Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-05-2011, n. 11444 Dichiarazione Rimborso Riscossione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Commissione Tributaria Provinciale di Milano rigettava il ricorso presentato dalla società Cartiere Italiane Riunite s.p.a. in amministrazione Straordinaria avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’Irpeg, anno d’imposta 1990, versata in eccedenza, per carenza di prove documentali a supporto della tesi della contribuente.

La società proponeva appello avverso tale decisione, appello respinto dalla Commissione Tributaria Regionale competente con la sentenza di cui in epigrafe.

Contro tale decisione la contribuente propone ricorso per cassazione fondato su motivo unico ed illustrato da memoria. L’intimata agenzia resiste con controricorso.

MOTIVAZIONE
Motivi della decisione

La società ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione dell’impugnata sentenza per non aver la stessa fornito alcuna spiegazione sulla ritenuta insufficienza della prova fornita dalla ricorrente (che ha invece allegato il frontespizio del mod. 760/91 ed il quadro M, contenente le imposte dovute, i versamenti effettuati, nonchè la richiesta di rimborso dell’eccedenza); per essere in contraddizione con le affermazioni confessorie dell’agenzia contenute nelle controdeduzioni depositate in secondo grado; per non avere motivato sulla circostanza decisiva dell’avvenuta liquidazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36, pure menzionata.

Il motivo, come proposto, è inammissibile sia per l’estrema genericità delle censure mosse, sia in quanto la doglianza non è diretta a far valere la carente motivazione di un accertamento di fatto, bensì a censurare l’erronea interpretazione applicativa delle norme che regolano i crediti d’imposta risultanti dalla dichiarazione Irpeg.

Invero, secondo le norme contenute nel D.P.R. n. 600 del 1973, come questa Corte ha già affermato (Cass. n. 11830 del 2002; n. 1154 del 2008); "qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d’imposta, non occorre, da parte sua, al fine di ottenerne il rimborso, alcun altro adempimento (quale, in particolare, l’istanza D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 38, estranea alla fattispecie anzidetta), ma deve solo attendere che l’amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere – dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte, prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, ovvero, ricorrendone i presupposti, secondo lo strumento della rettifica della dichiarazione. Una volta che il credito si sia consolidato – attraverso un riconoscimento esplicito in sede di liquidazione, ovvero per effetto di un riconoscimento implicito derivante dal mancato esercizio nei termini del potere di rettifica – l’amministrazione è tenuta ad eseguire il rimborso e il relativo credito del contribuente è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale, decorrente dal riconoscimento del credito stesso.

E’ stato altresì affermato (Cass. n. 9524 del 2009) "Il termine stabilito nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis (nel testo, applicabile "ratione temporis", introdotto dal D.P.R. 27 settembre 1979, n. 506, art. 1), entro il quale l’Amministrazione Finanziaria deve provvedere alla liquidazione dell’imposta, ha natura ordinatoria secondo l’interpretazione, avente efficacia retroattiva, che ne ha dato la L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 28, comma 1. Ne consegue che il credito esposto in dichiarazione non si consolida con lo spirare del predetto termine o perchè l’Amministrazione abbia omesso di procedere ad accertamento e rettifica nel termine stabilito nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, così come il diritto a rimborso del contribuente non è sottoposto al termine di decadenza, contenuto nel D.P.R. 27 settembre n. 1973, n. 602, art. 38, ma esclusivamente all’ordinario termine di prescrizione decennale, ferma restando la facoltà dell’Ufficio di opporre eccezioni alla domanda di rimborso".

Nel caso di specie l’impugnata sentenza ha affermato sia l’insufficienza probatoria degli elementi prodotti, in quanto costituiti da un "mero stralcio della dichiarazione dei redditi"; sia che "il Centro Servizi, sia pure dopo la liquidazione della dichiarazione dei redditi D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, ha sospeso l’erogazione in attesa dell’esame della documentazione richiesta".

A fronte di tale congrua e chiara motivazione – in relazione alla normativa che regola la materia come sopra richiamata – il ricorso non fornisce alcuna spiegazione del perchè sia erronea la ritenuta insufficienza probatoria dello stralcio prodotto, spiegazione che appare necessaria anche in considerazione del fatto che l’eccedenza per la quale viene chiesto il rimborso nasce da ritenute d’acconto a fronte di perdite di esercizio.

Ugualmente è a dirsi per la eccepita contraddizione motivazionale tra la ritenuta mancanza di prova e l’affermazione che il Centro Servizi aveva sospeso l’erogazione del rimborso in attesa dell’esame della richiesta documentazione: la stessa non è spiegata dal ricorrente nè è comprensibile in sè.

Neppure appare possibile attribuire al riferimento alla dichiarazione del Centro Servizi (di sospensione dell’erogazione dopo la liquidazione della dichiarazione dei redditi D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis) – contenuto nell’impugnata sentenza – valore di un ipotetico riconoscimento dell’esistenza e dell’ammontare dell’imposta, costituendo la stessa solo l’accertamento in fatto compiuto dal giudice di merito sullo stato della relativa procedura.

Il ricorso, inoltre, in assoluta carenza di autosufficienza, per provare l’esistenza di una conferma da parte dell’Agenzia ai dati che risultano dallo stralcio della dichiarazione mod: 760/91 prodotta, rinvia ad atti non allegati nè riportati testualmente, quali "le controdeduzioni depositate dall’Agenzia delle Entrate nel giudizio di secondo grado", così chiedendo a questa Corte un giudizio non ex actis ma su fonti estranee al giudizio di legittimità.

In virtù di quanto fin qui esposto il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Le spese del giudizio vengono regolate come in dispositivo in applicazione del principio della soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di giudizio che liquida in Euro 4700,00 delle quali Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e competenze come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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