Cass. civ. Sez. II, Sent., 25-05-2011, n. 11519 Divisione

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Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 20-11-1989 C.L. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli la germana C.E. chiedendo dichiararsi aperte le successioni dei comuni genitori C.G. (deceduta il (OMISSIS)) ed C.A. (deceduto il (OMISSIS)), procedere alle divisioni delle due masse ereditarie, effettuare il rendiconto delle rendite percepite e condannare la germana a corrispondergli la quota di sua competenza oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Costituendosi in giudizio la convenuta rilevava di essere titolare della quota maggiore sia nella successione materna che in quella paterna, chiedeva l’attribuzione in via esclusiva dei beni facenti parte delle masse ereditarie, eccepiva che l’attore si era già impossessato di beni mobili e di denaro e chiedeva che di ciò si tenesse conto nella predisposizione dei rendiconto.

Il Tribunale di Torre Annunziata (al quale nel frattempo erano stati trasmessi gli atti per competenza) con sentenza del 10-12-2002 dichiarava aperte le successioni di C.G. e di C.A., dichiarava non comodamente divisibile la massa ereditaria, attribuiva l’appartamento ed il posto auto siti in (OMISSIS), ad C.E., condannava quest’ultima a pagare a C.L. un conguaglio di Euro 42776,58 oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza, e poneva infine a carico della massa le spese sostenute dalle parti.

Proposto gravame da parte di C.L. cui resisteva C. E. che formulava altresì un appello incidentale la Corte di Appello di Napoli con sentenza del 12-4-2005 ha accolto il primo motivo dell’appello principale e per l’effetto, in parziale riforma della decisione impugnata, ha determinato all’attualità in Euro 49.812,22 oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza stessa al saldo, il conguaglio che C.E. era stata condannata a pagare a C.L., ha rigettato il secondo motivo, ha dichiarato inammissibile il terzo ed assorbito il quarto, ha rigettato il primo motivo dell’appello incidentale ed ha dichiarato assorbito il secondo, ed ha posto a carico della massa, in proporzione delle rispettive quote ereditarie, oltre alle spese delle CTU, le altre spese del doppio grado.

Per la cassazione di tale sentenza C.L. ha proposto un ricorso articolato in due motivi cui C.E. ha resistito con controricorso; il ricorrente ha successivamente depositato una memoria.
Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 720, 723 e 757 c.c. e art. 112 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver affermato che, nel caso in cui il solo condividente poi assegnatario abbia avuto il possesso dei beni ed il godimento dei frutti, a favore del non assegnatario sorgerà il diritto al rendiconto della gestione ed eventualmente il diritto alla corresponsione degli interessi corrispettivi sulle somme dovute a tale titolo in relazione ai frutti maturati e non percepiti, in ogni caso non essendo dovuti interessi compensativi sul valore del capitale.

C.L. assume che la seconda parte di tale statuizione non corrisponde al motivo di appello formulato con il quale l’esponente aveva dedotto che il giudice di primo grado aveva respinto o quantomeno non aveva esaminato la domanda con cui egli, sul presupposto che C.E. aveva posseduto i beni ereditari in via esclusiva a decorrere dalla apertura della successione di C. A., avvenuta il 16-7-1989, aveva richiesto il riconoscimento della quota del corrispettivo del godimento; ed invero l’istante con l’atto di appello aveva chiesto a tale titolo la determinazione degli interessi sull’ammontare del conguaglio quantificato ai sensi dell’art. 720 c.c., a far data dal 16-7-1989 all’effettivo soddisfo, rivalutati secondo gli indici ISTAT, o con altro criterio; orbene il giudice di appello, avendo rigettato il criterio di liquidazione proposto in linea principale dall’appellante, avrebbe dovuto accogliere la domanda di rendiconto avendo riguardo alle risultanze acquisite dalla CTU, che indicavano in L. 600.000 mensili il valore locativo dell’appartamento.

Il ricorrente poi sostiene che, contrariamente all’assunto del giudice di appello, l’esponente con il secondo motivo di impugnazione si era lamentato della omessa pronuncia, da parte del giudice di primo grado, in ordine alla sussistenza di un credito di L. 23.461.970 in proprio favore nei confronti della controparte individuato dal CTU in sede di valutazione delle rendite derivanti dai beni ereditari posseduti fin dal momento dell’apertura di entrambe le successioni da C.E..

La censura è infondata.

La Corte territoriale ha rigettato il motivo d’appello con il quale il C. si era doluto della mancata liquidazione in suo favore da parte del Tribunale degli interessi sui conguagli rivalutati a far data dall’apertura della successione; in proposito ha affermato che, qualora ad un condividente sia assegnato un bene di valore superiore alla sua quota, il diritto al conguaglio dovuto agli altri comunisti sorge dal momento del provvedimento definitivo di scioglimento della comunione, con il riconoscimento sulla somma rappresentativa del valore effettivo del bene al momento della decisione, degli interessi corrispettivi, e che per il periodo precedente di indivisione, se il solo condividente poi assegnatario abbia avuto i possesso dei beni ed il godimento dei frutti, a favore del condividente non assegnatario sorgerà il diritto a rendiconto della gestione ed eventualmente il diritto alla corresponsione degli interessi corrispettivi sulle somme dovute a tale titolo in relazione ai frutti maturati e non percepiti.

Il giudice di appello ha rilevato poi che il C. nel giudizio di primo grado aveva proposto una domanda di rendiconto ed aveva chiesto di inserire tra le poste attive le rendite virtuali derivanti dai beni ereditari posseduti sin dal momento di apertura delle successioni dalla germana C.E., e che in relazione a tali rendite il CTU aveva proceduto al relativo conteggio individuando un credito in favore dell’attore di L. 23.461.970; tuttavia ha aggiunto che la sentenza di primo grado aveva omesso di pronunciarsi su tale domanda e che l’appellante al riguardo non aveva sollevato censure.

Orbene tale convincimento è condivisibile, posto che lo stesso ricorrente, deducendo in questa sede il mancato accoglimento della domanda relativa al riconoscimento in suo favore degli interessi sull’importo determinato a titolo di conguaglio ai sensi dell’art. 720 c.c., conferma implicitamente che nel giudizio di appello non ha più riproposto una domanda di rendiconto ex art. 723 c.c., non potendo quest’ultima essere confusa con la richiesta degli interessi sulle somme determinate a titolo di conguaglio dovute dal condividente assegnatario del bene oggetto di comunione a quello non assegnatario.

A tale ultimo proposito, infatti, occorre rilevare che qualsiasi questione relativa all’accertamento di un rapporto di credito e debito relativo ai frutti prodotti dai beni costituenti la comunione ereditaria deve porsi non nell’ambito della domanda relativa alla divisione ed ai conseguenti conguagli divisionali, bensì, sia pure contestualmente, con una distinta ed autonoma domanda di rendiconto in considerazione della situazione di godimento dei beni comuni (Cass. 27-3-2002 n. 4364); invero, ove nel possesso del singolo bene ereditano sia stato, sin dall’apertura della successione, il solo condividente cui il bene sia stato poi assegnato e questi ne abbia anche percepito i relativi frutti, è evidente che la questione non si pone in termini di conguagli sul valore del capitale (come erroneamente sostenuto dal ricorrente), ma di rendiconto della gestione del capitale stesso con la corresponsione in favore del condividente non assegnatario degli interessi corrispettivi sulle somme a lui eventualmente dovute in relazione ai frutti maturati e non percepiti (Cass. 10-2-2004 n. 2483).

Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 112 c.p.c., e vizio di motivazione, sostiene che erroneamente la Corte territoriale ha posto a carico della massa, in proporzione alle rispettive quote ereditarie, le spese di entrambi i gradi di giudizio, e quindi ha condannato l’esponente quale parte vittoriosa al pagamento di un terzo delle spese sostenute dalla soccombente nel grado di appello, in violazione del principio della soccombenza.

La censura è infondata.

La Corte territoriale ha posto a carico della massa in proporzione delle rispettive quote le spese di entrambi i gradi di giudizio, ivi comprese quelle di CTU, non ravvisando nel comportamento delle pari nè eccessive pretese nè inutili resistenze.

Orbene, considerato che nel giudizio di appello è stato accolto soltanto il primo motivo dell’appellante principale, mentre è stato rigettato il secondo ed è stato dichiarato inammissibile il terzo ed è stato rigettato il primo motivo dell’appello incidentale con assorbimento del secondo, ne consegue che il C. non è risultato affatto totalmente vittorioso all’esito di tale giudizio, cosicchè tale statuizione, frutto dell’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito in ordine all’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di giudizio, non è sindacabile in questa sede.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 1.800,00 per onorari di avvocato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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