Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 18-02-2011) 16-03-2011, n. 10771 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sull’appello proposto da A.M. avverso la sentenza del GUP presso il Tribunale di Napoli in data 6-4-2009 che, all’esito di giudizio abbreviatelo aveva dichiarato colpevole dei reati di favoreggiamento personale aggravato L. n. 203 del 1991, ex art. 7, così qualificata l’originaria imputazione ex art. 416 bis c.p. aggravata sub capo A) e di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74 aggr.to ex art. 7 L. cit. esclusa l’aggr.te sub 3) e 4) L. n. 146 del 2006 sub capo B) ed operato un giudizio di prevalenza delle concesse attenuanti generiche sulle residue aggravanti contestate sub B) lo aveva condannato alla pena di anni sette di reclusione con relative pene accessorie, la Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 12-01-2010, confermava il giudizio di 1^ grado, ribadendo la comprovata responsabilità dell’imputato in ordine ai reati ascrittigli come ritenuti in sentenza e l’adeguatezza della misura del trattamento sanzionatorio.

Avverso tale sentenza l’ A. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi del gravame, a mezzo del proprio difensore, sostanzialmente ed in sintesi:

Violazione dell’art. 606, lett. e) per mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione al ritenuto reato associativo finalizzato allo spaccio di droga,nonostante difettasse la comprovata stabilità del rapporto consapevole dell’imputato con lo stesso clan Gionta, avuto riguardo all’isolata partecipazione ai fatti del ricorrente, senza che vi sia stata una motivata risposta alla ritenuta stabile integrazione del prevenuto nel tessuto associativo della cosca, così come era da ritenere carente di logicità e del tutto contraddittoria la ribadita sussistenza dell’aggravante L. n. 213 del 1991, ex art. 7 in difetto dei comprovati riscontri. Del pari, secondo la difesa, era da escludere la sussistenza dell’asserito reato di favoreggiamento personale verso il clan Gionta, potendosi – per contro, ritenere che le strumentazioni riferite all’azione del ricorrente fossero esclusivamente rese a tutela della sua stessa condotta incriminata e si trattasse quindi di "autofavoreggiamento".

Con motivi nuovi la difesa del ricorrente ha ribadito la denuncia del vizio di motivazione in punto di asserita prova di compartecipazione all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti in carenza Ai accertata individuazione del " M." nella persona dell’imputato,fermo restando la carenza di elementi supportanti il soprannome di "ciuffettino" attribuito al ricorrente, cui due coimputati principali con i quali si sarebbe collegato nel contesto associativo sono stati entrambi assolti da tale imputazione con sentenza del GUP tribunale di Napoli, 20-12-2010 nel contesto del processo dal quale è stata a suo tempo stralciata la posizione dell’ A..

Il ricorso va dichiarato inammissibile posto che i denunciati vizi di legittimità circa la corretta qualificazione giuridica dei fatti contestati sub A) e B) e il difetto di motivazione, ribaditi anche con i motivi nuovi, trovano ampia smentita dal costrutto decisorio dell’impugnata sentenza (cfr. foll. 2-3-4) alla stregua del quale appare indubitabile:

a) la sussistenza del reato associativo finalizzato al traffico di stupefacenti; b) l’individuazione inequivoca del ricorrente quale soggetto implicato in detto consortium sceleris stante il chiaro riferimento oltre che al nome " M." anche all’attività di "infermiere" che denota il dato "tipicizzante" l’indifiduazione del soggetto implicato; c) l’operare nel contesto del clan Gionta con inequivoco stabile collegamento con taluni consociati a detto consesso criminogeno; d) l’inesattezza che il rapporto con detti consociati fosse probatoriamente incompatibile con l’accusa essendo costoro stati assolti in altra sede dallo stesso reato (trattasi di assoluzione che riguarda il solo I. e non anche il M. A.; 5) la inconfigurabilità dell’invocata condotta favoreggiatrice verso il clan Gionta, come ineccepibilmente rappresentato a fol. 4 dell’impugnata sentenza.

Di qui la sostanziale carenza di fondatezza delle censure difensive e la ragione del giudizio di inammissibilità del gravame con le conseguenze di legge ex art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro MILLE/00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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