Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-02-2011) 16-03-2011, n. 11018 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 13.5.2010 il Tribunale di Reggio Calabria, investito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di P. A., in data 18.3.2010, per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6 e art. 73; il medesimo veniva ritenuto partecipe dell’ associazione a delinquere promossa e capeggiata da G.A., operante fino all’anno 2006, in collegamento con altro associato F.A., con il ruolo di collettore delle somme di denaro necessarie per gli approvvigionamenti di sostanza stupefacente, distribuita dallo stesso G..

Il compendio indiziario veniva ritenuto integrato dall’esito di intercettazioni di conversazioni telefoniche ed ambientali nel contesto delle quali venivano colte, a parere degli investigatori, vere e proprie confessioni di coinvolgimento da parte dei colloquianti ed indicazioni sul coinvolgimento di terzi, nonchè dall’esito di numerose operazioni di polizia, che portavano a sequestrare consistenti quantitativi di sostanza stupefacente con arresti in flagranza degli spacciatori. Quanto al ricorrente, veniva accertato che lo stesso manteneva contatti con associati quali, Po.Fr. e F.A.. In particolare al primo risultava, nell'(OMISSIS), aver chiesto di mettergli da parte un paio di lattoni di pittura, ottenendo rassicurazione che "già lo sapevano" e che glieli avevano messi da parte; mentre con il secondo, in data (OMISSIS), aveva detto di non potergli cambiare un assegno se non dopo aver venduto scarpe, aggiungendo che stava per portare le scarpe a Gi.. Successivamente il (OMISSIS) F. propose al G. di andare a prendersela lui direttamente, presumibilmente la sostanza, ma ottenne il rifiuto di questi, che disse che stava bloccato; il P. oppose che stava aspettando "questi qua delle scarpe" e che nel pomeriggio si sarebbe presentato lui stesso e G. gli disse testuale: "vedi quello che puoi fare, pure poco ti voglio dire".

Riteneva il Tribunale che l’attività svolta dal ricorrente si sarebbe estesa per un anno, tempo ritenuto sufficiente a dimostrare una stabilità di rapporti con gli associati. Riteneva poi la misura custodiate indispensabile a fini cautelari, non solo in ragione della gravità del reato contestato, ma anche in considerazione dei plurimi, specifici e gravi recedenti penali che il ricorrente registra.

2. Avverso tale pronunciala proposto ricorso per Cassazione la difesa per dedurre:

2.1 carenza e contraddittorietà della motivazione, quanto alla gravità indiziaria, essendo state richiamate poche conversazioni, in un arco di tempo limitato, di contenuto insufficiente a dimostrare l’ipotesi accusatola, avendosi riguardo ad incontri fissati per il cambio di assegni e per la fornitura di computer al G..

Quanto al cambio degli assegni risulta da successive telefonate che tra il G. ed il P. nacque una discussione per esser stato il cambio svantaggioso per il G. (1900 Euro contro 1500), il che dimostrerebbe che l’incontro non fu finalizzato all’acquisto di stupefacente. L’incontro del (OMISSIS) fu finalizzato alla restituzione di un computer e la circostanza non è messa in discussione. I rapporti con il F. non erano così intensi, se questi dovette farsi dare il numero telefonico del P. da terzi; il riferimento alle scarpe non offrirebbe spunti per ritenere l’utilizzo di un linguaggio di copertura, visto che il P. aveva un’attività di commercio di borse e scarpe e che il Gi., menzionato nelle telefonate, sarebbe un noto rivenditore di calzature in Reggio Calabria.

Viene fatto notare che gli episodici incontri tra P., F. e G. sarebbero avvenuti nell’arco di una ventina di giorni, intervallo davvero troppo breve – ammesso e non concesso che abbiano avuto riguardo a cessioni di stupefacente- per poter ritenere lo stabile inserimento in un tessuto associativo. Quanto poi ai rapporti tra P. e Po., osserva la difesa che P. conosceva Po., in quanto vicino di casa di sua moglie e quindi gli chiese effettivamente della pittura per imbiancare un piazzale; così come quando gli parlò dei pezzi della moto, alludeva effettivamente allo moto e non ad altro.

2.2. violazione di legge per difetto di motivazione, in ordine alla sussistenza di esigenze cautelari. Sostiene la difesa che la fattispecie associativa riguarderebbe l’ipotesi prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6, quindi si avrebbe riguardo ad associazione con minore attitudine offensiva. Non solo, ma il Tribunale non avrebbe considerato il lungo tempo trascorso dai fatti e che le condotte sono coperte dal condono, con il che il tempo che separa dai fatti non può non affievolire, fino ad annullare, le esigenze cautelari.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e va accolto, in quanto sono apprezzabili carenza e contraddittorietà dell’ordinanza, quanto alla gravità indiziaria degli elementi posti a sostegno della misura cautelare: il Tribunale infatti ha assegnato decisiva rilevanza ad un paio di conversazioni che sarebbero intercorse tra l’indagato e F. A., nel dicembre 2004 in cui si controverteva di cambio assegni e della consegna di un non ben precisato bene, nonchè di una conversazione intercorsa nell’ottobre 2005 tra il ricorrente e Po.Fr., in cui si faceva riferimento a lattoni di pittura da riservare. Dette conversazioni di per sè, proprio perchè isolate, risalenti nel tempo e distanti tra loro nel tempo, non hanno sufficiente idoneità dimostrativa in ordine alla partecipazione del P. al presunto sodalizio criminoso diretto al commercio dello stupefacente, seppure in quantità modeste, ipotizzato, ma neppure in ordine alla presunta attività di commercio di stupefacente, considerato il contenuto equivoco delle conversazioni, suscettibili di letture alternative, anche in ragione del fatto che sono stati comprovati rapporti di natura lecita tra i colloquianti (quali l’intervenuto accordo tra P. e Po. per l’acquisto di pezzi della moto, ovvero l’intervento del P. per reperire o vendere un computer con il F.). Gli scarni elementi posti a base del provvedimento restrittivo non danno ragione dell’esistenza di indizi a carico dell’indagato, di spessore tale da raggiungere il livello di gravità preteso dall’art. 273 c.p.p..

Pertanto, deve pronunciarsi l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria. La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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