T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, Sent., 14-03-2011, n. 499 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in esame la società C. s.r.l. impugnava gli atti con i quali la commissione della gara indetta dal Comune di Massafra per l’affidamento del servizio di accertamento e riscossione dell’imposta sulla pubblicità, dei diritti sulle pubbliche affissioni, della tosap e della tassa sui rifiuti per un verso la escludeva dalla procedura e, per altro verso, aggiudicava la medesima alla S. s.p.a. (unica impresa rimasta in gara).

2.- Essa formulava, in specie, i seguenti motivi di gravame:

a) Violazione ed erronea interpretazione della clausola n. 3 del bando di gara. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto. Illogicità e perplessità manifesta. Difetto di motivazione. Carenza di istruttoria.

b) Violazione e falsa applicazione di legge: art. 53 d.lgs. n. 446/97 e art. 3 bis d.l. n. 40/10, conv. ex lege n. 73/10. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto. Illogicità e perplessità manifesta. Sviamento.

3.- All’udienza del 10 febbraio 2011 la causa veniva introitata per la decisione.

4.- Tanto premesso in fatto, rileva il Collegio che il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni che di seguito si esporranno.

5.- Deve in specie evidenziarsi, quanto al generale ambito entro il quale debbono inquadrarsi le scelte delle amministrazioni in questa materia, che la Sezione, con le sentenze n. 677 e n. 2717 del 2010, ricostruiva la disciplina di riferimento nei sensi che seguono:

– "L’art. 53 del d.lgs. 15.12.1997 n. 446 ed il successivo art. 1 del D.M. 289/2000 hanno istituito l’Albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione, di accertamento e riscossione dei tributi, nonché di altre entrate delle province e dei comuni.

Il citato d.m. 289/00 prevede all’art. 3 che l’iscrizione nell’albo sia subordinata al riconoscimento da parte della commissione di cui all’articolo 53, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, nei confronti dei legali rappresentanti e dei soci delle società, dei prescritti requisiti di onorabilità, di professionalità e di assenza di cause di incompatibilità; nonché, nei confronti delle società, dell’idoneità finanziaria, tecnica ed organizzativa alla gestione delle attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e di quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni; prevede infine che la sussistenza dei requisiti cui è subordinata l’iscrizione nell’albo sia verificata annualmente.

Il medesimo regolamento prevede agli articoli successivi una serie di requisiti finanziari, di onorabilità e tecnici necessari per l’iscrizione: a) misure minime di capitale interamente versato (…); b) il possesso di idoneo apparato organizzativo, funzionale allo svolgimento dei servizi affidati, nonché la presenza delle necessarie figure professionali; c) la disponibilità di idonei sistemi informativi le cui caratteristiche tecniche, anche al fine di consentire i necessari interscambi di dati con gli enti locali interessati e con il sistema dell’anagrafe tributaria, sono stabilite con decreto del Ministero delle finanze; d) il rispetto degli obblighi derivanti dalle leggi in materia di lavoro e di previdenza, nonché dei contratti collettivi di lavoro degli addetti.

L’art. 32, comma 7 bis, del d.l. n. 185 del 2008 ha poi previsto che la misura minima di capitale richiesto alle società, ai sensi del comma 3 dell’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, per l’iscrizione nell’apposito albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni è fissata in un importo non inferiore a 10 milioni di euro interamente versato.

L’iscrizione all’Albo è condizione necessaria per l’esercizio dell’attività di gestione dei tributi, integrando un vero e proprio dovere per le stazioni appaltanti di limitare la partecipazione alle gare in questione solo alle imprese in possesso di tale requisito, il quale costituisce garanzia di affidabilità e capacità operativa, assicurata mediante una sorta di preselezione operata a monte attraverso l’iscrizione (T.a.r. Campania Napoli, Sezione I, 7.6.2001, n. 2638).

Effettuata tale premessa deve aggiungersi che costituisce ius receptum (cfr. ex plurimis Cons. St., sez. V, 6 aprile 2009, n. 2138; sez. IV, 12 giugno 2007, n. 3103; sez. VI, 10 gennaio 2007, n. 37) l’affermazione secondo cui i bandi di gare d’appalto (anche per gli affidamenti dei servizi pubblici) possono prevedere requisiti di partecipazione più rigorosi di quelli fissati normativamente purché non discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore; sotto tale angolazione non può dubitarsi che l’amministrazione aggiudicatrice abbia il potere discrezionale di fissare requisiti di partecipazione ad una gara anche superiori a quelli previsti dalla legge, e che possa pertanto pretendere l’attestazione di requisiti di capacità diversi ed ulteriori rispetto a quelli richiesti per la iscrizione in albi o elenchi.

Tale potere trova la sua giustificazione normativa nella previsione dell’art. 42, terzo comma, del d.lgs. n. 163 del 2006 (riproduttivo di analoga previsione del d.lgs. n. 157 del 1995), secondo il quale le informazioni relative alla capacità tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi non possono eccedere l’oggetto dell’appalto; previsione interpretata nel senso che all’oggetto dell’appalto, se peculiare, vanno parametrati i requisiti richiesti ai concorrenti, anche in eccesso rispetto ai limiti normativamente previsti.

La previsione di requisiti ulteriori, tuttavia, deve avvenire nel rispetto del principio di proporzionalità, di libertà di concorrenza e di non discriminazione, evitando il formarsi di posizioni dominanti nel mercato, come tali distorsive della concorrenza.

Peraltro, il sindacato del giudice sulla proporzionalità dei bandi di gara non impinge nel merito amministrativo, in quanto la libertà della stazione appaltante di valutare discrezionalmente le esigenze da porre a base dell’affidamento dell’appalto e i conseguenti requisiti da richiedere ai concorrenti va contemperata con il rispetto dei principi fondamentali che presidiano le procedure ad evidenza pubblica, quali la garanzia della concorrenza e il favor partecipationis, sicchè la violazione dei relativi principi comporta la illegittimità dell’azione amministrativa (per tutte Cons. Stato, sez. V, sent. n. 5684 del 2003).

La previsione di requisiti ulteriori rispetto a quelli fissati in applicazione di norme di legge, in conclusione, proprio perché interviene in un campo che è stato regolato in funzione dell’esigenza di garantire le stazioni appaltanti circa la regolare esecuzione del rapporto, con la definizione di parametri ritenuti congrui rispetto alla finalità perseguita, deve dar conto di specifiche e particolari esigenze che rendono inadeguati i citati parametri.

Altrimenti opinando si verrebbe inammissibilmente a legittimare la disapplicazione di specifiche previsioni normative, anche in presenza di disposizioni che tassativamente escludono la possibilità di richiedere requisiti ulteriori rispetto a quelli normativamente stabiliti ( D.P.R. n. 34 del 2000, art. 1, comma 4).

(…)

Ne consegue che la previsione di ulteriori requisiti, rispetto a quelli previsti per l’iscrizione all’Albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi, non giustificata dalla dimensione del Comune appaltante o da particolari esigenze dello stesso, risulta violativa dei principi di proporzionalità, libertà di concorrenza e favor partecipationis, restringendo ingiustificatamente il numero dei partecipanti alla gara, rendendo quindi illegittimo, in parte qua, il bando" (T.a.r. Puglia – Lecce, III, 3 marzo 2010, n. 677).

Tanto esposto, dunque, "ed ancora una volta messo in rilievo come la normativa più volte richiamata prescriva, quale condizione per l’iscrizione all’albo in parola, la verifica, annualmente reiterata, di una articolata serie di requisiti soggettivi (onorabilità, professionalità ed assenza di cause di incompatibilità dei legali rappresentanti e dei soci delle società) ed oggettivi (idoneità finanziaria, tecnica ed organizzativa delle società), il Collegio ritiene in definitiva irragionevole, almeno in via generale, la previsione da parte delle Amministrazioni di requisiti partecipativi ulteriori, comportando la stessa una compressione inaccettabile -salvo quanto subito si scriverà- dei più volte richiamati principi di proporzionalità, libertà di concorrenza e non discriminazione.

Tutto ciò, ovviamente, eccezion fatta per l’ipotesi di una puntuale, concreta e -dalla p.a.- dimostrata sussistenza di situazioni realmente "uniche", tali cioè da rendere l’appalto obiettivamente peculiare e, per conseguenza, insufficienti o inidonee le pur solide garanzie offerte dai controlli riconnessi all’iscrizione all’albo.

Nel caso in esame, peraltro, il Comune intimato in nessun modo rappresentava situazioni tali da rendere necessario, per la loro obiettiva peculiarità e a costo di un restringimento della possibile platea di concorrenti, il previsto irrigidimento delle condizioni partecipative" (T.a.r. Lecce, III, 29 novembre 2010, n. 2717).

5.1 Così interpretato il quadro normativo di riferimento, dunque, possono per il resto richiamarsi le considerazioni espresse sulla specifica questione già in sede cautelare.

Alla camera di consiglio dell’11 novembre 2010, in specie, la Sezione osservava che:

"- la lex specialis della gara prescriveva, fra i requisiti di ammissibilità, che il concorrente avesse gestito "nell’ultimo quinquennio (periodo 1.1.05 – 31.12.09) servizi identici o simili a quelli posti in gara per la durata di almeno anni 3, in almeno 3 Comuni di classe III (popolazione tra 30.000 e 100.000 abitanti) o superiore"; si specificava, quindi, che il concorrente doveva aver gestito "servizi identici a quello delle pubbliche affissioni ed al servizio di accertamento e riscossione dell’imposta comunale o canone sulla pubblicità, del diritto sulle pubbliche affissioni e della tassa o canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche o simili, intendendosi per tali anche i servizi di riscossione volontaria o coattiva di altri tributi comunali quali ici, tarsu, ecc.".

– la ricorrente veniva esclusa dalla procedura atteso che: "le certificazioni dei Comuni di Potenza, Moncalieri, Potenza non rispondono ai requisiti richiesti dal bando, in quanto: a) Comune di Potenza n. 1: non risultano tre anni di servizio nel periodo 1.1.05 – 31.12.09; b) Comune di Moncalieri: il certificato è limitato alla tosap; c) Comune di Bitonto: il servizio certificato non attiene a quello richiesto dal bando di gara; d) Comune di Molfetta: il servizio certificato non attiene a quello richiesto dal bando di gara; e) Comune di Potenza n. 2: il servizio certificato non attiene a quello richiesto dal bando di gara.

– i certificati prodotti dalla ricorrente concernevano: a) Potenza n. 1: servizi di accertamento tarsu, ici e iciap a partire dal 1998 e tuttora in corso; b) Moncalieri: servizi di accertamento, liquidazione riscossione della tosap dall’1.1.06 al 31.12.10; c) Bitonto: accertamento e liquidazione di ici e tarsu dal 2003 e tuttora in corso; d) Molfetta: costituzione di una banca dati per la gestione della fiscalità comunale ed altre attività connesse al recupero dei relativi tributi; e) Potenza n. 2: accertamento e riscossione dei tributi su pubblicità e affissioni, della cosap e della tarsug dall’1.7.07 al 31.12.10; f) Comune di Massafra: accertamento e riscossione dei tributi su pubblicità, affissioni e tosap dal 2003 al 2008.

Ritenuto che, pure in aderenza ad un indirizzo di questo Tribunale in materia (cfr. T.a.r. Lecce, III, n. 677 del 3 marzo 2010), il bando sembra illegittimo nelle parti in cui prescriveva da un lato che i servizi in parola risultassero svolti dai concorrenti congiuntamente e, dall’altro lato, fino al dicembre del 2009 (piuttosto che alla data del bando)" (T.a.r. Lecce, III, 12 novembre 2010, n. 882).

5.2 In aggiunta a quanto appena esposto deve infine soltanto ribadirsi che:

– la contestazione delle clausole inditive era tempestiva, poiché, "secondo il condivisibile indirizzo assunto dall’Adunanza Plenaria (1/2003), l’onere di immediata impugnazione del bando di gara è limitato alle sole clausole escludenti che stabiliscano, con prescrizioni inequivoche, requisiti di partecipazione alla procedura selettiva non posseduti dal ricorrente" (fra le ultime, Cons. Stato, V, 15 ottobre 2010, n. 7515): nel caso in esame, invece, per quanto dopo si scriverà, il carattere escludente della disciplina di gara era tutt’altro che certo.

– la giurisprudenza ha in più occasioni affermato che i requisiti di partecipazione ad una gara d’appalto devono essere accertati -salvo determinazione che dia conto di una concreta diversa esigenza, in questo caso non rappresentata né comunque ravvisabile- con riferimento alla data recante il termine finale per la presentazione delle offerte: alla base di tale regola, la quale impedisce una fissazione arbitraria della data di riferimento per il possesso dei requisiti, ricorrono, anzitutto, esigenze di parità di trattamento tra i candidati e di favor partecipations (fra le tante, Cons. Stato, IV, 12 settembre 2006, n. 5316; T.a.r. Sicilia Palermo, II, 11 febbraio 2002, n. 428; C.G.A. 26 febbraio 1999, n. 109; Cons. Stato, V, 10 dicembre 1999, n. 811).

– la lettura della lex specialis secondo cui i servizi in parola dovevano essere stati svolti dalle imprese congiuntamente, oltre a risultare in contrasto con i principi affermati dalle pronunce prima richiamate, neppure risultava chiaramente imposta dalle previsioni inditive della gara, essendo fondata su di un’esegesi meramente letterale del testo del bando ("aver gestito (…) servizi identici a quello delle pubbliche affissioni ed al servizio di accertamento e riscossione dell’imposta comunale o canone sulla pubblicità, del diritto sulle pubbliche affissioni e della tassa o canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche o simili, intendendosi per tali anche i servizi di riscossione volontaria o coattiva di altri tributi comunali quali ici, tarsu, ecc."), rispetto alla quale, peraltro, la congiunzione "ed" posta all’inizio della frase appena riportata assumeva una valenza tutt’altro che univoca: in una situazione siffatta, dunque, risultava vieppiù doverosa un’interpretazione che non restringesse irragionevolmente, con una "compressione inaccettabile (…) dei più volte richiamati principi di proporzionalità, libertà di concorrenza e non discriminazione", la platea dei possibili partecipanti alla selezione.

6.- Nei sensi fin qui descritti, dunque, risultando l’esclusione della società C. illegittimamente disposta, il ricorso deve essere accolto.

7.- Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio, eccezion fatta per la parte relativa al pagamento del contributo unificato, alla cui rifusione il Comune di Massafra dev’essere condannato.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Terza di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1593/2010 indicato in epigrafe, lo accoglie.

Condanna il Comune di Massafra alla rifusione delle spese inerenti al pagamento del contributo unificato.

Compensa, nel resto, le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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