Come noto, la normativa, di derivazione europea, posta a tutela del consumatore e della concorrenza si è arricchita per effetto della Direttiva n. 2005/29/CE, relativa alle "Pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno", alla quale il Legislatore nazionale ha provveduto a dare attuazione adottando, nell’agosto del 2007, due distinti Decreti Legislativi (nn. 145 e 146), rispettivamente destinati ai rapporti tra professionisti ed alle pratiche intraprese da questi ultimi con i consumatori.

Il D.Lgs. 146/2007 è intervenuto direttamente sul Codice del Consumo, sostituendo gli artt. 1827 del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206 ed introducendo una generale normativa sulle "pratiche commerciali scorrette".

Il Codice del Consumo, per come modificato alla stregua dell’indicata sopravvenienza normativa, ha abbandonato il precedente specifico riferimento alla sola pubblicità ingannevole e comparativa, per approdare ad una disciplina di portata più ampia, riferibile, sotto il profilo oggettivo, ad ogni azione, omissione, condotta, dichiarazione e comunicazione commerciale, "ivi compresa la pubblicità", posta in essere da un professionista "prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa ad un prodotto" (artt. 18 e 19 del Codice), così notevolmente allargando il campo delle condotte sanzionabili.

Quanto, invece, all’ambito di applicazione soggettivo, le pratiche commerciali rilevanti ai fini della normativa in esame sono solo quelle poste in essere tra professionisti e consumatori: rimanendo, pertanto, escluse quelle condotte connesse ad un rapporto tra soli professionisti, cui, viceversa, fa precipuo riferimento il parallelo D.Lgs. n. 145/2007 sulla pubblicità ingannevole e comparativa.

Il recepimento nell’ordinamento interno della direttiva comunitaria 2005/29/CE, ha indubbiamente rafforzato il ruolo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella tutela amministrativa del consumatore, rendendola ben più incisiva e ampia di quella prevista in precedenza e limitata alla repressione della pubblicità ingannevole e comparativa.

Per tale ragione, del resto, il D.Lgs. 146/2007 ha, contestualmente, ampliato i poteri dell’Autorità, allineandoli a quelli tipici dell’azione amministrativa a tutela della concorrenza e rendendo altresì più severe le misure sanzionatorie.

Ai sensi dell’art. 18 del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (come modificato dall’appena citato D.Lgs. 2 agosto 2007 n. 146), "per le finalità considerate dal Titolo III" (Pratiche commerciali, pubblicità ed altre informazioni commerciali), si intende per:

– "professionista": qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista;

– "prodotto": qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;

– "pratiche commerciali tra professionisti e consumatori": qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;

– "falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori": l’impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

Il successivo art. 19 puntualizza, poi, che le disposizioni contenute nel Titolo anzidetto trovano applicazione alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto.

Il comma 2 dell’art. 20 stabilisce, quindi, che "una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale e" diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori"; mentre il successivo comma 4 individua come scorrette le pratiche commerciali:

– ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23

– aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26.

In particolare, ai sensi dell’art. 22 "è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso".

Secondo l’art. 24 "è considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso".

Gli articoli 23 e 26, descrivono, infine, le pratiche che sono considerate in ogni caso ingannevoli e/o aggressive.

3. La prima delle doglianze articolate con il presente mezzo di tutela si diffonde, come illustrato in narrativa, in ordine alla (asseritamente) erronea individuazione di T. quale destinataria del provvedimento repressivo di pratica commerciale scorretta: rivendicando parte ricorrente la propria estraneità alla condotta oggetto di analisi da parte di AGCM, la cui responsabilità andrebbe esclusivamente ascritta a F.M. Distribution GmbH (già J. GmbH).

3.1 Tale tesi viene argomentata sostenendo che la funzione disimpegnata da T. nella pratica commerciale all’esame si sarebbe risolta in una chiave meramente "strumentale" – o, al limite, "editoriale" – in quanto la ricorrente si sarebbe limitata ad "ospitare" sulle proprie pagine web una inserzione pubblicitaria volta alla promozione di un servizio realizzato e fornito da un soggetto terzo.

I relativi contenuti sarebbero, quindi, riconducibili esclusivamente a F.M. Distribution e si sarebbero, ulteriormente, dimostrati insuscettibili di alcun intervento modificativo ad opera della ricorrente stessa (gli spazi dalla medesima posti all’uopo a disposizione dell’inserzionista configurandosi alla stregua di una "vetrina" pubblicitaria): sì da escludere alcuna (cor)responsabilità nella pratica commerciale all’esame, rispetto alla quale il ruolo svolto da T. avrebbe rivelato sostanza meramente "esecutiva" rispetto alle indicazioni impartite dal committente.

3.2 La prospettazione come sopra sintetizzata non merita condivisione al fine di escludere la presenza di profili di autonoma responsabilità in capo alla ricorrente quanto alla diffusione del messaggio promozionale di che trattasi.

Va, in primo luogo, brevemente rammentato come la "messa a disposizione" di uno spazio pubblicitario sul sito www.M..it (riconducibile a T.) ha assunto, nella pratica all’esame, carattere di essenzialità, atteso che l’utente, al fine di poter accedere ai servizi di loghi e suonerie "J.!" offerti da F.M. Distribution, doveva appunto:

– preventivamente collegarsi con il sito anzidetto

– e da qui, una volta selezionato il contenuto di interesse, essere reindirizzato al cd. sito di "atterraggio" (nella fattispecie: www.J..it), all’interno del quale veniva effettuato l’acquisto del prodotto multimediale.

Alla stregua delle illustrate modalità di accesso ai servizi a pagamento "J.!", va escluso che il ruolo assunto nella fattispecie dalla ricorrente rilevi in una valenza meramente "passiva", risoltasi nella mera "messa a disposizione" di spazi pubblicitari e nella corrispondente carenza di responsabilità alcuna in ordine ai relativi contenuti.

La costante giurisprudenza della Sezione ha, infatti, ripetutamente affermato che nell’ampia locuzione di "professionista", introdotta nel Codice del Consumo per effetto delle modificazioni ad esso apportate dalle novelle legislative del 2007, rientrano le attività comunque svolte da un operatore commerciale nella realizzazione e/o diffusione di una pratica, laddove quest’ultimo consegua, per effetto di essa, un’utilità economica.

Incontroverso tale ultimo aspetto – alla ricorrente, infatti, era assicurato un compenso pari ad Euro 5,00 per ogni abbonamento veicolato dal passaggio attraverso il sito www.M..it – le risultanze istruttorie acquisite da AGCM hanno, in maniera parimenti oggettiva, posto in evidenza come le modalità di consultazione del sito da ultimo indicato (e, attraverso queste ultime, di reindirizzamento al sito www.J..it, all’interno del quale l’utente poteva procedere all’acquisto del prodotto multimediale) ed i rapporti intercorrenti fra T. S.p.A. e F.M. Distribution GmbH appieno consentono una qualificazione come "professionista" del gestore del sito riferibile alla ricorrente.

Diversamente opinandosi, verrebbe di fatto vanificata l’ampia latitudine contenutistica della nozione come sopra individuata dal Codice del Consumo, sottraendo per l’effetto alla relativa portata applicativa soggetti le cui condotte – pur con ogni evidenza connotate da interesse commerciale (e, quindi, dalla preordinazione funzionale di esse al conseguimento di un’utilità economica) – vengano (come nel caso di specie) affermate estranee alla disciplina dello stesso Codice, accreditandone una rilevanza meramente strumentale.

La distinzione, al riguardo prospettata dalla ricorrente, fra la responsabilità per l’ideazione del messaggio (riconducibile al Commercial Service Provider – CSP, rappresentato nella fattispecie da F.M.) e la mera "messa a disposizione" di spazi pubblicitari (effettuata da T. sul sito www.M..it) non è idonea, ad avviso del Collegio, ad escludere la responsabilità di T. ai fini della realizzazione della pratica commerciale di che trattasi; e ciò:

– non soltanto in quanto la materiale introduzione nel sito da ultimo indicato delle modalità di reindirizzamento è, con sicurezza, riconducibile a fatto proprio, e quindi ad autonoma responsabilità, della ricorrente;

– ma anche in ragione della circostanza – correttamente evidenziata dall’Autorità – relativa alla configurazione delle diciture presenti sul sito www.M..it, diverse da quelle del sito di "atterraggio", le quali, in quanto riconducibili al particolare atteggiarsi delle modalità di consultazione, senz’altro integrano la presenza di elementi idonei ad accreditare, anche presso il pubblico dei consumatori, l’idea dell’esistenza di un rapporto plurisoggettivo nell’erogazione del contenuto tale da coinvolgere nell’iniziativa promozionale relativa al servizio, oltre che F.M., anche T..

Deve quindi senz’altro convenirsi – disattese le contrarie argomentazioni dalla ricorrente esposte nell’atto introduttivo del giudizio (e ribadite, da ultimo, con memoria di replica depositata in giudizio il 26 febbraio 2011) – sulla qualificazione in termini di "intermediazione" ai fini dell’acquisto di contenuti multimediali dell’attività posta in essere da T. quanto alla vicenda in esame: per l’effetto imponendosi, alla luce dell’applicabile qualificazione alla stregua di "professionista" della società ricorrente, l’operatività nei confronti della medesima dei profili di responsabilità dal Codice del Consumo annessi alla predetta qualificazione, con riveniente piena assoggettabilità alle sanzioni stabilite per le violazioni consumate con riferimento alle regole di condotta ivi indicate.

3.3 Né, quand’anche si convenisse con la configurazione in termini meramente "editoriali" del ruolo assunto da T. nel quadro della pratica commerciale all’esame, sarebbe dato apprezzare le conclusioni da quest’ultima rassegnate, nel senso di una sostanziale declinatoria di responsabilità quanto ai contenuti del messaggio promozionale di che trattasi.

Come dalla Sezione in precedenza indicato (si confronti, in proposito, la sentenza 3 marzo 2010 n. 3289), quand’anche non sia possibile "ritenere che l’immanente obbligo di diligenza gravante su coloro che dalla pratica commerciale traggono comunque dei benefici, sia in termini economici che pubblicitari, determini sempre e comunque una loro responsabilità editoriale per pratica commerciale scorretta, deve ritenersi sussistere un’omissione rilevante ai fini della ascrizione di una responsabilità a titolo soggettivo allorquando l’operatore economico non dimostri di avere posto in essere un sistema di monitoraggio effettivo e preventivo sui contenuti delle iniziative promopubblicitarie realizzate e diffuse da soggetti terzi, anch’essi interessati alla pratica commerciale".

La pronunzia sopra citata, nel dare atto dell’obbligato riferimento agli "indubbi benefici economici derivanti dalla pratica commerciale", ha ribadito, in capo all’operatore commerciale, l’immanenza dell’obbligo "predisporre… appositi ed adeguati piani di controllo delle iniziative promopubblicitarie eventualmente realizzate e diffuse", di tal guisa che la responsabilità al riguardo fondatamente imputabile non riveste carattere meramente "oggettivo", o per fatto altrui, piuttosto atteggiandosi in relazione all’omissione dei dovuti controlli (e, quindi, per fatto proprio).

Viene a confermarsi, per effetto di quanto sopra esposto, l’infondatezza delle argomentazioni volte a contestare l’individuazione della società ricorrente, effettuata dall’Autorità nel gravato provvedimento, quale professionista ai sensi del D.Lgs. 206/2005, con riveniente individuazione di un autonomo profilo di responsabilità, in capo a T., ai fini della diffusione della pratica commerciale sanzionata.

4. Assume poi parte ricorrente che l’Autorità avrebbe errato nella individuazione della potenziale platea di consumatori dei messaggi promozionali in questione, atteso che – alla luce delle caratteristiche dei servizi pubblicizzati e dell’inerenza degli stessi ad utenze di telefonia mobile – il target di riferimento sarebbe rappresentato da un pubblico potenzialmente composto da maggiorenni (e, quindi, normalmente informato ed avveduto rispetto ai contenuti del prodotto multimediale del quale veniva offerto l’acquisto) e non, invece, da minorenni in età adolescenziale, come invece sostenuto da AGCM.

Va in proposito rammentato come l’Autorità (in una con l’individuazione di gravi omissioni informative, relative alla natura del servizio, ai costi derivanti dall’attivazione dei servizi multimediali ed alle limitazioni derivanti dalle caratteristiche di compatibilità del cellulare) abbia posto in luce la carente esplicitazione della destinazione esclusiva del servizio di che trattasi ad un utenza composta da maggiorenni, soprattutto in considerazione del fatto che il messaggio promosso "appare destinato anche ad un pubblico di adolescenti più avvezzo all’invio ed alla ricezione di contenuti multimediali per cellulare".

A fronte del divieto – sancito dal D.M. 145/2006 – di destinazione dei servizi a sovrapprezzo ad un pubblico di minori, la illiceità della condotta in esame è stata, condivisibilmente, individuata nella induzione all’acquisto di prodotti multimediali veicolata ad una particolare platea elettivamente composta da consumatori (i minori) per la quale gli obblighi diligenziali incombenti sull’operatore commerciale assumono, come è noto, accentuato rilievo.

Con recente pronunzia 3 dicembre 2010 n. 35333, la Sezione ha avuto modo di soffermarsi, a proposito di vicenda contenziosa omogeneamente caratterizzata dalla diffusione promozionale di sollecitazione all’acquisto di contenuti multimediali per telefonia cellulare, sulla inidoneità della eventuale precisazione in ordine alla destinazione del servizio a soggetti maggiorenni (per cui anche i messaggi pubblicitari sarebbero stati indirizzati esclusivamente a questi ultimi) ad asseverare la correttezza della pratica commerciale.

Sia con riferimento all’elaborazione grafica utilizzata, sia, segnatamente, con riguardo alla tipologia di servizi offerti, viene infatti in considerazione una naturale – od ontologica – destinazione dell’offerta stessa ad un pubblico elettivamente adolescenziale, costituendo un dato di comune esperienza che i telefoni cellulari, sebbene acquistati da maggiorenni, possano poi essere dati in uso a minorenni.

Conseguentemente, anche l’eventuale avvertenza in ordine alla destinazione del servizio ai (soli) maggiorenni, quantunque doverosa, si rivela, ex se riguardata, appieno inidonea a superare i rilievi di ingannevolezza svolti dall’Autorità.

Le considerazioni da quest’ultima rassegnate relativamente all’individuazione del target di riferimento meritano convinta adesione, laddove viene spiegato che "gli adolescenti – in virtù della loro età ed ingenuità – possono essere considerati, in conformità a consolidato orientamento dell’Autorità in materia (…) – particolarmente esposti e vulnerabili alla pratica commerciale oggetto di contestazione, trattandosi di consumatori specificamente attratti dalla fruizione dei servizi di cui si tratta".

Le informazioni non esaustive e scarsamente chiare contenute nell’offerta (la cui fruizione, veicolata dall’"atterraggio" nel sito www.J..it attraverso il "primo" contatto con il sito www.M..it riconducibile all’odierna ricorrente, imponeva l’esigenza di attivazione di un oneroso abbonamento a J. al fine di poter usufruire del download di contenuti multimediali, quali suonerie, loghi, wallpapers ed altro), ben si configurano come ulteriormente pregiudizievoli in ragione della naturale mancanza di esperienza di un target di consumatori in giovane età, notoriamente meno propensi ad oggettive e specifiche valutazioni di opportunità economica, in rapporto alle nuove tecnologie e ai servizi prospettati attraverso i terminali di comunicazione.

5. Se, alla stregua di quanto sopra esposto, le censure dalla parte ricorrente svolte avverso l’apparato motivazionale a sostegno dell’avversata determinazione non rivelano profili di condivisibile fondatezza, analogo giudizio deve essere rassegnato con riferimento alle doglianze dedotte avverso la commisurazione della sanzione amministrativa pecuniaria alla medesima comminata da AGCM.

Il paradigma normativo rilevante ai fini in esame è rappresentato, come è noto, dalle indicazioni di cui all’art. 11 della legge 24 novembre 1989 n. 681, espressamente richiamato dall’art. 27, comma 13 del D.Lgs. 206/2005.

I criteri sono, in particolare, integrati:

– dalla gravità della violazione;

– dall’attività svolta dall’agente per eliminare quest’ultima;

– dalla personalità dell’agente stesso e dalle condizioni economiche al medesimo riferibili.

In base ad essi, essa, la quantificazione dell’inflitta sanzione pecuniaria amministrativa si rivela, invero, indenne da censura rispetto alle argomentazioni in proposito esposte dalla ricorrente.

Infatti, per quanto concerne la gravità della violazione, è stata considerata:

– non soltanto l’ampiezza e la capacità di penetrazione della pratica (diffusione a mezzo internet), suscettibile di aver raggiunto un numero significativo di destinatari,

– ma anche la composizione del potenziale bacino d’utenza (rilevando, sotto tale aspetto, la violazione dei più intensi obblighi diligenziali che devono assistere la condotta dell’operatore commerciale laddove il target dei destinatari dell’offerta sia, come nel caso di specie, prevalentemente caratterizzato da soggetti in età adolescenziale – e quindi maggiormente vulnerabili – in favore dei quali viene altresì in considerazione il sancito divieto di promuovere l’acquisto di prodotti multimediali a pagamento).

Relativamente alla la durata della violazione, è stato tenuto conto – in maniera parimenti indenne da censura – del fatto che le indicazioni sopra riportate (contenute nel sito web www.M..it) hanno avuto diffusione per un arco temporale considerevole, in quanto la pratica commerciale risulta essersi protratta per oltre quattro mesi.

Deve, conseguentemente, escludersi che l’inflitta sanzione di Euro 95.000,00 (a fronte di un range afflittivo ricompreso fra Euro 5.000,00 ed Euro 500.000,00) riveli profili di irragionevolezza e/o illogicità e/o incongruità tali da consentire di sottoporre la relativa decisione, nella presente sede di legittimità, a rimeditazione.

Né parte ricorrente ha contestato, con convincenti e dimostrate argomentazioni, la sproporzione della sanzione rispetto all’ulteriore parametro di riferimento rappresentato dal complesso delle condizioni economiche riferibili all’operatore commerciale: dovendosi in proposito dare atto della ragionevolezza della commisurazione della misura afflittiva, avuto riguardo al non esiguo compenso pattuito, nell’ambito degli accordi stipulati con F.M., in favore di T. (pari a Euro 5,00 per ogni abbonamento ottenuto attraverso il sito www.M..it).

6. La riscontrata infondatezza delle doglianze esposte con il presente mezzo di tutela impone la reiezione dell’impugnativa.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Condanna la ricorrente T. S.p.A., nella persona del legale rappresentante, al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’intimata Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, per complessivi Euro 2.000,00 (euro duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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