T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 14-03-2011, n. 2253 Silenzio-accoglimento, silenzio-rifiuto e silenzio-rigetto della pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

I ricorrenti, tutti aspiranti al conseguimento del titolo professionale marittimo di cui all’art. 283 del Regolamento per la navigazione marittima, si dolgono di non essere stati messi nelle condizioni di sostenere i relativi esami, in quanto abrogato con d.m. 30.11.2007 e d.d. 17.12.2007.

Ritenendo l’illegittimità di tale preclusione nel conseguimento di ulteriori titoli professionali necessari per la progressione economica e di carriera, deducono:

1) Violazione e falsa applicazione delle legge 21.11.1985, n. 739; delle direttive 94/58/CE e 98/35/CE; del d.P.R. 9.5.2001 n. 324, come modificato dal d.P.R. 2.5.2006 n. 246; della legge 5.10.1991, n. 318; del d.m. 5.10.2000; dell’art. 65, co. 4, lett. a) della legge 28.12.2001, n. 448; dei decreti direttoriali 30.12.2004; del d.lgs. 15.4.2005 n. 76; del d.m. 22.8.2007, n. 139; del provvedimento della Conferenza unificata 16.3.2006; degli artt. 123 e 248 e ss. del Regolamento al codice della navigazione; eccesso di potere; inesistenza dei presupposti in fatto e diritto; carenza assoluta di istruttoria; difetto di motivazione; violazione del principio della legittima aspettativa.

Illegittimamente sono stati abrogati i titoli professionali prescritti dal regolamento al codice della navigazione, a mezzo di atto di fonte normativa subordinata, e, pertanto, inidonea a modificare il previgente assetto dei titoli professionali marittimi.

2) Violazione e falsa applicazione delle legge 21.11.1985, n. 739; delle direttive 94/58/CE e 98/35/CE; del d.P.R. 9.5.2001 n. 324, come modificato dal d.P.R. 2.5.2006 n. 246; della legge 5.10.1991, n. 318; del d.m. 5.10.2000; dell’art. 65, co. 4, lett. a) della legge 28.12.2001, n. 448; dei decreti direttoriali 30.12.2004; del d.lgs. 15.4.2005 n. 76; del d.m. 22.8.2007, n. 139; del provvedimento della Conferenza unificata 16.3.2006; degli artt. 123 e 242 del codice della navigazione; violazione della legge 241/1990; dell’art. 97, Cost.; eccesso di potere; carenza di potere; violazione delle fonti di diritto; inesistenza dei presupposti in fatto e diritto; carenza assoluta di istruttoria; difetto di motivazione.

Lamentano i ricorrenti la violazione della legittima aspettativa al conseguimento di un nuovo titolo professionale, in assenza di una espressa abrogazione della disciplina dai medesimi invocata.

3) Violazione dell’art. 10 bis, legge 241/1990; eccesso di potere per illogicità manifesta; contraddittorietà; violazione del dovere di buona fede e correttezza dell’azione amministrativa; sviamento; carenza di istruttoria; difetto di motivazione.

E’ stata omesso il c. d. preavviso di rigetto, ovvero la previa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda dai medesimi presentata, impedendo agli stessi di partecipare alla decisione finale.

4) Violazione dell’art. 3, legge 241/1990; violazione dell’art. 97, Cost.; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione.

Non sono stati ostesi i motivi che hanno indotto a respingere le domande dei ricorrenti, né sono stati chiariti i motivi di pubblico interesse che hanno precluso l’indizione di sessione straordinaria di esami.

5) Violazione degli artt. 7, 8 e 10 della legge 241/1990; dell’art. 97, Cost.; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento; difetto di istruttoria.

In costanza della previgente normativa, da ritenersi ancora efficace e non abrogata dal d.m. del 2007, non sono stati chiariti i criteri in base a cui organizzare le attività nel periodo di transizione onde non pregiudicare i marittimi nelle legittime aspettative economiche e di carriera

6) Violazione degli artt. 6, 7, 8 e 10 bis della legge 241/1990; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento; difetto di istruttoria; carenza di motivazione; travisamento; inesistenza dei presupposti in fatto e diritto; irragionevolezza; sviamento.

E’ illegittimo il supino recepimento delle determinazioni ministeriali, prima di adottare un provvedimento pregiudizievole per i destinatari

7) Violazione dell’art. 20 della legge 241/1990; violazione degli artt. 24 e 97, Cost.; eccesso di potere; carenza di potere nell’adozione del provvedimento di rigetto.

L’adozione del provvedimento di rigetto oltre i termini di legge è illegittima perché in carenza di potere e come tale inidoneo ad impedire il già intervenuto, ex lege, accoglimento, né i provvedimento impugnati hanno consistenza di atti in autotutela.

Concludono i ricorrenti chiedendo, in accoglimento degli esposti mezzi di censura, l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato in difesa delle intimate Amministrazioni, per resistere al ricorso ed eccependone l’infondatezza.

Con l’ordinanza n. 3515/08 del 10 luglio 2008 è stata respinta l’incidentale istanza cautelare, avendo la Sezione ritenuto:

– che il potere ministeriale esercitato con il decreto del 30 novembre 2007, attinente la disciplina delle qualifiche e dei limiti delle abilitazioni della gente di mare, pare collocarsi nell’ambito delle attribuzioni normative di cui all’art. 123 del codice della navigazione, come peraltro già esercitate con il precedente decreto del 5 ottobre 2000, con lo stesso tipo di contenuto;

– che, intervenuta la modificazione delle qualifiche, pare legittimo l’arresto del procedimento di esame, in quanto diretto a far conseguire ai ricorrenti un titolo non più utilizzabile.

Alla pubblica udienza del 18 novembre 2010 la causa è stata trattenuta a sentenza.
Motivi della decisione

Con il ricorso in esame i ricorrenti, tutti marittimi che avevano presentato domanda per l’ammissione a sessione straordinaria di esami per il conseguimento dei titoli professionali marittimi di cui all’art. 283, reg.cod.nav., impugnano le note meglio emarginate in epigrafe con cui il competente ufficio marittimo ha restituito le istanze avanzate in ragione delle modifiche medio tempore intervenute in materia di formazione del personale da impiegare a bordo delle navi italiane di cui al d.m. 30/11/2007 e d.d. 17/12/2007.

Con un primo gruppo di censure (primo e secondo motivo) si dolgono i ricorrenti delle intervenute modifiche lesive delle legittime aspettative di progressione economica e di carriera a mezzo di atti regolamentari (introdotti con decreto ministeriale e dirigenziale) non idonei a modificare una fonte normativa (d.P.R.) sovraordinata.

La tesi non può essere condivisa.

Come già rilevato in sede cautelare dalla Sezione, l’art. 123 del codice della navigazione – nel testo introdotto dall’art. 7, d.l. 30 dicembre 1997, n. 457, convertito in legge, con modificazioni, con l. 27 febbraio 1998, n. 30 – stabilisce che il Ministro dei trasporti e della navigazione, con proprio decreto, stabilisce i requisiti e i limiti delle abilitazioni della gente di mare e ne disciplina la necessaria attività di certificazione.

Il legislatore, con lo strumento della delegificazione, ha, dunque, affidato la disciplina dei titoli professionali del personale marittimo al più snello strumento del decreto ministeriale onde assicurare un più celere adeguamento della relativa disciplina alla normativa internazionale e comunitaria.

Ed invero, come attestato dalle stesse premesse degli atti impugnati, la Convenzione STCW sull’addestramento, la certificazione e la tenuta della guardia, adottata dall’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) a Londra nel 1978, cui lo Stato italiano ha aderito con la legge n. 739/1985, è stata emendata più volte, di talché si è reso necessario adeguare la disciplina interna con i nuovi standard relativi all’addestramento della gente di mare, uniformando le abilitazioni nazionali a quelle riconosciute a livello internazionale, e si è reso necessario, altresì, l’aggiornamento dei programmi di esame per conseguire le nuove abilitazioni.

Peraltro, la delegificazione introdotta dal codice della navigazione in materia di titoli professionali, con rimessione della disciplina applicativa ad atti ministeriali, era avvenuta già ad opera del d. m. 5 ottobre 2000, con cui è stata prevista, in via transitoria, la riconversione delle abilitazioni vigenti, in attesa della rivisitazione generale della disciplina deputata a stabilire le modalità di conseguimento dei titoli professionali in adeguamento alla normativa internazionale.

Anche con il d.m. del 30 novembre 2007 sono state, altresì, stabilite, in via transitoria, le equipollenze tra le abilitazioni conseguite sulla base del decreto del 2000 e quelle di nuova introduzione.

Sono, dunque, legittimi gli atti di normazione secondaria, oggetto di impugnativa, ed in specie, il decreto ministeriale 30 novembre 2007, che indica le qualifiche ed abilitazioni per il settore di coperta e di macchina degli iscritti alla gente di mare, e il decreto dirigenziale 17 dicembre 2007, che detta la disciplina relativa ai programmi di esame per il conseguimento dei suddetti titoli professionali, atteso che la materia dei titoli professionali è stata delegificata dal legislatore nazionale.

Sono, per altrettanto, destituite di fondamento le censure con cui è lamentata la lesione della aspettativa del personale marittimo, che, invece, non ha alcun interesse al conseguimento di titoli professionali già da tempo modificati, e comunque non in linea con la cogente normativa internazionale.

Con un secondo gruppo di censure, i ricorrenti lamentano che i provvedimenti con cui sono state respinte le domande di partecipazione a sessione straordinaria di esami si porrebbero in contrasto con le norme sul procedimento amministrativo, deducendo sia un difetto dell’apparato motivazionale, che di istruttoria, e la mancata partecipazione all’iter procedimentale.

Osserva il Collegio che gli uffici marittimi, tenuti ad applicare la vigente normativa sui i titoli professionali della gente di mare, non disponevano di residuali margini di valutazione discrezionale in ordine alle istanze dei ricorrenti, finalizzate alla indizione di sessione straordinaria per il conseguimento di abilitazione non più attuale; da ciò deriva che gli stessi uffici, tenuti alla vincolata applicazione dei regolamenti ministeriali medio tempore intervenuti a regolare la materia, hanno pienamente assolto all’onere istruttorio e motivazionale, facendo esplicito riferimento alla normativa applicabile alla materia de qua.

Sulla base delle medesima considerazioni, devono ritenersi del tutto destituite di fondamento le lamentele circa la mancata partecipazione dei ricorrenti al procedimento, essendo stata omessa la previa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento delle istanze dai medesimi presentate.

Ritiene il Collegio sul punto che la violazione dell’art. 10 bis, legge 241 del 1990 – che prevede, nei procedimenti ad istanza di parte la comunicazione, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, agli istanti dei motivi che ostano all’accoglimento della domanda – non può ritenersi tale da produrre ex se l’illegittimità del provvedimento finale, dovendo la disposizione sul preavviso di rigetto, essere interpretata alla luce del successivo art. 21 octies, comma 2, che impone al Giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo; l’art. 21 octies rende, quindi, irrilevante la violazione delle norme sul procedimento o sulla forma dell’atto per il fatto che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Nel caso che ne occupa, il provvedimento conclusivo del procedimento avviato dai ricorrenti non poteva assumere un contenuto diverso dal diniego, stante l’impossibilità per i ricorrenti, alla stregua della normativa applicabile alla fattispecie, di conseguire un titolo professionale non più attuale, e, pertanto, non occorreva il preavviso ex art. 10 bis L. n. 241/1990.

Ed invero, in presenza di un provvedimento dal contenuto vincolato, non è invocabile la violazione dell’art. 10 bis L. n. 241/1990, non potendo apportare alcuna utilità ai fini dell’adozione delle determinazioni finali, l’interlocuzione con il destinatario del provvedimento finale.

Pertanto, anche questo gruppo di censure, complessivamente considerate, deve essere, pertanto, respinto.

Deve essere, infine, esaminato l’ultimo motivo di ricorso, con cui si asserisce la formazione di silenzio assenso sulle domande dei ricorrenti.

Osserva il Collegio, in via generale, che non possono considerarsi automaticamente accolte le istanze di indizione di esami per il conseguimento di titoli professionali non più utilizzabili in forza del meccanismo di formazione tacita del provvedimento positivo previsto dal legislatore con l’art. 20, legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto la semplificazione degli incombenti amministrativi per l’esercizio di un’attività trova applicazione solo in presenza delle condizioni e dei presupposti stabiliti dalla legge stessa.

Ed infatti, deve essere, innanzitutto considerato che l’istituto del silenzioassenso, pure previsto in via generale dall’art. 20, legge n. 241 del 1990, costituisce significativa deroga al principio generalissimo contenuto nell’art. 2, medesima legge n. 241 del 1990, in ordine alla necessità di definizione espressa di ogni procedimento amministrativo, ed è dunque istituto eccezionale come tale non estensibile al di fuori dei casi espressamente previsti dalla normativa. Deve ritenersi, pertanto, che le ipotesi di silenzioassenso sono quelle espressamente previste nei singoli ordinamenti settoriali, oppure nei casi previsti dagli specifici decreti di attuazione del citato art. 20, e trovano, comunque, privilegiato campo di applicazione nelle richieste di "autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato", il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente numerico per il rilascio degli atti stessi, dunque, nelle stesse ipotesi prese in considerazione dall’art. 19, legge n. 241 del 1990, che viene fatto salvo dallo stesso art. 20.

Tanto premesso, deve essere aggiunto che ai fini della formazione del silenzio assenso, quale mero strumento di semplificazione e di snellimento dell’azione amministrativa, non è sufficiente la sola presentazione della domanda ed il decorso del tempo indicato dalla apposita norma che lo prevede, ma è necessario altresì che la domanda sia corredata dalla indispensabile documentazione pure prevista dalla normativa, atteso che il silenzio assenso non implica alcuna deroga al potere dovere dell’Amministrazione pubblica di curare gli interessi pubblici nel rispetto dei principi fondamentali sanciti dall’art. 97 cost. e presuppone quindi che essa sia posta nella condizione di poter esercitare il proprio potere quanto meno nel senso di verificare la sussistenza di tutti i presupposti legali affinché l’autorizzazione, implicitamente formatasi con il decorso del tempo, sia coerente alle previsioni di legge, e ciò indipendentemente dall’eventuale esercizio del potere di autotutela. (cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8831)

Applicando tali coordinate applicative al caso che ne occupa, non può considerarsi formato il silenzio assenso in ordine a domande di indizione di sessione straordinaria di esami per il conseguimento di un titolo professionale non più vigente, e, dunque, non essendosi formato il silenzio accoglimento l’Amministrazione competente non era tenuta ad assumere determinazioni in via di autotutela.

Le superiori considerazioni inducono, in conclusione, a respingere il ricorso e le connesse istanze con lo stesso introdotte.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente alla refusione delle spese del giudizio in favore delle Amministrazioni resistenti forfetariamente liquidate in Euro 1.000,00 (mille/00)

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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