Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-02-2011) 16-03-2011, n. 11004 Reato continuato e concorso formale Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Avverso l’ordinanza della Corte di Appello di Bari, in funzione di giudice dell’esecuzione, con la quale, in data 30 aprile 2010, veniva rigettata la sua domanda volta all’applicazione della disciplina di favore di cui all’art. 671 c.p.p., comma 1, in relazione a più sentenze di condanna pronunciate da varie istanze giudiziarie in relazione a condotte riconducibili a reati di rapina ed a reati di spaccio di droga, propone ricorso per cassazione M.T., assistito dal difensore di fiducia, denunciando violazione degli artt. 671 ed 81 c.p. ed illogicità della motivazione impugnata.

Lamenta, in particolare, la difesa ricorrente che:

– il solo rilievo della eterogeneità delle condotte dedotte in giudizio e la loro distanza temporale ("mancata contiguità") non consentono legittimamente il rigetto della domanda come innanzi proposta;

– risulta, in particolare, disatteso dal giudice di merito il dato della omogeneità delle condotte e l’identità del modus operandi, di per sè idonei a consentire il riconoscimento del vincolo di cui all’art. 81 c.p. anche in costanza di condotte consumate in tempi non vicini;

– il giudice a quo ha totalmente omesso la considerazione dello stato di tossicodipendenza ed il suo valore unificante delle condotte giudicate;

– con l’istanza rigettata il ricorrente aveva copiosamente e documentalmente provato il suo stato di tossicodipendente.

2. Il P.G. in sede depositava requisitoria scritta, chiedendo il rigetto della doglianza.

3. Il ricorso non è fondato.

3.1 Giova prendere le mosse, ribadendola, dall’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. 1, 12.05.2006, n. 35797;

Cass., Sez. 4, 17.12.2008, n. 16066) secondo cui la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee, situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità (cfr., per tutte, Cass., Sez. 2, 7/19.4.2004, Tuzzeo; Sez. 1, 15.11.2000/31.1.2001, Barresi). La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di più benevolo trattamento sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anzichè di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve di regola essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza e del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Tali indici, di cui la giurisprudenza ha fornito esemplificative elencazioni (Cass., sez. 1, 5.11.2008, n. 44862) (fra gli altri, l’omogeneità delle condotte, il bene giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e le abitudini programmate di vita) hanno normalmente un carattere sintomatico e non direttamente dimostrativo; l’accertamento, pur officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni. Detto accertamento, infine, è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti (Cass., Sez. 1, 13.5.2009, ric. Hasani). Quanto poi, in particolare, all’evocato stato di tossicodipendenza ed alla modifica introdotta dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, ha il giudice di legittimità opportunamente chiarito che l’innovazione legislativa deve essere interpretata alla luce della volontà del legislatore, che ha inteso attenuare le conseguenze penali della condotta sanzionatoria nel caso di tossicodipendenti, con la conseguenza che tale "status" può essere preso in esame per giustificare la unicità del disegno criminoso con riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti dallo stato di tossicodipendenza, sempre che sussistano anche le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la sussistenza della continuazione (Cass. pen., Sez. 1, 14/02/2007, n. 7190; Cass., Sez. 1, 29/5/2009, n. 30310).

3.2 Tanto premesso sul piano dei principi, non può non convenirsi con la conclusione che la Corte di merito abbia fatto di essi puntuale applicazione, con provvedimento articolato logicamente, di guisa che oltre lo stesso rimane il giudizio di merito, abbondantemente invocato col ricorso in esame, che anche per tale ragione non può trovare ingresso.

Il giudice a quo infatti ha ben distinto la nozione di unità del disegno criminoso, propria della disciplina di cui all’art. 81 c.p., dalla generica inclinazione a commettere reati a ciò indotti da occasionalità ovvero da una vera e propria scelta di vita, così come oggettivamente appare nel caso di specie e come accreditato del tutto logicamente dal giudicante, il quale ha altresì congruamente evidenziato la distanza temporale delle condotte richiamate dall’istante e la loro diversità tipologica, quanto meno per gruppi di reato, dappoichè riferibili al reato di rapina, alcune, ed a quelle di spaccio di stupefacenti, altre.

3.3 A fronte della motivazione illustrata la difesa ricorrente oppone genericamente argomentazioni, come detto di merito, senza alcuna specificazione delle censure astrattamente argomentate. Nè la Corte di merito nè tampoco la difesa impugnante, individuano con precisione, ad esempio, le epoche in cui furono commesse le rapine giudicate nel 2002, nel 2007 e nel 2006. 3.4 Neppure può convenirsi, infine, con la difesa istante in ordine alla omessa motivazione circa la mancata considerazione del comprovato, si assume, stato di tossicodipendenza del ricorrente e tanto sulla base di un duplice rilievo.

3.4.1 Va innanzitutto osservato che l’eccezione difensiva appare proposta in violazione del principio di autosufficienza del ricorso di legittimità. E’ noto infatti che deve essere recepito ed applicato anche in sede penale il principio della "autosufficienza del ricorso", costantemente affermato, in relazione al disposto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dalla giurisprudenza civile, con la conseguenza che, quando si lamenti la omessa o travisata valutazione di specifici atti del processo penale, è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi (ovviamente nei limiti di quanto era già stato dedotto in precedenza), dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimità il loro esame diretto, a meno che il "fumus" del vizio dedotto non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Cass., Sez. 1, 18/03/2008, n. 16706; Cass., Sez. 1, 22/01/2009, n. 6112; Cass., Sez. 1, 29/11/2007, n. 47499; Cass., Sez. feriale, Sent. 13/09/2007, n. 37368; Cass., Sez. 1 (Ord.), 18/05/2006, n. 20344).

3.4.2 Osserva, inoltre, la Corte che la omessa motivazione in esame non è rilevante sotto il denunciato profilo, perchè una diversa valutazione dello stato di tossicodipendenza si appalesa in concreto incompatibile con l’ampia e comunque esaustiva motivazione del rigetto, posto che, come innanzi evidenziato in coerenza con l’insegnamento nettamente maggioritario e più recente di questa Corte, lo stato di tossicodipendenza può essere valutato fra gli elementi da utilizzare per la decisione e non già come status implicante di necessità l’applicazione della disciplina di favore ancorchè delibati, come nella fattispecie, i criteri giurisprudenziali convergenti verso il motivato rigetto dell’istanza.

In sede di legittimità, infatti, non è censurabile una sentenza ovvero una ordinanza a contenuto decisorio per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame ovvero con l’istanza quando la stessa è disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata. Pertanto, per la validità della decisione non è necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente per escludere la ricorrenza del vizio, che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti o delle ragioni giuridiche che conduca alla reiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa. Sicchè, ove il provvedimento indichi con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del convincimento del giudice, sì da consentire l’individuazione dell’iter logico-giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata, non vi è luogo per la prospettabilità del denunciato vizio di preterizione (Cass., Sez. 2, 19/05/2004, n. 29434).

4 Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va quindi rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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